mercoledì 31 dicembre 2014

Sfuggire alla morte

Se vogliamo sfuggire alla morte, dobbiamo trovare ciò che non nasce e non muore.
Ciò che non nasce e non muore è la natura innata della consapevolezza, la chiara luce, la coscienza che non ha né principio né fine.
Per trovarla, dobbiamo prima rilassarci e acquietarci, poi guardare dentro di noi e infine focalizzarci sulla coscienza stessa.
Se non troveremo durante la nostra vita questa chiara luce, che non nasce e non muore, la incontreremo ancora al momento della morte fisica. Prima muore il corpo, poi muore la mente. Quindi appare la chiara luce. A questo punto, se saremo preparati, se avremo acquisito familiarità con la natura non nata della coscienza, entreremo in essa. Altrimenti, non capiremo nulla, ci sentiremo smarriti e spaventati – e il ciclo dovrà ricominciare.
Diceva Eraclito: “Agli uomini tocca dopo la morte qualcosa che né si aspettavano né si immaginavano”.

Ma tutto parte ora: dal desiderio e dall’intenzione di acquisire la consapevolezza fondamentale, e dall’addestramento che incominceremo a praticare da questo istante in poi.

martedì 30 dicembre 2014

Tra un sogno e l'altro

Quando ci svegliamo da un sogno, ci diciamo: “Ciò che ho sognato, nel momento in cui lo sognavo, mi sembrava reale. Ma ora che mi sono svegliato ho capito che quello era un sogno”.
Benissimo. Ma la realtà è fatta a cipolla – tanti strati sovrapposti.
Ora dobbiamo svegliarci anche da questo sogno. Sì, tutto ci sembra reale. Ma è come nel sogno precedente. Basta svegliarci e renderci conto che stavamo sognando, per saltare su un altro piano di realtà.


Creatori del mondo

Pensate a quanto è vecchio e superato il nostro modo di concepire Dio.
Noi lo pensiamo come il Creatore di tutto, un Essere esterno che un giorno si sveglia e decide di creare qualcosa di nuovo.
Ma la fisica oggi ha scoperto che il mondo non esiste al di fuori di una mente che lo interpreti e lo interpelli.
In altri termini, noi partecipiamo alla creazione dell’universo.
Dunque, più che rivolgerci a Dio, dobbiamo rivolgerci a noi stessi. E porci delle domande.
Tutto è interdipendente e interconnesso, e il modo in cui ci relazioniamo con noi stessi, con gli altri e con il mondo influenza l’intera realtà e la fa essere così com’è.

Proviamo ora a fare uno sforzo collettivo e a pensare/creare qualcosa di diverso. E smettiamo di pensare alle vecchie divinità pagane.

lunedì 29 dicembre 2014

La ricchezza della Chiesa

Don Mazzi, in una trasmissione televisiva, definisce una “ricchezza schifosa” quella del cardinale Bertone che si è comprato e arredato un appartamento da 700 metri quadrati in Vaticano. Ha detto che questa ricchezza non è coerente con il messaggio cristiano e che la Chiesa deve essere povera.
In effetti, Gesù era un povero e la via che indicava non era quella dell’accumulo e del potere, ma quella dell’abbandono e della debolezza.
Tutto il contrario di ciò che ha sempre fatto la Chiesa – che dunque non può essere definita “cristiana”.
Anche Papa Francesco parla di povertà evangelica. Ma poi, nei fatti, lui – in quanto Papa, in quanto capo di una organizzazione che è proprietarie di immense ricchezze, di immensi privilegi, di banche, di innumerevoli immobili e di incalcolabili opere d’arte - è uno degli uomini più ricchi del mondo. Un multimiliardario che predica la povertà (degli altri).
Almeno, il vero Francesco si era davvero disfatto delle ricchezze del padre.

E qui c’è tutta una contraddizione che fa anche di lui un velleitario senza speranza, un ipocrita che dice una cosa e ne vive un’altra, uno dei tanti attori di questa società che predica bene ma razzola male.

Lo stato meditativo

Come vi alzate la mattina? Sedetevi un attimo e verificatelo. Se avete dormito bene, se non avete fatto brutti sogni, se non avete grosse preoccupazioni per la giornata, vi sentirete riposati, distesi, pieni di energie e, soprattutto, vedrete le cose con calma e chiarezza… prima ancora che il vostro corpo e la vostra mente si rimettano in moto per macinare mille attività, mille pensieri, mille ansie e paure.
Se vi alzate così bene, avete un’analogia di quello che è lo stato meditativo. Uno stato di calma, di relax, di pace e di chiarezza mentale.
Esistono due forme di meditazione: l’una di concentrazione e di controllo, e l’altra di rilassamento e di contemplazione. Entrambe lavorano con e sull’attenzione, entrambe cercano di allontanare i fattori disturbanti e distraesti, entrambe sono forme di addestramento della mente.
Come recita un aforisma buddhista, “la mente può essere il vostro peggior nemico o il vostro miglior amico.” Tutto dipende da come la usiamo, da come si dispone. In realtà, noi non siamo la mente agitata e ansiosa che non ha requie, che non trova riposo, che è costretta a preoccuparsi e a saltare da una cosa all’altra. La nostra essenza è la calma e la chiarezza.
Purtroppo, un sistema sociale sempre più innaturale e nevrotico ci costringe continuamente a perdere il centro e l’equilibrio e ci trascina in una folle corsa che produce malessere, infelicità e non porta da nessuna parte. Ci dobbiamo render conto di questa situazione se vogliamo sfuggire allo squilibrio sociale.
Non dobbiamo controllare la mente, non più di quanto un’ape non controlli un fiore. L’ape sugge e utilizza il fiore, ma non lo controlla né lo distrugge.
Questo dobbiamo fare anche noi. Lasciar perdere le velleità di controllo e di intervento, e rilassarci - pur osservando tutto, con pazienza, vigilanza e attenzione.
Il nostro stato naturale - lo stato meditativo – è riposato, calmo, limpido, chiaro e luminoso… proprio come quando ci svegliamo ben riposati.
Non perdiamo dunque occasione per rilassarci e creare un ampio spazio di libertà dentro di noi e intorno a noi.


Il peccato originale?

Lasciate perdere il sesso, l’orgoglio e le altre stupidaggini che insegnano le religioni.
Guardate semplicemente che cosa valutano di più gli uomini. Guardate soltanto, nelle nostre società, chi viene pagato di più… Non è il professore, non è lo studioso, non è il filosofo, ma il calciatore, il cantante, il presentatore televisivo, lo sportivo, l’attore, il regista, il politico, il notaio - tutta gente inutile o marginale.
Eccolo il peccato originale, ciò che connota negativamente la vita umana. Dare importanza a cose ed uomini senza valore e trascurare veramente le cose e gli uomini che valgono.
Basterebbe semplicemente ristabilire una scala di valori giusta, naturale, condivisa però da tutti per far fare a questa umanità un balzo evolutivo senza precedenti.
Eccolo il peccato originale: sprecare tempo ed energie in cose fasulle, dilettarsi di sciocchezze mass-mediatiche, seguire religioni infondate e infantili, accumulare pezzetti di carta che chiamiamo “denaro”, ammazzare letteralmente il tempo – e con lui la nostra vita – in spettacoli, emozioni e brividi superficiali e falsi, in gozzoviglie e in feste senza senso.
Gli uomini cercano di dimenticare, non di ricordare. Gli uomini vivono per l’apparenza, non per la sostanza. Gli uomini preferiscono apparire che essere. Gli uomini preferiscono vivere nell’ignoranza che sapere.

Eccolo il peccato originale.

domenica 28 dicembre 2014

Il simbolo del presepe

I presepi nelle scuole non vanno messi non per un atto di rispetto vero gli altri credenti, ma per un atto di rispetto verso la laicità della scuola.
       È proprio il rispetto che manca nel tentativo di indottrinare i giovani, nello sforzo di inculcare la religione cattolica a forza utilizzando come grimaldello la scuola pubblica. Presepi, crocefissi, insegnamento di religione… l’Italietta autoritaria e fascistoide è sempre attiva, purtroppo, e si serve sempre della religione per impedire alla gente di pensare con la propria testa.

La stabilità mentale

Dobbiamo addestrarci nella stabilizzazione mentale se vogliamo raggiungere una chiarezza tale da conoscere la realtà ultima su noi stessi e sul mondo. Questo addestramento si basa sull’introspezione, ossia sulla capacità di osservarsi.
La chiave è rimanere fermi mentre la mente è in azione con i suoi pensieri, i suoi desideri, le sue sensazioni, i suoi dialoghi interiori e le sue immagini.

Ciò è possibile grazie alla meta-consapevolezza, cioè alla consapevolezza della consapevolezza. Più rimaniamo stabili in questa osservazione, più comprendiamo.

La politica della Chiesa

I nostri telegiornali e giornali, tutti invariabilmente papalini, non fanno altro che cantare le lodi di questo nuovo Papa e le sue magnifiche gesta. L’ultima sembra essere quella del dialogo tra Cuba e USA. Pare infatti che gli Stati Uniti siano propensi ad eliminare le sanzioni economiche contro Cuba. Certo, ormai il comunismo è un ricordo e non si aspetta altro che la morte di Fidel Castro per far tornare Cuba a quella che era prima: il regno della corruzione, della dittatura e dell’ingiustizia sociale. Non a caso l’isola era stata definita il “bordello d’America”.
Ma più in generale, c’è da chiedersi come mai tutta l’America Latina, cioè l’America cattolica, sia tanto corrotta e soggetta ad ogni tipo di dittatura. La stessa Argentina, patria del Papa, ha sperimentato una delle più spaventose dittature militari, con gli oppositori che venivano torturati o fatti sparire da un momento all’altro.
È difficile non vedere come vi sia un collegamento tra cattolicesimo, corruzione e dittatura. La stessa Italia, sede del papato, è il paese più corrotto d’Europa ed è il paese che ha inventato il fascismo.

Cosa concludere? Che non solo il cattolicesimo convive tranquillamente con corruzione, dittature ingiustizie sociali, ma che è anche la cultura della corruzione, dell’autoritarismo e delle disparità sociali. Il cattolico, infatti, non è tenuto ad avere una propria coscienza autonoma; deve solo ubbidire alle gerarchie. E quindi la sua morale è un semplice moralismo di facciata, non un’etica. 

sabato 27 dicembre 2014

"L'età oscura"

Altro che creazione del mondo in sette giorni! Gli ultimi dati raccolti dal satellite Planck ci dicono che la nascita della radiazione di fondo (studiata proprio da Planck) risale a 380 mila anni dopo il Big Bang, quando avvenne il “disaccoppiamento tra materia e luce”. Fino a quel momento, luce e materia erano completamente mischiate e, quindi, non esistevano le stelle e l’Universo era letteralmente al buio.
Nelle epoche successive al disaccoppiamento tra materia-luce e all'emissione della radiazione di fondo, l'Universo ha vissuto centinaia di milioni di anni di buio, un periodo che gli astrofisici chiamano l"età oscura".
Certo, gli autori delle Sacre Scritture queste cose non le sapevano. E neanche le immaginavano.
Ma quel che rimane misterioso è come milioni di persone credano ancora ai racconti biblici.

Forse, l’”età oscura” non è mai finita.

La paura del nulla

Siamo così attaccati al nostro ego da provare terrore al solo pensiero di perderlo. Per noi, smarrire noi stessi è l’immagine della morte senza speranza. E così ci immaginiamo ogni genere di sopravvivenza, nell’aldilà (in paradisi e perfino negli inferni) o nell’aldiqua (attraverso la reincarnazione) pur di continuare ad essere qualcosa, pur di non dover credere che finiremo nel nulla.

Ma se il nulla fosse la migliore espressione della perfezione? E, se comprendesse, al limite, il tutto?

La fondatezza delle religioni

È difficile contestare la fondatezza delle religioni, perché, finché ci si limita a credere ad una certa immagine di Dio e a credere che questo Dio abbia mandato uno o più profeti, non si può dimostrare che non sia vero.
Le religioni non possono dimostrare che quello che dicono è vero. Ma nemmeno i detrattori possono dimostrare che siano tutte fandonie.
Una sola religione, però, può essere contestata validamente. È quella che afferma che Dio ha inviato suo Figlio sulla terra per influire sulla storia umana. Così ha scoperto il fianco ad una contestazione devastante.
Vi pare che la storia, con Gesù, sia migliorata? Che non ci siano più guerre, stragi, massacri, cataclismi, pestilenze, malattie, ingiustizie, ecc.?

Dunque, si può dimostrare che almeno questo intervento di Dio nella storia non ha nessun fondamento.

venerdì 26 dicembre 2014

Santo Stefano e san Paolo

Oggi la Chiesa celebra santo Stefano, considerato il primo martire cristiano. In effetti, egli era un membro della primitiva comunità di Gerusalemme, e venne accusato di blasfemia (cioè di aver tradito la sua fede originale) dal Sinedrio. Alla fine fu ucciso per lapidazione.
Quello che si nasconde è che tra i suoi più accaniti accusatori c’era san Paolo, che dunque fu tra i maggiori responsabili della sua morte.
Il futuro San Paolo sostenne le confessioni dei principali testimoni contro Stefano ed approvò la sua condanna a morte.
Sì, perché Saulo di Tarso, il principale fondatore del cristianesimo, prima di diventare un fanatico cristiano, era stato un fanatico ebreo. Insomma, questo individuo squilibrato cambiò religione, ma non il carattere. E trasferì i suoi squilibri e il suo fanatismo alla nuova religione.


Lo stato meditativo

Come si entra nello stato meditativo? Come si passa dallo stato normale di coscienza ad uno meditativo?
Attraverso l’intenzione – ossia la decisione di fare meditazione. C’è come uno stacco tra l’abituale attività mentale e la mente meditativa, che viene determinato dall’intenzione: “Mi metto a meditare”.
A differenza delle fedi e delle religioni, ciò che conta è lo spirito di indagine e di ricerca. Niente ci viene dato: siamo noi che dobbiamo trovare.
Anzi, in meditazione è bene partire da uno stato di dubbio, di scetticismo o di agnosticismo. I maestri dicono tante cose, ma io non so se siano vere o false. Devo dunque verificare di persona.
Il fatto è che il campo di indagine è quello della coscienza. E la scienza ci dice poco o nulla della coscienza. Domandate ad uno scienziato che cosa sia la coscienza – vi risponderà che non lo sa. Non è strano: anche la scienza parte prima dal mondo esterno e non da quello interiore.
Devo perciò ricercare io stesso. Sono io che devo sviluppare una particolare modalità percettiva cui diamo il nome di “meditazione”. Sono io che devo investigare l’origine, la natura e le potenzialità della coscienza.
Lo stesso Buddha affermò che tutto ciò che aveva scoperto lo aveva trovato per esperienza diretta, non per grazia divina o per scienza infusa. Dunque, ognuno deve rifare la stessa strada. E la strada passa inevitabilmente per la concentrazione meditativa e per l’addestramento.

Ma un vero maestro non può dire: “Questa è la verità”. Al massimo può dire: “Questo è ciò che ho scoperto io; se ti serve, bene; se non ti serve o se non ci credi, mettiti tu stesso a cercare”.

mercoledì 24 dicembre 2014

La religione e la guerra

In questi giorni si ricorda la prima guerra mondiale e in particolare quell’episodio in cui, a Natale, gli eserciti si fermarono per qualche ora e i nemici si scambiarono gli auguri.
Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
La religione ebbe il merito di concedere una tregua ad un insensato massacro, ma ebbe (ed ha) il demerito di non impedire la guerra. Anzi, ci convive benissimo, da secoli e da millenni.
Certo, gli eserciti si fermarono per qualche ora e gli uomini si domandarono: “Ma che cosa stiamo facendo?”
Purtroppo, le religioni non insegnano mai a fermarsi prima per porsi quella domanda.

Ci vuole una spiritualità che insegni a fermarsi ogni giorno – per porsi proprio la domanda: “Che cosa sto facendo?”

Natale: festa dei bambini

Mi pare logico che sia la festa dei bambini: che cos’è il cristianesimo - con la sua Sacra Famiglia, con il suo Sacro Bambino, con il suo Sacro Padre e con la sua Sacra Madre - se non la religione di un’umanità che non è ancora riuscita ad uscire da uno stadio infantile di sviluppo?
Ci sentiamo figli: non siamo ancora diventati padri.
E crediamo che in cielo ci sia la sacra famiglia.

Le pecore e il leone

I credenti si considerano (come da parabole evangeliche) pecore guidate da un Pastore – di cui si fidano.

Noi, invece, sappiamo che il Pastore nutre le pecore perché vuole… mangiarsele.

La felicità naturale

La felicità naturale
È difficile liberarsi della sofferenza, ed è impossibile eliminarla per sempre e del tutto. Ma resta il fatto che noi ci sforziamo attivamente di… renderla permanente.
Di solito, per combatterla, cerchiamo stimoli esterni: piaceri, successo, denaro, giochi, feste, vittorie, amori, sport, passioni, letture, connessioni digitali, viaggi, eccitazione, sesso, alcool, droga e così via. Però, così facendo, la attenuiamo o la interrompiamo per un po’; ma poi ritorniamo allo stato fondamentale di insoddisfazione, che sentiamo ancora più vivamente – e siamo costretti a cercare nuovi stimoli, magari sempre più forti, come nella droga.
In effetti, anche quando non ci sono cause evidenti di dolore o di sofferenza, noi cadiamo in preda alla noia – che è un’altra forma di sofferenza. L’uomo, lasciato solo in una stanza, senza stimoli esterni, finisce per annoiarsi e intristirsi. Non sa neppure appezzare in quel momento la mancanza di vere cause di dolore e di sofferenza.
Soffre perché è solo, perché non può eccitarsi, perché non ha compagnia, perché non trova riparo dai pensieri negativi che lo assalgono.
Quello che l’uomo comune non sa fare è attingere alla felicità naturale, che è data fondamentalmente a ciascuno di noi – qualcosa che nasce non in conseguenza di stimoli, ma dal puro e semplice essere. Dobbiamo guardare gli altri esseri viventi e capire come essi siano soddisfatti di essere così come sono, senza cercare stimoli eccitanti o cause esterne di felicità.
La natura ci offre già una base di soddisfazione. È la mente, con le sue esigenze artificiose, che ce la distrugge.

Per trovare questa semplice gioia di essere, dobbiamo ritornare alla natura. Il che non significa ritirarsi a vivere lontani da tutti, ma allontanare dalla nostra mente l’idea che la felicità risieda in qualche bene esterno.

martedì 23 dicembre 2014

Meditare

Portare la mente ad uno stato di equanimità, da cui poter osservare le nascite e le morti, l’infelicità e la gioia, i pensieri e le emozioni (nostre e altrui) che vanno e vengono, il ciclo continuo dell’apparire e dello scomparire, l’impermanenza di tutti gli esseri e di tutte le cose, la fine inevitabile dei corpi e delle menti e l’onnipresenza della consapevolezza che è indipendente dalla materia – ecco un buon punto di partenza per poter meditare e incominciare a capire che senso abbia la nostra permanenza quaggiù.

"La preziosa vita umana"

Così viene definita la vita umana dal buddhismo, il quale non è, contrariamente a quel che si crede, una religione pessimista.
Per il buddhismo la vita è un’occasione unica per lo sviluppo degli esseri umani, una tappa necessaria, rara e fortunata. D’altronde basta guardarsi intorno: quanti animali esistono che non hanno una sufficiente consapevolezza per poter crescere? E quanti pianeti esistono nell’Universo che possano albergare la vita? Ben pochi, rispetto alle innumerevoli, gigantesche e apparentemente inutili palle di fuoco e di gas, troppo calde o troppo fredde, che circolano come residui di una immane esplosione.
Dunque la vita – e la vita umana in particolare – offre un’opportunità unica. Ma quanti se ne rendono conto? Quanti s’impegnano per crescere davvero, non solo per accumulare oggetti o potere? Eppure, la morte è lì, che ci attende tutti.
Non c’è consapevolezza perché le religioni che vanno per la maggiore inducono o a non credere in nulla o a credere che tutto dipenda, non dai nostri sforzi qui e ora, ma dalla volontà capricciosa di un presunto Signore del mondo.

E così non ci si impegna e si spreca l’occasione di questa preziosa vita umana.

I peccati della Chiesa

Il Papa condanna duramente i vizi della Curia: arrivismo, sete di potere, esibizionismo, mancanza di autocritica, attivismo, sclerosi mentale e spirituale, funzionalismo, mancanza di coordinamento, vanità, vanagloria, ipocrisia, vita dissoluta, pettegolezzi, divinizzazione dei capi, indifferenza verso gli altri, faccia arcigna, accumulo di beni materiali, circoli chiusi, ricerca di profitto mondano, esibizionismo… non manca nulla dei difetti umani. Se lo avessimo detto noi, ci avrebbero detto che esageriamo.
C’è solo da chiedersi come mai la Chiesa non riesca a dare un’educazione etica ai suoi membri. Forse perché non c’è tra i comandamenti “divini” quello dell’auto-conoscenza, dell’auto-critica e della consapevolezza di sé? Forse perché la fede non è in grado di trasformare gli individui. Si può avere fede ed essere dei malvagi , e in effetti si dichiarono credenti anche assassini e mafiosi.
E, se questi sono i pastori, figuriamoci il gregge!

Si conferma quello che sosteniamo da tempo: che la degenerazione morale del popolo italiano è strettamente legata ala corruzione della sua religione.

lunedì 22 dicembre 2014

Le persecuzioni religiose

Papa Francesco ogni tanto denuncia le persecuzioni di cui sono vittime i cristiani in vari paesi. Ma le persecuzioni religiose sono proprio il prodotto delle società religiose. Secondo il rapporto di "Freedom of Thought 2014"dell'International Humanist and Ethical Union, un’organizzazione che riunisce una quarantina di associazioni laiche, umaniste e razionaliste, sono tanti i paesi in cui non c’è né libertà religiosa né libertà di coscienza, e in cui esistono leggi non solo contro chi cambia religione (apostasia) ma anche contro chi non crede. Insomma, si può essere mandati al patibolo anche se si è atei.
       L’Arabia Saudita ha equiparato l’ateismo al terrorismo. In Malesia il primo ministro ha dichiarato che “l’umanesimo, il laicismo e il liberalismo” sono “devianti” e una minaccia per l’Islam e lo Stato. E in Egitto è in atto “una rappresaglia organizzata contro i giovani atei” e una campagna di sensibilizzazione contro “i rischi dell’ateismo”.
Ma tutto ciò non succede solo nei paesi islamici. Per esempio, in otto Stati degli Usa, non si può essere eletti ad una carica pubblica se non si crede in Dio. In Arkansas gli atei non hanno nemmeno il diritto di testimoniare in tribunale.
E in Italia? Il rapporto mette in evidenza i numerosi privilegi (soprattutto fiscali) accordati alle istituzioni cattoliche e come in molte scuole gli insegnanti “tendano a dissuadere gli studenti dal non frequentare l’ora di religione”. L’Italia è maestra in questa opera di indottrinamento: da noi si sente più parlare il Papa che il Capo dello Stato.
       Nonostante i principi sulla libertà religiosa e di coscienza, sanciti anche dall'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nei paesi in cui esiste una religione di Stato (come di fatto esiste in Italia) vi sono persecuzioni o pressioni contro le altre religioni e contro chi non crede o è un libero pensatore.
Quando ci convinceremo che uno Stato deve essere laico e che deve prendere la distanza da qualsiasi religione e fede?
Come è scritto nel rapporto, il 2014 è stato segnato "da un aumento di casi di pubblici ufficiali e leader politici che si scagliano contro persone non religiose semplicemente perché sono tali, e in una maniera associata a quell'incitamento all'odio e a quelle persecuzioni sociali normalmente riservate alle minoranze etniche o religiose".

Non esiste un religione liberale, non esiste una religione tollerante. Ogni religione odia non solo le altre religioni, ma anche chiunque pensi con la propria testa.

domenica 21 dicembre 2014

Imparare a meditare

In questo blog, ogni tanto ricordo le basi della pratica per i nuovi lettori o per coloro che non hanno tempo di andare indietro.
Raccoglietevi in un posto il più possibile quieto. Sedetevi in una posizione eretta o su una sedia o su una poltrona. Potete anche sdraiarvi. Qualunque posizione va bene, purché sia comoda, e la possiate mantenere a lungo. La durata va da pochi minuti a mezz’ora,o oltre; non ci sono limiti. Incominciate la seduta espellendo l’aria due, tre o cinque volte dai polmoni.
Gli occhi saranno leggermente abbassati ma in realtà non messi a fuoco su niente.
Potete seguire il respiro, senza forzarlo, magari contando (le espirazioni o le inspirazioni, o entrambe). Oppure ripetete mentalmente un mantra che abbia un senso, per esempio: “Calma”. Potete ripeterlo ad ogni espirazione, ad ogni inspirazione o dividerlo in due tra un’espirazione ed un’inspirazione: “Cal-ma…”.
A poco a poco raggiungerete uno stato di quiete. Se la mente divaga e si mette a pensare, a fantasticare, a ricordare o a prevedere il futuro, riportate l’attenzione o al respiro o al mantra.
La prima fase della meditazione vi porterà calma e chiarezza mentale – uno stato psicofisico che è sempre positivo. La seconda fase prevede l’uscita dal mondo circoscritto del proprio corpo e del proprio sé, ossia un’apertura della consapevolezza, che non ha più un oggetto se non la calma e la chiarezza stessa della visione – ed una visione del mondo sempre più distaccata e sapiente.
Questa calma-chiarezza, la consapevolezza, è già uno stato di coscienza trascendente, che col tempo si trasferirà alla vita di tutti i giorni. La consapevolezza è uno stato rilassato ma vigile, aperto ma attento, potente ma gentile, da cui potete osservare ogni cosa – voi stessi, gli altri e il mondo.
Se, durante la giornata, diventerete consapevoli dei vostri stati d’animo (paura, ira, odio, rivalità, ecc.), dei vostri pensieri, dei vostri comportamenti, dei vostri condizionamenti e delle vostre reazioni più abituali, potrete incominciare un vero processo di trasformazione che non si fermerà più.
Meditare significa sviluppare la propria coscienza e la propria conoscenza in modo continuo e progressivo.


La crisi

C’è una legge non scritta che ha varie formulazioni. Eccone alcune:

La luce nasce dal buio.
La conoscenza nasce dall’ignoranza.
La gioia nasce dall’angoscia.
La nascita nasce dalla morte.
La liberazione nasce dalla prigionia.
Il cambiamento nasce dalla crisi…

Ecco perché siamo in crisi.
Se non fossimo sempre in crisi, tutto sarebbe immobile.
Crisi vuol dire trasformazione.

Non possiamo non essere in crisi. Dobbiamo accettare che tutto cambi. E imparare a vivere nel mutamento, senza certezze né basi fisse.

sabato 20 dicembre 2014

Impostare la mente

Siamo abituati a subire la vita. Ci alziamo la mattina e ci diciamo: “Vediamo come andrà oggi. Sarà una bella giornata o sarà un disastro?”
Siamo abituati a pensare che le cose ci capitino a caso, indipendentemente dalle nostre intenzioni e motivazioni. E se c’è Saturno contro, siamo perduti…
Ma la verità è che gli eventi si determinano in base a numerosi fattori, fra cui il nostro desiderio e la nostra volontà. Ciò che noi vogliamo non è indifferente, ma è una delle concause.
Ecco perché è molto importante come è impostata la nostra stessa mente. La mattina, per esempio, provate a impostare una vostra intenzione. Per esempio: oggi, voglio essere più consapevole, più attento, più sereno, meno egoista, più ottimista, più conciliante, meno rabbioso, ecc.
Impostate mentalmente il proposito – e ogni tanto durante la giornata provate a reimpostarlo. Poi, la sera, fate un bilancio.
Vi accorgerete che aver predisposto la mente in un certo modo ha influenzato anche gli avvenimenti che vi sono capitati.

Non vi considerati esseri passivi, in balia di forze soverchianti e inattaccabili. Voi siete parte del grande gioco. Ciò che volete non è indifferente e in alcuni casi fa una grande differenza. Ma dovete esserne consapevoli.

Metta: la benevolenza

Gesù predicava l’amore, ma non ha mai spiegato come si fa ad amare - o anche solo a non odiare - chi non ci è simpatico o chi ci è indifferente.
Ci aveva pensato il Buddha, qualche secolo prima. I suoi esercizi di metta (benevolenza) sono semplici. Prima pensate a qualcuno che vi è caro e augurategli ogni gioia e felicità. “Che tu sia felice, che tu sia in salute, che tu possa realizzare ciò che vuoi, ecc.” Facile.
Poi prendete qualcuno che non vi è del tutto simpatico e fate lo stesso. Un po’ meno facile.
Infine augurate le stesse cose a chi non vi piace affatto, magari a qualcuno che odiate. Molto difficile.

Queste meditazioni non servono tanto a inviare qualcosa di benefico agli altri, quanto a eliminare da voi stessi un po’ di veleno, un po’ di antipatia e di rivalità.
Detto questo, non cercate di diventare tutti dei santi Francesco o degli ipocriti pretini. Cattivi lo siete comunque. E un po’ di cattiveria, forse, allunga la vita.

Imparare ad amare è molto difficile. E ci vuole anche un’analisi del profondo.

venerdì 19 dicembre 2014

Genius loci

Dunque, l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica dovrà dipendere anche dal consenso di Berlusconi – uno che è attualmente agli arresti domiciliari.
Quanto agli affari romani, è venuto fuori che molti erano in mano ad un criminale, terrorista e fascista, il quale passava mazzette, anche modeste, a politici e funzionari pubblici.
Insomma, il solito squallore della corruzione italica.
Non è strano che i criminali guidino la politica e l’economia – lo hanno fatto da sempre. Come la politica è la guerra perseguita con altri mezzi, così la criminalità è la politica perseguita con altri mezzi.

Il problema dell’Italia è che si tratta di gente modesta e ignorante, piccola piccola. Non solo non abbiamo una politica all’altezza dei tempi, ma nemmeno una criminalità.

Sviluppare l'amore

Quando diciamo “ama il prossimo tuo come te stesso” (un principio enunciato da tanti saggi, anche prima di Gesù), affermiamo che prima di tutto dobbiamo essere in buoni rapporti con noi stessi. Se non ci amiamo, come possiamo amare un altro? Se non siamo in intimità con noi stessi, come possiamo essere in intimità con un altro? Se non siamo connessi con noi stessi, come possiamo connetterci con un altro?
Questo significa che dobbiamo osservare e conoscere noi stessi, che dobbiamo conoscere come siamo fatti, le nostre paure, i nostri limiti, le nostre inibizioni, le nostre difficoltà interiori. Se non facciamo questo lavoro di ricerca, l’ingiunzione ad amare gli altri “come noi stessi” rimarrà lettera morta.
Non dobbiamo illuderci che sia facile amare. Di solito, siamo pieni di blocchi e di complessi. L’amore non è così naturale come sembra. È vero che, se ci siamo, siamo stati amati – ma come siamo stati amati? E come ci amiamo?

Dunque, il fattore risolutivo resta lo sviluppo della consapevolezza.

giovedì 18 dicembre 2014

I comandamenti "divini"

Guardate come nascono i comandamenti “divini”. Qualcuno si lambicca il cervello per trovare leggi che possano regolamentare la convivenza umana; e distilla una serie di principi. Che attribuisce a Dio.
Lo stesso succede con la creazione di Dio. Qualcuno si lambicca il cervello per trovare le qualità migliori dell’essere umano: bontà, amore, intelligenza, creatività, ecc.; e le attribuisce ad un Essere divino.
Ma resta il fatto che è sempre l’uomo che s’inventa tutto. I comandamenti e Dio.

Noi cerchiamo sempre il meglio in alto e fuori. Ma chi ha trovato questi principi, ha guardato dentro di sé.

Le motivazioni della rabbia

Spesso le nostre reazioni sono tanto più irritate o rabbiose quanto più abbiamo una paura di fondo: la paura di essere inadeguati, la paura di non valere niente. Se l’altro ci insulta dicendoci: “Sei uno scemo!” non ci accorgiamo nemmeno che la nostra prima reazione è di paura – paura che sia vero.
Dunque, più siamo insicuri, più vogliamo cancellare questa sgradevole sensazione, più vogliamo nascondere la paura profonda – più scattano ira, rabbia, collera. Lo scatto ci nasconde la realtà.
E così non ci accorgiamo non solo delle motivazioni profonde della nostra rabbia, ma anche delle motivazioni profonde della rabbia dell’altro, che nasce a sua volta da una sofferenza interiore, da una paura che non lui non vuole vedere.
Qual è la via d’uscita? Non fuggire, non evitare, non mascherare, ma percepire ed accogliere fino in fondo ciò che ci spaventa. Solo da questa presa di coscienza, nasce la possibilità di una risposta diversa.
Ma ogni volta, per farlo, è necessario interrompere un attimo la reazione automatica – magari respirando a fondo tre volte – e domandarsi: “Qual è la mia sensazione di fondo? Di che cosa ho paura?”



mercoledì 17 dicembre 2014

Controllare le emozioni negative

Quando sosteniamo che in meditazione non dobbiamo esprimere le emozioni negative (odio, rabbia, rivalità, gelosia, paura, invidia, attaccamento, desiderio morboso, possessività, ecc.) non diciamo che dobbiamo reprimerle. C’è una differenza basilare tra non esprimere e reprimere.
La repressione è un tentativo di soffocare e nascondere, una finzione violenta, che alla fine fa male all’organismo fisico e mentale, e non riesce. Provoca danni, malattie e contrazioni a vari organi, fra cui il cuore e l‘intestino. D’altra parte, se diamo libero sfogo alle emozioni negative, questo ci porterà lontani dal nostro centro di equilibrio.
A livello evolutivo, la manifestazione di queste emozioni primordiali ci assicurava la difesa e la sopravvivenza. Ma oggi potremmo vivere un’esistenza più rilassata. L’importante è rimanere consapevoli della tensione, della stretta o della contrattura che si verifica a livello fisico e psichico – e poi lasciarla sciogliere.
Talvolta i sentimenti aggressivi ed esplosivi, come la rabbia, partono da un dolore interno. Se per esempio riceviamo una critica, si risveglia in noi un antico senso di insufficienza. E la reazione irritata vuole in realtà nascondere la profonda paura di non essere all’altezza, di essere inadeguati o incapaci.

La non espressione permette la disidentificazione dal piccole ego reattivo e ripetitivo, e l’allargamento ad una più ampia consapevolezza del sé, trasformando la rabbia in fermezza e determinazione.

I comandamenti: gli ordini di Dio


“Onore il padre e la madre”… niente da eccepire, se se lo meritano. Ma perché si parla solo dei genitori e non dei figli? “Onora e rispetta i figli” – ci sarebbe stato bene. Già, ma non nella società patriarcale della Bibbia.
In fondo, qui il Dio-Padre difende il proprio ruolo di genitore.
“Non uccidere”… anche qui niente da eccepire. Ma da che pulpito viene la predica! Colui che ha condannato a morte tutti gli esseri viventi, colui che uccide tutti, ordina agli stessi di non uccidersi fra loro. Senza contare, che è anche il Signore che impone agli esseri viventi di cibarsi di altri esseri viventi, tanto che il mondo è un’immensa macelleria.
Ma perché questi comandamenti restano lettera morta e non importano più a nessuno?
Perché manca il più importante di tutti, che il Supremo Sovrano non poteva ammettere – e cioè “sii consapevole”, “sii autonomo”, “sii te stesso”, “sviluppa la tua stessa consapevolezza”.

Tutti sappiamo che, finché gli ordini arrivano dall’esterno e non vengono interiorizzati, non sono osservati.

martedì 16 dicembre 2014

"M'illumino d'immenso"

Ci sono momenti particolari in cui tutti ci “illuminiamo d’immenso”, come dice la poesia di Ungaretti: “Mattina. M’illumino d’immenso”.
Può essere la fine di un periodo di tensione, una sorpresa piacevole, la soluzione di un problema, un esame superato, una malattia vinta o, più semplicemente, la fine di una tempesta, un bel tramonto, un incontro fortunato, un risveglio, un primo giorno di primavera o un’apertura del cielo e la comparsa del sole dopo giorni di pioggia.
Allora smettiamo di preoccuparci e di pensare ai problemi. Usciamo di colpo da un’atmosfera tetra, ci rassereniamo, sentiamo che la vita è ancora bella e contempliamo le meraviglie della natura o della fioritura degli stati d’animo. Usciamo dal nostro piccolo mondo auto-centrato, dal nostro ego ossessivo e ci immergiamo in ciò che c’è di grande.

Sono le nostre piccole illuminazioni quotidiane. Che ci fanno intuire qualcosa di quel che può essere l’illuminazione spirituale, l’apertura di un’altra dimensione, di un’altra vita.

La meditazione di Dio

La meditazione di Dio
Noi crediamo che la meditazione abbia solo un’origine orientale; ed è vero che solo in Oriente essa diventa pienamente consapevole e sviluppa precise tecniche.
Ma, se guardiamo bene, inviti alla meditazione esistono anche in altre culture, fra cui quella biblica. Roberto Benigni, nella sua trasmissione televisiva sui dieci comandamenti, ha ricordato l’importanza del terzo – quello sul riposo del sabato.
Qui è prima di tutto Dio stesso che si riposa un giorno su sette e poi comanda a gli uomini di fare le stesso. Ma riposarsi non significa smettere semplicemente di lavorare, andare a vedere la partita o andare a messa. No, significa consegnarsi al non-fare.
Per sei giorni lavori, ma il settimo smetti non solo di lavorare, ma anche di fare qualsiasi cosa. Per sei giorni ti relazioni e ti connetti con gli altri, ma il settimo relazionati e connettiti con te stesso. Per sei giorni parli, pensi, ricordi, progetti e immagini, ma il settimo stai fermo e in silenzio – è il principio stesso della meditazione.
Il silenzio è l’immobilità sono essenziali perché bilanciano i loro opposti, perché ci permettono di ritrovare la fonte profonda dell’energia e del senso, e perché, nella Bibbia, è Dio stesso che dà l’esempio - prima e dopo aver fatto tanto, si è messo a meditare in silenzio e senza far nulla, neppure pensare.

Dunque, tutti i momenti in cui stai in silenzio sono quelli in cui più ti avvicini alle origini stesse della trascendenza. E il silenzio non è solo quello esterno, ma anche quello interno di una mente che non smette mai di chiacchierare e di frapporsi come un filtro tra noi e la realtà.

lunedì 15 dicembre 2014

Il cielo della meditazione

Paragoniamo spesso la meditazione ad un cielo sgombro da nubi. Le nubi sono i pensieri e le altre attività della nostra mente che oscurano e filtrano la luce del sole.
La pratica meditativa consiste nel non identificarci più con le nuvole dei nostri pensieri, delle nostre convinzioni, dei nostri condizionamenti, delle nostre abituali identità, ma nel gettare lo sguardo al di là, dove c’è il cielo libero. Assumere una prospettiva differente rispetto al nostro ego.
Non siamo più solo le nuvole, ma il cielo sconfinato. E il nostro io non è più l’ego chiuso che non vede niente oltre a se stesso, ma il sé come consapevolezza.

Non perdiamo il senso dell’ego, ma lo espandiamo, lo allarghiamo. Non siamo più solo la nostra piccola mente, la nostra piccola storia, il nostro piccolo orticello. Siamo la vastità del cielo.

Mantra e respirazione

Nei mantra non è la parola che dobbiamo ricordarci, ma che cosa essa significa per noi. Non ripetere meccanicamente la parola, ma rievocare il suo significato, creare le stato d’animo corrispondente.
Per esempio, serve a poco ripetere semplicemente e continuamente la parola “calma”. Ciò che dobbiamo fare è recuperare dentro di noi lo stato di calma, di tranquillità, di pacatezza, di imperturbabilità, di silenzio, di relax.

Anche la pratica di seguire il respiro svolge la stessa funzione e segue le stesse regole. Il problema non è conteggiare i respiri, ma calmare a poco l’intero complesso psicofisico.

domenica 14 dicembre 2014

I sonnambuli

La prima cosa da capire è che passiamo gran parte della nostra vita in uno stato di sonnambulismo. Siamo addormentati e non ce ne rendiamo conto. Siamo completamente immersi nei nostri pensieri, nelle nostre fantasie, nelle nostre piccole emozioni. E scambiamo questi nostri film mentali per realtà.
Questa presa di coscienza fa nascere l’aspirazione al risveglio. Come?
Guardando la realtà oltre lo schermo mentale. È come se ci fosse una lastra vi vetro deformante tra noi e il mondo.
Dunque, bisogna sviluppare concentrazione, consapevolezza e chiarezza di cervello. Siamo come uno che vede tutto sfuocato e strizza e forza gli occhi per vedere meglio.

Questa è la meditazione. Ogni volta dobbiamo ricordarci il punto di partenza, la motivazione e che cosa cerchiamo – cerchiamo di uscire dal sonno.

Asocialità

È vero che siamo esseri sociali, nel senso che non ha senso vivere da soli, respingendo gli altri. Ma, quando ci troviamo in una compagnia di stolti o su un autobus che sta cadendo in un precipizio, se vogliamo salvarci dobbiamo abbandonare la compagnia degli stolti o saltare giù dall’autobus.
Insomma, essere individui sociali non significa fare quello che fanno tutti, essere conformisti. Spesso il gruppo sociale o la massa sbagliano di grosso – e allora bisogna riscoprire la propria asocialità, la propria solitudine, la propria autonomia di giudizio e di comportamento.

sabato 13 dicembre 2014

La pratica della quiete

Perché sono necessarie la pace e la tranquillità per potere praticare (e in parte sono già la pratica)?
Perché quando siamo sconvolti o angosciati, il nostre sé si contrae, ed entra in azione il cervello arcaico, che ragiona solo in termini di fuga, di attacco o di desensibilizzazione, perdendo ogni lucidità.

Nella pace, nel riposo e nella quiete, il sé si espande, amplia i suoi confini e riesce a comprendere anche ciò che sta al di là dei suoi bisogni primari.

La pratica dell'umiltà

Perché la pratica dell’umiltà non funziona quasi mai?

Perché è quasi sempre un trucco dell’ego che manifesta in questo modo la sua ambizione di essere il primo della classe, il più buono, il più caritatevole.

L'auto-compassione

Va bene provare compassione per gli altri, per i deboli, per i malati, per gli indigenti e per gli ignoranti – e avere l’impulso ad aiutarli per farli uscire dalla loro condizione. Ma dobbiamo essere compassionevoli anche verso noi stessi. Non trattarci male se sbagliamo, non emettere giudizi duri e spietati nei nostri confronti. Anche noi siamo”altri” per noi stessi.

venerdì 12 dicembre 2014

Il vizio di Dio

Il mondo è meraviglioso – ma c’è sempre qualcosa di terribile.
Di chi la colpa?
Dell’uomo? Del peccato originale?

Noi uomini abbiamo tante colpe. Ma che cos’è il peccato originale se non un vizio d’origine? E il vizio di origine, il difetto, non è nostro - ma del costruttore.

Tornare al corpo

Quanto tutto è confuso, quando non sappiamo che fare, usciamo dalla mente e torniamo al corpo.
Percepiamo il nostro respiro o il battito del cuore. Sentiamo le tensioni o i dolori nelle ossa o nei muscoli.
Il corpo è la nostra vera ancora di salvezza quando siamo immersi nelle nebbie della mente.

Il corpo, con le sue esigenze, ci parla di cose reali, e non mente.

La natura umana

La natura umana è fatta così: si preoccupa molto delle cose secondarie e poco di quelle essenziali. Per esempio, se non ci sentiamo apprezzati, se ci sentiamo trascurati, soli, respinti o rifiutati, soffriamo parecchio, ci tormentiamo e ci lambicchiamo il cervello per cambiare le cose.
Ma per il fatto che siamo addormentati o campioni di egocentrismo, non soffriamo affatto.
Soffriamo se ci sentiamo insicuri, inadeguati, non considerati o non amati. Ma non soffriamo se noi stessi non abbiamo certezze, se non sappiamo chi siamo, se non siamo in contatto con noi stessi, se vediamo tutto confusamente.
Soffriamo se qualcuno ci trascura. Ma non soffriamo se noi stessi ci trascuriamo, al punto di ignorare la nostra vera natura.

Ora, l’uomo dovrebbe preoccuparsi di essere consapevole, di conoscere se stesso, non di non essere riconosciuto dalla società.

giovedì 11 dicembre 2014

Le tempeste emotive

Se soffriamo, vuol dire che sentiamo acutamente i problemi della vita, e questo ci aiuta ad essere più consapevoli e più svegli. E la meditazione seduta ci permetterà di attenuare la reazione emotiva.
Se siamo felici, dobbiamo renderci conto che questa felicità durerà poco e che è il prodotto di una situazione contingente. Non per rovinare la festa, ma per liberarci il più possibile dalle perturbazioni emotive… e raggiungere uno stato di quiete, di distacco, di equanimità, di omeostasi.
A tal proposito, può essere utile riferirsi a noi in terza persona. Non dirsi “sto soffrendo”, ma dirsi “costui sta soffrendo, questo essere psico-fisico sta male”. Non “che cosa provo in questo momento?”, ma “che cosa prova in questo momento?” Vedersi come uno dei tanti, in balia delle emozioni.

Quando ci si vede così, ci si sposta in una posizione di testimonianza, che è già trascendenza.

Sedere silenziosamente

La meditazione di consapevolezza non può prescindere da una meditazione formale, eseguita sedendo in silenzio.
Sedere silenziosamente significa stare possibile stare seduti immobili e senza pensieri estranei.
In qualunque situazione, di sofferenza o di gioia, sedere silenziosamente significa arrivare a vedere con chiarezza ciò che succede e il suo riflesso sopra di noi. È importante, infatti, non tanto analizzare, quanto “sentire” la situazione nel corpo fisico. C’è una contrattura, c’è un peso nella testa, nel cuore, nello stomaco o nell’intestino? C’è calore o freddo?
Chiedersi sempre “che cos’è questo?”, che cos’è questa situazione a livello psico-somatico, come mi sento in relazione a ciò che accade?
Se c’è gioia, l’espansione e la felicità si estendono al corpo e alla mente.
Se c’è sofferenza, bisogna sentire la stretta sugli organi, sul respiro o sul cuore – e cercare di allentarla.
Chiarezza e distensione psico-fisica: ecco il modo di rispondere in meditazione agli eventi positivi o negativi della vita.
Lo scopo è coltivare la consapevolezza, essere svegli, essere più presenti nella vita quotidiana ed essere liberi dalle altalenanti reazioni emotive.

Questo ci predispone a fare un salto di qualità.

mercoledì 10 dicembre 2014

Le strategie di controllo

Come scrive il maestro zen californiano Ezra Bayda (in Cuore Zen, Ubaldini, 2008), tutti nella vita cerchiamo la sicurezza, la protezione e il benessere, che, purtroppo, sono minacciati. In ogni momento, infatti, qualche avvenimento può distruggere questo stato di cose e le nostre protezioni. Al fondo, quindi, noi nutriamo sempre una certa paura – paura di non riuscire a fronteggiare gli imprevisti.
Questo sentimento, più o meno inconscio, finisce per mettere in dubbio le nostre stesse capacità. Forse siamo inadeguati, forse non siamo all’altezza delle sfide della vita. Da qui nascono varie strategie di controllo.
La prima è sforzarsi e impegnarsi di più. Dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo essere attivi, dobbiamo lottare. Inutile dire che questa strategia aumenta l’ansia.
La seconda è cercare l’approvazione. Cerchiamo di piacere a chi ci circonda, cerchiamo di integrarci e di conformarci alla società. Così facendo, pensiamo, non ci sentiremo più inadeguati. Ma anche qui dobbiamo sprecare energia e finiamo per aumentare lo stato di tensione. Oltretutto, veniamo a dipendere dal giudizio altrui e, per riscuotere l’approvazione sociale, perdiamo contatto con la nostra natura più profonda, con un aumento del senso di smarrimento e di angoscia.
La terza strategia è quella di evadere e di istupidirci, per esempio attraverso il cibo, l’alcool, le droghe, il gioco, le religioni o l’attivismo. Non appena avvertiamo una sensazione di disagio o di malessere, ci mettiamo a mangiare, a drogarci, a pregare o a fare qualcosa. Ma più dipendiamo da queste strategie, più ci giudichiamo male, ci vergogniamo e ci sentiamo frustrati e insicuri.
La meditazione ci insegna a non cercare di fuggire. Anziché adottare queste strategie di fuga, ci invita ad osservare e a percepire con chiarezza le paure di fondo. Provate ad avvertirle respirando con calma. Non vi dovete sforzare di più; non dovete essere qualcuno di speciale. Godetevi il puro essere, senza secondi fini. State seduti tranquilli.
Non evitate il disagio, non finite nell’autocommiserazione. Non accelerate i ritmi di vita, non mettetevi a fare mille cose. Non rafforzate il nucleo della paura inconscia. Non vi sottomettere all’approvazione altrui o al conformismo generale. Non vi drogate con sostanze o con ideologie. Comprendete le vostre caratteristiche psicologiche. Accettatevi così come siete. Non dovete e non potete essere qualcosa di diverso.

Rallentate, distendetevi, rilassatevi, state fermi mentalmente, respirate con calma. Ritrovate il nucleo soddisfatto e libero del vostro essere. Voi siete quel che siete, non dovete essere qualun altro. Per quel siete, siete già a posto.

martedì 9 dicembre 2014

I due risvegli

Nella nostra immaginazione, il risveglio dovrebbe essere un’esperienza meravigliosa, un’apertura di comprensione.
Tuttavia, prima di questa comprensione, dobbiamo risvegliarci alla nostra reale condizione.
Dobbiamo capire che viviamo in un mondo incerto, provvisorio e contraddittorio, dove ogni cosa è e non è nello stesso tempo. Noi siamo abbagliati, ambigui e illusi. Non sappiamo nemmeno chi siamo. Siamo vittime di opinioni e di pregiudizi. Non siamo padroni di noi stessi.

Questo è dunque il primo risveglio. Se agiamo con una mente illusa, quale altro risveglio cerchiamo? Andiamo solo annaspando nella confusione.

Le apparizioni della Madonna

In tutto il mondo, in tutti i tempi e in vari luoghi sono esistiti santuari dove si dice sia apparsa qualche divinità, soprattutto femminile. Da noi questa divinità viene identificata con la madre di Gesù.
Perché di genere femminile?
Perché la gente va a chiedere aiuto e conforto e si sente più rassicurata da una presenza materna, che sembra dare più garanzie di ascolto e di accoglienza.
In sostanza la Madonna è la parte femminile di Dio. Di un maschio dominatore e creatore ci si fida di meno.
Ma c’è qualcosa dietro queste apparizioni? C’è veramente una divinità femminile?
Ovviamente la divinità non è né maschile né femminile: queste sono classificazioni nostre. Ma, allora, queste apparizioni, queste visioni sono illusioni?
Certamente, illusioni della mente. Però va aggiunto che tutto in questo mondo è un’illusione, una proiezione, un’immagine senza consistenza.

Già, anche noi siamo apparizioni.

Altre vite

Se abbiamo la fortuna di vivere a lungo e ci ricordiamo delle vicende passate, ci sembrerà di aver vissuto altre vite. Eravamo noi, ma non eravamo noi. Eravamo qualcosa d’altro, un nostro parente, una vita precedente, un “io” che è sempre il nostro, ma anche diverso.
Ecco, l’idea che possano esistere vite precedenti viene da un’impressione del genere.
Se per esempio oggi abbiamo 80 anni e ne avevamo 20 quando abbiamo vissuto un certa esperienza, ci sembrerà veramente di aver vissuto una vita precedente.
Guarderemo il tutto con affetto, ma con distacco. Come eravamo ingenui! Che errori abbiamo fatto!
Se potessimo vivere non cento ma duecento anni, l’idea delle vite precedenti – e quindi della reincarnazione - sarebbe più chiara.
Ma chi ha vissuto quelle vite?Il nostro io o un altro io? Forse il nostro essere non si estingue mai davvero, ma continua a vivere altre vite, ora qui, ora là.
O forse siamo tutti un unico io, siamo tutti un’unica vita suddivisa tra vari esseri, siamo tutti sempre lo stesso io che si reincarna in miliardi di forme, siamo tutti diversi ma tutti “uno”.


lunedì 8 dicembre 2014

Essere speciali

Non dobbiamo essere speciali, non dobbiamo ottenere uno stato meraviglioso, non dobbiamo sentirci in un modo particolare.

Dobbiamo solo essere noi stessi, dobbiamo solo essere presenti a ciò che succede, senza auto-ingannarci: questo è lo scopo della vita.
Troppo semplice?
Già, le cose troppo semplici sono le più difficili.