domenica 30 aprile 2017

Conoscere se stessi

C’è sempre qualcosa che ci sfugge nella vita, e non è qualcosa di marginale, ma il fondamento stesso del nostro essere.
Avete mai notato che noi non possiamo vederci se non attraverso specchi, foto o video, cioè attraverso immagini riflesse e quindi in qualche modo interpretato? Mai direttamente.
Nello stesso modo, “colui” che osserva attraverso gli occhi come potrà vedere se stesso? C’è un’alienazione, una non-coincidenza, una scissione di base. L’io non può vedere direttamente tutto se stesso, ma vede frammenti o rappresentazioni.
Il “conosci te stesso” non è dunque facile e forse neppure possibile. San Paolo notava che oggi noi vediamo come in uno specchio, in modo confuso, ma un giorno vedremo “faccia a faccia”. Ma è così?
Forse non sarà possibile un riconoscimento, perché non si può riconoscere ciò che non abbiamo mai conosciuto.
Non a caso, talvolta dobbiamo ricorrere all’aiuto di uno psicologo per capire qualcosa di noi stessi che ci sfugge. D’altronde, ciò che chiamiamo “io” sembra essere un sistema di relazioni. E come potrebbe un sistema di relazioni esistere di per sé?

C’è un io dell’io che oggi non cogliamo. Ci sfugge sempre. A meno che non smettiamo di inseguirlo.

sabato 29 aprile 2017

Psiche profonda

Anche quando ci si ama, in certi momenti ci si odia.
Se capiamo questo, comprendiamo come funziona il dualismo nel campo dei sentimenti e delle sensazioni. Una cosa non esclude il suo opposto; anzi la include e ne ha bisogno. Gli opposti, in apparenza, sembrano lottare l’uno contro l’altro; in realtà sono complementari.
Figuriamoci a livello di concetti: bene-male, alto-basso, vita-morte, Dio e Diavolo, inferno e paradiso, inizio-fine… Tutte le nostre sensazioni sono duali. Tutte le nostre idee sono duali.
Ma, come nella psiche profonda capiamo che questa contrapposizione è solo apparente, così al fondo delle cose vi è una convergenza, un’unità, una complementarità e una complicità che sconvolge i nostri schemi ordinati.

Andare nel profondo cambia la nostra visione del mondo e ci porta ad un altro livello. La realtà empirica sembra essere così, ma la realtà profonda ci apre un altro universo.

Un uomo generoso

Sento che tra gli emigranti che finiscono in Italia molti sono bambini non accompagnati. Questo vuol dire che i genitori fanno i figli senza controllo e poi li buttano a mare sperando che arrivino in Europa, incuranti del fatto che prima vengano sfruttati, schiavizzati, violentati e magari uccisi.
Ma non sarebbe meglio paracadutare milioni di preservativi e pillole anticoncezionali nei paesi di provenienza?
Come dite? Il Papa aveva fatto i roghi dei preservativi in Africa?

Già, lo stesso che ora li vuole in Italia. Fa il generoso a nostre spese.

venerdì 28 aprile 2017

Senso e sentimento

Non hanno un senso tutte le cose? Non vanno tutte in una direzione?
Certo, ma chi l’ha scelta questa direzione?
La società fa di tutto per far dimenticare all’individuo che vive in un mondo di sensi convenzionali e artificiali e che è come una marionetta i cui fili sono tirati da altri.
La famiglia, lo Stato, la scuola, la religione e i mass media creano regolarmente identità, funzioni, comportamenti, ambizioni, ruoli, fini e desideri per cui l’individuo deve impegnarsi e sprecare tutto il suo tempo e le sue energie. Perfino i sentimenti più intimi, come l’amore, sono magistralmente condotti dalla natura che non ci libera affatto, ma ci imprigiona nei suoi schemi.
Soprattutto non bisogna mai fermarsi a pensare e a meditare. Allora si vedrebbe che i nostri sensi e i nostri sentimenti sono condizionati e, sostanzialmente, falsi.

Allora il mondo si sfalderebbe e crollerebbe come un castello di carte.

Le nuove invasioni barbariche

Mentre tutte le nazioni del mondo erigono muri per trattenere la marea delle nuove invasioni barbariche, gli italioti stanno accogliendo tutti e anzi vanno a prenderli con le loro navi nel mare libico.
Certo, tutti gli altri paesi sono stupidi e noi siamo gli unici intelligenti e previdenti.
Ma la mia impressione è che siamo solo incoscienti. Sta avvenendo ciò è già capitato con il debito pubblico: lo abbiamo accumulato anno per anno rinviando al futuro il suo contenimento, e ora che il futuro è arrivato siamo costretti a pagare interessi stratosferici e abbiamo tagliato le gambe ai giovani e al nostro stesso avvenire, con una recessione che non ha uguali in tutta l’Europa.
Qualcuno naturalmente fa soldi (quelli che organizzano il traffico di emigranti), ma a scapito del paese. Un giorno ci sveglieremo e scopriremo che siamo invasi da una popolazione ostile e non grata che chiederà diritti e aiuti. E noi pagheremo, come facciamo sempre. Da perfetti irresponsabili che si sono dimenticati che le invasioni barbariche fecero crollare l’Impero romano, l’unica grande cosa che avevamo creato.


giovedì 27 aprile 2017

L'illusione del desiderio

Quasi tutti siamo convinti che la nostra infelicità derivi dalla mancanza di denaro e di possessi (compreso quello affettivo) e che saremo felici quando (e se) saremo ricchi e pieni di affetti. Ma le cose non stanno così: si tratta di un’illusione.
Il Buddha, per esempio, era figlio di un uomo ricco e viveva in un palazzo in cui venivano esauditi tutti i suoi desideri. Aveva donne in gran quantità, aveva una moglie, aveva un figlio, poteva soddisfare ogni suo capriccio e comprarsi ogni cosa. Eppure c’era qualcosa di insoddisfacente nella sua vita, qualcosa che gli rodeva dentro. E, quando incominciò ad uscire dal palazzo reale, e incontrò malati, vecchi e moribondi, si rese conto che era vissuto in un bozzolo protettivo, che non lo avrebbe mai salvato dall’infelicità.
La cosa certa è che la povertà può accentuare la nostra infelicità, ma anche che la ricchezza di beni e di affetti non può darci la felicità dell’animo cui aspiriamo.
Anzi, i poveri sono più fortunati perché possono sognare di essere ricchi e possono apprezzare la soddisfazione di diventarlo. Ma ricchi in che cosa possono sperare? In effetti molti figli di ricchi sono così infelici da arrivare a drogarsi o a suicidarsi.
Il messaggio cristiano, invece, nacque da un ambiente povero e in forte polemica contro i ricchi. Ecco perché, paradossalmente (ma non troppo), è in questa religione che si sviluppò il capitalismo. Sono i poveri che sognano la felicità attraverso l’arricchimento. E sognano, se rimangono poveri, di arrivare in un paradiso che possa in qualche modo compensarli per ciò che non hanno avuto.
Ma il buddhismo, nato da uomini ricchi che trovavano gioia nel liberarsi delle ricchezze di questo mondo, giunge a capire, meglio di altre religioni, che i nostri comuni desideri di possesso e di arricchimento non ci liberano affatto dall’insoddisfazione, perché tutti siamo soggetti alla perdita, alla sgretolamento, alla delusione, alla malattia, all’invecchiamento e alla morte.
Il buddhismo smaschera la convinzione che il soddisfacimento dei nostri desideri terreni possa darci la felicità e ci invita a trascenderlo, cioè a vedere il suo meccanismo illusorio, puntando su una liberazione dalla sua presa. In tal modo, ha uno slancio verso una reale trascendenza che le altre religioni travisano.

La trascendenza non può essere un paradiso, ma una liberazione dalle illusioni terrene.

mercoledì 26 aprile 2017

Il potere dell'immaginazione

Qui per immaginazione non intendiamo la facoltà di uno scrittore che immagina storie e mondi inesistenti, ma la capacità di visualizzare ed entrare in contatto per via mentale con la realtà. Se siamo abbastanza immaginativi e se cerchiamo di non inventare nulla, rievocare le cose mentalmente è stabilire un rapporto con esse. È per così dire un potere e un rapporto telepatico.
Se abbiamo tante immagini di una persona o di una città, siamo già in contatto con essa, senza doverla contattare direttamente. Tra immaginare una persona e incontrarla concretamente, non c’è molta differenza. Certo l’incontro diretto apporterebbe informazioni in più. Ma la nostra immagine, se mantenuta correttamente, senza fantasticare, è già reale.
I piaceri e i dispiaceri della mente non sono tanto diversi da quelli della realtà, anzi possono essere superiori. In fondo, quando entriamo in contatto “diretto” con qualcuno o con qualcosa, il rapporto è sempre mediato dall’immaginazione. In fondo tutte le cose, anche le immagini e i pensieri, non sono che danze di fotoni.
Tutto questo per dire il potere della visualizzazione. In certi esercizi yogici, ci si deve visualizzare in un certo modo, per cercare di esserlo veramente. Infatti, anche un’immagine è parte della realtà. Se ho per esempio la fotografia di una persona, quella foto è già parte di quella persona. Se ho dentro di me l’immagine di una persona che non c’è più o che è lontana, io ho in effetti una sua parte.
Se dunque mi immagino in un certo modo, in parte già lo sono.
Stiamo dunque ben attenti a come visualizziamo gli altri e le cose, e soprattutto stiamo attenti a come visualizziamo noi stessi, perché tutto ciò contribuirà ad esserlo.
Qui si apre un campo sterminato, perché, se c’è un’altra forma di vita dopo la morte, sarà tutta basata sulla nostra immaginazione. Ma noi siamo già su quel piano.

martedì 25 aprile 2017

L'albero della conoscenza vietata

I giovani devono ogni volta rifare da capo il loro patrimonio di conoscenze, studiando, apprendendo e faticando per decenni. Ma, ad ogni generazione, si perdono le conoscenze, le esperienze e i ricordi. È evidente che lo spreco è enorme perché la vita umana è troppo breve.
Pensiamo a cosa sarebbe l’uomo se potesse vivere cinquemila anni, così come succede a certi alberi. Sarebbe già un dio.
Ma proprio questo non piace alla Suprema Autorità cosmica, che è gelosa e non ama affatto chi vuole rendersi indipendente. Mette dunque i bastoni fra le ruote. Dà una lunga vita agli alberi perché non pensano. Ma non agli uomini che potrebbero insidiarla.
Questa è la logica dei padri-padroni e dei dittatori. Non vogliono che i figli crescano e si emancipino.
Il Diavolo-Dio che ci governa, la Forza che da una parte ci dà la spinta a liberarci è anche quella che ci ostacola e ci vuole mantenere in uno stato di minorità, di oscurità e di ignoranza – un perfetto esempio dell’ambivalenza, dell’ambiguità e della contraddittorietà che sovrasta il mondo.

Il mondo sembra essere stato fatto da un folle schizofrenico.

lunedì 24 aprile 2017

La difficile condizione umana

La condizione umana è caratterizzata da un limitato stato di consapevolezza, nel senso che non sappiamo né chi siamo né da dove veniamo né dove andremo. Sappiamo soltanto che siamo vivi, ma non sappiamo che cosa questo significhi. È l’identità vera che ci sfugge. Viviamo in uno stato di alienazione.
È logico dunque pensare che il nostro primo compito sia realizzare uno stato di piena consapevolezza. È un po’ come vivere in uno stato di sogno. Qui viviamo in un qualche modo, abbiamo esperienze confusissime, siamo coscienti con grandi difficoltà e senza continuità e, soprattutto, non sappiamo di stare sognando. Ma, talvolta, riusciamo ad essere consapevoli: arriviamo ad essere consapevoli di stare sognando – e in quel momento ci svegliamo.
Anche nello stato di veglia arriviamo talvolta e per brevi istanti ad essere consapevoli della nostra identità ultima e quindi abbiamo brevi risvegli.
Ma se essere consapevoli nello stato di sogno e nello stato di veglia è già molto difficile, è ancora più difficile essere consapevoli nello stato di morte. Qui non sappiamo di essere morti, così come prima non sapevamo di star sognando e non sapevamo chi eravamo.

Resta comunque il fatto che lo scopo della meditazione è essere sempre  - e sempre più - consapevoli nel sogno, nella vita e nella morte. E tutto il nostro addestramento e il nostro sforzo tendono ad un simile conseguimento. Che può essere realizzato a vari livelli e con diverse intensità, in base alle nostre stesse capacità.

domenica 23 aprile 2017

Il Dio della mente

Se esistesse un Dio, dovrebbe essere uguale per tutti. Invece, noi vediamo che gli uomini lo interpretano come vogliono: talvolta per la vita e talaltra per la morte, talvolta per il bene e talaltra per il male.

Questa è la dimostrazione che Dio è in tutto o in parte un’interpretazione della nostra mente.

La chiara luce della consapevolezza

Il problema della conoscenza, della rivelazione e dell’illuminazione si riduce a cercare di essere consapevoli in condizioni di oscurità, di confusione e di stordimento.
Secondo il Libro tibetano dei morti, dopo la morte, ci troveremo in uno stato di confusione, di smarrimento, di incertezza e di paura. Ci appariranno varie immagini e luci, varie divinità cui abbiamo creduto (alcune protettive ed altre irate), ascolteremo rumori (alcuni spaventosi ed altri melodiosi), non sapremo né cosa fare né dove andare; non saremo neppure coscienti di essere morti. Da una parte vorremmo uscire da questo stato, ma dall’altra non sapremo come farlo.
Dobbiamo allora ricordarci che tutte queste impressioni sono in realtà prodotte dalla mente e dovremo ritrovare la calma e la concentrazione, e seguire non le luci e le forme ingannevoli, ma la luce bianca che l’espressione della nostra stessa consapevolezza. Dovremo fare uno sforzo per capire che siamo morti e che ora decideremo quale sarà il nostro destino futuro.
Se non lo saremo, se non saremo abbastanza lucidi e presenti, saremo di nuovo attirati dalla Terra e rientreremo in un utero e nel solito ciclo nascita-morte.
In fondo questo stato di confusione non è tanto diverso da quello dei sogni e dello stato di veglia. Si tratta di livelli diversi di confusione, di oscuramento, di ignoranza e di mancanza di lucidità. Anche adesso noi non sappiamo né chi siamo né che cosa facciamo né dove andiamo. Non conosciamo né noi stessi né gli altri. Vaghiamo confusi, dominati da potenti impulsi di cui non siamo coscienti, e non siamo padroni di noi stessi se non in piccola misura.
Dunque tutto dipende dalle capacità mentali del singolo, da quanto ha lavorato nella vita, da quanto ha capito, da quanto è stato presente, da quanto ha sviluppato le facoltà mentali e, soprattutto, da quanto ha sviluppato il potere di essere consapevole.
Ecco a che cosa serve l’esperienza di questa esistenza. Non a vivere casualmente e inconsapevolmente. È in gioco il nostro futuro nell’evoluzione cosmica.

Da vivi o da morti, siamo confusi e l’addestramento alla meditazione è uno sforzo ad essere lucidi in un mondo di oscurità.

L'incoerenza papalina

Si sa che la logica ha poco a che fare con le religioni, che sono cumuli di incoerenze, di contraddizioni, di dogmi, di tradizioni e di idee mitologiche.
Per esempio, Bergoglio prima si lamenta per i cristiani perseguitati e uccisi dai musulmani e poi vuole che ci riempiamo di musulmani. Così, fa il male della propria religione, dell’Italia e dell’Europa.

Questo succede perché segue una tradizione senza ragionare. A volte si fa del male credendo di far del bene. Ma anche il bene dev'essere intelligente.

sabato 22 aprile 2017

L'inferno dei sensi

È incredibile come una religione sia gestita da individui (come minimo) repressi e ambigui. È l’innaturale legge della Chiesa cattolica che impone ai suoi preti la castità.
Poiché l’impulso sessuale è naturale, benedetto e comune a tutti, questa repressione imposta non può che portare a persone deviate. L’idea della sublimazione è bella, ma teorica. Il risultato concreto qual è? Che il prete diventa un pedofilo, un nevrotico insoddisfatto o uno che si arrangia di nascosto alla sua Chiesa, sentendosi in colpa o diventando l’ipocrita che era il nemico naturale di Gesù.

Così, il messaggio sull’amore viene affidato a gente che di amore concreto non dovrebbe saper niente e che ha dentro di sé l’inferno dei sensi.

Il distacco

Tutti predicano il coinvolgimento, la partecipazione e l’impegno – sociale, sentimentale, lavorativo, politico… Ma, così facendo, il mondo è sempre più confuso, agitato, soffocante e febbricitante.
Predicare il distacco può sembrare una follia; eppure la febbre del mondo nasce da un impegno eccessivo e inconsapevole.
Più ci si coinvolge, più si arroventa l’atmosfera, quella fisica e quella mentale. Più ci si agita, più l’ambiente si arroventa.
Proviamo a fare il contrario: rallentiamo, distacchiamoci, creiamo silenzio, calma e meditazione. E vediamo se le cose andranno meglio.

Tutti consigliano di “fare”: e noi, come i saggi taoisti, proviamo a non fare. Se non altro contribuiremo a far sbollire la pentola del mondo.

venerdì 21 aprile 2017

La continuità della coscienza

Pochi si rendono conto che il pensiero “morirò e scomparirò per sempre” esprime una forma di attaccamento che non ha ragione di esistere in un cosmo dove tutto si trasforma e si evolve.
Non c’è niente che rimanga fisso e uguale a se stesso: questa è la “morte che avviene momento per momento”, ovvero il cambiamento.
In altri termini, è sempre in azione un processo di cambiamento che comporta piccole morti continue. Rimane però sempre una continuità della coscienza che dice “io”.
Poi arriva l’ultimo cambiamento - la morte del corpo-mente. Qui sembra finire la continuità della coscienza. Ma, dopo il sonno e i sogni, tutti noi ci risvegliamo ad un nuovo piano di realtà. Non lo facciamo volontariamente, ma grazie ad un meccanismo della natura, che vuole questa alternanza.
Naturalmente, lo yogin si addestra a mantenere tale continuità, pur nelle diverse condizioni. E quindi è più sicuro degli altri che ciò avverrà.

Egli sa che, dopo la morte, entrerà in uno stato di confusione disincarnata, dalla quale uscirà consapevolmente solo se saprà riconoscere e seguire la Grande Luce che si è allenato a riconoscere in vita dentro di sé.

giovedì 20 aprile 2017

Nirvana

Nelle nostre fantasie, il nirvana, il paradiso/inferno o l’aldilà sarebbe una specie di meta definitiva, un punto di arrivo.
Ma è più probabile che sarebbero tappe di una progressione evoluzionistica infinita, così come lo è quella di questa vita.

Noi abbiamo idee troppo modeste sul cosmo. Pensiamo che sia uno solo e che sia definito nello spazio-tempo. Ci manca l’idea di un cosmo infinito, senza nascita e senza morte. E senza un Creatore esterno. Il cosmo stesso, infinito, è il Divino. 

Il grande sogno

Tutti riconosciamo che ciò che vediamo in sogno è costituito da immagini della mente. Ma lo stesso avviene in quell’altro tipo di sogno che è lo stato di veglia: immagini della mente o comunque stati coprodotti dalla mente; stati che senza la mente non esisterebbero, stati che staccati dalla mente, non ci sarebbero.
L’unica differenza è che i sogni diurni riescono a durare un po’ di più dei sogni notturni. Quando però la mente si fermerà all’ultimo istante (il primo della morte), il film proiettato si fermerà.
Che cosa apparirà, allora?
Ovviamente, solo se può esistere una mente distaccata dalla materia apparirà qualcosa. Ma sarebbe comunque un altro tipo di sogno.


mercoledì 19 aprile 2017

Dittatura e religione

Ma come è facile imporre una dittatura! Prima ci si fa eleggere magari con metodi democratici, poi s’incomincia con la disgregazione delle leggi libertarie, quindi si propone un referendum popolare su una trasformazione in senso “presidenzialista” della costituzione, lo si vince con le buone o con le cattive, si inventa o si rafforza l’idea di un nemico comune e infine si ottiene l’appoggio della religione.
E la religione non si tira mai indietro. Avete mai sentito una religione che critichi un dittatore? Avete mai sentito di religiosi che protestino contro l’Autorità?
La dittatura ottiene l’appoggio della religione e la religione ottiene una serie di benefici. In fondo, le due mirano allo stesso scopo: tenere sotto controllo il popolo. E il popolo, che per lo più non ama la libertà e vuole un Padrone, firma la propria condanna alla decadenza.

Ma che bello avere un dittatore o un Dio! Questo ci esime dal pensare e dal decidere. La responsabilità è tutta di uno. Basta ubbidire.

Peccato che il dittatore, umano o divino, faccia i propri interessi e non i nostri.

L'odio per per la libertà

Bisogna ammetterlo a malincuore: la maggior parte degli uomini non ama la libertà, non sa che farsene, anzi la teme. Preferisce il noto, il consolidato, la tradizione, la consuetudine, l’abitudine, l’identità convenzionale e sociale… tutti limiti, confini, magari arbitrari, ma rassicuranti.
A livello religioso, ciò significa aderire alle religioni tradizionali, che magari sono infondate, ma danno regole e linee di pensiero e di comportamento che non richiedono sforzi né interpretazioni personali, che non fanno sentire isolati e che non permettono dubbi né critiche.
A livello politico, ciò significa preferire la nazione, la separazione, l’etnia e quindi i partiti che vorrebbero isolare un popolo dall’altro e che accentuano le differenze e le contrapposizioni… dunque ancora limiti e confini.
Infine, a livello spirituale, ciò significa credere che ogni ego sia isolato e che esista un Dio esterno che crea e giudica, un Padre-Padrone che impone le sue leggi… totalmente altro.
In tutti i casi, ciò significa avversare l’innovazione, la creatività, l’apertura, la coscienza personale, l’allargamento dei limiti e dei confini.

E, poiché la storia si evolve in base a leggi di azione e reazione, oggi, dopo un periodo di relativa tendenza alla globalizzazione e all’unificazione dei popoli, siamo di nuovo in una fase reazionaria, a tutti i livelli indicati.

martedì 18 aprile 2017

Muoversi consapevolmente

Non esiste solo la meditazione seduta, ma anche quella in movimento.
Come nei pellegrinaggi, ciò che conta non è la meta, ma il percorso.
Dunque, cammina nell’attenzione, consapevolmente, senza fretta, con calma, osservando te stesso e il mondo. Distendi il corpo e libera la mente.
Secondo lo zen, quando fu chiesto al Buddha in che cosa consistesse il suo insegnamento, lui rispose: “Sediamo, mangiamo, camminiamo…”.
“Ma questo lo fanno tutti!”

“Sì, ma quando noi sediamo, sediamo consapevolmente; quando mangiamo, mangiamo consapevolmente e quando camminiamo, camminiamo consapevolmente.” 

L'anima egoista

Tutti vorrebbero che il proprio ego sopravvivesse alla morte e si perpetuasse in eterno.
Ma l’ego è una strozzatura, ciò che impedisce l’allargamento.

Scelgono il piccolo, anziché il grande; il limitato, anziché l’illimitato. Sono modesti.

La natura del Divino

Chi crede in Dio, utilizza la semplice logica: “Se tutto in questo mondo ha una causa, ci deve essere una Causa prima: Dio”. Ma non si rende conto che questo argomento è auto-contraddittorio.
Infatti, se vogliamo essere veramente logici, dobbiamo ragionare così: “Se tutto ha una causa in questo mondo, non può esserci una Causa prima, perché, date le premesse, anche questa Causa avrebbe un’altra causa – e così all’infinito”.

Il Divino è proprio questo rimando all’infinito, non un fondamento immobile e predeterminato. 

La causa della sofferenza

C’è sempre un motivo per soffrire.

Vivere.

lunedì 17 aprile 2017

Il destino ultimo

Per la nostra logica, la vita avrebbe un senso solo se continuasse in qualche modo dopo la morte. Se invece finisse nel nulla, sarebbe qualcosa di insensato, uno spreco inutile.
Resta il fatto che, per quanta fede o speranza si possa avere, nessuno ha prove o certezze. Siamo sempre nel campo delle ipotesi.
Certo è che, se avessimo la certezza che la vita ha un seguito e che questa esistenza terrena è solo un tratto dell’intero percorso, tutti vivremmo meglio, ci comporteremmo meglio e avremmo meno paura della morte.
Il perché non ci sia questa certezza pone dunque un problema. Perché siamo tenuti all’oscuro? Che cosa ci guadagnerebbe un eventuale Dio a non farcelo sapere? Sarebbe un Dio che non ci vuol tanto bene, che vuole mantenerci nell’incertezza e nel dubbio.
Dio metterebbe sul piatto della bilancia un peso negativo. Se Dio ci facesse sapere che esiste davvero, ci darebbe un grosso aiuto. Ma non vuole, dunque non è affatto benigno.
Anche questo ragionamento ci dimostra che più che con un Dio abbiamo a che fare con qualcosa che si auto-determina. Siamo noi che dobbiamo scoprire e stabilire il nostro destino. È come se fossimo in una fitta giungla e dovessimo trovare il sentiero semplicemente aprendoci la via con un machete.

Non si tratta più di speranze e di timori, ma di auto-determinazione. Non c’è qualcosa di pronto e predefinito davanti a noi.Siamo noi che dobbiamo svolgere e vivere questo film scrivendone di volta in volta la sceneggiatura. 

domenica 16 aprile 2017

Il bullo americano

Prima dicono ai figli di non comportarsi da bulli e poi eleggono in America un Presidente che si comporta come un bullo. “Adesso vi faccio vedere chi sono io!” E tira fuori il petto, i muscoli, le armi e il cipiglio.
Anche la sua politica è quella del bullo. “Se non stai buono ti mollo un cazzotto… o una bomba!”
Adesso il bullo americano se la prende con il bullo nord-coreano. E uno dei due dovrà abbassare la cresta.

Ma se il mondo è affidato a questi rozzi bulli, che conoscono solo la legge della potenza e della prepotenza, non scommetterei un centesimo sulla sua sopravvivenza.

Per veder chiaro

Se volete schiarirvi la mente in mezzo alla confusione in cui viviamo, basta meditare su alcune verità: tutte le conquiste finiscono in perdite, tutte le costruzioni finiscono in distruzioni, tutti gli incontri finiscono in separazioni, tutte le nascite finiscono in morti. Conoscete forse delle eccezioni?
Basta riflettere su questi dati di fatto per avere una visione della vita, non basata su illusioni o fedi infondate.

Si dirà che tutto ciò è sconfortante. Ma non è né sconfortante né confortante. È la realtà. E la realtà va vista chiaramente.

La vera natura delle cose

Chi conosce la vera natura delle cose non ha bisogno di un maestro, così come chi è guarito dalla malattia non ha bisogno del medico o chi ha attraversato il fiume non ha bisogno della barca.
Anche la nostra scienza indaga la struttura delle cose, ma non insegna il modo di liberarsene.

Per liberarsene non basta neppure morire, perché la potenza dei legami, degli attaccamenti e dei desideri si ripresenta sempre sulla Terra e tiene vivo questo mondo di ignoranza e di illusioni.

La potenza dell'ignoranza

È sconfortante vedere in azione l’Ignoranza umana (Avidya), ovvero la dea dell’Illusione (Maya).
I credenti esultano per il ritorno della struttura-Dio. Ma non si rendono conto che, con tale ritorno, ricompare il modello della dittatura totalitaria, dell’aggressività, dell’oppressione delle donne e dei popoli… e della guerra.
Il pacchetto “Dio” comporta tutte queste cose. Non si può scegliere qualcosa e scartarne altre, si deve prendere tutto.

Solo quando la struttura-Dio sarà sradicata dalla mente umana, potremo avere una vera pace sulla Terra.

sabato 15 aprile 2017

L'errore del cristianesimo

Se esiste una Coscienza cosmica, imparziale e universale, non può che essere impersonale.
Gran disdoro del cristianesimo è aver voluto personificare anche il Divino.

Una mente cosmica personale finirebbe per essere arbitraria e ingiusta.

Come agire. il karma yoga

Ogni meditazione deve alla fine tradursi in azione (karma). Ma c’è modo e modo di agire, e la differenza sta tutta nella motivazione.
         Se agisco solo per me stesso, per i miei interessi personali e per le mie ambizioni, non ho nessuna spiritualità e sono un egocentrico che non può trascendere nulla – poco più di un animale.
Ma se agisco tenendo d’occhio l’interesse generale, il bene di una comunità o dell’intera umanità, la situazione cambia, e anche l’azione diventa un metodo di illuminazione, ossia un sistema per trascendere il proprio piccolo ego.
Perché, alla fin fine, la meta è proprio questa: il superamento dei limiti dell’io e l’universalizzazione dell’individuo – allorché la coscienza microcosmica si ricongiunge con la Coscienza cosmica.

Tra parentesi, questo dovrebbe essere un metodo per giudicare gli uomini politici e i leader in tutti i campi: agiscono solo per sé o per il bene di tutti?

venerdì 14 aprile 2017

La brama di potere

Non è strano che al potere arrivino per lo più individui psicopatici. L’elenco sarebbe lunghissimo. Anche solo limitandoci ai tempi nostri: Hitler, Saddam Hussein, Pol Pot, Gheddafi, Assad, Kim Jong-un, Putin, Trump… tutte persone che, se fossero sottoposte ad un’analisi psicologica risulterebbero non sane di mente, con gravi deficit e squilibri, incapaci di concentrazione, boriosi, egocentrici, narcisisti, paranoici, prepotenti, aggressivi, violenti. Al contrario, quanti governanti saggi, pacifici, disinteressati e illuminati conoscete?
Eppure le masse vogliono proprio questi capi, perché si rispecchiano in loro.
C’è dunque qualcosa di malato nell’umanità, c’è qualcosa di sbagliato nei nostri sistemi scolastici, nei nostri sistemi educativi, nelle nostre famiglie, nei nostri sistemi di valori, nei nostri cervelli. Sarà il peccato originale o un vizio d’origine del creato, ma resta il fatto che anche le nostre religioni sono contagiate dalla stessa volontà di potere, dalla stessa volontà di primeggiare, dalla stessa violenza, anche quando parlano di amore, di pace e compassione.
Proprio in questi giorni di Pasqua i cristiani celebrano un Dio che, per farsi amare, sacrifica il figlio sulla croce. Un bell’esempio…

Quello che è certo è che molti uomini non riescono ad apprezzare l’equilibrio, l’autocontrollo, la quiete, la consapevolezza, la calma e la concentrazione. Amano l’azione, il rumore, la confusione, la frenesia, la contrapposizione… in breve la guerra.
E ce l'hanno. 

giovedì 13 aprile 2017

Matrix

Quanti secoli ci vorranno ancora per sradicare dalle menti umane l’idea che Dio sia un Padre? È un’idea nata in società e in epoche patriarcali, in cui chi comandava non poteva che essere un maschio.
Invece, a guardar bene, l’Origine da cui tutto proviene è più simile ad una vagina o ad una matrice da cui escono le cose – un’apertura, un vuoto fecondo da cui nascono tutte le potenzialità.

Hanno dunque sbagliato i vari Mosè, Gesù e Maometto a diffondere questa immagine fumettistica di Dio. Oggi non è più possibile sostenerla.

La vita come dono

Ogni tanto si sente dire che “la vita è un dono” – come se ci fosse qualcuno che la dona a qualcun altro. Ma, se il donatore potrebbe in teoria esserci, il soggetto a cui viene donata la vita non c’è.
Per esempio, i genitori ci fanno nascere, ci danno la vita; ma non hanno un soggetto preesistente cui dare la vita. Non hanno un fantoccio privo di vita cui, ad un certo punto, aggiungono la vita, così come ci rappresenta il racconto biblico.
Essi si fanno strumenti per farci nascere, ma non donano proprio niente.
Non diremmo mai che un allevatore di cani o di vitelli dona la vita; egli fa in modo che la vita si moltiplichi. Ma non è lui a donarla; è la vita, che a seguito delle sue manipolazioni, si dona; e utilizza l’allevatore o il genitore per farsi avanti. È un po’ come un virus che sfrutta l’ospite per diffondersi.
E nessuno direbbe mai che un virus è un dono; semmai, che è una malattia, qualcosa di estraneo che vuole esserci ad ogni costo.
Sembra proprio che il concetto di dono non possa essere applicato alla vita. Potrebbe essere un attacco virale.
La vita è qualcosa che cerca faticosamente di farsi strada, convincendo in qualche modo gli esseri viventi a moltiplicarla.
Non c’è dunque qualcuno che la doni a qualcun altro. È essa stessa che si dona.
E tuttavia il “dono” non sempre riesce bene. E, soprattutto, viene richiesto indietro.
Ora, come potremmo definire “dono” ciò che viene richiesto indietro e che potrebbe essere una malattia o un attacco virale? Sarebbe una mezza fregatura.

Stiamo attenti con le parole. Anche la vita va considerata con distacco. Non esaltiamoci. Ognuno ci guadagna qualcosa. Ma tutti siamo strumenti, soggetti e oggetti, sfruttatori e sfruttati.
La vita è come la carità pelosa: ti dà qualcosa, ma vuole qualcos’altro in… dono.

mercoledì 12 aprile 2017

Shunyata

Se guardiamo tutto dal punto di vista della vacuità originaria - che è apertura di potenzialità – niente ci fa più paura. Che cosa possiamo perdere che sia rovinoso per la nostra identità?
Come diceva il buon vecchio Lao-tzu, perdere è acquisire. Perdere è liberarsi delle limitazioni.

Questa è la via.

Conseguire la realizzazione

Noi poveri esseri umani cerchiamo e cerchiamo, come se ci fosse da accumulare qualcosa. Interpretiamo la realizzazione, l’illuminazione o la scoperta della verità come un’acquisizione, uno strato dopo l’altro. Ma è evidente che avvicinandoci alla fine della vita, incominciamo a disfarci di troppo fardelli.
La realizzazione ultima, dunque, è uno spogliarsi, un liberarsi; e per questo si chiama “liberazione”.
Alla fine, se scaviamo, non troviamo un nucleo più compatto, più profondo e più solido. Ma un non-io, un vuoto dell’ego, cui corrisponde un’espansione del sé, non più imprigionato da muri, paratie, compartimenti stagni, divisioni e limitazioni varie.

Dobbiamo spogliarci proprio dalla fonte di ogni imprigionamento: l’ego. Ecco il senso della morte che ci spaventa tanto.

martedì 11 aprile 2017

L'identità come limite

Tutti noi abbiamo un’irresistibile tendenza a definire, a identificare e a dare un nome ad ogni cosa e ad ogni esperienza, al punto che la nostra paura maggiore è perdere la nostra identità – paura associata alla morte e all’anonimato.
Ma l’identità che così troviamo è pur sempre una limitazione. Non ci rendiamo conto, cioè, che è qualcosa di artificiale e costruito. Se togliessimo però ogni elemento che ci identifica, uno ad uno, non ci sarebbe nessuna vera perdita, ma una grande liberazione, un allargamento della visione.
La paura restringe, la perdita dei limiti allarga.
Forse, ciò di cui abbiamo veramente paura è la libertà.

Eppure, quando, tolto tutto, non ci identificheremo più con niente, saremo liberi come una nuvola.

Il rischio e la scelta

La vita è certamente una forma di sogno, e, quanto ai sogni che facciamo durante il sonno e durante la veglia, possono aiutarci a vivere o possono ingannarci, facendoci perder tempo e portandoci fuori strada. Chi ci può garantire di compiere la scelta giusta?
Nessuno.

Dobbiamo assumerci il rischio: si può vincere o si può perdere. Solo alla fine si vedrà se avremo scelto bene.
L'importante è scegliere con concentrazione e consapevolezza, seguendo una direzione interiore, il filo della nostra vita.

lunedì 10 aprile 2017

Se la vita è sogno

Se la vita è sogno, il sogno notturno sarebbe un ulteriore sogno di chi sogna, un sogno di secondo livello.
Forse, questa idea ci spaventa, perché tutto ci sembra illusorio, effimero e inconsistente.
D’altra parte, se qualcosa finisce di colpo, vuol dire proprio che è un sogno. E un giorno ci sveglieremo.
Ma il fatto che la “realtà” sia una specie di sogno o di film che concepiamo e proiettiamo nella nostra testa ci dà anche una grande libertà.
Infatti, i problemi non sono più qualcosa di drammatico e possiamo prendere le distanze anche dai nostri attaccamenti alle cose.
Acquisiamo equilibrio e possiamo osservare con distacco il gioco delle gioie e dei dolori, il gioco della vita e della morte.

Ma resta un problema: la morte è il risveglio o un’altra forma di sogno? Insomma, quando finirà la sequenza dei sogni?

Dopo la morte

Secondo una fantasia diffusa, dopo la morte ritroveremo le persone che abbiamo conosciuto in vita e ritorneremo fra le braccia del Padre eterno.
Una idea che piacerebbe a tutti. Ma con qualche distinguo. Non vorremmo per esempio rivedere persone che ci hanno fatto del male o che ci sono state antipatiche - insomma vorremmo un paradiso su misura per ciascuno.
Sarebbe bello ritrovare i genitori (che e se ci hanno amato). Ma, nel frattempo, ognuno di noi ha avuto la sua vita, è cresciuto e si è evoluto cambiando, magari è diventato a sua volta padre o madre. E ritornare a vivere con babbo e mamma non sarebbe un granché.

Sarebbe un’idea regressiva.

domenica 9 aprile 2017

La sintesi meditativa

Per comprendere i nostri processi mentali, noi siamo abituati a distinguere, a separare e a contrapporre l’osservatore all’osservato. E questo va bene per una comune analisi psicologica. Ma, quando poi vorremmo identificare l’osservatore, il sé, la consapevolezza, il testimone ultimo… non possiamo farlo perché in realtà ci siamo divisi in due.
Per la meditazione, questo tipo di analisi non va bene: ci vuole l’identificazione.
Non dobbiamo osservare l’osservatore – dobbiamo esserlo.
L’osservatore e l’esperienza non devono essere divisi. Ci deve essere un’esperienza di identificazione. È il contrario di un’analisi psicologica; è la reintegrazione di soggetto e ed oggetto, di osservatore e osservato.
Il conoscere comune è una forma di distinzione; il meditare è una forma di immedesimazione, senza più fratture. È un po’ come il fare l’amore. Ci si unisce. Si colma la distinzione.

Non a caso, nella parola samadhi c’è proprio l’idea di una sintesi.

sabato 8 aprile 2017

Il Dio cattivo

Sono cattivi i carnivori che mangiano gli animali? Sono cattivi i vegetariani che mangiano le piante?
O è cattivo il Dio che ha voluto che ogni forma di vita, per vivere, debba divorarne un’altra?
C’è una crudeltà cosmica che è originaria, essenziale, statutaria, irredimibile.
Il male è stato concepito per tener su l’intera baracca.

Altro che il Dio dell’amore!

Le religioni della barbarie

Non sembra che credere in un Dio abbia portato un gran miglioramento nella condizione umana, anche perché le religioni che dominano il mondo hanno una stessa struttura e sono nate in epoche barbariche.
La barbarie dell’islam la vediamo quasi tutti i giorni negli attentati sanguinari e indiscriminati contro i credenti delle altre religioni. La barbarie del cristianesimo la vediamo quasi tutti i giorni nello spostamento da un paese all’altro di preti pedofili e corrotti, col proposito di nasconderli alla giustizia. La barbarie dei rabbini ebraici la vediamo quasi tutti i giorni nell’espansionismo di Israele che ruba territori ai popoli vicini.
Tutte queste religioni sono dominate da aggressività e da volontà di potenza. Il motivo è sempre lo stesso: la fede in un Dio violento che avrebbe creato il mondo e fondato un’unica religione, dando l’incarico ai suoi fedeli di conquistare tutti gli altri. È così nella Bibbia, nei Vangeli e nel Corano.
È evidente che questa concezione di Dio – creata proprio dagli ebrei e poi trasmessa ai cristiani e all’islam – andrebbe per lo meno riformata.


La possessione diabolica

Il cattolicesimo tiene questo popolo immerso in un Medioevo che non sembra passare mai. Un giudice del Tribunale di Milano concede la separazione tra due coniugi con figli perché la donna sembra posseduta da una forza sconosciuta, provocata dalla sua “ossessione religiosa”.
Nessuna sa spiegare questi strani fenomeni, tanto che i coniugi, due ferventi cattolici, parlano di possessione demoniaca.
Ora, questo tipo di disturbo psicologico non nasce dal nulla, non si manifesta mai in ambienti laici. Si manifesta sempre in ambienti imbevuti di superstizioni religiose e di bigottismo. A forza di sentir parlare di demoni (e i Vangeli ne sono pieni), questa gente finisce per crederci, e interpreta il proprio disturbo secondo codici che ha appreso dalla religione.
È l’ “ossessione religiosa” che trasforma un disagio psicologico in una “possessione diabolica”.
Dunque si tratta di una malattia provocata proprio dalla religione.
Chi è un “posseduto” se non uno che non è più padrone di sé? E chi ne sarebbe il padrone? Ovviamente il Dio/Demonio in cui crede ciecamente. Peggio per lui. È la fede che crea il Demonio.
Se non credete nel Diavolo, il Diavolo non vi perseguiterà.

Fra i danni provocati dalle religioni, ci sono anche queste forme maniacali di ossessione-possesssione.

venerdì 7 aprile 2017

Senso e significato

Se credi di trovare un significato razionale del mondo e della tua vita, sei fuori strada. Il senso può solo essere esperito e goduto, non pensato.

Il vertice dell'esperienza

La gente pensa che il paradiso o l’illuminazione siano stati sublimi, impossibili da descrivere. Ma, se oggi è una bella giornata di primavera, né calda né fredda, con le piante che germogliano e gli uccelli che cantano, e, se non hai motivi di star male, di inquietarti e di agitarti, ma sei tranquillo, disteso e calmo, senza desideri e senza rimpianti, senza pensieri e senza ansie… che cosa può esserci di migliore nella “terra pura”, in paradiso o nello stato di illuminazione?
Ci sei già - dimentico del tuo ego, ma perfettamente consapevole.
Che cosa aggiungerebbero un Dio o un po’ di cori angelici?
Nell’essere naturali, in armonia col tutto, si trova il vertice dell’esperienza.
Certo, non può durare a lungo. Ma in questo consiste il compito della meditazione: da una parte prolungare ed eliminare i motivi di disturbo, e dall’altra parte ricordarsi, quando le cose vanno male, che c’è un’isola di beatitudine, non troppo lontana.


giovedì 6 aprile 2017

Le aperture del mondo

Secondo Heidegger, le opere d’arte ci consentono di sperimentare l’apertura del mondo, ossia momenti in cui lo sguardo diventa nuovo e fresco e, all’improvviso, osserva le cose da una diversa prospettiva. Non diamo più il mondo per scontato e acquisiamo un’esperienza diversa. A tutto infatti ci abituiamo, e il nostro sguardo, a forza di vedere sempre le stesse cose, non si accorge più della loro originalità. L’abitudine consuma, ottunde i sensi, spegne le emozioni e provoca noia.
La stessa cosa avviene nell’amore matrimoniale, dove l’abitudine della convivenza finisce per non farci più vedere la persona amata e cancella ogni sorpresa. Non vediamo più niente di nuovo.
Figuriamoci se questo non succede nella ben più lunga e usurante convivenza con noi stessi. Crediamo di essere solo in un certo modo e ci sfuggono i lati messi in ombra.
A poco a poco non sappiamo nemmeno più chi siamo, ammesso e non concesso che lo avessimo mai saputo. Tutto sembra essere scontato e morto.
Ma un bel giorno si provocano degli squarci che strappano il velo o dei lampi che ci illuminano la scena di una luce nuova.
Non ci sono solo l’arte e l’amore che ci danno questa possibilità. Ci sono anche la filosofia, la scienza e la meditazione.

Sono le piccole o grandi illuminazioni che rappresentano altrettante aperture della nostra mente. Sono risvegli subitanei dal sonno in cui viviamo abitualmente.

mercoledì 5 aprile 2017

Uccidere in nome di Dio

Qualcuno pensa ancora che il male nasca dalla perdita della fede in Dio. Ma vediamo bene che si uccide anche in nome di Dio. Lo si è sempre fatto, in tutte le religioni e in tutti i tempi.
Non è dunque il fatto di non credere o di credere che può fare la differenza. Semmai, l’unica differenza nasce dal non accontentarsi di comandamenti stereotipati e dall’attivazione del senso critico e della consapevolezza.
Ma qui nascono varie obiezioni. Innanzitutto l’esempio di Dio – colui che uccide tutto e tutti – non è confortante. Secondariamente, qualche volta è necessario uccidere – per esempio per difesa, per mangiare e per eliminare nascituri malformati. In terzo luogo, il male e la morte non sono eliminabili.
Lo rilevava già il taoismo antico, quando diceva che bene e male sono interconnessi, e lo confermava anche san Paolo, quando osservava che, non appena credeva di fare il bene, il male era alla sua porta.
Il fatto è che non si può fare del bene senza anche far del male, più o meno come succede come quando un chirurgo, per togliere un tumore, deve aprire e tagliare la carne viva.
In fondo, quando un terrorista islamico uccide gli “infedeli”, lo fa credendo di far del bene e di meritarsi perfino il paradiso. Come dimostragli che si sta sbagliando?
Dicendogli che Dio difende la vita ad ogni costo? Non pare proprio.
Se si crede nella vita eterna, come pensare che la morte sia un gran male? Non ci fu un famoso arcivescovo che ordinò di uccidere un’intera popolazione fra cui si annidavano degli eretici e che, a chi gli domandava: “Ma come faremo a distinguere gli uni dagli altri?” rispose: “Non vi preoccupate, uccideteli tutti… Do saprà distinguere i suoi!”?.

Certo, un uomo di grande fede, come i terroristi odierni.

martedì 4 aprile 2017

Il combattimento interiore

Non viviamo in un mondo semplice, facile e lineare, un mondo che vuole solo la nostra liberazione e il nostro progresso. Se così fosse, saremmo molto più avanti.
Strappare i segreti al mondo è difficile, faticoso e pericoloso. L’universo vuole la nostra liberazione ma anche la nostra schiavitù, l’illuminazione ma anche l’oscurità, la chiarezza ma anche l’ignoranza e la confusione. Se siamo ottimisti, possiamo pensare ad un gioco; se siamo pessimisti, possiamo pensare ad una inimicizia cosmica, ad una forza che ci ostacola, ad un Dio che ci vuole prigionieri e che ci fa pagare tutto.
Ad ogni passo avanti, corrisponde un passo indietro. Ad ogni avanzamento, una regressione. Ad ogni vittoria, un nuovo ostacolo.
A livello mitologico, potremmo parlare di Dio e Satana.
Ai grandi liberatori dell’umanità, saggi, filosofi, scienziati, mistici, santi… non è stato risparmiato nulla. Hanno dovuto lottare duramente e superare prove di ogni genere. Tanto per dirne una, citiamo il caso di Gesù – non solo crocifisso, ma anche tradito dai suoi seguaci, in vita e dopo, ieri come oggi.
Ci troveremmo in un mondo ostile o addirittura maligno se non sapessimo che vi è una perfetta corrispondenza fra noi e il mondo: il mondo ha creato noi così come siamo, e noi stessi lo abbiamo voluto così com’è.
Potremmo dunque dire tutto si riduce ad un combattimento interiore, se non fossimo consapevoli che la contrapposizione fra interno ed esterno, fra dentro e fuori, è uno dei tanti dualismi che impestano la mente creatrice, che è poi la nostra stessa mente.
L’opera di liberazione è veramente complessa. Non abbiamo soltanto nemici esterni – ma anche noi siamo nemici di noi stessi.
Più che lottare, dobbiamo calmarci, essere pazienti e determinati, ma anche essere saggi, intelligenti e furbi.

Lottiamo come se avessimo un nemico che ci vuole ostacolare e uccidere. Il nostro dramma è il dramma cosmico.

lunedì 3 aprile 2017

Vibrazioni

Non siamo solo quello che mangiamo, non siamo solo quello che pensiamo, ma siamo anche quello che ascoltiamo. E spesso ascoltiamo troppo rumore.
Siamo continuamente circondati da rumori di ogni genere: non solo quelli del traffico o delle voci, ma anche quelli della radio, della televisione, del telefono e dei computer.
Questa valanga di rumori, di suoni, di musica e di notizie ci rovina addosso e ci inquina la mente; e inquinandoci la mente, può far ammalare il corpo. Pensiamo infatti che il suono è vibrazione e che ogni vibrazione si ripercuote su mente e corpo,
Quando per esempio ascoltiamo un litigio (dal vivo o in tv) e vediamo che quelle persone si odiano, quell’odio è una vibrazione che si ripercuote sul sistema nervoso, provocando uno stress negativo.
Le vibrazioni non sono da trascurare, sono una forza potente. Possono far crollare anche città e ponti.
Infine c’è la nostra voce, che rivela il nostro stato vibratorio. Può essere debole, flebile, strozzata, tremante o troppo alta, rivelando uno stato vitale debole o debordante.
Lo stato vitale è a sua volta una vibrazione, che può essere alta o bassa, dissonante o risonante, allineata o disallineata, salutare o malata, amorevole o ostile.

Abbiamo dunque la necessità di purificarci regolarmente da tutto questo rumore, o trovando luoghi silenziosi e/o facendo tacere la nostra stessa mente con i suoi pensieri e con le sue vibrazioni, armoniche o disarmoniche.

domenica 2 aprile 2017

La vita felice

Si può vivere bene o male dappertutto. Si può star male in un posto bellissimo e si può star bene in un posto brutto: tutto dipende dallo stato della nostra mente. Ecco perché è necessario osservarla, seguirla costantemente e cercare di influenzarla per il meglio (per esempio lavorando sulla respirazione).
Qualcuno obietterà che sono le circostanze a renderci felici o infelici. Se incontro l’amore, sarò felice; se lo perdo sarò infelice, e così via. Se vinco o eredito un patrimonio, sarò contento; se lo perdo, sarò triste, e così via. E su queste circostanze non abbiamo nessun controllo.
Ma attenzione: anche se non abbiamo nessun controllo sulle circostanze, possiamo avere un certo controllo sullo stato mentale con cui reagiamo.
E, poi, siamo sicuri che i nostri stati d’animo non influenzino le circostanze e ciò che ci capita? La fisica quantistica sembra dirci che è proprio il nostro modo di osservare che determina o co-determina ciò che sperimenteremo. Dunque…

Manteniamoci il più possibile calmi, positivi e sereni. Il resto seguirà.
Se volete uno strumento semplice per ritmare la respirazione e calmarvi in casi di crisi, ripetete il più famoso mantra: OM MANI PADME HUM. Per la pronuncia consultate Youtube.

sabato 1 aprile 2017

I neuroni della calma

Finalmente, con un ritardo di migliaia di anni (rispetto ai saggi dei Veda, dello yoga e della meditazione), la scienza ha scoperto che il ritmo del respiro influenza molte funzioni superiori del cervello ed ha individuato la “centralina” responsabile: una zona del tronco encefalico, composta da centinaia di neuroni e nota come complesso pre-Bötzinger. Un gruppo di ricercatori americani scrive su Science che la velocità e la profondità delle ispirazioni influenzano emozioni, attenzione, eccitazione e stress.
In sostanza si conferma ciò che già sappiamo: la calma rallenta il respiro e l’agitazione lo accelera. Quindi, respirare piano calma la mente, mentre respirare velocemente crea paura, ansia, stress, ecc. Questo è uno degli assiomi delle tecniche di meditazione e di rilassamento.
Si è condotto un esperimento su un gruppo di topolini. Disattivando la “centralina” del respiro, si è visto che i topolini tendevano a respirare più lentamente, avevano periodi di calma più lunghi, perdevano la voglia di esplorare ambienti nuovi e passavano più tempo a socializzare. [Da Elena Dusi, la Repubblica, 31 marzo 2017].

Abbiamo dunque la formula fondamentale per indurre calma e combattere ansia, paura e stress: rallentare, allargare e approfondire la respirazione. Ma con un’avvertenza: in situazioni di reale pericolo, l’accelerazione del respiro ha lo scopo di metterci in allerta. Ci sono insomma momenti in cui è bene sviluppare rilassamento, calma e stati meditativi, e ci sono momenti di emergenza e di pericolo, in cui bisogna lasciar fare alla natura.