venerdì 29 novembre 2013

Il senso della laicità

Il sindaco di Ravenna, Fabrizio Matteucci, per celebrare la laicità della Repubblica, vorrebbe addobbare una piazza della città con i simboli del cattolicesimo, del giudaismo e dell'islam.
Idea balzana.
Io conosco almeno altre cento religioni. Quindi, o tutte o nessuna.
L'unico modo per essere laici non è quello di esporre i simboli di alcune o di tutte le religioni, ma di non esporne nessuno.

Il problema dell'aldilà

Di solito il problema dell'aldilà viene posto in termini secchi: o si crede in qualche religione che ce lo promette o si pensa che tutto finisca con la morte. Il presupposto di queste posizioni estreme è ritenere che l'esistenza di un io, di una coscienza, di un'anima, sia il bene massimo - quello a cui tutti aspiriamo. Chi non vorrebbe continuare a vivere in un altro pianeta o in un'altra dimensione?
C'è solo il buddhismo che mette in discussione questo assunto. La prima cosa che dice è che non esiste un'anima, un ego autonomo, a sé stante, perché tutti gli enti sono interdipendenti. Cioè, esistono non di per sé, ma come parti di un tutto. Non esiste un sé permanente.
Ma allora dopo la morte c'è il nulla? No, dice il Buddha, perché rimangono tendenze e predisposizioni karmiche che, affamate di vita come sono, finiscono per reincarnarsi. Insomma, anche se non c'è un sé permanente, esiste qualcosa che si reincarna. Dunque, il sé non sarà eterno, ma permane a lungo, attraverso varie esistenze.
Il problema per il Buddha è che questo sé non eterno, ma a lungo permanente, è sostanziato di sofferenza. Che lui vorrebbe eliminare. Perché solo eliminando il sé, si elimina la sofferenza.
Ma eliminare la sofferenza non significa buttar via il bambino con l'acqua sporca? Certo, se non c'è il sé, non ci sarà dolore. Ma a che serve, se finisce tutto? Non è meglio vivere con il dolore anziché non vivere affatto?
Però, attenzione: il Buddha è contrario tanto al nichilismo quanto all'eternalismo, che vede come ideologia contrapposte ed altrettanto sbagliate. Perché il Nirvana, da lui cercato, non è certo il nulla: rimane qualcosa. Che cosa? Qualcosa che la nostra mente non può concepire, perché "non è né un venire, né un andare, né uno star fermi, né un recedere, né uno scendere, né un salire". E comunque è qualcosa di "non-nato, non-divenuto, non-creato, non composto". Che cosa è?
Non si può dire, non si può pensare. Ma esiste.
Dunque, chi dice che dopo la vita non c'è nulla o che la fine del sé significa sparire nel nulla, o viceversa chi dice che tutto è eterno, si limita a non capire il problema. E continua ad applicare categorie mentali duali, contrapposte. Dovrebbe rendersi conto che è meglio lasciar perdere queste antinomie di una logica che non è in grado di comprendere l'aldilà. Sbaglia tanto chi dice che la vita è eterna, quanto chi dice che dopo la morte non c'è nulla. Meglio sospendere i giudizi e riorientare il problema a livello mentale.
La verità è che è sbagliata o insufficiente l'impostazione antinomica della domanda - e quindi le risposte sono sbagliate o insufficienti.

giovedì 28 novembre 2013

Il viaggio dell'anima

C'è viaggio e viaggio. C'è un viaggio per arrivare da qualche parte e c'è un viaggio che consiste semplicemente nel procedere continuamente, nel cambiare continuamente, nell'evolversi continuamente. Questo è il viaggio della vita, che tutti, anche i pigri, sono costretti a compiere.
Già, nolenti o volenti, siamo tutti viaggiatori... anche se stiamo seduti su un cuscino.

martedì 26 novembre 2013

Il Messia selvaggio

Inutilmente cerchiamo maestri che ci illuminino: non è così che funziona. Non c'è qualcuno che possa infonderci la luce. Al massimo i maestri possono indicarci la via, ma poi ognuno deve percorrerla da solo, perché ogni strada è personale. Il maestro zen Ikkyu Sojun (1394-1481) scriveva in una sua poesia:

"Dal principio del mondo
la verità non ha avuto maestri:
la si coglie da soli
per un guizzo spontaneo del cuore."  [traduzione di Ornella Civardi]

Il Buddha stesso paragonava la sua dottrina ad una zattera che si utilizza quando si deve attraversare un fiume. Una volta giunti al di là, bisogna lasciarla perdere. In tal senso le tradizioni e i maestri, se rimaniamo ad attaccati ad essi, sono grandi trappole. Linji diceva: "Se incontri sulla tua strada il Buddha, uccidilo!" Anche Freud sarebbe stato d'accordo: per ottenere l'emancipazione, bisogna superare il legame di dipendenza dal padre.
Uccidiamo gli idoli, uccidiamo le religioni! Le strade non sono segnate una volta per sempre e non sono uguali per tutti. Ognuno deve aprirsi la sua. Finché cercheremo la verità altrove, non scopriremo mai che essa è in nostro potere.
Chiunque vede la propria natura e la natura del mondo è illuminato. Ma, per far questo, è necessario unire ad una grande ricettività una sana diffidenza per le fedi rivelate, tramandate e piovute dall'alto.
La capacità di vedere oltre gli ingannevoli aspetti fenomenici e le ideologie non è tanto una capacità intellettuale quanto una forza che nasce dall'introspezione, dall'intuizione e da una forte concentrazione sulla propria realtà interiore, al di là dei dualismi mentali e dei concetti pietrificati.

domenica 24 novembre 2013

Il "motore di Dio"

Con il concetto di "meditazione" reifichiamo, semplifichiamo e riduciamo un processo di sviluppo mentale che è ben più complesso. Indichiamo in realtà lo sviluppo dell'essere umano, della sua esperienza e della sua consapevolezza che può prendere l'intera vita di un individuo e innumerevoli vite umane. Insomma, l'evoluzione dell'uomo non è cosa da poco e non è racchiudibile in formule schematiche. La meditazione è un sistema sintetico, abbreviato e concentrato di evoluzione. Risvegliarsi è uscire dal proprio bozzolo per diventare un'altra persona, talvolta un altro essere. Ecco perché non sempre è possibile giungere a risultati immediati e tangibili. La strada può essere lunga. Ma, una volta compiuto il primo passo, il seme è stato gettato; e prima o poi germoglierà. In questa vita o in altre.
Comunque, sentire l'esigenza di meditare è già il primo segno del risveglio, perché è sentire la limitazione del proprio stato di partenza, è avvertire la necessità di procedere oltre.
Parlo di uscire dal "bozzolo" perché mi riferisco al passaggio dalla pupa alla farfalla. La farfalla è l'evoluzione della pupa. Che cosa avrà provato al momento di trasformarsi? Che cosa avrà provato il primo pesce che ha sentito la necessità di uscire dall'acqua per trasformarsi in un altro essere? Che cosa prova ognuno di noi quando passa dall'infanzia all'adolescenza?
Questo processo inarrestabile è il motore della vita, il "motore di Dio". In tal senso, il "conservatore" è colui che più di tutti si oppone al movimento di evoluzione. Se Dio fosse stato un conservatore, l'essere non si sarebbe mai messo in divenire.

"Un tempo io fui già fanciullo e fanciulla,
arbusto, uccello e muto pesce che salta fuori dal mare"
Empedocle

giovedì 21 novembre 2013

Scalare la montagna

Non dobbiamo seguire una strada già tracciata da altri. Dobbiamo cercarne una nostra.
Al massimo possiamo utilizzare qualche chiodo, già lasciato dai precedenti scalatori, e a nostra volta possiamo aggiungerne di nuovi perché gli altri siano facilitati. Ma, alla fin fine, ognuno deve scalarsi la montagna da solo - e rischiare.

Che cos'è la religione?

Che cos'è la religione? Adorare qualche Dio mitologico o scoprire il senso della realtà?
Niente ci viene già dato. Il senso della realtà dobbiamo scoprircelo da soli.
Anzi, le religioni che si mettono in mezzo e che pretendono di servircene uno già confezionato, ci impediscono la nostra ricerca personale.

Fede e realtà

Le religioni esaltano tanto la fede perché non possono provare nulla di quello che dicono.
La realtà non ha bisogno di fede.

martedì 19 novembre 2013

Pietra su pietra

Gesù a un certo punto, indicando il magnifico Tempio di Gerusalemme, dice: "Verrà un tempo in cui di tutto questo non rimarrà nemmeno una pietra!"
Allora dobbiamo dire la stessa cosa di tutte le chiese, per esempio della basilica di san Pietro. Verrà un tempo...
Siamo pronti ad accettare questa verità e a non cercare il sacro in edifici costruiti dagli uomini, ma nell'unico vero tempio - la nostra interiorità?

Il pellegrinaggio

La gente deve muoversi, va avanti e indietro, si sposta da un luogo all'altro: è un bisogno fisico, e ha l'illusione di cambiare.
Ma, quando si tratta di spiritualità o di religione, che senso ha recarsi nei "luoghi santi", fare un pellegrinaggio verso questa o quella chiesa, verso questo o quel convento? Si cercano soltanto emozioni e si rimane sempre alla superficie delle cose.
In questo campo, l'unico valido pellegrinaggio è quello verso le profondità di se stessi.
Recita un detto zen: "Fissando la luna nel cielo, non vedi la perla nella tua mano".

Dio e il male

Perché Dio permette il male?
Perché è il Grande Vuoto, il Nulla, che tutto permette, che a tutto dà vita.
Volete che il Tutto non dia accesso al male? Il Tutto dà accesso alla malattia, alla violenza, alla morte, alla bellezza, alla nobiltà e a tutto il resto.
Tutto ciò che è possibile, Dio non può non permetterlo. Ecco perché non ha senso pregarlo di favorire qualcuno. Se lo facesse, diventerebbe piccolo piccolo e non sarebbe più il Tutto, ma un parziale Qualcosa.

Paure immaginarie

Quando ci risveglieremo, sapremo che tutte le cose che ci terrorizzavano sono fondamentalmente vuote, immagini della nostra mente o semplici riflessi. Ricordiamoci l'aneddoto indiano dell'uomo cui parve di vedere, tra le ombre della sua camera, un serpente. Rimase tutta la notte sveglio, in preda al terrore. Poi, la mattina, alle prime luci dell'alba, si accorse che si trattava di una corda.
In Cina si racconta la storia dell'uomo che si recò a cena da un uomo potente. Al momento del brindisi gli parve di vedere nella sua coppa un serpente velenoso. Non avendo il coraggio di non brindare, bevve il vino. Poi tornò a casa e si sentì male: gli sembrò di essere stato avvelenato. Si sentiva ormai in fin di vita quando venne a fargli visita l'uomo potente che, saputo dell'accaduto, gli disse: "Ti sei sbagliato: non era un serpente, ma il riflesso di un arco appeso alla parete".
Il poveretto guarì all'istante.

lunedì 18 novembre 2013

Cristo e Buddha

Il cristianesimo ti spinge ad occuparti degli altri per uscire dall'egocentrismo. Ma poi crede ad un ego immortale. È la contraddizione di fondo. Il buddhismo, invece, ti spinge a non considerare importante la sopravvivenza dell'ego, proprio per per farti superare il narcisismo primario.
Per il cristianesimo Dio si rivela nella storia. Il buddhismo, al contrario, ci insegna a uscire dalla storia.
Nel cristianesimo ci si rivolge ad un Dio-Altro. Per il buddhismo, ognuno è Buddha.
Nella preghiera cristiana ci si rivolge ad un Altro: c'è dunque un'esperienza dialogica. "A te grido!" Nella meditazione c'è una percezione del presente come momento assoluto.
Per il cristianesimo si tratta di riconoscere il proprio Padrone. Per il buddhismo si tratta di acquisire padronanza di sé.

I falsi profeti

E’ importante “non lasciarsi ingannare dai falsi messia e non lasciarsi paralizzare dalla paura”, ha detto Papa Francesco in piazza San Pietro. “Anche oggi infatti - ha spiegato il Santo Padre - ci sono falsi “salvatori”, che tentano di sostituirsi a Gesù: leader di questo mondo, santoni, anche stregoni, personaggi che vogliono attirare a sé le menti e i cuori, specialmente dei giovani”.
Questa storia dei "falsi messia" va avanti da duemila anni, partendo proprio dal Gesù evangelico. Ma, a ben vedere, la polemica inizia già dal Dio biblico, che è gelosissimo e invidioso degli altri Iddii.
Certo, la concorrenza è forte, e, per ogni messia o Dio, gli altri sono falsi. Non escludo che tra poco la Chiesa faccia degli spot, da mettere tra un formaggino e un assorbente: "Il nostro è l'autentico Messia: diffidate delle imitazioni". E poi potrebbe apporre un marchio Doc.

Gli idoli

Questi Iddii della fede sono tutti uguali, intolleranti e accentratori. Sono gelosi e sospettosi. Vogliono essere i Capi assoluti e pretendono ubbidienza cieca.
Siamo sicuri che non siamo immagini costruite sui despoti di duemila anni fa, nonché su quelli di oggi?

La resurrezione dei corpi

È vero che gli uomini hanno sete di eternità, e non vorrebbero mai morire. Ma diciamo la verità: vorrebbero l'eternità qui sulla Terra, non in un aldilà disincarnato.
Il cristianesimo lo sa e propone, come massima aspirazione generale, la resurrezione dei corpi.
Ma perché, allora, tanta fatica: vivere e poi morire, e poi rivivere? Forse perché non tutti ce la faranno? Si tratta allora di una selezione delle anime.

Il vero amore

A rigore, quando si parla di vero amore, dovremmo citare soprattutto quello dei genitori verso i figli (e viceversa), perché non viziato dal secondo fine della ricompensa sessuale. Ma la natura è astuta - e fa in modo che chi ama abbia comunque una ricompensa sensuale.
C'è sempre una piacevolezza nell'amare, che si ripercuote sull'intero organismo.
Per poter parlare di "vero amore", si dovrebbe poter amare senza provare nessun piacere. Ma questo non è possibile.  E, dunque, l'amore puro non esiste: è solo un nome che noi diamo al piacere, un meccanismo sapiente della natura - che sa quel che vuole.

Il rosario

Anche la pratica del rosario è una forma di meditazione (presente d'altronde in varie religioni). Però si tratta pur sempre di cercare la benevolenza di qualcuno, ritenuto potente e superiore.
In meditazione, invece, non ti devi schierare, intruppare o far parte di una Chiesa. Non devi professare alcun tipo di sottomissione, non devi sottoporti ad alcun rituale di iniziazione.
La spiritualità non è un club, non è una massoneria; tutti vi possono aderire. Ognuno può meditare anche senza credere in una religione o in un Dio. Non devi cercare una grazia da parte di un Potente. Devi soltanto cercare uno stato d'animo.
Raccogliti, cerca la pace, stai tranquillo, stai in silenzio, isolati, rilassati - questo è il punto di partenza.

domenica 17 novembre 2013

Il Dio Tavor

Notizia di oggi:: "in una scatoletta le 'pillole' della fede, ossia un'immagine della Divina Misericordia, un rosario da portare sempre con sé e un bugiardino con le istruzioni, il tutto in una confezione che somiglia a quella di un farmaco. L'idea dei seminaristi polacchi è stata sponsorizzata da Papa Francesco all'Angelus: 'Fa bene al cuore'..."
L'ho sempre detto che la fede cristiana non è nient'altro che un tranquillante. Dio come Tavor.

Pregare Dio

Si prega Dio per ottenere protezione e, finché va tutto bene, ci si sente sicuri e si crede. Ma quando le cose vanno male, allora, per giustificare la mancata protezione, si pensa a qualche nostro peccato, oppure si introduce l'idea del sacrificio.
Tutto, pur di non ammettere che quel Dio non ci protegge.

Dio e bisogno di protezione

Come nei cani, anche nell'uomo l'istinto gregario porta a desiderare la presenza di un capo-branco, di qualcuno che guidi il gruppo e che stabilisca precise gerarchie.
Se non ci fosse questo istinto gregario, non ci sarebbe il bisogno di Dio.

sabato 16 novembre 2013

I padroni della vita

Diceva una vignetta: "Ma possiamo tollerare che uno muoia quando serva a lui?"
Questo è il punto: per le religioni "levantine" (ebraismo, cristianesimo ed islam), sul principio individuale prevale il principio collettivistico, comunitario, sociale. La vita non è mia, non deve servire a me, ma è della collettività. Non sono io che ne devo disporre, ma lo Stato, la Chiesa, il Padrone, Dio... tutti, tranne me!
Ecco perché queste religioni sono nemiche della democrazia e del libero arbitrio.

venerdì 15 novembre 2013

"Sii te stesso"

Chi dice questa frase presuppone che noi non siamo noi stessi. Ma, se non siamo noi stessi, chi siamo? Siamo altri, siamo parti di altri.
È evidente che è così, anche perché il nostro Dna è una ricombinazione di altri Dna. Nessuno dunque è se stesso... finché non si sceglie, finché non dice: "Bello o brutto, autentico o falso, questo sono io!"

in inglese:

"Be yourself!"
Who says this phrase implies that we are not ourselves. But, if we are not ourselves, who we are? We are others, we are parts of others.
It is clear that this is so, because our DNA is a recombination of other DNA. So no one is himself ... until you choose, until you say: "Good or bad, true or false, this is me!"

L'immortalità

Certo, molti dicono di credere nell'aldilà. Ma notiamo due cose: prima, nessuno è felice di morire; e, seconda, tutti lavoriamo accanitamente per allungarci la vita, fosse pure di un'ora o di un giorno. Diciamo la verità: sotto sotto, vorremmo rendere eterna questa vita.
Evidentemente, non ci fidiamo dell'aldilà.

in inglese:

Immortality
Of course, many say they believe in the afterlife. But note two things: first, no one is happy to die, and, second, we all work tirelessly to stretch out the life, not even an hour or a day. Let's face it: deep down, we would like to make eternal this life.
Obviously, we do not trust the afterlife.

"La verità vi renderà liberi"

Purtroppo questa frase la dicono molti che raccontano menzogne.
  "La verità vi renderà liberi"... questo vuol dire che siamo schiavi. Ma schiavi di chi?

Santa idiozia

San Pier Damiano condannò la forchetta ritenendola "strumento del Diavolo". Infatti, la forchetta veniva dall'Oriente bizantino, considerato corrotto.
Ci sono parecchi santi che andrebbero de-santizzati.

Secolarismo

Il cristianesimo ha umanizzato troppo Dio, fino a farne una caricatura magnificata dell'uomo.
Oggi, bisogna de-umanizzare la Trascendenza.

La benedizione della donna

I regimi islamici repressivi vorrebbero tenere la donna sempre reclusa in casa, magari coperta con un lungo velo che la nasconda completamente.
Evidentemente sono consapevoli della natura rivoluzionaria dell' "eterno femminino".
Anche da noi è stato a lungo così. "Non fu l'uomo" dice san Paolo "a trasgredire per primo, ma la donna"... Per fortuna.

"Avere santi in paradiso"

In questa espressione c'è tutta la mentalità "raccomandatizia" con cui il cattolico - ben consapevole della sostanziale arbitrarietà e ingiustizia del Gran Capo - considera non solo l'aldilà, ma anche l'aldiqua.
La fede cattolica in fondo si riduce a questo: che ci si salva solo se si hanno buone conoscenze - conoscenze altolocate.

giovedì 14 novembre 2013

Lo Stato della Chiesa

Abituàti come siamo ad essere un popolo di cortigiani, che si delizia di monarchi, di corti e di cerimonie fastose, non ci accorgiamo nemmeno dell'assurdità di avere una Chiesa-Stato.
Sappiamo tutti com'è nato questo Stato: i Papi erano feudatari come gli altri, con possedimenti terrieri, eserciti, ricchezze, donne, amanti, figli e naturalmente lotte per il potere. Questi feudatari non erano migliori degli altri: facevano guerre, giustiziavano la gente, avevano una polizia e facevano pagare tasse. Con l'opposizione dello Stato-Chiesa all'unità d'Italia e con l'occupazione di Roma da parte dell'esercito italiano (breccia di Porta Pia), il Papa si offese e si rinchiuse nei suoi palazzi. E chi risanò questa "ferita"? Guarda caso, Benito Mussolini, che con i Patti Lateranensi restituì alla Chiesa uno Stato, lo Stato del Vaticano.
Un dittatore, che aveva soppresso la democrazia, si sentì in dovere di ridare un territorio alla Chiesa, in cambio s'intende dell'appoggio del cattolicesimo al fascismo. E la Chiesa fu fascista.
Ma la domanda resta? Perché una religione deve avere uno Stato? Forse era a questo cui mirava Gesù duemila anni fa - costruire uno Stato con un esercito, una polizia, una banca, le galere, i giudici e quant'altro? Pensava così che si sarebbe attuato meglio il Regno di Dio?
Ovviamente non era così. Ma i cattolici non ci pensano neanche più. Per loro la religione è questa, non l'altra - quella di Gesù.

Essere presenti

In tutta l'incertezza in cui ci troviamo, l'unica cosa certa è che non scambieremmo mai questo nostro stato, questa nostra consapevolezza, con nient'altro. È come se fossimo aggrappati a uno scoglio in un mare in tempesta: chi lo lascerebbe?
Come diceva Robert E. Burton, "quello che è nel presente potrebbe non essere sempre meraviglioso, ma è sempre meraviglioso essere presenti."

La vita oltre la morte

Si può sempre discutere su che cosa sia la vita e che cosa la morte e su che cosa significhi essere vivo o essere morto. Di solito diciamo che uno è vivo finché respira; quando smette di respirare lo dichiariamo morto. "Qui" è la vita e "là" è la morte.
Ma le cose non sono così semplici. Innanzitutto, vita e morte sono compenetrate e complementari, al punto che la morte inizia nel momento in cui incomincia la vita.  È dunque la vita che dà inizio alla morte o è la morte che apre un passaggio alla vita? E, quando muore la vita, perché diciamo che incomincia la morte? A rigor di logica, dovrebbe finire anche la morte. Quello che c'è dopo non è la morte: è qualcosa d'altro. Non è vita e non è morte: che cos'è?
Una volta un tizio andò a trovare il Buddha tenendo un passero in mano e gli domandò: "Dimmi se questo passero che ho in mano è vivo o è morto". Il Buddha si alzò, si mise sulla porta della capanna in cui alloggiava e rispose: "Dimmi tu: sto entrando o sto uscendo?"

mercoledì 13 novembre 2013

Padre Pio

Stanno annunciando in televisione le repliche di uno sceneggiato su Padre Pio.
Ci mancava anche questo per aumentare l'oscurantismo generale... Come se non ci fosse già abbastanza Medioevo in Italia!

Tao Te Ching

"Muori senza morire e vivrai per sempre" dichiara il Tao Te Ching. Ossia, muori senza prima essere morto in vita, e allora avrai l'eternità.
L'eternità si conquista rimanendo sensibili, attenti, consapevoli e interessati fino alla fine. Ma, se sei già morto in vita, in che cosa vuoi sperare?

in inglese:
"Die without dying and you will live forever," says the TaoTe Ching. That is, if you die without first being dead in life,  then you'll have eternity.
Eternity is conquered remaining sensitive, alert, aware and interested until the end. But, if you're already dead in life, what you hope for?

martedì 12 novembre 2013

Tomismo

Quando san Tommaso, verso la fine della sua vita, ebbe una sorta di illuminazione definì tutte le sue opere come "paglia". Perché allora utilizzare argomenti che il loro stesso autore aveva sconfessato?
Eppure, ancora oggi, ci sono teologi che si ispirano ai suoi ragionamenti.

Cercare Dio

L'atteggiamento del fedele è il meno rispettoso verso ciò in cui dice di credere. Egli infatti crede di sapere e, quindi, non cerca più; in tal senso è molto più "povero di spirito" di chi si pone dubbi e interrogativi.
Cercare Dio è molto più vicino a Dio del credere in Dio.

in inglese:

Looking for God
The attitude of the faithful is the least respectful of what he says he believes. In fact, he thinks he knows and, therefore, no longer seeks; in this sense is much more "poor in spirit" of those who put doubts and questions.
Seeking God is closer to God's believing in God.

Ladri di fede

Papa Francesco condanna coloro che rubano alla Stato per regalare alla Chiesa.
Ma chi ha concepito la legge sull'otto per mille, con cui si estorcono soldi anche a chi non ha scelto di sovvenzionare la Chiesa, non ha fatto esattamente questo?

lunedì 11 novembre 2013

Il koan della vita e della morte

Se la vita e la morte sono le due facce di una stessa medaglia, qual è questa medaglia? Ecco un magnifico koan.
Se c'è un quid che ora si presenta vivo e ora si presenta morto, qual è?
A questa domanda, non possiamo rispondere con le parole, che per loro natura sono duali. E lo stesso vale per i nostri concetti. Ma possiamo avvicinarci il più possibile, fino all'orlo... Poi ognuno deve buttarsi giù da solo.
C'è sempre un attimo in cui bisogna incominciare a volare con le proprie ali.

Il tempo della vita

D'accordo, i soldi sono indispensabili in questo mondo dove tutto ha un prezzo - ma non sempre un valore. Teniamo presente, però, che in realtà il denaro rappresenta il tempo della nostra vita che abbiamo impiegato a guadagnarlo. E la cosa peggiore in questo mondo è sprecare il tempo della vita.
Il tempo va conservato per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questa è la libertà. E, per essere il più possibile liberi, occorre condurre una vita sobria e semplice, sfrondando le attività inutili.
La vita è breve e ci scappa dalle mani: serve misura. Serve tener sempre d'occhio i prezzi e i valori. Non è questione di moralismo, ma di spreco di risorse.

domenica 10 novembre 2013

Meditazioni superiori

Anche se ci mancano le parole, tutto sommato riusciamo a comprendere la complementarità di sentimenti come amore e odio. Nell'amore, infatti, sperimentiamo qualche volta improvvise eruzioni di odio e nell'odio improvvise comparse di amore o, se non altro, di interesse. Capiamo come sotto l'uno ci sia subito l'altro. E questo vale per tutti i sentimenti contrapposti e anche per i concetti etici come bene e male. Quante volte da un male nasce un bene e da un bene un male?
Ma per il rapporto essere/non-essere a che cosa possiamo fare riferimento? Ebbene, pensiamo alla musica o al parlare. Nel primo caso sperimentiamo concretamente il rapporto complementare e dialettico tra suono e silenzio, tra vuoto e pieno, tra pausa e note e così via. E anche nel parlare è lo stesso: le pause e i silenzi sono sì vuoti, ma vuoti pieni di significato, vuoti che consentono un significato.
È molto bello pensare che il rapporto essere/non-essere possa essere espresso con sensazioni e concetti di tipo musicale. Potremmo perfino dire che la complementarità essere/non-essere è una forma di musica o si svolge in modo analogo alla musica: un'armonia complessa di vuoti e di pieni, di vita e di morte.
Ed, ora, eccoci di fronte ad un'altra scoperta: la vita/morte come esperienza e concetto unico, la dimostrazione che fra i due non vi è separazione e che c'è una realtà superiore che supera i nostri limitati concetti dualistici.
Noi per esempio pensiamo che vita e morte siano contrapposti: dove c'è l'una non può esserci l'altra. Ma, se meditiamo un po', capiamo anche che non può esserci vita senza morte e morte senza vita. Dunque, le due si spalleggiano a vicenda: sembrano combattersi ed escludersi a vicenda, ma in realtà si sostengono a vicenda. Pensiamo allora al loro insieme: la vita/morte. Non ha più senso quindi domandarsi cosa ci sia dopo o prima della morte - c'è il tutto della vita/morte!

Esercitarsi a sentire e a pensare in questo modo: ecco una forma di meditazione cui non siamo abituati. Quando ci si affida al respiro per l'inizio della meditazione, sperimentiamo concretamente il rapporto pieno/vuoto, e addestriamoci ad andare al di là, a comprendere l'insieme.

venerdì 8 novembre 2013

Le due saggezze

Esiste una saggezza "laica" che insegna a vivere nel mondo, evitando i danni maggiori. Ma il problema è il mondo.
Ecco perché esiste anche una saggezza spirituale che insegna a liberarsi dal mondo.
Esiste una saggezza  che è moderazione, lucidità, calma, misura, sobrietà, equilibrio e prudenza. Ed esiste una saggezza che è rottura degli schemi, spontaneità, naturalezza, improvvisazione, coraggio di dire la verità (anche quando è scomoda), sovvertimento delle convenzioni, leggerezza, spirito e "follia".
L'una non esclude l'altra. O, almeno facciamo in modo che l'una non escluda l'altra. Non trasformiamoci né in santini della saggezza, né in pazzi furiosi che si autodistruggono. C'è un tempo per ogni cosa.

mercoledì 6 novembre 2013

Conoscere se stessi

Certo, non ci si conosce mai completamente. Ma tra conoscere tutto e non conoscere niente, c'è una vasta gamma di possibilità.
A fondo, però, non si conosce nessuno, né se stessi, né gli altri.
Non possiamo conoscerci a fondo perché il nostro sé non è un ente isolato, ma è interconnesso con gli altri. E come potremmo conoscere tutti quanti?

"Per quanto tu possa camminare, non potrai mai trovare i confini dell'anima, tanto profondo è il suo logos"
Eraclito

martedì 5 novembre 2013

L'arresto mentale

Di arresto mentale si parla in tutte le tradizioni meditative, per esempio nelle Upanishad, negli Yogasutra di Patanjali e nel buddhismo. Nella Chandogya Upanishad si legge: "Quando si è profondamente addormentati in una calma totale, senza sogni, allora questo è l'atman; è l'immortalità, la felicità, il brahman".
Due sono gli elementi da sottolineare: la calma e il sonno profondo. Si parla di sonno profondo per indicare il sonno senza sogni, ossia il sonno in cui cessano tutti i pensieri. Per averne un'idea, si pensi ad un pisolino diurno, quando ci si addormenta per un po' e non si sogna. Il fatto di non sognare sottolinea che anche l'attività dell'inconscio (che è comunque una parte della mente) deve cessare. Ovviamente, è necessaria la calma.
La calma presuppone e rafforza l'assenza o il rallentamento dell'attività mentale. Quando infatti siamo agitati, siamo pieni di pensieri. Nel sonno senza sogni, come quello del pisolino, si raggiunge una grande calma e un arresto della mente; rimangono attive solo quelle parti del cervello che controllano le funzioni corporee.
In meditazione si tende ad uno stato analogo. Perché? Perché la mente umana, con la sua coscienza duale, pur essendo di fondamentale importanza, non è la realtà ultima - è una realtà fortemente limitata e condizionata. Inutile cercare la verità ultima con la mente, con la solita mente che elabora pensieri, sensazioni, reazioni e impulsi. Bisogna riuscire a entrare nella non-mente, ossia nel vuoto mentale. Lì è l'accesso.

lunedì 4 novembre 2013

Utilizzare la stanchezza

In tempi di crisi, può sembrare che la meditazione sia una pratica da accantonare, in quanto urgono problemi pratici. Niente di più sbagliato. La nostra società è più ansiogena che mai, e più ti preoccupi più stai male e meno combini.
La gente non sa rilassarsi, questo è il problema. Detto così, sembra una scemenza. Ma sotto questa frase c'è uno dei segreti della vita.
La vita, infatti, come la corrente elettrica, ha una propria tensione, che in tempi di crisi può diventare talmente forte da minare il corpo e la mente, facendoci perdere la salute. Più stress, più tensione; più tensione, meno salute, meno equilibrio, meno lucidità di mente e più problemi.
Come fare a uscirne, a riprendere in mano il bandolo della matassa? Riposandosi. Più ci si riposa, più migliora la salute psico-fisica, e più migliora la salute psico-fisica, più diventiamo lucidi e più riusciamo a risolvere i nostri problemi. Ma qui c'è un grosso scoglio. Noi siamo abituati a far tutto con uno sforzo di volontà. Invece, per rilassarsi, bisogna lasciar perdere ogni sforzo.
Più mi sforzo, più mi stresso. Non posso ottenere lo stato meditativo con uno sforzo di volontà: è un controsenso.
Com'è possibile allora "volere" il riposo? Sfruttando i cicli vitali (circadiani) che già ci offrono periodi di attivismo alternati a periodi di rilassamento.
Questo tipo di riposo può non aver niente a che fare con il riposo notturno, in cui la mente (inconscia) rimane comunque in azione con tutte le sue ansie e le sue preoccupazioni.
Il riposo meditativo di cui parliamo è un sono senza sogni, un sonno in cui la mente si ferma. Il vuoto della mente, la non-mente, è possibile. Noi possiamo appurarlo.
Dopo ogni pasto, per esempio, ci sono due periodi favorevoli, in cui il corpo e la mente si rilassano. Utilizziamoli fino in fondo. Saltiamo su questa barca che passa e mettiamoci comodi.
Utilizziamo la stanchezza come un saggio consiglio della natura, come un invito a lasciarsi andare.
La parola d'ordine dovrebbe essere "lasciar andare", "lasciar cadere", ma sono parole. Non possiamo lasciar cadere impegnandoci, concentrandoci e sforzando la volontà. Dobbiamo ottenere il riposo senza sforzare la volontà, altrimenti ricadiamo nello stess: questo è il paradosso.
Nel momento in cui sentiamo che l'organismo psico-fisico tende a mollare, tende a rilassarci, non contrastiamolo. Inseriamoci in questo andamento lasciandoci andare ancora di più, rallentando mente e corpo. Può darsi che ci si addormenti per un po'. Lasciamo pur stare. Ci accorgeremo che dormiremo senza sogni, senza immagini, senza pensieri - ecco un esempio di non-mente. Quando ci risveglieremo, saremo più freschi e lucidi di prima, molto più capaci di affrontare le sfide della vita.
La meditazione serve alla vita di tutti i giorni, tanto più nei momenti di crisi.
Però, nel riposo c'è anche la spiritualità. Non si parla, per esempio, di "riposo eterno"? Certo, è la morte, ma una morte in cui ci risvegliamo dal sogno della vita.
In meditazione, dobbiamo morire a noi stessi. E il sonno senza sogni, il rilassamento è quanto di più vicino ci sia a questo stato.

"Né Apollo sta sempre con l'arco teso"
Orazio, Odi

domenica 3 novembre 2013

Missione impossibile

Pare che la Chiesa, con Papa Francesco, sia molto impegnata a salvare se stessa dalla corruzione e dallo sfacelo morale.
Malinconica fine per una istituzione che pretendeva di salvare il mondo.

venerdì 1 novembre 2013

Santi e saggi

Oggi è la festa di Ognissanti.
Che brutto giorno quello in cui furono preferiti i santi ai saggi.
I santi sono campioni di squilibrio e di fanatismo, i saggi di equilibrio e di buon senso.
Quando si istituirà la festa di Ognissaggi, quello sarà un mondo migliore.

Taoismo, buddhismo e cristianesimo

Quando il buddhismo arrivò in Cina fu considerato una setta del taoismo. Ma ben presto ci si accorse delle differenze: mentre i taoisti cercavano un corpo immortale, i buddhisti tendevano a liberarsi di tutte le forme corporee; mentre i taoisti riducevano al minimo la respirazione e cercavano di agire sulla circolazione e sulla trasformazione del respiro interiore per ottenere la longevità e l'immortalità, i buddhisti cercavano il controllo della respirazione e il distacco dalle funzioni corporee - e non erano interessati all'immortalità del corpo.
I taoisti ricorrevano a pratiche alchemiche e a metodi per rafforzare l'energia interiore che avevano lo scopo di rendere il corpo immortale. Una volta ottenuto questo risultato, erano convinti di potersi innalzare fino al cielo e di vivere per sempre.
Queste idee ci ricordano quelle del cristianesimo, non solo nell'ascesa al cielo di Gesù, ma anche nella fede sulla resurrezione e dunque sull'immortalità dei corpi.
San Paolo e i primi cristiani credevano proprio che un bel giorno sarebbe arrivato Gesù e che tutti si sarebbero innalzati al cielo. "Ecco, io vi annuncio un mistero" scrive san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: "non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati."
Naturalmente si tratta di leggende, di favole e di miti; ma anche nei miti si trova un fondo di verità. In fondo l'ideale dei taoisti e dei cristiani è quello puerile di tutti gli uomini: non morire mai o, per lo meno, ricuperare un giorno il proprio corpo, reso finalmente incorruttibile e immortale.
Un bel sogno, non c'è che dire. Rovinato da un particolare: che tutti dobbiamo morire, spesso dopo una vecchiaia che ci distrugge a poco a poco il corpo e la mente. Ma la speranza è l'ultima a morire ed ecco allora l'idea di un corpo almeno spirituale e perfetto.
Solo il buddhismo afferma che anche questa è una pretesa infantile e che la liberazione finale è proprio il distacco non  solo dal proprio corpo ma anche dal proprio io. Chi avrà visto più lontano?