giovedì 24 febbraio 2011

Noia e trascendenza

Credo che la cosa peggiore della condizione umana non siano tanto le grandi sofferenze, quanto la noia. La noia è la consapevolezza di ripetere tutti i giorni le stesse cose, gli stessi pensieri, le stesse sensazioni...io, tu e tutti quanti, in un circolo interminabile. La noia è essere sempre se stessi.


Seguiamo lo stesso copione giorno dopo giorno e perfino ciò che sogniamo nelle nostre più ardite fantasie non può che essere scontato - anche il lavoro, anche l'amore, anche il dolore, anche la perdita, anche la vittoria.

Per questo ci immaginiamo mondi favolosi, misteri, dei, paradisi, ufo, fantasmi, angeli, demoni, madonne e quant'altro. Ma anche la nostra immaginazione non può uscire dai limiti della mente umana.

Eppure, proprio questa sensazione di noia non va disprezzata perché ci porta vicino al nostro confine e ci aiuta talvolta a superarlo. In fondo anche Dio era uno che si annoiava, che non ce la faceva più a essere se stesso.
 
Sono molte le vie che portano al superamento di sé.

Sentire, pensare e meditare

Diceva Mark Twain: "Non facciamo altro che sentire, e l'abbiamo confuso con il pensare". Ed è vero. Il problema è che tutti sentiamo e percepiamo spontaneamente, mentre il pensare comporta riflessione e dunque un certo sforzo.


Ma se il passare dal sentire al pensare è già difficile, quanto più difficile sarà il passare dal pensare al non-pensare! Eppure, è proprio questo ulteriore passo che ci proponiamo con la meditazione. Questo non-pensare non è un ritorno al sentire, ma un superare il pensiero condizionato attraverso una sospensione mentale.

venerdì 18 febbraio 2011

Nascere a se stessi

Il primo passo per il risveglio è rendersi conto di essere degli schiavi, dei prigionieri (come nella caverna di Platone), degli automi che eseguono compiti imposti da qualcun altro. La condizione umana non è esattamente una condizione di libertà e di felicità. Nascere è già una fatica e si viene al mondo tra dolori. Ma poi ogni fase della crescita comporta sofferenze: dalle innumerevoli malattie dell'infanzia alle crisi dell'adolescenza, dai problemi della maturità ai drammi della vecchiaia.


Come se questo non bastasse, i genitori, il sistema educativo, la società nel suo complesso, la religione, la pubblicità e i mass media fanno di tutto per instillarci idee, valori, bisogni e comportamenti che non sono "nostri", che non sono stati scelti da noi, che non ci fanno essere noi stessi e che ci portano inevitabilmente a soffrire. Soprattutto ci impediscono di pensare con la nostra testa.

Non basta dunque essere partoriti da una madre. Dobbiamo poi nascere di nuovo a noi stessi. E questo è possibile solo se si diventa consapevoli di essere individui condizionati e di dover fare piazza pulita di tutto ciò che ci è stato imposto.

Siamo sì animali sociali, ma lo sono anche le formiche e le api. Gli uomini hanno un'unica grandezza: sono consapevoli. Ma la consapevolezza si atrofizza se non viene sviluppata volontariamente con un'apposita meditazione.

mercoledì 16 febbraio 2011

Il centro dell'anima

"Il centro dell'anima è Dio" affermano i più importanti mistici di occidente e di oriente. Lo dicono per esempio san Giovanni della Croce e le Upanishad: l'atman è il brahman. Questo significa che Dio non si trova né sugli altari né in qualche chiesa o statua. E' finito per sempre il tempo degli dei, soprattutto perché Dio non è una persona, ma un Principio o il Tutto. Putroppo la gente non se ne è ancora accorta e continua a venerare Dio credendo che sia un Potente. A rigore, non si dovrebbe parlare di Dio ma del Divino, il trascendente.


Dove si trova questo centro? Certamente non nelle religioni di massa, che sono ancora legate al passato. Certamente non in qualche culto o rito. Si trova nel profondo di sé, una volta che si sia fatta tacere la mente condizionante, la cultura prevalente. Non nel vuoto assoluto, ma nel vuoto della mente fatta di dualismo e di egocentrismo.

domenica 13 febbraio 2011

Decondizionare la mente

Per rendere la mente più sensibile e attenta, per farla uscire dalla narcosi delle culture e delle religioni prefabbricate, per risvegliarla dal sonno delle ideologie e dei mass media, è necessario svincolarla dall'abitudine di appoggiarsi al noto e al conosciuto, bisogna addestrarla a decondizionarsi. Quel suono che ascolto, quella forma che vedo, quel concetto che formulo sono in realtà prodotti del passato. Proviamo ad ascoltare, a vedere e a pensare senza ricorrere al risaputo, al luogo comune, alla cultura di massa.


Lo so, ci vuole tanta pazienza e tanto silenzio, e la capacità di restare mentalmente immobili. Ma dobbiamo resistere alla tentazione di basarci sul risaputo, di reagire anziché agire, di distrarci anziché di concentrarci, di dare giudizi prefabbricati: questa è meditazione. La ricerca dell'essenza vitale, della consapevolezza primordiale, libera dai condizionamenti.

martedì 8 febbraio 2011

Antiche meditazioni

Se qualcuno crede che la meditazione sia una pratica stravagante importata dall'Oriente, legga che cosa scriveTommaso Campanella (1568-1639), il filosofo e teologo domenicano, perseguitato ovviamente dalla Chiesa. Egli dice in sintesi: "Bisogna scegliere un luogo dove non vi sia rumore e dove si possa stare con una luce bassa, possibilmente posta dietro le spalle, o con gli occhi chiusi. Bisogna trovare un momento in cui si sia più tranquilli o non si sia in preda a passioni tanto del corpo quanto dell'anima. Non si deve provare né freddo né caldo né alcun dolore. Non bisogna avere né la pancia piena né la pancia vuota, e si deve sedere nella maniera più comoda. Si svuoti a questo punto la mente da emozioni, pensieri, gioie, tristezze, timori, speranze, sentimenti, preoccupazioni e ricordi. Quando arriva un pensiero, bisogna subito scacciarlo, finché non si pensi a niente del tutto. Infine si resti insensibili sia esteriormente sia interiormente e si diventi immobili come una pianta o una pietra".

venerdì 4 febbraio 2011

Distacco e impegno

Come conciliare il distacco caldeggiato dalla meditazione con l'impegno politico e civile? Il fatto è che non parliamo di misticismo, ma di vita concreta. Lo sviluppo della consapevolezza porta inevitabilmente ad un più alto grado di responsabilità e di critica verso il modo in cui è governato il mondo, con le sue ingiustizie.


Attenzione, però: essere consapevoli non significa pensare sempre di più ai problemi personali e generali, ma alternare riflessione e distacco, pieno e vuoto, attività e quiete mentali.