lunedì 30 settembre 2013

Il messaggio della Bhagavad Gita

Quando pensiamo alla morte con spavento, riflettiamo sul messaggio della Bhagavad Gita, il grande poema indiano: "Il saggio non si lamenta né per i vivi né per i morti". E aggiunge: "Il saggio sa bene che non si può né uccidere né morire".
Questo significa che niente nasce e niente muore veramente, ma che tutto si trasforma, e che l'anima non conosce né la nascita né la morte. "Non ci fu mai un tempo in cui io, tu e tutti costoro non esistevamo, e mai nessuno di noi cesserà di esistere".
Chi parla è il Dio Krishna che cerca di incoraggiare Arjuna, un guerriero recalcitrante, che ha paura di impegnarsi nella battaglia della vita.
Nascere e morire vuol dire prendere un nuovo corpo, assumere una nuova forma, così come si cambia un abito.
"Questi cambiamenti non turbano chi è coscio della propria natura spirituale."

Disse Hegel: "Con la Bhagavad Gita possiamo avere una chiara idea di quella che è la più praticata, ma anche la più alta di tutte le religioni dell'India".
Anche Schopenhauer affermò che "si tratta dell'opera più istruttiva e sublime che esista al mondo."
Non bisogna però esagerare con gli entusiasmi ed occorre saper leggere questo testo. Forse l'opinione più equilibrata è quella di Kant, che disse: "Questo poema esige il più alto rispetto".

venerdì 27 settembre 2013

Cesare e Dio

Mentre l'Italia si danna l'anima per trovare nel suo bilancio anche solo un miliardo di euro, apprendiamo che il mancato pagamento dell'Ici da parte della Chiesa vale quattro miliardi. Quattro miliardi di imposte non pagate, che dovranno rifondere gli altri italiani - impoverendosi sempre di più.
Grazie, Francesco. Ma, invece di predicare a favore dei poveri, potresti evitare di contribuire all'aumento della povertà? Non era Gesù che diceva che bisogna dare "a Cesare quel che è di Cesare?" E perché tu non vuoi pagare allo Stato le tasse dovute per le attività commerciali della Chiesa?

giovedì 26 settembre 2013

La domanda fondamentale


Siamo così estranei a noi stessi che non sappiamo dare risposta al koan di fondo, al vero koan, al koan dei koan, ossia alla domanda: "Che cos'è questo? Che cos'è questo momento? Come mi sento? Qual è la mia esperienza adesso?" Il che equivale a domandarsi anche il senso di quel che si vive.
Sembra facile, ma non lo è.
Non dobbiamo rispondere con le parole: "Sto bene, sto male, sto così così, ecc."; queste sono espressioni generiche che non si riferiscono fedelmente all'esperienza: la descrivono ma non la colgono.
L'esperienza di questo momento può solo essere percepita direttamente, con i sensi, con il cuore, con l'intuito, con la mente; senza la mediazione di parole o di concetti.
Solo io posso sapere "che cos'è questo?", solo la mia esperienza può sapere ciò che percepisco in questo momento. Se lo esprimo con le parole, subito lo interpreto e lo deformo. La risposta è la percezione diretta, non la parola che la interpreta.
Ma la percezione diretta è difficile, perché è anticipata da troppe categorie mentali.
Questo tipo di consapevolezza o di presenza mentale è l'esercizio fondamentale della meditazione, un esercizio che tutti possiamo provare.
Se riuscite a "rispondere" cogliendo la nuda esperienza, questo vi dà attimi di illuminazione.
Eseguite l'esercizio quando avete la mente fresca, altrimenti o non riuscirete a rispondere o darete semplici interpretazioni. E vi renderete conto che noi siamo così confusi e alienati che non sappiamo neppure che cos'è questo istante.
Figuriamoci quando parliamo di Dio o di realtà ultima. Parole, concetti, astrazioni - non realtà.

mercoledì 25 settembre 2013

Mente e felicità

Noi riteniamo che la realtà sia là fuori e che la mente sia una specie di specchio che la riflette. Niente di più sbagliato. La scienza ha dimostrato che il mondo che percepiamo è una ricostruzione e una interpretazione della nostra mente. Infatti un cervello diverso (per esempio quello di un insetto) vede il mondo in maniera diversa.
Ma che meraviglia scoprire che già 2500 anni fa il buddhismo aveva scoperto questo principio:

Tutti gli elementi sono dominati,
costituiti e dominati dalla mente.
Se qualcuno parla o agisce
con mente pura,
sarà seguito dalla felicità
così come l'ombra che non si allontana mai.
Dhammapada

Le implicazioni di questa scoperta sono notevoli. Perché dall'atteggiamento della mente sono influenzate non solo le nostre percezioni, ma anche il significato e il valore che attribuiamo agli eventi. Ecco perché in Oriente è nata la meditazione come pratica di gestione della mente - una mente che è responsabile della maggior parte della nostra felicità o infelicità.

lunedì 23 settembre 2013

La nostra natura luminosa

Un giorno un discepolo domandò al maestro zen Magu Baoche che si faceva vento con un ventaglio: "Se la natura del vento è sempre presente, perché usi un ventaglio?"
Il maestro continuò a sventolarsi.
Il discepolo ripeté la domanda: "Se il vento è dappertutto, perché usi un ventaglio?"
Il maestro continuò a farsi vento con il ventaglio.
Il discepolo capì e ringraziò con un inchino.
Come sempre capita nello Zen, il discorso riguarda la natura ultima o prima della realtà, che secondo la dottrina è sempre presente ed è originariamente illuminata. Il monaco, dunque, domanda: "Se la nostra natura è illuminata fin dall'inizio, se è presente dappertutto, se la possediamo da sempre, che bisogno abbiamo di meditare?"
E il maestro Magu, continuando a sventolarsi con il ventaglio, è come se rispondesse: "Anche se siamo tutti illuminati, dobbiamo comunque praticare e sforzarci per ottenere l'illuminazione.
Noi diremmo che siamo tutti potenzialmente illuminati, ma che, per esserlo in atto, dobbiamo compiere qualcosa di nostra iniziativa e impegnarci per raggiungere l'illuminazione.
Nel Mahaparinirvana Sutra si dice: "Tutti gli esseri viventi senza eccezioni possiedono la natura di Buddha". Ma, per "realizzarla", per porla in atto, dobbiamo appunto compiere una certa azione - che consiste nella pratica della meditazione. La natura luminosa di Buddha, l'illuminazione, viene talvolta paragonata ad un diamante che in origine è coperto di roccia e detriti. Se vogliamo liberarlo, dobbiamo compiere un lavoro di "pulitura": dobbiamo eliminare la roccia e i detriti e lucidarlo.
In questo caso le rocce e i detriti rappresentano tutte le sovrastrutture mentali e culturali, tutti i condizionamenti, tutti i concetti, tutte le parole con cui nascondiamo la nostra originaria natura luminosa.

venerdì 20 settembre 2013

L'idolatria del denaro

Papa Francesco dichiara che "dall'idolatria del denaro nascono tutti i mali". Grazie dell'informazione - già lo sospettavamo.
Ma, prima di tutto, lui non è un povero - anche se fa finta di esserlo. E, poi, perché lo dice a noi? Perché non lo dice ai suoi alti prelati e, in particolare, a quelli che comandano lo IOR, la banca vaticana, specializzata nel riciclo di denaro sporco?

giovedì 19 settembre 2013

Sentirsi bene


Piero Ottone sostiene che la cosa più importante nella vita è "sentirsi bene". Completamente d'accordo. I grandi nemici del "sentirsi bene" sono le malattie, i disturbi e le preoccupazioni.
Il "sentirsi bene" è un fatto del tutto soggettivo. Io mi sento bene in condizioni in cui un altro si sente male. E poi non basta avere una buona salute. Bisogna sapersi accontentare dei beni fondamentali della vita (il mangiare, il dormire, avere una buona digestione, avere una buona compagnia, avere giusti mezzi di sostentamento, ecc.) e non consumarsi dietro ad ambizioni quali la fama, il successo, la ricchezza, la carriera, le passioni amorose, ecc. Ci vuole un certo distacco, una certa filosofia, una certa meditazione.
Se siamo divorati da desideri o da sogni che non possono essere appagati, anche in presenza di una buona salute ci sentiremo male.
Bisogna insomma saper discriminare le cose veramente importanti dalle cose superflue, i bisogni fondamentali dalle ambizioni della mente. Ci sono persone ricche che potrebbero aver tutto dalla vita, ma che soffrono perché, per esempio, hanno sete di potere o di dominio, o perché invidiano qualcuno ancora più ricco, o perché vogliono arrivare primi o perché vogliono arrivare chissà dove.
"Sentirsi bene", dunque, non è questione soltanto di buona salute, non è il frutto di un buon carattere o del destino, ma è la capacità di apprezzare ciò che si ha e di lasciar cadere le ambizioni fasulle. Se oggi sto bene, se non ho particolari problemi, perché tormentarmi con ansie, con preoccupazioni e con desideri? Rimango qui con il mio "stare bene", e nell'apprezzare il mio stare bene sto sempre meglio.

lunedì 16 settembre 2013

La crisi ecologica

Un tempo si credeva che gli dei fossero presenti nell'acqua, nell'aria, nella terra, nelle fonti, nel vento, nel fuoco, nei vulcani, nel mare, nei raccolti, negli alberi, negli animali, negli uomini e, insomma dappertutto. C'era quindi un rispetto religioso per la natura.
Poi sono arrivate le religioni teiste sostenendo che gli dei stavano solo in cielo, in un altro mondo.
Non c'è quindi più stato rispetto per la natura, si è spezzata un'armonia e si è diffuso lo sfruttamento e la devastazione del pianeta.

Filosofia e religione

Mentre la filosofia tiene aperto il senso della domanda, o dà solo risposte parziali, sempre dubitative, la religione lo chiude completamente, lo definisce in ogni particolare e fornisce una risposta dogmatica.
Così, il paradosso è che la religione, nata per dare un senso alla vita, in realtà lo chiude entro limiti ben definiti e stereotipati. Ciò che vorrebbe dare un senso all'esistenza, lo blocca subito.
Il fideista è uno che non cerca più.
Che tristezza!

domenica 15 settembre 2013

Al di là del bene e del male


Non sono d'accordo con la teologia che fa di Dio il Principio del Bene - da Platone al cristianesimo. Bene e male sono complementari e sono l'uno necessario all'altro. Come tali, mentre si contrappongono, si appoggiano a vicenda.
Dio, inteso come fondamento, principio e struttura del mondo, prevede che bene e male si combattano e si sostengano di continuo, nelle vicende universali e nell'uomo. Non è quindi pensabile che l'uno possa vincere l'altro o che Dio stia dalla parte di uno solo. Dio li vuole entrambi, come motore del cosmo.
Per esempio, il leone che uccide la gazzella è un bene per il leone che mangia ma è un male per la gazzella che muore. Resta il fatto che la legge della vita si basa sull'uccisione di altri esseri viventi. Il bene per l'uno è il male per l'altro. Anche noi uccidiamo altri esseri viventi (animali e vegetali) per nutrirci. Potremmo vivere mangiando solo frutti? Ci mancherebbero le proteine.
Chi ha concepito questa legge non andava per il sottile e prevedeva un conflitto continuo, una strage continua. La vita si basa sull'uccisione di altra vita. In fondo, anche la legge dell'invecchiamento e della morte è un derivato di tale principio: tutti alla fine vengono uccisi. Non può trattarsi di un Dio soltanto del Bene e dell'Amore.
È  un Dio del Bene e del Male, un Dio dell'Amore e dell'Odio, un Dio della Vita e della Morte. Questo ci dice l'osservazione. Poi, le religioni s'inventano un Dio dimezzato che, dopo aver creato questo meccanismo, sceglie il bene. Sarebbe un Dio alienato, un Dio che con una mano fa una cosa e con l'altra ne sceglie una parte.
Dio è il Bene, Dio è Amore, Dio è Giustizia, Dio è Pace..? Se fosse così, non ci sarebbero i loro contrari. È anche illusorio pensare che uno dei due principi antinomici possa avere un giorno il sopravvento.
Ma questo significa che noi non dobbiamo cercare di fare il bene?
Noi dobbiamo cercare innanzitutto di aver ben chiaro l'intero meccanismo dialettico e renderci conto che dal bene nascerà prima o poi il male, contro la nostra stessa volontà. Anche il più buono tra noi sarebbe vittima e produttore del male.

“Vedo e approvo il meglio, ma seguo il peggio” Ovidio, Metamorfosi.
È inutile contrapporre il bene al male, perché si tratta delle due facce della stessa medaglia. Quando si lavora per il bene, si lavora anche per il male, e viceversa. Come dice bene Demostene, “per l'uomo il bene non è essere buoni, ma essere saggi”. Ecco perché tutta la nostra retorica sul bene e sull'amore è sempre destinata al fallimento. “Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera” notava Goethe. Più esaltiamo il bene, più mettiamo al mondo il male; più esaltiamo l'amore, più diamo spazio all'odio. Sant'Agostino lo riconosceva implicitamente quando sosteneva: “Poiché Dio è bene, i mali non sarebbero se non fosse un bene che ci siano.” In effetti, bene e male, come li intendiamo noi, sono semplici concetti della mente, non realtà assolute. La morte o il terremoto sono per noi male, ma non per i vermi che mangeranno i nostri corpi.
Questo ci deve indurre a concludere che tutto è utile alla vita e all'evoluzione: la malattia, la morte, la sofferenza... Il problema è che la nostra mente è dualistica e che noi non abbiamo concetti per esprime, per esempio, il bene-male o l'amore-odio come un tutto unico. Ma dovremmo imparare a ragionare proprio in questi termini. Allora, la nostra piccola etica del bene ci apparirebbe per quel che è: troppo limitata. Dovremmo imparare a ragionare e ad agire in termini cosmici. Usciremmo così dalle soffocanti e ristrette etiche religiose, con tutto il loro corredo di inutili dogmi.
Eppure, sarebbe bastato accorgersi che i vari decaloghi religiosi prevedono sempre eccezioni. Non uccidere? Sì, ma in caso di necessità, in caso di legittima difesa, in caso di guerra, in caso di pena capitale, per poter mangiare..?

"Avendo superato il male, avendo superato il bene, egli è al di là di tutti i tormenti del cuore" Brhadaranyaka Upanishad

venerdì 13 settembre 2013

Gesù e i sacerdoti

In una intervista, Eugenio Scalfari ha detto che i nemici dell'attuale Papa vanno cercati in quella parte della Chiesa che non vuole lasciare il potere. È vero. Ma la Chiesa è potere, e quindi, come dice lui, non ci sarà un secondo Papa Francesco.
Diciamo di più. Se anche tornasse Gesù in persona, verrebbe di nuovo fatto fuori. Da chi? Da quegli stessi sacerdoti e clericali che fecero in modo che fosse crocifisso.

Chiesa e dittature

Nello sceneggiato televisivo "Baciamo le mani", il solito fotoromanzo a tinte forti della fabbrica di Canale 5, vediamo un prete che serve fedelmente, fino alla morte, un Padrino mafioso. Dice infatti: "Io servo solo due persone: Dio e il Padrino".
Finalmente viene messo in scena non un angelico ed eroico prete che combatte la mafia, ma un prete cattivo che prega Dio perché lo aiuti a uccidere una testimone.
A proposito, come ha fatto Papa Bergoglio a convivere così a lungo con la spaventosa dittatura argentina, quella che imprigionava, torturava e uccideva migliaia di persone? Non ce lo hanno mai spiegato.
Quale politica avrà adottato? Quella dello struzzo o quella delle tre scimmiette, in cui i nostri preti sono maestri. "Non parlo, non vedo e non ascolto... ma dico messe".
Certo che deve avere un'ottima capacità di navigazione.

Metafore religiose

Le religioni sono metafore. "Metafora" è una parola che viene dal greco e che indica qualcosa che "porta fuori".
Dove portano le religioni? Evidentemente, fuori da questo mondo, verso ciò che ci trascende.
Quando però vengono utilizzate per riportarci "dentro", come nel caso del cristianesimo, che riporta Dio su questa terra, la metafora fallisce.
E, infatti, il cristianesimo riferisce tutto alla dimensione umana e quindi non ha più un'idea di che cosa sia la Trascendenza.

Elogio della vecchiaia

L'uomo è un animale intelligente, ma non intelligentissimo. Per molto tempo il suo comportamento resta dominato dagli istinti della specie. Soltanto in vecchiaia questi si allentano, e, in quel periodo, egli può riconsiderare se stesso, la propria vita e la sua stessa condizione umana, libero dalle necessità impellenti della natura, che lo costringono a impiegare tutte le sue energie per lavorare e riprodursi.
Per questo la vecchiaia può essere l'età della saggezza.
        Può esserlo - se si è capaci di riflettere e di meditare.

Identità e paura della morte

Avete paura di morire? Ma non ne avete abbastanza di essere voi stessi? di pensare sempre e di sentire sempre le stesse cose? Non vorreste essere un altro? Non vi saziate mai di voi stessi! Provate a immaginare qualcosa di diverso.
Il fatto è che su questa terra niente ci appartiene, nemmeno il nostro io. Ci viene prestato così come si presta un abito. Che alla fine deve essere restituito.

giovedì 12 settembre 2013

La lettera del Papa

Ormai i Papi moderni interpretano la loro missione come se fossero delle rock-star: tutti i giorni in televisione e sui mass media, sperando che tutti parlino di loro e facciano aumentare l'audience. Vedrete che prima o poi li vedremo in qualche trasmissione di talent o di gossip.
Papa Francesco si distingue per voler parlare con tutti, per voler coinvolgere tutti, per cercare ogni via di comunicazione. Ed ecco che risponde alle domande del giornalista Eugenio Scalfari, il quale si era molto preoccupato, come tutti i laici poco convinti, se Dio perdonasse chi non crede in Gesù. E Papa Francesco lo rassicura: chi non crede a Gesù, ma segue la propria coscienza, sarà perdonato. Bontà sua. Peccato che Papi precedenti avessero condannato proprio la libertà di coscienza e avessero ribadito che solo la loro autorità è fonte di verità. Sempre modesti.
Il cosiddetto dialogo con i non credenti è in realtà un dialogo tra sordi, perché ognuno resta della propria opinione. Ma resta il fatto che viene presentato come una concessione di chi ha "il dono di seguire Gesù nella fede". Se proprio non ce la fate, dice il Papa, seguite la vostra coscienza. Questo vale, però, solo per i non credenti; per i credenti, evidentemente, esiste solo il magistero della Chiesa: non devono pensare con la loro testa.
La coscienza mi dice che quello di Gesù è soltanto un mito sapientemente artefatto e che "Dio" è una Consapevolezza creativa che risiede in tutti e in tutte le cose, e che non ha bisogno di reincarnarsi una seconda volta, in un solo uomo per di più. L'universo è l'incarnazione di questo Dio. Che bisogno c'è di reincarnarsi di nuovo in questo o in quello?
Ma l'annuncio centrale del cristianesimo è che Dio si è incarnato in un uomo. Affermazione che è un po ridicola. Come se non fosse già incarnato negli altri uomini, oltre che nelle formiche, negli alberi e nelle gocce d'acqua.
Grandezza e miseria del cristianesimo. Sì, perché ridurre Dio a uomo è una diminuzione, è un rimpicciolimento, una limitazione. La Trascendenza che si riduce a uomo. Come fa a starci dentro?
Lo "scandalo" del cristianesimo è tutto qui. Avere la presunzione di unire l'Infinito con il finito e arrivare a dire che Dio è un uomo, un singolo uomo. Che la verità è un uomo. Questo porta a contraddizioni e a paradossi senza fine. Per esempio, il Dio-Uomo muore, però devo risorgere - se no, che Dio è?
In tal senso il cristianesimo è figlio del giudaismo da una parte e delle religioni pagane dall'altra. Il giudaismo aveva già ridotto a una macchietta semi-umana Dio, presentandolo come una Persona che si arrabbia, ama, odia, compie ingiustizie, guida guerre, passeggia nervosamente e interviene a stringere alleanze che puntualmente falliscono. Ma un giorno manderà su questa Terra un suo Inviato, un Messia, che potrà essere o un Monarca trionfante o un Servo sofferente, come appunto Gesù. Gli ebrei, però, hanno avuto il buon senso di non riconoscere in Gesù questo Messia e, prudentemente, lo aspettano ancora. Un giorno giungerà...
Quanto alle religioni pagane, avevano già annunciato incarnazioni divine e avevano concepito storie in cui gli dei scendevano direttamente sulla Terra a compiere varie malefatte, compresa la messa incinta di vergini. Lo stesso altre religioni in altre parti del mondo. L'India, per esempio, è piena di Iddii incarnati. Krishna cos'è se non un Dio incarnato? E anche il nome ricorda quello di Cristo. Esiste addirittura una leggenda secondo cui Gesù non sarebbe morto sulla croce, ma si sarebbe nascosto in India. E se andate in India, troverete la "tomba di Gesù".
Oggi è di moda dire che Gesù lo si conosce in un incontro diretto. "Ho incontrato Gesù." Ma non si può incontrare un uomo morto duemila anni fa. Ciò che si incontra è un'immagine di Gesù veicolata da altri uomini e dalle organizzazioni religiose, ognuna con la propria personale interpretazione. Dunque, s'incontra non un uomo, ma un'idea.
Oltretutto, la realtà storica di Gesù non è mai stata provata: non esistono testimoni storici suoi contemporanei. Lo stesso san Paolo non aveva conosciuto Gesù di persona. In ogni caso, è certo che i Vangeli veicolano, accanto a temi che potrebbero essere storici, altri che sono certamente mitologici, come alcuni miracoli. Camminare sulle acque, sedare le tempeste, resuscitare i morti, dare la vista ai ciechi..? Queste storie si trovano in tutte le mitologie. Perfino nella Bibbia troviamo resurrezioni ad opera di profeti.
Non si può escludere che l'intera storia di Gesù sia un parto letterario, certamente geniale. Gli Esseni, per esempio, tratteggiavano un "maestro di giustizia" molto simile a Gesù. Non ci dimentichiamo che certi personaggi letterari diventano ancora più "reali" degli uomini veri, come se fossero vissuti.
Gesù era un guaritore che usava i metodi dei guaritori del tempo: la saliva, l'imposizione delle mani, le preghiere, ecc. E, come rivelano gli stessi Vangeli, non sempre riusciva a "fare il miracolo". Molto dipendeva dalla fede, cioè dalla suggestione collettiva di chi gli stava intorno. Un giorno fuggì da un posto senza poter fare miracoli e prodigi perché la gente non lo voleva e non gli credeva.
Il teologo Vito Mancuso dice che la verità non né una dottrina né un dogma, ma "relazione". L'espressione è ambigua. Dalle relazioni umane nascono sia verità sia falsità. Non basta che un gruppo di persone si metta insieme per stabilire che quello in cui credono sia vero. Ci vuole ben altro. Milioni di persone hanno credute e credono in verità fasulle, in favole e falsità. Non basta la "relazione", ci vuole una conferma reale, storica, condivisa da tutti e verificata nella vita di tutti giorni.
Che ogni cosa sia interdipendente, questa è una verità palese e verificabile. Tutto nasce da relazioni, da una rete che avvolge tutti. Ma questo punta più a un Dio-Tutto che a un Dio come Singolarità, ad un Dio del Relativismo che a un Dio Assoluto (Ab-solutus), ad un Dio del Divenire che ad un Dio dell'Essere Statico, ad un Dio dell'Evoluzione che ad un Dio dei dogmi.
Il concetto di Trinità è ben poca cosa. Perché solo tre e non tutti?
E, comunque, non ci si può mettere a parlare della verità partendo da una sola fede. Nessuna religione include tutto. Ma bisognerebbe prima esaminare tutte le altre religioni, alcune delle quali rispettano maggiormente la Trascendenza senza ridurla a dimensione terragna; e, soprattutto, vedono chiaramente i limiti della mente umana quando cerca di conoscere Dio.
Manca nelle religioni, in tutte, una presa di coscienza del fatto che esse sono sistemi simbolici e metaforici di valori, di credenze e di pratiche. Manca la consapevolezza che sono condizionate. Per esempio, il cristianesimo non è che una metafora del rapporto figlio-padre e dell'uomo come figlio di Dio al tempo in cui è nato, duemila anni fa. Ma, nel frattempo, questa relazione è cambiata.
Cambierà anche il Papa Francesco? Non credo. Per ora resta abbarbicato ad una rigida ortodossia, anche se questo è un peccato contro il Dio dell'evoluzione.

mercoledì 11 settembre 2013

Fughe bibliche

La Guardia di Finanza ha accertato che, dal 2009 al 2012, lo IOR, l'Istituto per le Opere di Religione, la banca del Vaticano, ha spostato quasi mezzo miliardo di euro dalle banche italiane a quelle svizzere e alla Deutsche Bank. Come mai? Perché lo Stato italiano ha voluto verificare seriamente come venivano applicate le norme antiriciclaggio. Ormai in Italia restano poche decine di milioni. Evidentemente, lo Spirito Santo deve aver ispirato i consiglieri tedeschi di Benedetto XVI a evitare i controlli delle leggi italiane e a fuggire, come Mosè, verso la Terra Promessa.
Che cosa abbia a che fare questo comportamento degli istituti della "santa" sede con tutti i discorsi sull'incarnazione di Dio, nessuno lo capisce. A meno che "incarnazione" non significhi sporcarsi le mani e la coscienza con le sozzure terrene. È questa la realizzazione della grande promessa cristiana?

domenica 8 settembre 2013

L'universo in noi

Quando stiamo seduti in meditazione, respirando naturalmente, senza sforzi, senza pensieri, senza intenzioni, concentrati ma non tesi, in realtà trascendiamo noi stessi - il nostro piccolo ego individuale. In tal senso diventiamo più imparziali, più impersonali, più equanimi e più comprensivi. Ci allarghiamo e ci "eternizziamo", perché diventiamo un tutt'uno con l'universo. Lo contempliamo e lo siamo, al di là del tempo e dello spazio. Il paradosso è che siamo del tutto noi stessi, oltrepassando i limiti egoici.
Ovviamente, il paradosso è per noi che pensiamo e scriviamo, non per chi è in meditazione, in quel momento.

venerdì 6 settembre 2013

Il digiuno e la pace


Non c'è proprio nulla da fare: le religioni hanno ancora la testa nel Medioevo, se non ancora più indietro. Si digiuna e si prega per invocare la pace. Ma che cosa si crede? Che saltando qualche brioche e pregando l'Onnipotente, questi ci ascolti e ci mandi la pace? Quale pace, poi? Quella della guerra civile che c'è adesso in Siria?
L'idea è veramente bislacca, ma sintomatica di una mentalità che è dura a morire. Io digiuno, faccio il fioretto, e Dio mi ascolta. Io sacrifico qualcosa e Dio mi darà in compenso qualcos'altro. Quando mai? Quando mai succede? E, perché, per farsi ascoltare da Dio, bisogna far dei sacrifici?
L'intero ascetismo antico era basato su questa idea. Che non ha mai funzionato. Ci si affamava, ci si assetava, ci si torturava il corpo - nella speranza che Dio ci ascoltasse o si facesse sentire. Ma non è mai successo.
Idee vecchie di Dio, idee vecchie dell'ascetismo, idee vecchie della spiritualità. Ma le religioni insistono ancora con queste stupidaggini, tutte basate sul concetto di sacrificio, di rinuncia, e sul concetto che Dio sia come una persona che ragiona, che tratta, che commercia, e con cui si possa giungere a un compromesso, a un accordo, a uno scambio. Anche Gesù pregava il Padre - e s'è visto come è finito.
Papa Francesco, che viene da un paese sottosviluppato, porta con sé inevitabilmente un'idea antiquata della religione, e sta appestando il mondo con le sue idee obsolete. Se si aggiunge che è malato di protagonismo, la frittata è fatta.
Se siete credenti, prendetelo alla lettera. Digiunate e pregate. Se scoppierà la pace, vorrà dire che avete avuto ragione. Ma, se scoppierà la guerra, vorrà dire che vi dovete aggiornare su che cosa sia Dio e su come si possa comunicare con un simile potere.

mercoledì 4 settembre 2013

Zazen

Zazen è stare seduti semplicemente nella postura del Buddha, senza secondi fini, senza intenzioni, senza aspirazioni, neppure quella di ottenere l'illuminazione. È stare seduti in meditazione senza pensieri, senza cercare né volere qualcosa. È come togliersi tutti gli abiti per far rifulgere il nudo sé.
Sembra facile, ma non lo è. Infatti, l'uomo è un animale pensante e desiderante.
Se lasciar cadere il corpo è relativamente semplice, lasciar cadere la mente, con tutti i suoi pensieri e i suoi desideri, è difficile.
Eppure, stare seduti così in zazen (shikantaza) è già samadhi. Lo dice chiaramente Dogen, il grande maestro giapponese del XIII secolo:

"Quando qualcuno assume la postura del Buddha con tutto il corpo e la mente, e siede eretto in questo samadhi anche solo per breve tempo, ogni cosa nell'universo diventa la postura del Buddha e l'intero spazio diventa meditazione.

"Anche se soltanto una persona siede per breve tempo, poiché tale zazen è una sola cosa con ogni esistenza e permea completamente ogni tempo, esso realizza la guida del Buddha entro l'inesauribile universo del passato, del presente e del futuro.

"La pratica seduta è di per sé la pratica del Buddha. Lo zazen è di per sé non fare".

Questo è il principio del Soto Zen. Stare seduti in meditazione, senza pensieri, è già samadhi.

martedì 3 settembre 2013

L'agonia della religione

Il Papa si sgola tutti i giorni per caldeggiare la pace. E fa bene. Ma evidentemente nessuno lo ascolta. Non lo ascoltano né i potenti della Terra, che continuano a fare guerre, né il Potente del cielo - che, anzi, ha concepito il mondo come luogo del conflitto.
Povero Francesco, quando si renderà conto che il Dio di cui parla non è reale, ma solo un'immagine della mente?
A quel punto, non potrà più fare come Ratzinger, che se ne è andato. Ma dovrà sciogliere la Chiesa.
Gesù si rese conto di questa verità quando sulla croce esclamò: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Realizzò che la sua immagine di Dio  era sbagliata.
Questa fu la sua illuminazione.
Ovviamente, i cristiani non lo hanno capito. E hanno continuato a coltivare un'illusione per duemila anni.
Mi domanderete: è possibile che milioni di uomini si siano sbagliati?
Oh, sì, perché il vero Dio di questo mondo non è Satana (un'altra maschera), ma Maya, la dea dell'illusione.
È Il potere di Maya che domina le menti umane.

La goccia e l'infinito

La nostra vita è breve e limitata. La nostra mente è ristretta e condizionata. Ma niente ci impedisce di essere come la goccia d'acqua - che è piccola, sì, ma capace di riflettere il cielo.