lunedì 28 settembre 2020

Piccoli risvegli

 

Quando sogniamo, il mondo è costruito dalle immagini proiettate dalla nostra mente, che noi crediamo reali. Solo qualche volta ci viene l’idea che stiamo sognando e allora ci svegliamo.

Ma anche lo stato di veglia è identico. È la nostra mente che proietta immagini e convinzioni, che noi crediamo reali.

Anche qui, però, qualche volta ci viene l’idea che tutto ciò che vediamo e percepiamo non sia che un sogno e compiamo un balzo di consapevolezza.

In quel momento abbiamo come un piccolo risveglio.

Il problema è che l’esperienza è troppo breve e che veniamo subito ripresi dalle illusioni del sogni dello stato di veglia.

L’unica illuminazione sarebbe dimorare il più a lungo possibile in questo stato di risveglio.

La coscienza creatrice

 

Noi siamo convinti che esista una realtà oggettiva, al di fuori di noi, una realtà che percepiamo attraverso i sensi e la mente. Ma ci sono casi in questa idea viene smentita. Quando per esempio ci chiediamo se il bicchiere sia realmente mezzo pieno o mezzo vuoto, ci accorgiamo che non esiste un’esperienza oggettiva e che tutto dipende dalle nostre valutazioni. Così scopriamo che non esiste un dato oggettivo prima che qualcuno osservi il bicchiere. Il bicchiere in sé può essere entrambe le cose o nessuna delle due. Solo chi lo osserva determina la realtà del bicchiere a metà.

I paradossi della logica (e ce ne sono tanti) ci indicano che la nostra razionalità dualista non coglie affatto la realtà, ma ne dà un’interpretazione, sempre limitata. È la nostra mente che dice che il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. Ma il bicchiere in sé?

Il bicchiere in sé non esiste. Tutto è proiezione e interpretazione della coscienza creatrice. È lei che presiede il Big Bang e il mondo che ne è nato. Ed è esattamente la stessa che è attiva in ognuno di noi.

 

domenica 27 settembre 2020

L'indottrinamento religioso

 

Finché le religioni non saranno che parole, comandamenti, prescrizioni, concetti, rituali, simboli, chiese e organizzazioni umane per ottenere il consenso popolare, saranno esteriorità senza fondamento e senza spirito.

Lo vediamo bene in Italia dove si fanno battaglie per mettere i crocifissi nelle aule scolastiche e nei tribunali e per diffondere l’indottrinamento religioso fin dagli asili nido. Chi ti ha creato? Dio. E chi ha voluto la Chiesa? Sempre Dio. E Dio com’è? Bontà e amore… Dunque… Qui lo Stato non è laico ed esiste uno scandaloso connubio tra politica, religione e mondo degli affari. Qui la religione non è liberazione ma condizionamento.

Quando ascoltiamo di un insegnante sospeso per un mese dalla Cassazione perché occultava un crocifisso durante la sua lezione, ci domandiamo se siamo ancora nel Medioevo.

Ebbene, sia chiaro che l’unica divinità è la nostra coscienza, perché senza di essa non esisterebbero né il mondo né Dio. Di conseguenza l’unica vera pratica religiosa è liberarsi degli schemi ideologici e degli interessi terreni personali e dimorare nella propria coscienza. Solo così scopriamo che ciò che ci dicono non è vero e che le risposte stereotipate delle religioni sono false.

Tutto il resto sono miserie umane e ambizioni egoiche per contare qualcosa nel mondo grossolano in cui viviamo e che contribuiamo a corrompere. Crocifissi o non crocifissi.

Pensiamo che Trump nomina alla Corte suprema un giudice donna "cattolica di ferro" perché sa che un cattolico è un conservatore. Come mai la religione si è ridotta a questa funzione reazionaria? Dio non era il creatore?

sabato 26 settembre 2020

Come cani ammaestrati

 

La coscienza è sì la creatrice di questo mondo, dato che permette la visione e la comprensione secondo determinate categorie, ma è la creatrice di un mondo duale. E, finché c’è dualismo, c’è divisione, contrasto, lotta e dunque sofferenza. Quando invece ci ritiriamo dalla coscienza del mondo e applichiamo la coscienza a se stessa, otteniamo uno stato di consapevolezza pura che è privo di sofferenza.

Ora, fin da adesso potremmo fare questa esperienza, seppure in modo discontinuo e confuso. Ma, dato il nostro sistema di vita con i suoi molteplici impegni e con le sue distrazioni, è difficile per noi fare una meditazione prolungata e profonda.

Inoltre, ben poco dipende dalla nostra volontà: non siamo certo nati per una nostra decisione. E così moriremo, volenti o nolenti. La morte è già inscritta nel nostro DNA.

La vecchiaia dovrebbe essere il periodo della vita in cui dovremmo tirare le fila delle nostre esperienze e praticare di più la consapevolezza della vita e della morte. Ma una dissennata filosofia ci spinge ad apparire e a comportarci da giovani, come se il tempo non ci avesse completamente segnati e cambiati.

Così se ne va un’occasione preziosa e gli uomini vivono come cani ammaestrati, che fanno ciò che viene imposto loro dai tanti padroncini del mondo.

Meditazione è anche ribellione al modo di vivere che va per la maggiore, è essere anticonformisti nel senso migliore del termine.

giovedì 24 settembre 2020

I salvatori del mondo

Molti si sono illusi e si illudono di salvare il mondo inventandosi ogni genere di formula, di regola, di espediente e di messaggio. Ma il mondo va avanti come è sempre andato, con il suo carico di sciagure, sofferenze, gioie, nascite e morti. Gli uomini continuano a competere e uccidersi come all’alba della creazione.

Abbiamo inventato la scienza, la tecnica, le religioni, l’arte, le nazioni, gli ordinamenti sociali, il diritto, la filosofia, i viaggi spaziali, ecc. Ma, per salvare il mondo, bisogna innanzitutto stare fermi e immobili, senza sforzarsi, senza fare nulla, in silenzio, nel proprio stato naturale, attenti solo a quello straordinario fenomeno che è la coscienza.

La coscienza è l’unica strada e l’unico mezzo: tutto il resto segue. Senza coscienza non ci sarebbe il mondo, non ci saremmo noi e non ci sarebbe Dio. È attraverso di essa che il tutto ha preso coscienza di sé, dopo essere stato per miliardi di anni del tutto inconsapevole. Non è il potere creatore del cosmo?

Più che essere dei pensatori, degli scienziati o dei sacerdoti, dobbiamo essere dei testimoni della nostra stessa coscienza. Anche gli animali sanno di esistere e hanno il senso dell’io, ma non possono meditare perché non possono essere testimoni della loro coscienza.

La coscienza, pur essendo alla base del nostro vedere, è invisibile. Non può essere vista come un oggetto qualsiasi. Può solo essere percepita come un sentimento o un’emozione.

Se dunque volete aiutare il mondo, non fate nulla di speciale, ma mettetevi a essere consapevoli della vostra stessa coscienza. A quel punto, scoprirete che anche la coscienza è destinata a sparire. E quindi alla sua base, alla base del tutto, si deve trovare qualcosa che è al di là dell’essere e del non essere, dell’essere coscienti e del non essere coscienti, del nascere e del morire.

Che cos’è?

Se potessimo definirla, non sarebbe Quello che è. 

martedì 22 settembre 2020

La competizione universale

 

Leggevo su un giornale un articolo in cui si diceva che “la nostra esistenza è basata su una filosofia terribile: quella della competizione”. Infatti dappertutto si invitano i giovani a essere i più bravi, i più performanti, i più vincenti, i più ricchi, i primi della classe, ecc. E si concludeva: “Che il Padreterno ci dia una mano” a cambiare le cose.

Ma non è possibile. Purtroppo questa filosofia non è un’invenzione dell’uomo, ma proprio di… Dio. Tant’è vero che esiste in tutta la natura. La lotta per la sopravvivenza, per cui è sempre il più forte che vince, non è un fatto sociale, ma un dato naturale. Ed è inscritta negli istinti più profondi degli esseri viventi.

Tutti, per mangiare o per accoppiarsi, devono competere, in una guerra continua degli uni contro gli altri.

Non serve dunque a niente invocare Dio perché la cambi. Solo chi è consapevole di questo infernale meccanismo e riesce a non essere competitivo nella vita di tutti giorni, può fare qualcosa. Ma deve andare per così dire contro natura.

lunedì 21 settembre 2020

La malattia di essere

 

La coscienza non è nient’altro che il senso di essere. Ma questo senso di essere, che si forma a poco a poco e si consolida gradualmente cambiando di continuo, è anche la scoperta di essere soli, isolati, condizionati da tempo, spazio e mille altre cose e destinati alla morte - dunque un senso di sofferenza che a tratti diventa intollerabile.

Ed è talmente penoso che molti ricorrono ad ogni genere di droga, naturale o artificiale, per non pensarci.

Il fatto è che la nostra vera natura è al di là di essere e non essere, di tempo e di spazio, di inizio e di fine, eccetera eccetera… e resta la nostalgia di un paradiso perduto.

Quanta ignoranza al mondo! Quando nasce un figlio, quando costringiamo l’incondizionato a coagularsi in un pezzo di materia, festeggiamo. Invece è un funerale.

È vero che o momenti di felicità si alternano a quelli di infelicità. Si tratta di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Tutti hanno ragione, dipende dai punti di vista. Però anche dall’esperienza: non tutte le esperienze sono uguali. C’è chi è più fortunato e chi meno. Ma, come osservava il Buddha, nessuno può sfuggire a malattia, vecchiaia e morte.

venerdì 18 settembre 2020

Tutto è uno

 

La nostra convinzione è che senza tempo e senza spazio, senza inizio e senza fine e senza tutte le coppie antinomiche del mondo, non ci sia più nulla. Ma è un errore della nostra mente duale che ha bisogno per “capire” di isolare, dividere, spezzettare e contrapporre. Il che è assurdo dato che “capire” (da cum-capere) significa comprendere, collegare (yoga) e unificare. Le cose sono tutte unite e all’origine sono un tutt’uno. La stessa scienza ci dice che questo immane universo ha avuto origine dall’inflazione improvvisa di un punto infinitesimale.

Dunque, certe antiche intuizioni avevano visto giusto.

Tutto è uno - e ogni cosa è tutto. E' questo che in meditazione dobbiamo recuperare: l'unità del tutto.

giovedì 17 settembre 2020

Il paradosso della conoscenza

 

Il paradosso è che ciò che crediamo di sapere di noi stessi non è vero, perché la nostra conoscenza abituale – quella fatta di concetti, parole, definizioni, contrapposizioni, immagini e percezioni - non può cogliere ciò che siamo veramente, in prima o in ultima istanza. Mentre infatti la nostra conoscenza è duale (cioè conosce ciò che è diverso da sé), il Sé, l’atman, non è duale (ossia è prima del sapere nostrano).

A noi sembra di essere un certo corpo-mente, e lo siamo in questo mondo. Ma il Sé è anteriore a questa conoscenza: è ciò che conosce e non ciò che è conosciuto. È il testimone.

Nel mondo del Sé non c’è né inizio né fine, né tempo né spazio. Mentre per il nostro ego attuale, la fine del corpo-mente è terrorizzante e fa sperare in qualche Dio che ci salvi, per il Sé la morte è una grande gioia. È la fine delle illusioni.

C’è dunque una bella differenza tra chi muore con la convinzione di essere un ego dotato di corpo-mente e chi è convinto di essere già al di là. Ciò che muore è un’apparenza, un rivestimento, un’illusione.

La conclusione è che non possiamo conoscere con i nostri concetti ciò che siamo veramente, ma solo esserlo.

Da qui la necessità dell’immedesimazione meditativa e l’inutilità delle preghiere e delle altra pratiche religiose che sono solo prodotti della mente.

mercoledì 16 settembre 2020

Essere meno umani

 

Siamo così pieni di noi stessi che per noi “essere umani” significa essere buoni, comprensivi e generosi. Ci sembra di aver raggiunto la perfezione. Ma non è così: di strada verso la perfezione ce n’è ancora tanta. E non coincide con l’essere più umani.

Sarebbe ora di superare i limiti della nostra umanità, che resta ancora nel campo dell’animalità, e di non essere semplicemente umani. Non disumani, ma oltre-umani.

La vera religione non è adorare questa o quella divinità, ma è la meditazione, e la meditazione consiste nel prestare attenzione al nostro essere coscienti. Sì, perché di solito siamo abituati a prestare attenzione a qualunque cosa esterna, tranne che alla nostra stessa coscienza. Anche nelle religioni tradizionali.

L’uomo non si limita ad abitare il mondo, ma lo sfrutta e lo consuma. I grandi esploratori del passato avevano sì sete di conoscenza, ma erano sempre guidati da un desiderio di arricchimento e di sfruttamento delle terre e degli abitanti scoperti. E lo stesso avviene oggi nelle esplorazioni scientifiche e in quelle spaziali. Vorremmo magari conquistare qualche altro pianeta per fargli fare la fine di questo.

Tutto brucia in noi, fisicamente e mentalmente.

Tutto in noi è superficiale e rivolto all’esterno. Ma il testimone ultimo sta altrove, nel profondo e nell’interno. Anzi, è dappertutto.

Il nostro massimo desiderio sarebbe sopravvivere come individui in qualche paradiso. Ma queste sono fantasie dettate dal nostro egocentrico spirito utilitaristico.

La meta è un’altra: fondersi con il tutto, non con un pezzetto qualsiasi di un universo che, oltretutto, è una nostra proiezione.

 

lunedì 14 settembre 2020

Venire al mondo

 

Venire al mondo non è un atto compiuto dal soggetto che nasce – è un atto subìto. Noi non nasciamo, ma veniamo fatti nascere. Sono i nostri genitori che ci mettono al mondo. Noi non abbiamo scelta. Quindi, anche il senso dell’essere, l’io e la coscienza non vengono scelti da noi, ma ci vengono imposti. È vero che è un dono, ma non è detto che sia gradito, tanto più che talvolta colui che nasce ha grosse menomazioni che rendono la sua vita un inferno.

Tutto questo per dire che far nascere è una grossa responsabilità, senza contare che ciò che si mette al mondo è destinato a durare poco e a morire.

Le persone più evolute queste cose le sentono più o meno consapevolmente – e infatti fanno sempre meno figli. Ma la maggior parte risponde a semplici istinti, come tutti gli animali. Anche qui la scelta è fortemente condizionata da pesanti droghe (ormonali) che sono finalizzate alla riproduzione. Non a caso il piacere più potente è quello sessuale.

Perciò la libertà di scelta viene coartata, anche nei genitori.

Il quadro è quello di un sistema che non ci vuole far pensar tanto e che vuole imporci le sue scelte. "Dovete riprodurvi… vi do anche uno zuccherino, insomma ubbidite!"

Ma la natura agisce per il bene di se stessa, non per quello degli individui. Anzi, gli individui vengono sacrificati: pensiamo per esempio alle fatiche e ai pericoli delle gravidanze, e pensiamo all’impegno e agli sforzi che richiedono i figli. Se fare figli non fosse così piacevole, la vita si sarebbe estinta da un pezzo.

Alla natura, in realtà, non importa se siamo felici o meno, se ci realizziamo o meno. E, non appena smettiamo di essere fertili, possiamo anche essere eliminati.

Queste constatazioni ci devono mettere sull’avviso: nel fare figli sono attive potenti forze che non vogliono lasciarci libertà. E noi invece cerchiamo la liberazione da tutti i condizionamenti, piacevoli o spiacevoli che siano.

Per noi, venire al mondo ha un altro significato: diventare consapevoli delle potenze cui siamo soggetti e cercare di non dipendere più da interessi altrui. La prima volta, ci fanno venire al mondo; la seconda dipende da noi.


sabato 12 settembre 2020

Il Dio alienato

 

Molta gente crede che si debba adorare e propiziare Dio con preghiere, rituali, letture, riflessioni, donazioni, pellegrinaggi, sacrifici e quant’altro. Ma, se riuscite a stare seduti percependo la vostra stessa coscienza e rimanendo in silenzio, senza chiedere nulla, senza desiderare nulla, quella è la più grande preghiera. In tal modo, uscite dalla modalità “umana” del trattare, del rapportarsi, del comunicare, dello scambiare e del commerciare per entrare in una sorta di immedesimazione in cui il soggetto e l’oggetto raggiungono il massimo ravvicinamento - scoprendo alla fine che coincidono. “Tu stesso sei Quello” dicono le Upanisad.

giovedì 10 settembre 2020

Le tensioni della mente

 

La mente non è mai a riposo, tanto che è stata paragonata a una scimmia che non sta mai ferma. La sua attività è talmente febbrile che, per darle un po’ di sollievo, è necessario il sonno notturno. Ma anche qui può continuare a sognare, e solo nel sonno profondo senza sogni, senza pensieri, senza desideri, senza bisogni, senza immagini, senza angosce, senza stress, senza piaceri e senza paure, smette veramente di lavorare.

Di giorno, per darle in pasto qualcosa che non la faccia impazzire, sono stati inventati passatempi, giochi, divertimenti, futilità e attività che la tengano impegnata.

La meditazione vorrebbe essere d’aiuto per darle un po’ di sollievo, tanto che Patanjali, nei suoi Yogasutra, definisce la meditazione (dhyana) la sospensione delle attività mentali.

Ma, quando cerchiamo di fermare le varie attività mentali, ci accorgiamo di quanto sia difficile. Più che esserne noi i padroni, ne siamo gli schiavi, i funzionari.

D’altra parte, la mente non si limita a produrre pensieri, immagini e desideri, ma è anche la vera creatrice di questo mondo. La mente proietta le varie forme che vediamo - e anche il tempo. La mente è il divenire.

Tutto il nostro mondo è proiettato come in un film dalla mente. E, finché siamo legati ad essa, per noi non c’è scampo dalle tensioni della vita.

Dunque, se vogliamo la pace, se vogliamo uscire dalla bolgia infernale che ci siamo creati, dobbiamo cercare ciò che sta al di là e prima della mente, ciò che sta al di là e prima del tempo. Guardiamo al sonno, alla meditazione e all’intensificazione della consapevolezza profonda come esempi e mezzi.

Non troveremo forse la verità, ma ci libereremo almeno per un po’ dalle falsità, dalla apparenze e dalle rappresentazioni.

Il funerale di Dio

 

In fondo, è evidente che questo mondo, con tutti i suoi difetti, la sua violenza e la sua grossolanità, non può essere stato creato da una Mente perfetta e spirituale – pensiamo per esempio ai semplicistici meccanismi di riproduzione, che agiscono al momento opportuno come droghe e che sono validi sia per gli animali sia per gli esseri umani. Ricorrere a questi mezzucci per costringere gli esseri viventi a riprodursi rivela un disegno primitivo e truffaldino, un piano per costringere addirittura con lo stordimento e l’inganno.

È la vita che progetta strumenti del genere, una vita che non guarda in faccia nessuno ed è fine a stessa.

Stando così le cose, non credere a un Creatore è un mezzo per salvare Dio, ma un Dio che è molto diverso dalle nostre fantasie mitico-religiose – qualcosa di non pensabile e non rappresentabile, qualcosa che mette fuori gioco tutte le religioni.

Un tempo si credeva agli dei, e oggi non ci si crede più. Ma il nostro Dio, con tutte le persone divine di contorno, non è tanto diverso dagli antichi dei: è solo una loro derivazione. Un prodotto umano, troppo umano per essere credibile. E farà la stessa fine degli antichi dei pagani. Morirà alla coscienza umana.

La mente può capire che cosa non è vero. Ma non può dire che cosa sia vero. Si pone di fronte al proprio limite e dice: “Al di là, oltre questo confine c’è una realtà che non mi è possibile capire…”.

 

lunedì 7 settembre 2020

L'essenza della meditazione

 

In sostanza, la meditazione consiste nell’applicare la consapevolezza alla coscienza stessa. Noi crediamo che la consapevolezza sia uguale in tutti e in ogni momento, ma non è così. Esistono vari livelli nelle diverse persone e anche in una stessa persona da un momento all’altro. Meditare è purificare, allargare, intensificare e sviluppare la propria consapevolezza.

Nell’essere umano, coscienza e consapevolezza si sviluppano a poco a poco. Il bambino ne ha molto poca. All’inizio non sa neppure di essere un individuo separato.

Nel successivo processo di sviluppo, la coscienza e la consapevolezza vengono influenzate pesantemente dai genitori e dagli altri educatori. In realtà il processo di crescita è innanzitutto un processo di condizionamento. Sta poi al singolo farsi una propria educazione, una propria personalità e un proprio senso dell’essere. Da una parte deve liberarsi dalle credenze acquisite e dall’altra parte farsi idee proprie, basate sull’esperienza.

Ma la meditazione è un processo sottile cui si arriva con difficoltà. È il proprio senso di essere che deve essere messo nel mirino. Da dove salta fuori e come è connotato?

In altre parole, bisogna capire come nasce la coscienza e sviluppare la posizione del testimone. L’universo è partecipativo e la realtà richiede sempre un osservatore che lo faccia precipitare. Dunque sono la coscienza e la consapevolezza che ci fanno vivere nel mondo in cui ci troviamo ed essere quel che siamo. E, se questo è vero, attraverso la coscienza e la consapevolezza possiamo cambiare il nostro stesso statuto e il panorama che ci circonda.

Oggi, questo viene fatto a livello inconscio e faticosamente. Ma, con la meditazione, potrebbe essere sviluppato intenzionalmente su linee a noi più favorevoli.

sabato 5 settembre 2020

La legge del padre

 

Gesù avrà anche predicato l’amore e la pace, ma è stato vittima di un’illusione. Che il creato potesse essere redento e pacificato.

Quello che non aveva capito (e che per noi è chiaro) è che il “padre suo” non aveva intenzione di cambiare la sua legge. E infatti lo ha fatto crocifiggere in un’apoteosi di sofferenza e di violenza.

Gesù era un po’ come uno che predicasse la pace mentre i suoi facevano la guerra. Un utopista, uno che si era sbagliato, uno che non aveva visto chiaro.

Avrà anche fatto vedere i ciechi, ma lui stesso non aveva visto che la legge del padre era ed è implacabile. Nessuno è riuscito a cambiarla. Ed oggi è come ai tempi antichi.

Il suo sacrificio, dunque, è stato inutile. I grandi passano ma il mondo è sempre lo stesso.

Del resto, anche se avesse vinto lui, nulla sarebbe cambiato. Lui sarebbe diventato una specie di papa, un capo politico-religioso, e i suoi seguaci avrebbero costruito qualche Chiesa, imprigionando la verità.

La legge del padre non cambia, è come un macigno che pesa su tutto e su tutti, e non c’è nessun sacrificio che serva a redimerla.

Bisogna innanzitutto capirla e capire quale sia la realtà da cui proveniamo una realtà in cui la legge del padre non conta più niente.

Viveka

 

Viveka in sanscrito significa discernimento tra vero e falso, chiara comprensione. Ed è una facoltà molto utile perché a volte le cose le sappiamo solo confusamente o non ci pensiamo affatto.

Per esempio, noi sappiamo di essere e di essere coscienti. Ma più in là non andiamo. Siamo circondati da troppi misteri. Sappiamo soltanto che il senso di essere e la coscienza sono legati al corpo e alla mente, e sono destinati a sparire.

Ma non sappiamo da dove vengono. Prima che nascessimo e ci formassimo non c’erano, poi compaiono e infine scompaiono. C’è qualcosa che ci sfugge, che non è affatto chiaro. Ed è qui che dobbiamo usare viveka.

Per farlo, dobbiamo osservare meglio il fenomeno della coscienza, che è alla base del senso di essere. Se questi compare e scompare, come per un gioco di prestigio, vuol dire che viene da una condizione preesistente che non ha affatto bisogno di una tale consapevolezza.

C’è qualcosa prima che può “essere” senza il senso dell’io. Per noi è impossibile definirla perché i nostri concetti sono duali ed hanno bisogno di un soggetto. Ma colui o ciò che ne è consapevole è a sua volta un pezzo di quel quid indefinibile.

Ecco perché la meditazione deve essere una reintegrazione di ciò che c’era prima di tutto, prima della coscienza stessa.

giovedì 3 settembre 2020

Il terrore di perderci

 

La nostra massima paura è perdere ciò che ci contraddistingue: il nostro io, la nostra individualità, la nostra identità. Per noi questa è la morte. Anche se rimanessimo in vita, ma perdessimo la coscienza, sarebbe comunque la morte.

       Siamo così attaccati alla nostra identità che il successo delle religioni dipende dal fatto che ci promettono la sopravvivenza individuale dopo la morte.

       Però dall’Oriente ci viene un’altra idea: che la fine dell’individualità non sia la fine di tutto, ma l’acquisizione di una libertà priva di vincoli. In tal senso si parla di liberazione.

       La nostra coscienza, liberata da speranze, desideri e paure, cioè dal senso dell’io, si allarga all’infinito e contiene il mondo intero.

Contrariamente all’etimologia comune (individuus = non diviso), l’individuo è diviso sia dagli altri sia al proprio interno - è il regno della dualità, tanto che il contrario dell’individualità è la non-dualità. In ognuno di noi alberga non un’identità fissa e unica, ma una molteplicità cangiante. L’io è sempre diviso ed è un campo di impulsi contrari.

Il problema è che ciò che noi conosciamo non è ciò che conosce: abbiamo sempre un’idea sbagliata della nostra identità. Colui che conosce non è l’io che crediamo di conoscere, ma il testimone a priori. Quella è la nostra vera identità, qualcosa che non sta affatto entro i limiti del conosciuto. Ed è con lei che dovremmo familiarizzarci.

 

martedì 1 settembre 2020

Il padrone e lo schiavo

 

Tutto questo inginocchiarsi, tutto questo inchinarsi, tutto questo prostrarsi, tutto questo umiliarsi… non c’è niente da fare – per i credenti Dio è il Potente per eccellenza che può schiacciarti o favorirti, che può chiederti tutto (anche uccidere tuo figlio), che può importi ogni sacrificio, anche quello della vita… quando e se lo vuole Lui.

In tal modo, non usciamo mai dal teatrino sadomasochista tra il potente e l’impotente, tra il grande e il piccolo, tra il padrone e lo schiavo – un teatrino tipicamente umano, prodotto dai soliti schemi mentali.

E se fossimo noi stessi quel Dio che si è alienato? E se fossimo proprio noi grandi, potenti e divini?

Voi direte che non lo siamo perché siamo piccoli e incapaci. Ma se fossimo piccoli e incapaci proprio perché così vuole la nostra coscienza alienata, che è la vera creatrice di questo mondo?

Le forme dell'amore

 

Il nostro mondo prende forma da un equivoco. Si scambia l’amore di Sé con l’amore del sé. Il secondo è egocentrismo, il primo è il nostro stesso essere consapevoli.

L’amore del Sé ci allarga e ci apre, l’amore di sé ci limita e ci chiude.

Questo è il messaggio di tanti grandi personaggi, fra cui Gesù. Ma i cristiani lo hanno inteso come amore del prossimo. E così lo hanno di nuovo esteriorizzato.

In realtà, ogni forma di amore parte dall’amore del Sé, che può essere percepito solo interiormente, trovandolo nella coscienza. Solo in un secondo momento, lo si trova all’esterno… Ma, senza l’amore del Sé, non ci sarebbe nessun altro tipo di amore.

Il Dio sugli altari

 

I religiosi delle varie tradizioni ci invitano all’adorazione di un Dio che rimane comunque qualcosa di esterno, il “totalmente altro”. Non capiscono che il mondo è una creazione-proiezione della nostra coscienza.

Il vero creatore è la coscienza, ed è questa che dovrebbe essere venerata. Ma certamente non può essere né vista né essere messa sugli altari o nelle chiese sotto forma di statua o dipinto. Va percepita dentro di noi attraverso ciò che chiamiamo meditazione. Che non è dunque un’adorazione, ma una reintegrazione.

Quando non ricorriamo a nessun concetto, a nessun desiderio, restiamo calmi e percepiamo soltanto il nostro essere coscienti, quella è meditazione.

Ma, siccome il mondo va alla rovescia, paradossalmente proprio il culto delle divinità esteriori ci allontana dal divino.