Il mio ragionamento è semplice: se c’è una forza che
unisce e tiene unite le cose, ci deve essere una forza contraria che le divide
e le contrappone. E, se una delle due, fosse troppo forte rispetto all’altra,
l’universo o si concentrerebbe in un unico blocco o si dividerebbe sempre di
più. Dunque, le due forze devono essere in qualche modo uguali e
controbilanciate in maniera complementare. Proprio come ha scoperto Newton con
la sua terza legge (azione e reazione).
Queste due forze contrapposte devono agire in ogni
campo, da quello della fisica a quello della mente.
Chiamatele come volete: amore e odio, espansione e
contrazione, maschile e femminile, inspirazione ed espirazione, luce e buio,
positivo e negativo, buono e cattivo, yang e yin, gravità o big bang… l’importante
è capire che non c’è la superiorità morale di una. Sono entrambe necessarie e,
quando si differenziano troppo in valore, c’è un processo che tende a
riequilibrarle dinamicamente. Questo è il gioco o la dynamis del mondo.
"Dynamis" è un termine di origine greca che
significa "forza" o "potenza". Nella filosofia e nella
scienza, il concetto di "dynamis" è stato utilizzato per descrivere
la capacità di un oggetto o di un agente di produrre movimento o cambiamento.
In particolare, Aristotele utilizza il termine
"dynamis" per riferirsi alla potenzialità di un'entità di diventare
qualcos'altro o di realizzare un'azione. Nella sua filosofia, la distinzione
tra "dynamis" (potenza) e "entelecheia" (realizzazione) è
fondamentale comprendere i cambiamenti nel mondo naturale.
[Recentemente si è usata questa distinzione nella
meccanica quantistica per descrivere la differenza fra uno stato indeterminato
(potenziale) e il passaggio, attraverso una interazione con l’altro da sé, a
uno stato di determinazione-realizzazione-attuazione.]
In fisica, il concetto di forza, che può essere
associato a "dynamis", è una delle grandezze fondamentali che
descrivono le interazioni tra gli oggetti. La forza è ciò che provoca
cambiamenti nel moto di un corpo: può accelerarlo, rallentarlo o deformarlo.
Dunque, devono esserci sempre due forze uguali e
complementari-contrapposte per tenere in piedi il mondo. Che è il risultato di
spinte e controspinte. Altrimenti, cesserebbe di esistere.
L’esistenza di queste due forze è dimostrata dalla
nostra configurazione fisica (due occhi, due braccia…), dalla struttura del cervello
(due emisferi), dal nostro Dna (doppia elica), dalla struttura della coscienza
(un dualismo: conoscenza di sé e conoscenza dell’altro), dalla struttura del
tempo (prima e dopo), dalla struttura binaria del pensiero, del linguaggio, dei
sentimenti e delle emozioni, dalla struttura dell’io (conscio e inconscio,
soggetto e oggetto contemporaneamente), dalla struttura della conoscenza (un
soggetto che apprende a un oggetto cui si contrappone), ecc.
La legge è universale, valida per ogni cosa. Anche per gli eventi: fortuna e sfortuna, successo e insuccesso, gioie e dolori...
L’in sé deve a un certo punto aprirsi per dare vita
all’altro da sé, dando così vita al divenire. Ma non può neppure allontanarsi
troppo da sé per non dissociarsi completamente. Ci sono naturalmente dei valori
e delle proporzioni nel rapporto tra i due poli, in modo che la somma totale
dia sempre l’unità. Se per esempio l’unità è cento, le proporzioni possono
essere 70-30, 54-46, 80-20, 60-40, ecc.
Le cose si differenziano mantenendo però un legame,
che non può essere spezzato, né vedere il prevalere definitivo di una delle due forze che le compongono. O finisce il gioco.
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