mercoledì 31 ottobre 2018

Amore e meditazione


Non possiamo amare un altro se non amiamo noi stessi; sarebbe come cercare un surrogato sapendo consciamente o inconsciamente che abbiamo bisogno di una pezza.
Non possiamo stare in compagnia di un altro se non riusciamo a stare in compagnia di noi stessi; sarebbe come cercare un sostegno esterno sapendo consciamente o inconsciamente che non possiamo stare in piedi da soli.
Ecco perché la meditazione, l'addestramento a stare in solitudine e in silenzio, è la miglior preparazione all'amore - amore inteso non come un tentativo di trovare un sostegno o un surrogato, ma come una ricerca di indipendenza e di maturità, l'unico stato da cui si può donare o scambiare alla pari.
A tutti gli adolescenti sarebbe necessario imparare a meditare anziché buttarsi alla ricerca dell'amore. Ma non è mai troppo tardi.
Se siamo nevrotici e se non abbiamo un buon rapporto con gli altri, cerchiamo nell'altro ciò che ci manca; ma in tal modo sviluppiamo un legame immaturo. Ciò che ci manca ci mancherà sempre, e dipenderemo sempre dall'altro.
La meditazione è una fase di passaggio e di preparazione indispensabile a tutti. Conoscere se stessi, conoscere le proprie doti e le proprie mancanze. Per non cercare compensazioni impossibili, per non incorrere in fallimenti inevitabili.

L'ideologia della corruzione


Se gli italiani sono sempre al vertice tra i popoli corrotti, se hanno scarso senso civico e scarso senso etico, questo è certamente dovuto al tipo di educazione che hanno ricevuto, in particolare alla formazione morale cattolica.
       Ermanno Rea, nel suo libro La fabbrica dell'obbedienza (Feltrinelli, 2010), mette in evidenza come sia stata la Chiesa della Controriforma a creare questa Italia "corrotta e ridanciana, superstiziosa e corriva, irresponsabile e bigotta". Da allora gli italiani sono diventati un popolo di servitori obbedienti che non hanno un vero senso etico, che non hanno il senso della vergogna e che sono sempre pronti a giustificare le magagne dei potenti. Ancora oggi la Chiesa riesce a ottenere benefici finanziari e leggi oppressive delle libertà civili (come quella ultima sul "fine vita") in cambio del suo appoggio a governanti che nessun paese europeo riuscirebbe a tollerare.  Dunque, è la religione cattolica che ha addormentato la coscienza degli italiani, rivelandosi una vera e propria "fabbrica dell'obbedienza".
       Ciò che manca in Italia è una spiritualità civile, alternativa a quella religiosa. Una spiritualità che non può che essere basata su uno sviluppo della consapevolezza e della meditazione personale. Le grandi religioni, invece, sono ideologie generaliste e grandi fabbriche di conformismo.

L'Italia bloccata


 Finalmente l’Italia s’è fermata: il PIL non cresce più da sei mesi. Ma i Cinquestelle non sono ancora soddisfatti. Il loro scopo è farla decrescere. E infatti cercano in tutti i modi di ostacolare le grandi opere – le uniche che potrebbero far ripartire il paese.
Hanno cercato di bloccare il TAP (il gasdotto pugliese), ma, soffrendo molto, hanno dovuto accettarlo. Ma adesso fanno lo stesso con la TAV. A Torino, la loro giunta comunale ha votato per respingere la grande opera. Naturalmente faranno di tutto per ostacolare la ricostruzione del ponte di Genova.
La gente non si è ancora accorta della serpe che si è allevata in seno. Gli elettori li avevano votati per avere il reddito di cittadinanza. Ma hanno trascurato questo piccolo particolare – che i Cinquestelle vogliono bloccare l’Italia.
Credo che sia un caso unico in Europa e nel mondo di un partito che è contrario alla crescita. Solo in Italia succedono certe cose. In un paese che avrebbe tanto bisogno di crescere per eliminare veramente disoccupazione e povertà, abbiamo mandato al governo il partito della decrescita, che non sarà mai felice.

lunedì 29 ottobre 2018

Vecchie ideologie


Per qualche decennio gli ideali di sinistra hanno dominato il mondo. Ma, a poco a poco, la sinistra ha perso credibilità. E allora ritornano gli ideali di destra, che da millenni sono sempre gli stessi: Dio, patria, famiglia, obbedienza, ordine, lotta agli stranieri, lotta all’emancipazione femminile, isolazionismo, chiusura, dittatura, militarismo, guerra…
Non c’è niente di nuovo. È come se il mondo andasse avanti e indietro senza inventarsi mai niente di diverso. Arriva prima un’ondata da sinistra e poi una da destra. Siamo in balia di un’alternanza elementare e rozza. Ora nascono regimi di destra dappertutto, così come prima c’erano in gran parte regimi di sinistra. Ma, gira e rigira, la vera democrazia è sempre stata una rarità.
Quello poi che è ancora più raro è il buon senso. Si passa da un’ideologia astratta ad un’altra ideologia astratta. Ma nessuno risolve i veri problemi dei cittadini, che, privi di memoria e di senso critico, s’entusiasmano sempre per l’ultimo “uomo della Provvidenza” e vengono sempre gabbati.  

TAP



È incredibile questa volontà dei Cinquestelle di non fare niente, di fermare le grandi opere. Per loro la crescita dovrebbe arrivare solo dal reddito di cittadinanza. Troppo poco, anzi niente per rimettere in moto il paese. Ecco perché la loro manovra è destinata al fallimento. Fanno debiti, ma non studiano alcun mezzo per ripagarli.
Vivere a scrocco, decrescere: questo è il loro ideale. A proposito dell’approvazione del TAP (finora contrastato), Di Maio dichiara: “Abbiamo dovuto dire la verità”. Questo significa che finora aveva detto bugie. Dove può andare l’Italia con teste del genere?

Per meditare


La meditazione è un percorso senza fine. E bisogna percorrerlo in prima persona. Ci sono stati grandi maestri che hanno lasciato insegnamenti preziosi. Ma non bastano: ognuno è un caso particolare, ognuno deve procedere da solo e imparare da solo. Perché l'unico vero maestro è dentro di noi.
Non bisogna illudersi che basti ripetere un mantra o imparare una tecnica per avere la strada aperta. E bisogna ridimensionare termini come "illuminazione" e "liberazione". Tutti siamo illuminati e tutti siamo ignoranti: dipende dalle circostanze e dai momenti.
La cosa essenziale è stare in silenzio, è stare in ascolto, è osservare, è percepire, è apprendere di continuo, è acuire la sensibilità e l'intelligenza. Ed ogni fatto dell'esistenza, anche il più piccolo, è lì ad insegnarci. Come dicono gli Yogasutra di Patanjali, "l'esercizio ininterrotto della consapevolezza del reale è il mezzo per la dispersione dell'ignoranza".
Dunque il mezzo fondamentale della meditazione è questo: "l'esercizio ininterrotto della consapevolezza", non una tecnica particolare. Ascoltare, osservare, percepire, capire ciò che ci succede personalmente e ciò che riguarda il mondo intero.
Ma, per far questo, ci vuole tempo e silenzio, ci vuole la capacità di starsene soli a contemplare, ci vuole la capacità di interrompere l'incessante dialogo interiore, il fantasticare, il divagare, il pensare a casaccio, le opinioni altrui, le conoscenze acquisite, la cultura appresa ma non sperimentata personalmente.
Per farlo, basta una finestra aperta, basta una passeggiata in campagna.
Concentrarsi, isolarsi, ascoltare. Il presupposto per meditare è tutto qui. Poi ci vogliono chiarezza ed acuità "visiva": guardare senza l'interferenza dei pensieri estranei. E, a poco a poco, il nostro sguardo si farà più limpido.

Ekagrata


Ekagrata nello Yoga è la concentrazione su un unico oggetto, su un unico punto, e serve a riportare l'attenzione, ossia il flusso mentale, che di solito è discontinuo, fluttuante e in febbrile movimento, ad una certa stabilità. La mente infatti è come una scimmia che non sta mai ferma, che segue ogni distrazione e che è deformata da ogni condizionamento. Con l'ekagrata l'individuo finisce di essere in balia delle infinite distrazioni, delle passioni, degli automatismi mentali e di tutta quella attività dispersiva e confusa che caratterizza la nostra vita abituale e soprattutto la vita mentale.
Provate a fare una passeggiata e a rendervi conto delle fantasia e dei pensieri che attraversano di continuo la mente, trasportandola qua e là. Non solo la vostra attenzione è sempre dispersa, ma non siete neppure in contatto con l'ambiente esterno. In sostanza l'uomo è sempre in balia di sensazioni, pensieri, fantasie e ricordi su cui non ha il minimo controllo. Ma con l'ekagrata cerca di interrompere il flusso e di riacquistare un dominio su questa attività mentale, sensoriale e inconscia.
Il punto su cui concentrarsi può essere il centro della fronte, la punta del naso, il centro della visione mentale quando si chiudono gli occhi, il respiro, un oggetto luminoso o un qualsiasi punto da noi prescelto. Mentre ci si concentra su di esso, si governa l'attenzione e ci si rende insensibili alle distrazioni esterne.
L'ekagrata è dunque un primo tentativo di ridurre la dispersione mentale, di non essere dominati dagli automatismi psichici e di ridiventare padroni di noi stessi. Dobbiamo eseguire l'esercizio varie volte al giorno: chiudere gli occhi e concentrarsi, a casa, al lavoro, in treno, dappertutto. Migliorerà la capacità di attenzione e la lucidità mentale.

Interessi divergenti


Ciò che veramente interessa noi uomini sono i nostri sentimenti personali, le nostre emozioni: sentirsi felici o infelici, amare o non amare, essere soddisfatti o insoddisfatti, ecc; mentre quello che interessa l'universo è la continuazione della specie, che è indifferente all'individuo o, per lo meno, s'interessa a lui soltanto come a mattoncino di un grande muro. Ma di quel che proviamo o sentiamo non gliene importa niente. Come viva o come muoia il singolo gli è indifferente: l'unica cosa che gli importi è che faccia il suo dovere di continuatore del mondo stesso.
       Da questa divergenza di interessi nasce il dramma dell’uomo, che è invece occupato soltanto dalle proprie esperienze individuali, dal proprio piccolo benessere. Se lui si ammala o muore, all'universo non interessa nulla. Invece per l'individuo questo è tutto.
       Per ridimensionare se non altro i nostri dolori, è bene ogni tanto mettersi dal punto di vista dell'universo. Ma resta l'amarezza di una incomprensione di fondo, tra noi e l'universo, tra noi e Dio.
Lo stesso contrasto che esiste fra l’individuo e la società si trova anche fra l’individuo e l’universo o Dio.
Alla fine, ci rassegniamo e porgiamo la testa al boia. “Sia fatta non la mia ma la tua volontà”. Già, che altra scelta abbiamo?

domenica 28 ottobre 2018

Nascere a se stessi


Il primo passo per il risveglio è rendersi conto di essere degli schiavi, dei prigionieri (come nella caverna di Platone). La condizione umana non è esattamente una condizione di libertà e di felicità. Nascere è già una fatica e si viene al mondo tra dolori. Ma poi ogni fase della crescita comporta sofferenze: dalle innumerevoli malattie dell'infanzia alle crisi dell'adolescenza, dai problemi della maturità ai drammi della vecchiaia.
          Se siete giovani, dovrete trovare un vostro spazio in un mondo che apparentemente non sa che farsene di voi. Dovrete prima studiare, poi trovare un lavoro e quindi farvi una famiglia. Ma tutte queste fasi comportano difficoltà e sofferenze. Studiare non è esattamente una passeggiata: anni e anni a imparare quello che hanno detto e fatto gli uomini del passato e a doverlo ripetere come pappagalli a un insegnante. E guai a voi se cercate di essere originali o di pensare con la vostra testa. Verrete subito etichettati come studenti fastidiosi o ribelli. Il processo di educazione, infatti, non è che un lungo processo di condizionamento: dovete in sostanza imparare ad essere, a pensare e a comportarvi come tutti gli altri; dovete imparare ad essere delle obbedienti formichine.
          Il rapporto con i genitori può essere buono o cattivo, ma è comunque un rapporto di conflitto. La funzione dei genitori infatti è per lo più quella di rendervi uguali a tutti gli altri, a uccidere la vostra originalità infantile per trasformarvi in membri di una società dove la virtù più apprezzata è il conformismo. Lo stesso vale per l'educazione religiosa: qui i preti vi inducono a credere che esiste un Dio che vi ama tantissimo e che gli dovete una rigida obbedienza, altrimenti vi manderà all'inferno. Dunque, questo Dio non può essere tanto buono, anche perché ha creato un universo che si regge sulla violenza e sull'eliminazione spietata dei più deboli. D'altronde provate a pregarlo e vedrete come vi risponderà.
          Inoltre, le varie religioni vi inducono a credere che loro sono la verità rivelata e che tutte le altre sono sbagliate. E in effetti, se una è vera, tutte le altre insegnano cose sbagliate; ma c'è il rischio che tutte siano sbagliate. Se però alla fine diventerete atei, questo non vi aiuterà molto, perché non riuscirete a trovare un senso alla vita.
          Cercare un lavoro soddisfacente è oggi un'impresa disperata, perché siamo in un periodo di crisi. Ma io che ho una certa età mi ricordo che c'è sempre stato un periodo di crisi, provocato dai ricchi, dagli speculatori o dalle guerre. E quindi bisogna accontentarsi di un lavoro qualsiasi, magari precario, e incominciare a soffrire le pene dell'inferno vedendo che i raccomandati e i ricchi hanno posti migliori, guadagnano di più e fanno una vita che voi non farete mai. Voi dovrete faticare e faticare solo per riuscire a sopravvivere; per il resto sarete solo degli schiavi moderni che lavorano cento per ottenere dieci, e tutto il resto va ai datori di lavoro.
          Se vi innamorate e vi sposate, sarete felici per qualche mese, ma, dopo, dovrete fare quello che fanno tutti: tirare una carretta sempre più pesante; pagare mutui, bollette, tasse e allevare figli che vi esauriranno ogni risorsa fisica e mentale. A poco a poco svaniranno i sogni della gioventù e diventerete tanti piccoli schiavi che lavorano per arricchire gli altri. Soprattutto non sarete più liberi, perché gli impegni della famiglia vi costringeranno a fare non quel che volete voi, ma quel che vogliono gli altri, la società.
          Se non vi sposate e rimanete soli, rimpiangerete poi tutta la vita di non averlo fatto e vi sentirete sempre mancanti di qualcosa. L'amore è una bellissima esperienza, ma porta con sé sofferenze e conflitti. Dopo qualche mese sparisce e voi vi trovate a convivere con una persona che può avere incompatibilità gravi con il vostro carattere. Se non vi innamorate o se perdete la persona amata, soffrirete ancora più acutamente e la vostra esistenza sarà piena di dolore e di rammarico. Se poi mettete al mondo dei figli, per voi è finita la libertà: dovrete fare tutto quello che la società vi impone e le vostre catene si allungheranno smisuratamente.
          Se siete donne, siete particolarmente sfortunate, perché la nostra è una società maschilista che sfrutta le donne senza sostenerle. Sarete doppiamente schiave: della natura e della società. Della natura che fino a quarant'anni, ogni mese, vi ricorda che siete nate per fare figli e che dopo vi considera troppo vecchie; e della società che vi chiede di fare da mamme ma che non vi dà nessun aiuto e vi rende difficile lavorare ed affermarvi come persone. Sarete pagate peggio dei maschi e sarete sempre prese di mira come oggetti di sfruttamento lavorativo e sessuale. Ma anche l'amore può essere una tortura continua, perché a questo mondo è difficile intendersi tra persone di sesso diverso.
          Quando infine entrerete nella vecchiaia, incominceranno le grandi malattie, quelle che non sono più curabili e dovrete soffrire più che mai. Se non avete soldi, socialmente non esisterete più; sarete dei gusci vecchi abbandonati ai margini del fiume della vita. E se, nonostante tutto, sopravviverete all'età della pensione, incomincerà la depressione e la sensazione di non aver combinato niente e di aver perso la vostra occasione.
          Se volete avere un'idea di che cosa sia l'inferno, entrare in un cronicario per vecchi. Lì vi renderete conto di quale considerazione abbia Dio per gli esseri viventi, una volta che non gli servono più per la riproduzione. Diventano materiali di scarto da eliminare.
          L'unica consolazione della condizione umana è che ne possiamo essere consapevoli, a differenza degli altri animali. Ma la consapevolezza comporta una maggiore sensibilità e quindi una maggiore sofferenza. Questo è il primo ostacolo da superare alla presa di coscienza e al risveglio.
          Dovete rendervi conto di essere degli schiavi, delle macchine condizionate, delle formiche, e dovete vincere la sensazione di scoraggiamento che ne consegue.
          Risvegliarsi da un brutto sogno non è facile, primo perché bisogna ricordarsi del brutto sogno e secondo perché una volta usciti dal sogno i condizionamenti rimangono. Ma qualcosa finalmente di vostro lo avrete ottenuto. Per la prima volta nella vostra vita capirete di essere unici e potrete sperare di non ricadere più nei vecchi incubi, nelle abitudini del passato. Per la prima volta nella vostra vita vi sentirete padroni di voi stessi, e non più macchine al servizio della società.
          Tuttavia sarete come quei galeotti che escono dalla prigione dopo tanti anni di condanna e che non sanno più che fare nella società; si sentono smarriti e quasi sarebbero tentati di ritornare in galera, dove almeno qualcuno stabiliva regole certe per tutti.
          La libertà richiede una rieducazione: richiede una liberazione dalle vecchie idee e dai vecchi comportamenti condizionati. Essere se stessi comporta questo passo. Riappropriarsi di sé dopo tanti condizionamenti è in effetti il primo passo del risveglio.

Decondizionare la mente


Per rendere la mente più sensibile e attenta, per farla uscire dalla narcosi delle culture e delle religioni prefabbricate, per risvegliarla dal sonno delle ideologie, dei mass media e dell’opinione corrente, è necessario svincolarla dall'abitudine di appoggiarsi al noto e al conosciuto, bisogna addestrarla a decondizionarsi. Quel suono che ascolto, quella forma che vedo, quel concetto che formulo sono in realtà prodotti dal condizionamento passato.
Proviamo ad ascoltare, a vedere e a pensare senza ricorrere al risaputo, al luogo comune, alla cultura di massa.
       Lo so, ci vuole tanta pazienza e tanto silenzio, e la capacità di resistere ai luoghi comuni e di restare mentalmente immobili. Ma dobbiamo resistere alla tentazione di basarci sul noto, di reagire anziché di agire, di distrarci anziché di concentrarci, di dare giudizi prestabiliti anziché di farci una nostra opinione.
Cerchiamo l’essenza vitale, la consapevolezza primordiale libera dai condizionamenti.

sabato 27 ottobre 2018

Le proteste politiche


A Roma migliaia di cittadini protestano contro il degrado della città e contro l’incapacità della Raggi e del Movimento Cinquestelle.
La stessa cosa succederà fra poco all’intero governo, che gioca d’azzardo con i risparmi degli italiani. Ma purtroppo, prima, dovremo arrivare al disastro per tutti. Come indicano le agenzie di rating, le prospettive dell’Italia, con queste riforme, sono “negative”.
Non si tratta di disfattismo. Se ci troviamo su un’automobile che corre a 200 all’ora in un stretto vicolo cieco, è più che giusto gridare di fermarsi. Tanto più che su quella macchina ci siamo anche noi.

Antichi meditatori


Se qualcuno crede che la meditazione sia una pratica stravagante importata dall'Oriente, legga che cosa scriveTommaso Campanella (1568-1639), il filosofo e teologo domenicano, perseguitato ovviamente dalla Chiesa. Egli dice in sintesi: "Bisogna scegliere un luogo dove non vi sia rumore e dove si possa stare con una luce bassa, possibilmente posta dietro le spalle, o con gli occhi chiusi. Bisogna trovare un momento in cui si sia più tranquilli o non si sia in preda a passioni tanto del corpo quanto dell'anima. Non si deve provare né freddo né caldo né alcun dolore. Non bisogna avere né la pancia piena né la pancia vuota, e si deve sedere nella maniera più comoda. Si svuoti a questo punto la mente da emozioni, pensieri, gioie, tristezze, timori, speranze, sentimenti, preoccupazioni e ricordi. Quando arriva un pensiero, bisogna subito scacciarlo, finché non si pensi a niente del tutto. Infine si resti insensibili sia esteriormente sia interiormente e si diventi immobili come una pianta o una pietra".

Distacco e impegno


Come conciliare il distacco caldeggiato dalla meditazione con l'impegno politico e civile? Il fatto è che non parliamo di misticismo, ma di vita concreta. Lo sviluppo della consapevolezza porta inevitabilmente ad un più alto grado di responsabilità e di critica verso il modo in cui è governato il mondo, con le sue ingiustizie.
       Attenzione, però: essere consapevoli non significa pensare sempre di più ai problemi personali e generali, ma alternare riflessione e distacco, pieno e vuoto, attività e quiete mentali.

Psicologia elementare



Quello che mi colpisce negli italioti (e nelle masse votanti in tanti altri paesi) è la loro incapacità di giudicare le persone. Mi domando: com'è possibile che diano tanti voti a un politico che è chiaramente un farabutto o un incapace, con quella faccia, con quelle espressioni, con quella voce, con quel modo di vestire, con quel modo di parlare e di imbonire le folle? Perché in realtà ognuno ha scritto in faccia e in tutto il corpo quello che è, e basta saperlo guardare per capirlo.
       Ma questo è il punto: per comprendere che cosa ci sia dietro una faccia, bisogna saperla osservare, con attenzione, facendo tacere ogni altro pensiero dentro di sé. E purtroppo la maggior parte delle persone non è capace di questa attenzione, perché è troppo occupata a parlare, perché è troppo ingombrata dai propri (pre)giudizi, perché non sa tacere. E chi non sa tacere non sa osservare.

venerdì 26 ottobre 2018

Imparare a meditare


Imparare a meditare non è difficile… purché  si sappia che cosa cerchiamo veramente. Ci si siede in modo comodo e si cerca di seguire per un po’ il respiro, rallentandolo. Però questo “seguire il respiro” (magari con l’ausilio di mantra o di particolari posizioni di concentrazione) non ha niente a che fare con la respirazione fisica; ha piuttosto a che fare con la calma: dobbiamo calmare il respiro e la mente, che spesso sono agitati e irregolari. Dobbiamo soprattutto stabilizzare la mente e liberarci delle preoccupazioni abituali e delle reazioni istintive.
“Seguire il respiro” ha dunque lo scopo di ottenere uno stato di calma psico-fisica. A questo proposito, di solito si ricorre alla metafora dell’acqua di un laghetto – che, se viene agitata, s’intorbida e non fa vedere niente, mentre, quando è calma diventa limpida e ci permette di vedere il fondo, le piante e i pesci. È evidente che anche qui, quando parliamo di calma, il nostro obiettivo non è la tranquillità, la serenità e la distensione, ma il vedere chiaro.
Ecco allora l’obiettivo. Seguire il respiro ed essere calmi sono finalizzati ad una visione limpida e lucida. In tal senso di parla di illuminazione. Al di là della mitologia, il termine “illuminazione”, perfetto nella nostra lingua” ,significa “veder chiaramente”. A questo scopo serve la luce.
Ma “vedere chiaramente” è a sua volta una metafora. Che cosa dobbiamo vedere? Non si tratta di guardare gli oggetti, le persone intorno a noi e noi stessi come in uno specchio. Si tratta di liberarci dei tanti veli e dei tanti filtri che ci schermano la vista.
Questi veli e questi filtri sono i tanti condizionamenti che abbiamo ricevuto dalla famiglia, dall’educazione, dalla società, dalla religione, dai mass media, ecc. - condizionamenti che ci conducono ad una visione distorta.
Ora qui il discorso si approfondisce. Prima vediamo i condizionamenti e poi… che cosa vediamo? Ecco, il contenuto dell’illuminazione o, meglio, delle infinite illuminazioni è… la realtà. Accorgendoci di come abbiamo visto finora le cose, dobbiamo cercare di vederle in modo nuovo, almeno per quanto è possibile.
La “chiara visione”, la visione non condizionata riguarda le grandi leggi del mondo, noi stessi e gli altri, e i rapporti fra tutte queste cose. Quando il Buddha ci offre tante nuove visioni del mondo, è evidente che non può essere tutto il prodotto di un istante di chiarezza, ma deve essere il prodotto di tante illuminazioni che spaziano in ogni campo della nostra esperienza.
Lo scopo è dunque quello di comprendere molte più cose. Ritornando alla metafora del laghetto, una volta calmatesi le acque e chiaritasi la vista, spetta a noi indagare che cosa ci sia nel fondo.

giovedì 25 ottobre 2018

Produrre coscienza


Il modo migliore per produrre coscienza è ricordarsi di essere consapevoli, attenti, ricettivi, presenti più volte nel corso della giornata, continuamente nel corso della vita. Perché questo noi siamo: coscienza. Produce coscienza la cultura, produce coscienza il pensiero, produce coscienza la scienza, produce coscienza l’arte, produce coscienza la religione, ma si tratta di operazioni indirette. L’operazione più diretta consiste nell’'applicazione costante della consapevolezza, attraverso una scelta, una decisione e una pratica.
       Senza questa pratica, la nostra coscienza rimane unicamente quella della specie e si evolve lentamente. A che cosa serve la pratica? Noi siamo coscienza, e tutto ciò che ci capita avviene a livello della nostra consapevolezza. La coscienza umana non è quella di un cane o di albero; è qualcosa di superiore. Questa è dunque l'essenza dell'uomo. Che cosa sarebbe un uomo senza coscienza? Nient'altro che un sasso o un robot.
       Bisogna destinare parte del nostro tempo a questo esercizio: essere coscienti nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore. Cercare spazi di silenzio e di solitudine per diventare più consapevoli.
       La coscienza si applica al vissuto, ma se ne distacca proprio perché lo rielabora. Chi non rielabora il vissuto attraverso la pratica della consapevolezza finisce per vivere superficialmente e meccanicamente, e quindi per non crescere; è come se vivesse invano, è come se vivesse con una marcia in meno. Un gran peccato.
       Certo, la consapevolezza richiede uno sforzo (se non altro di attenzione) e a volte fa paura: è come rivedere un film su se stessi, che non è sempre piacevole. È difficile reggerla, perché ci vuole uno sguardo lucido che osservi anche le emozioni profonde. E allora i più si rifugiano nell'evasione: alcool, droga, chiacchierare, guardare la televisione o più semplicemente stordirsi nelle mille attività quotidiane, spesso inutili.
Invece di produrre scienza e coscienza, si producono parole, evasioni e beni superflui. Non è da qui che nasce l'ingloriosa storia del mondo?

Libertà e determinismo


È innegabile che non possiamo essere diversi da quello che siamo, e questa è la parte deterministica creata dalla natura.
Ma abbiamo anche un margine di libertà, dato dal fatto che possiamo essere consapevoli di ciò che siamo e di come siamo.
Comunque dobbiamo essere consapevoli, e questo può ancora essere all’inizio un fatto deterministico. Ma poi possiamo allargarlo con la volontà e l’esercizio.
Più siamo consapevoli, più possiamo essere liberi.

Su e giù


Certo, la vita non è che un gioco d’ombre, un’illusione ben congegnata, un sogno che dura pochi attimi… Quando sei giù, ti sembra proprio un fardello inutile, un peso insopportabile, qualcosa per cui non val la pena lottare e soffrire. Ma poi, quando sei su o per lo meno più equilibrato, ti dici: e perché no? Sarà anche un sogno evanescente che durerà poco e comporterà gioie e delusioni, ma che cosa ho da perdere?
Quando infine sei euforico, ti immagini un’anima immortale che può evolversi chissà fino a quale livello e vivere per l’eternità.
Resta il fatto che il livello attuale è mediocre. Se no, non ci sarebbe bisogno di sperare tanto.

mercoledì 24 ottobre 2018

Il capitalista divino


Ma che dono è quello che viene richiesto indietro? Voi fareste un regalo pretendendo che vi sia restituito? Non sarebbe un dono, sarebbe un prestito oppure solo un usufrutto.
E, se il dono è il vostro stesso sé, non sareste mai padroni di voi stessi. Lo sarebbe un altro.
Se mi fai un dono, quella cosa è mia.
Ecco perché l’uomo si sentirebbe inevitabilmente alienato, mai padrone di sé. E non potrebbe progredire oltre un certo limite.
“Chi sei tu, che sei un semplice uomo, per disputare con me?” dice il Dio biblico al povero Giobbe che vorrebbe ragionare e capire qualcosa.
L’arroganza del potere.
La stessa arroganza che ritroviamo nella parabola evangelica dei talenti. Qui Dio è definito proprio il “padrone” che consegna ai servi un po’ di monete e che poi vuol vedere come le hanno impiegate. E, quando scopre che un servo non ha affidato il denaro ai “banchieri” e non ne ha ricavato alcun “interesse”, inveisce contro di lui, gli toglie tutto e lo fa gettare “fuori nelle tenebre”. “Perché ha chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha” (Mt 25, 14-30).
Insomma, il manifesto del capitalista più protervo, già nei Vangeli.

martedì 23 ottobre 2018

Meditare sull'impermanenza


Meditare sull'impermanenza significa diventare consapevoli che niente può durare, che ogni cosa è destinata a finire - non solo io, non solo tu, ma il mondo intero e l'universo. Tutto si sgretola, tutto si corrompe, tutto si guasta, tutto invecchia, tutto si ammala, tutto muore. Fra venti, quaranta o settanta anni, di noi che leggiamo queste righe ora rimarranno ben pochi; e, fra cento anni, nessuno. Non solo saranno sparite le persone e le cose, non solo saranno morti i ricchi e i poveri, i vincitori e i vinti, non solo saranno crollati gli imperi, non solo la geografia del mondo e dell'universo sarà cambiata, ma dei nostri pensieri, dei nostri amori, delle nostre preoccupazioni, dei nostri successi e dei nostri fallimenti, delle nostre speranze e delle nostre paure, non sarà rimasto nulla.
       E allora dobbiamo approdare a una visione nichilista, a una completa disperazione? Non propriamente. Perché, se niente durerà, anche la nostra disperazione, anche la nostra sofferenza, sarà scomparsa. Basta aspettare con sguardo lucido e non affidarsi a false speranze. E tra le false speranze c'è anche quella che non saremo colpiti da avversità e da dolori. Tutto in tal senso è prevedibile e dominabile. Tutto passa, sì, la felicità come la sofferenza, come la vita.
       Guardiamo noi stessi e il mondo alla luce delle grandi prospettive cosmiche. Siamo piccoli, piccolissimi, insignificanti. Della maggior parte di noi, in breve tempo, non si ricorderà più nessuno. E' con questa consapevolezza che possiamo riconoscere l'importanza di ogni minuto, il fatto di vivere nel presente, questo presente, questo attimo. Lasciamo perdere le speranze, le ambizioni, le paure e i sogni di gloria: sono una perdita di tempo, un furto di attenzione. E ridimensioniamo i desideri che ci tormentano e gli avvenimenti che ora ci appaiono enormi. Nessun ostacolo, nessuna sofferenza è insuperabile: basta lasciar fare alla natura e al tempo. Noi la nostra fortuna (se così si può dire) l'abbiamo già avuta - abbiamo aperto gli occhi su questo mondo...anche se per un istante solo.


lunedì 22 ottobre 2018

La malattia degli italiani


La malattia degli italiani si chiama acquiescenza alla corruzione, paura dell'autorità, incapacità di ribellarsi alle ingiustizie, tendenza a curvare la schiena e a dire sempre di sì ai prepotenti e ai violenti. Non si spiegherebbe altrimenti perché intere regioni del sud siano sottomesse a varie mafie, che fra l'altro tendono ora ad espandersi anche al nord. Non si spiegherebbe altrimenti l'incapacità di ribellarsi a governanti chiaramente corrotti e inetti. Perfino i tunisini si sono ribellati ai loro capi ladri e li hanno cacciati all'estero. Ma gli italiani no; gli italiani hanno una lunga storia di obbedienza e di servaggio. Non sono come i francesi, che almeno una rivoluzione contro i nobili e i preti corrotti e sfruttatori l'hanno fatta. Ed è per questo che gli altri popoli ci guardano con disprezzo. Un popolo che sopporta tutto questo senza ribellarsi è gentucola senza spina dorsale.
       Certo, conta molto l'educazione, conta molto il senso etico, conta la storia e conta la religione, quel cattolicesimo che predica sempre la sottomissione ai potenti di turno. Non è il Nuovo Testamento che dice: "State sottomessi a ogni autorità umana per amore del Signore" (1Pt 2,13)? Non è san Paolo che dice: "Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite, poiché non c'è autorità se non da Dio" (1Rom 13,1)? I risultati sono sotto i nostri occhi. Gli altri popoli cristiani hanno fatto la Riforma e quindi si sono ribellati all'autorità della Chiesa romana, ma gli italiani non sono stati capaci di farlo. E si vede. E ancora oggi sono alla ricerca dell’ “uomo della Provvidenza”, pronti ad accettare qualunque fascistello.

La fine del mondo


In ogni epoca c’è sempre qualcuno che parla di fine del mondo e magari tira in ballo le profezie di Nostradamus o quel libro per squilibrati che è l'Apocalisse. E' proprio vero che l'uomo è un animale malato - ma malato di mente! - e basta niente perché riveli la propria malattia.
       Svegliamoci: lasciamo perdere le profezie. La paura che abbiamo è la paura di morire e il nostro pessimismo nasce dal fatto che siamo infelici, che non realizziamo noi stessi. Ma che differenza può esserci tra morire tutti insieme e morire uno alla volta? Non c'è bisogno dei profeti per sapere che per ognuno c'è comunque un'apocalisse: la malattia, la vecchiaia e la morte sono lì per tutti.
       Tutto sommato, se il mondo finisse con un unico botto, ci sarebbero alcuni vantaggi: prima di tutto finirebbe una grande tensione (quella degli esseri viventi che sono costretti ad ammazzarsi a vicenda per sopravvivere) e poi non ci sarebbe più nessuno a piangere gli altri. E infine chi rimpiangerebbe l'umanità?
       Diventiamo piuttosto persone serie. E lottiamo con dignità.

Cambiare se stessi


Prima di pensare a cambiare il mondo, pensate a cambiare voi stessi.
In effetti, se cambiate il mondo senza cambiare voi stessi, prima o poi il mondo tornerà ad essere quello vi illudevate di cambiare. Guardate come sono finite le grandi rivoluzioni della storia, come sono rapidamente fallite.
Se invece cambiate voi stessi, il mondo cambierà automaticamente e non tornerà più indietro.
Ma, certo, è più facile cambiare qualcosa di esterno che qualcosa di interiore – la vostra rabbia, la vostra invidia, la vostra gelosia, la vostra volontà di dominio, il vostro desiderio di prevalere, la vostra aggressività, la vostra reattività, la vostra tendenza a non riflettere.
E non è nemmeno facile cambiare se stessi. Perché prima bisogna osservarsi attentamente. E poi bisogna assumersi la responsabilità del proprio sviluppo.

domenica 21 ottobre 2018

L'ira divina... e umana


Qualcuno ha calcolato che l' "ira di Dio" è citata nell'Antico Testamento ben 518 volte - un gran brutto esempio per l'uomo. Se Dio non sa controllare i propri impulsi, e se è geloso dell'uomo come un semplice marito lo è della moglie o dei figli, nessuno è indotto a ritenere che l'ira e la gelosia siano gravi cedimenti del carattere. Ed è per questo che la civiltà nata dalla Bibbia è una civiltà del furore, del possesso geloso e della guerra. Solo adesso, che la gente è sempre meno religiosa, si comincia a capire che le più grandi virtù non sono fede e speranza, ma calma, equilibrio e distacco.
Certo, per capirlo, bisogna cambiare la scala dei valori e fare meditazione.

Il nuovo feudalesimo


Mai affidare le sorti del proprio paese o della propria azienda nazionale ad uomini ultraricchi. Il cuore dei ricchi infatti batte là dove si trovano i loro soldi. E i loro soldi si trovano un po’ dappertutto nel mondo. Insomma i ricchi sono i veri protagonisti della globalizzazione, i nuovi cittadini del mondo.
          E i poveri? I poveri sono i nuovi servi della gleba. Loro sono costretti ad amare il proprio paese - e a farselo bastare.

L'odio religioso



La verità è che le religioni si odiano tutte a vicenda e vorrebbero, se potessero, distruggere le altre. Infatti, se una religione è vera, tutte le altre sono false. Per i cristiani, l'unico vero Dio è un uomo vissuto 2000 anni fa. Per i musulmani, l'unico profeta di Dio è Maometto. Per gli ebrei, l'unico vero Dio è quello che avrebbe scelto proprio loro - guarda caso - come popolo prediletto. E lasciamo stare le religioni indiane.
          L'amore che predicano le religioni è sempre rivolto a chi si sottomette ed accetta il loro messaggio. Ma, non appena qualcuno dissente o critica o sposa un'altra religione, allora quell'amore si tramuta in odio. No, non è dalle religioni che verrà un mondo di pace.

Il sogno di Di Maio


Quando ascolto Di Maio, mi sembra che abbia ragione: è giusto che tutti abbiano un reddito di cittadinanza, anche se non ai livelli da lui prospettati. Ma lui non si limita a questo. Sogna di trovare ai poveri un posto di lavoro, sogna centri per l’impiego che ancora non esistono e che, vista la ben nota efficienza italiana, forse non ci saranno mai.
E mi pongo, anzi gli pongo, una domanda: se ci sono cinque milioni di poveri, i centri per l’impiego dovranno trovare cinque milioni di posti di lavoro. Anzi, quindici, dato che ad ogni disoccupato si dovranno presentare tre proposte di lavoro. Ora esistono in Italia tante possibilità di lavoro? Dove sono state nascoste finora?
E, se non ci sono, quello di Di Maio è solo un sogno che però ci costerà molto caro. E la delusione sarà atroce.

Risvegliarsi dal sogno


Siamo miliardi di esseri che sognano di essere vivi mentre si avvicinano alla morte. Facciamo tutti lo stesso sogno: il sogno di essere vivi in questo mondo. Ma siamo vivi?
       In realtà, se sogniamo, siamo mezzi vivi e mezzi morti, ci troviamo in uno stato di trance, siamo insomma addormentati.
Per chi non riesce a risvegliarsi in questa esistenza, il risveglio ci sarà solo all'ultimo momento, quando ci accorgeremo che è stato tutto un sogno. Allora rientreremo in possesso della nostra vera identità, non di questa mezza condizione da zombie. Ma per i più non ci sarà alcun riconoscimento: ci sarà confusione.
       Però qualcosa è possibile farlo già adesso: è possibile renderci conto che stiamo sognando. Come faccio a dimostrarlo? La dimostrazione che viviamo in un sogno è che il sogno finisce, perché ogni sogno finisce. La morte è la prova che stiamo sognando, la morte è la fine del sogno.
       Dobbiamo dunque sempre passare attraverso una morte per approdare alla realtà. La morte della mente che sogna. E il mezzo è sempre lo stesso: cercare di rendersi conto dello stato da sonnambuli in cui ci troviamo.

sabato 20 ottobre 2018

Che cos'è la spiritualità


Che cos'è la spiritualità? Che cosa non è, piuttosto! Se il fine dell'uomo fosse solo quello di produrre beni di consumo e di dilapidarli allegramente, di acquisire più cose possibili e di goderne, allora egli non sarebbe nient'altro che un consumatore - e alla fine sarebbe anche lui un “consumato”, un bene di consumo.
Sono le realtà sgradevoli (le sofferenze) che ci dicono che la vita non può essere una festa - e nemmeno una tragedia, visto che qualche beneficio esiste. Le crisi continue, individuali e sociali, ci rivelano che la distribuzione dei beni (fisici, economici e mentali) è comunque squilibrata e ingiusta.
Dunque, alla luce di tutto questo, quale può essere lo scopo della vita? Non certo la felicità, non certo l'edonismo - e neppure il contrario di queste cose, ma la creazione di qualcosa che, non sapendo come altro definire, chiamiamo "spirito". E “spirito” significa saggezza, attenzione e consapevolezza.
       Questo significa essere spirituali. Tenendo d'occhio le dinamiche del piacere e del dolore, si tratta di scegliere la via della visione chiara, dell'apprendimento e dell'evoluzione.
Allora questo aprire gli occhi nell'esistenza, anche solo per un momento, acquista un senso...per chi riesce a tenere gli occhi abbastanza aperti.
La spiritualità non è una religione, dove bisogna aver fede e sottomettersi a qualche Dio. La spiritualità è scegliere la propria via e percorrerla fino in fondo.

Conversioni dell'ultima ora


Si sa che in punto di morte, colti da terrore, molti si convertono. Ma è vera fede? Avrei i miei dubbi. Come dice Michela Murgia in Accabadora, "nei momenti di debolezza, certi preferiscono diventare credenti che diventare forti".
       Magari nell'ex-cattolico c'è il retropensiero: che male può fare una conversione all'ultimo istante? In fondo non c’è niente da perdere.
D'accordo, ma che autenticità può avere? Non è il solito individuo che vuol fare il furbo? E Dio ci casca?
       Siamo nella solita farsa dell'ipocrisia - cioè in pieno cattolicesimo.

Tenere gli occhi aperti


Visto l’enorme deficit accumulato dal nostro paese, viste l’incapacità e la litigiosità di coloro che ci governano, vista la loro velleità sovranista, vista la contrarietà dell’Europa alle folli manovre italiane, visti i declassamenti delle agenzie di rating, vista la crescita dello spread, non meraviglia che gli investitori esteri se ne stiano andando e neppure che anche gli italiani facoltosi stiano esportando capitali in altri paesi. Alla fine non rimarranno che i nostri conti correnti a dover ripagare i debiti fatti.
Guardate il ministro Savona che, pur teorizzando un futuro radioso per l’Italia giallo-verde, ha aperto prudentemente un suo conto in euro in Svizzera. Non vorrei che anche gli altri leader leghisti e cinque stelle stiano facendo lo stesso. Loro fanno gli esperimenti con i nostri soldi.
Vigiliate, vigilate!

venerdì 19 ottobre 2018

Verso il disastro politico-economico


Come vedete, i due partiti che ci governano stanno per farci fallire. Incapaci, incompetenti, confusi, dilettanti, velleitari, hanno messo in piedi una manovra che ci fa scontrare con gli altri paesi europei e aumenta i debiti senza pensare che noi siamo il paese più indebitato d’Europa. Lo spread aumenta di giorno in giorno e la borsa crolla. Ma che importanza ha? L’importante è condonare le tasse non pagate e dare un reddito di cittadinanza a tutti, in modo da farsi rieleggere dai creduloni.
Salvini ha per modello Putin, e quindi vuole farci uscire dall’Europa, e Di Maio non legge neppure o non capisce i provvedimenti che firma. Siamo in mano a Stanlio e Ollio. Siamo ad una farsa che può rapidamente portarci alla tragedia.
Gli italioti che li hanno votati sembrano non rendersene conto. Ma il giorno in cui le banche chiuderanno gli sportelli e ci saranno prelievi forzosi dai nostri conti correnti si sveglieranno e prenderanno in mano i bastoni. Però a quel punto, dovranno per primi bastonare se stessi, perché sono loro che si sono fatti imbrogliare e li hanno votati.


Fare la beneficenza


La Caritas sostiene che il "volontariato da prestazioni", là dove c'è da fare qualcosa, per esempio accompagnare un malato da un medico, resiste; mentre l'altro volontariato, quello di attenzione e di ascolto, è in netta crisi. Non mi meraviglio: è in linea con il carattere degli italioti, che a fare (magari male) sono sempre pronti, ma a stare attenti di rado.

L'imposizione della religione


E' risaputo che in Italia la religione viene imposta dallo Stato-Chiesa o dalla Chiesa-Stato sia attraverso i mille finanziamenti diretti e indiretti (l'8 per mille, assunzione degli insegnanti di religione, erogazioni alle scuole private, assunzioni di preti nelle Asl, ecc.) sia attraverso l'ora di religione insegnata nelle scuole pubbliche. E non c'è quasi modo di sfuggire all'imposizione: chi per esempio destina l'8 per mille allo Stato, in qualche modo se le vede rigirato alla Chiesa - una truffa bell'e buona, esercitata congiuntamente da Chiesa e Stato. Ma anche l'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche (già di per sé un'aberrazione) è di fatto un'imposizione, dato che vengono boicottate o semplicemente trascurate le garanzie previste dalla legge per chi è esonerato e dovrebbe avere un'ora alternativa. La scuola insomma non è di tutti - cattolici, musulmani, ebrei, laici, buddhisti, atei, ecc. - ma solo di qualcuno. Molti insegnanti e genitori si lamentano di questa situazione. Tuttavia il conformismo degli altri e l'opportunismo dei politici rendono difficile difendere la laicità dello Stato e della scuola pubblica.
       Qualcuno potrebbe dire: chissà come saranno onesti e retti tutti questi italiani allevati in ogni fase della loro vita all'ombra dei valori cattolici, chissà come saranno morali tutti questi politici che sovvenzionano la religione. E, invece, la risposta è sotto i nostri occhi: il paese più corrotto d'Europa, la classe politica più screditata d'Europa, fior di farabutti eletti in parlamento, ladri al governo e mafie e cricche di affaristi dappertutto.
       Ma allora perché buttiamo via tanti soldi per questa religione e per questa Chiesa? Ingenui! Perché così si compra alle elezioni l'appoggio delle gerarchie vaticane.

Il mistero dell'aldilà


Molti sono convinti che per capire il mistero che ci avvolge sia necessario un grosso sforzo mentale, una concentrazione senza precedenti. Ma il problema è che la mente non è in grado di uscire dai propri limiti e pensare ciò che la comprende. "Comprendere" per la mente è restringere alle proprie categorie, sempre dualistiche e antropomorfe.
       Per capire ciò che ci sovrasta è più necessario ampliare la mente che concentrarla, è più necessario dissolverne i confini che cercare all'interno di essi. La realtà ultima è ciò che sta al di là della mente, non uno dei tanti pensieri della mente. Ecco perché la strada non è tanto quella dello sforzo mentale, quanto quella del lasciar perdere la mente, dell'abbandonarla, del rilassarsi e dell'ampliarsi. E' così che la si supera.

giovedì 18 ottobre 2018

"Dio è morto"


Dio è morto, diceva giustamente Nietzsche. Dio è morto nella coscienza dell’uomo.
Ma perché è morto? Perché quel Dio, quell’immagine di Dio era un’illusione, un abbaglio. E “all’apparir del vero” tutte le illusioni svaniscono.
È svanita l’idea del Dio padre, del dio buono, del dio logico… Dio è al di sopra e al di fuori delle nostre immagini di famiglia, della nostra divisione tra bene e male, della nostra misera ragione.
Quel Dio è morto. Ma non tutti se ne sono accorti. Esistono sempre i ritardatari della storia, quelli che continuano a usare la macchina da scrivere quando c’è il computer.
Siete spaventati? Pensate che non si possa vivere senza Dio?
Ma, quando muoiono i genitori, non possiamo più vivere? O andiamo avanti diventando a nostra volta genitori? Che diamine! Morto un papa, se ne fa un altro!

Assaporare il presente


Ogni giorno siamo trascinati da desideri, da ambizioni e da aspettative che non solo non ci fanno vivere nel presente, ma che ci fanno anche soffrire, perché sembrano ripeterci che ci manca qualcosa, che dobbiamo ottenere qualcosa, che siamo dunque infelici. E in effetti lo diventiamo, proprio a causa di quei desideri.
       E allora fermiamoci per un po' al presente. Esaminiamo la giornata, esaminiamo la vita, esaminiamo la nostra salute. E, se è una bella giornata, se non ci sono guerre e disastri vari, se riusciamo a vivere dignitosamente, se siamo in buona salute - ebbene godiamoci quei momenti, assaporiamoli...e siamo felici! Pensiamo a chi sta veramente male.
       Calmiamoci: in verità non dobbiamo arrivare da nessuna parte - ci siamo già! Anche questa è meditazione.
       Quando utilizziamo un tranquillante chimico o quando riusciamo a meditare, ci rendiamo conto all'improvviso della tensione con cui di solito viviamo. Il motivo è sempre lo stesso: il desiderio di qualcosa che non abbiamo...e che non avremo mai. Sì, perché il desiderio di essere o di avere in realtà non cessa mai. Cesserà solo con la morte del desiderio, cioè con la nostra stessa morte. In fondo, la vita non è che questo: desiderio.

Amore e spiritualità


Non pensare che l'amore, in tutte le sue forme, anche le più comuni, non abbia una sua spiritualità. Non pensare che il sesso, in tutte le sue forme, anche le più degradate, non abbia una sua spiritualità. Non a caso gli antichi greci avevano fatto dell'amore un Dio; e i cristiani hanno fatto di Dio l'amore.
       In fondo l'amore è la spiritualità alla portata di tutti. Ma non tutti lo capiscono, e cercano magari lo spirito nelle chiese o nei libri sacri. Potrebbe non essere spirituale una forza che mette al mondo la vita?
       Vivere e contemplare l'amore è una grande esperienza dello spirito. Purché non si giudichi, purché non si cerchi di classificare.
       Se riesci a meditare sul tuo sentimento d'amore, hai l'oggetto perfetto della contemplazione, hai già il riverbero della sua luce. Questa è una piccola illuminazione.
       Lascia perdere le religioni con le loro condanne e con le loro limitazioni dell'amore e del sesso, con le loro distinzioni fra amore e sesso lecito e amore e sesso peccaminoso. Non hanno capito nulla, o vogliono solo irregimentare creando sensi di colpa.
       Qualunque senso d'amore è lecito e luminoso, è una grande occasione a tua disposizione per elevare il tuo spirito.

Il problema del tempo


Il tempo passa, diciamo.
Ma la verità è che il tempo rimane sempre - siamo noi che passiamo.
Mi ricordo di quando avevo dieci anni e riconosco di essere la stessa persona. Ma è anche vero che sono cambiato, fisicamente e mentalmente. Dunque, non sono la stessa persona.
È questa oscillazione fra essere e non essere che la nostra logica non capisce. Per lei, le cose o sono o non sono. E invece oscillano tra i due stati, in misure differenti. Così il fatto di persistere e di cambiare. Qualcosa persiste, qualcosa cambia. Qualcosa passa, qualcosa non passa. Qualcosa muore, qualcosa continua a vivere.
Meditare è uscire per un po’ dallo scorrere del tempo.

mercoledì 17 ottobre 2018

Sette e religioni


Si cerca di far parte di una setta o di una Chiesa perché si vuole restare bambini, perché si vogliono affidare le proprie responsabilità ad altri. E questo è il contrario del principio stesso della meditazione, la quale tende a rendere autonomi, in modo che ognuno sia se stesso e si liberi dai vari condizionamenti.
          Restare bambini va bene se si vuole mantenere una mente fresca ed aperta, ma è negativo se non si vuole crescere.