martedì 28 luglio 2020

Conoscenza e ignoranza

Come dico spesso, per cercare la verità ultima, non si tratta di pensare, ma di vedere. Noi non vediamo perché non guardiamo bene. Dovremmo guardare direttamente, senza condizionamenti, senza preconcetti, senza schemi, senza il peso della conoscenza passata. E questa è la cosa più difficile da fare.

Noi non guardiamo mai le cose così come sono, ma come le interpretiamo, come le inquadrano le nostra categorie mentali.

Tutto sommato, la nostra conoscenza è ancora il prodotto dell’ignoranza. E si vede.


Carne da macello


Se fossimo pessimisti, potremmo dire che gli esseri viventi non sono nient’altro che carne (o vegetali) da macello gli uni per gli altri, ora nelle vesti di prede ora nelle vesti di predatori. E, se ci fosse una mente che ha progettato questo bel meccanismo di macelleria, non darebbe garanzia di bontà. Avete mai visto come il leone divora la gazzella o l’uomo mangia il maiale? Si tratta pur sempre di ammazzare.
È inutile ricordare che l’uomo, il più feroce predatore della Terra, auto-definitosi il “re del creato”,verrà mangiato dai vermi… una fine ingloriosa.
Ma qualcuno ha rilevato che mangiare è pur sempre un atto d’amore, dal momento che si tratta di un processo di assimilazione. E, in effetti, quando siamo innamorati, vorremmo proprio “mangiare” l’altro. Lo stesso bacio è in origine un atto di nutrimento.
Ma forse il significato ultimo di tutto questo è che ogni essere, dopo essersi diviso dagli altri, dopo aver provato l’ebbrezza dell’individualità, vuole ritornare a fondersi, memore della propria origine unitaria.
Ne valeva la pena?

domenica 26 luglio 2020

Il supremo oblio


La coscienza è una gran cosa. Ma l’oblio è ancora meglio.
La coscienza porta sempre con sé la sofferenza – l’oblio no.
Dall’oblio nasce ogni cosa; e nell’oblio finisce tutto.

Il sentimento di essere


L’essenza del sentimento religioso è la sensazione di essere, e a questa dovrebbe rivolgersi ogni pratica spirituale. Dovremmo meditare su di essa ed esserne consapevoli, fino a dimenticarci di essere questa o quella persona, fino a percepire l’essere e basta. Purtroppo le innumerevoli attività fisiche e mentali ci portano ad occuparci di altre questioni.
Per cercare una scorciatoia, diamo un nome a questa sensazione, chiamandola Dio, e la confiniamo in una religione e in qualche chiesa. E così la perdiamo.
Non siamo più capaci di ritrovarla, perché dovremmo smettere di fare e di pensare.
Ogni meditazione dovrebbe partire immergendosi in questo sentimento oceanico.

giovedì 23 luglio 2020

Il divino cambiamento


Conoscete una religione che sia progressista e aperta al cambiamento? La verità è che le religioni sono ostinate conservatrici di idee e costumi. Per loro, Dio è il grande conservatore che, dopo aver creato, non vuol più cambiare e migliorare. Eppure di miglioramenti ci sarebbe un gran bisogno dato che nel mondo c’è troppa violenza e sofferenza.
Comunque, la legge dell’evoluzione ci dice chiaramente che tutto quanto in questo universo cambia continuamente, dal microbo alla montagna, dal clima ai pianeti, dagli esseri viventi alle stelle. Non ha quindi senso un atteggiamento di rigida conservazione, e le religioni sbagliano.
C’è chi ha capito che tutto cambia, anche nei rapporti sociali, e c’è chi vorrebbe immobilizzare e mummificare ogni cosa.

In che brutte mani è finita la divina evoluzione creatrice! Proprio in quelle di chi la nega.

domenica 19 luglio 2020

Più potente di Dio


Ci sono sì le varie fedi religiose, che parlano di Iddii e di culti diversi, ma ci sono anche fedi inconsapevoli che tutti condividono. Per esempio, tutti, musulmani, cristiani, induisti, ecc., sono convinti di essere degli individui con uno specifico io. “Io sono Caio, Tizio, Sempronio… e ho un determinato corpo e una determinata mente. Su questo sono tutti d’accordo.
Eppure proprio questi assunti devono essere messi in dubbio. È vero che io sono io e ho una certa forma, ma è anche vero che tutto questo sparirà con la morte. Allora, c’è bisogno di un Dio che mi crei e che eventualmente mi faccia vivere in eterno?
Oppure, io sono sempre stato e sempre sarò, non nato e non morto?
Che cosa preferite? Dipendere sempre da qualche Divinità o essere autonomi?
La gente, o crede in un Dio creatore (e distruttore) o crede che finiremo nel nulla. E in effetti noi sappiamo che il nostro corpo e la nostra mente saranno annientati. Questa è una delle poche certezze.
Ma, mentre la credenza in un Dio creatore non si concilia con la violenza dei processi vitali (per cui ognuno per sopravvivere e riprodursi deve distruggere altri esseri viventi), dobbiamo riconsiderare il concetto di nulla. Che, in realtà, è sì la fine di ogni cosa, ma anche l’inizio, il principio, l’origine. Questo è il punto: le cose da una parte provengono e da una parte finiscono. E questa “parte” è il tutto unitario che avvolge il mondo della manifestazione, con le sue nascite e le sue morti.
È come se il mondo della manifestazione, il cosmo, fosse avvolto da un “nulla” da cui prima emerge e poi scompare. E questo nulla non nasce e non muore, ed è al di là delle forme, della mente, della coscienza, dell’essere e del non essere.
Se ragioniamo e non ci affidiamo a qualche divinità mitologica, la conclusione è questa. Questo “nulla” è più potente di qualunque Dio, ed è la nostra identità ultima. Ognuno di noi può dire: “Al di là del breve intervallo dell’esistenza condizionata, prima e dopo, io sono Quello!”

giovedì 16 luglio 2020

Dominus


Lo scopo della vera spiritualità è quello di liberarci da concetti, idee, miti e condizionamenti, mentre le religioni storiche fanno esattamente il contrario, inculcandoci non solo principi e norme, ma anche un controllo sociale che non ha niente a che fare con la Trascendenza. La Trascendenza è creatività, mentre il Dio delle religioni è conservazione e assoggettamento.
Insomma c’è chi lavora per la nostra liberazione e chi per la nostra sottomissione. Infatti la sottomissione al presunto potere divino è solo una scusa per sottometterci ai potenti di questa Terra.
A questo si riducono le religioni: a essere strumenti di dominio dell’uomo sull’uomo.

mercoledì 15 luglio 2020

La vera religione


Che cosa sia la vera religione è difficile dirlo. Ogni tradizione dice di essere quella vera, negando quindi l’autenticità delle altre. Tutte vi inducono a venerare questo o quel Dio e hanno i loro culti, i loro rituali, i loro libri sacri e i loro profeti o salvatori.
Già la loro molteplicità ci dice che siamo in un ambito terreno parecchio antropomorfo e storicamente condizionato. Ma, grosso modo, tutte si riferiscono a qualche immagine di un Dio creatore e giudice, cui si deve obbedienza cieca.
Queste religioni dominano le coscienze degli esseri umani, inculcando loro principi, idee, dogmi, visioni, norme di comportamento, interpretazioni e concetti. Ma non possiamo dire che abbiano portato la pace nel mondo né che abbiano risolto il problema dei loro stessi fondamenti.
Esiste comunque un altro modo di interpretare la religione: non credere in un Dio e in qualche “Chiesa” più o meno reazionaria, ma sviluppare una propria consapevolezza, mantenendo la sensazione di essere e domandandosi come sia potuta nascere la coscienza dell’ “io sono” e che cosa ci fosse prima e che cosa ci sarà dopo.
Che tutto sia destinato a scomparire è certo e che ci siano reincarnazioni o “aldilà” paradisiaci (e infernali) non è mai stato provato. Anche la bontà e la perfezione del mondo sono quanto mai dubbie: tutti conosciamo dolori, malattie, difetti, malformazioni e sofferenze che non depongono a favore di un disegno divino caritatevole.
Senza inventarci nulla, senza fantasticare su miti e attenendoci a ciò che possiamo verificare, ci aspetta verosimilmente uno stato di annullamento del corpo, della mente, della coscienza e dello stesso essere, che può essere visto però non come una scomparsa nel niente, ma come un ritorno ad un tutto indiviso. Prima dello spazio e del tempo, prima dell’essere e del non essere, prima del dualismo della coscienza. Questo appare eterno, tutto il resto è sicuramente contingente.


martedì 14 luglio 2020

Lo stato non condizionato


È incredibile quanto poco gli esseri umani vogliano conoscere se stessi. Magari impiegano anni per studiare una disciplina o un mestiere, ma non sembrano interessati a conoscere come e perché si trovino su questa astronave che viaggia nello spazio-tempo. Dicono che, comunque, non arriveranno mai a una risposta certa.
Ma non è vero. Sono le religioni e le filosofie che hanno confuso loro le idee.
La nostra identità ultima non è quella attuale legata al corpo e alla coscienza, e neppure una fantomatica anima fatta di puro spirito, ma quella che realizzeremo quando queste idee e queste dighe cesseranno di esistere e l’acqua dilagherà libera, senza strozzature, al di là dell’essere e del non essere.
Ci sembra di non poter capire uno stato del genere. E in effetti non possiamo coglierlo con una mente dualistica e dissociata, che ama miti e favole.
Lasciamo perdere. Ci basta osservare, ci basta percepire il senso dell’essere… E poi lasciarlo perdere. Noi siamo ciò che c’era prima, uno stato che non nasce, non muore e c’è sempre.

sabato 11 luglio 2020

Sol invictus


Dal nostro punto di vista, il sole sorge e tramonta, ha le eclissi e permette la vita sulla Terra. Ma in realtà il sole si limita ad essere se stesso e non ha una particolare benevolenza verso di noi.
La nostra esistenza dipende da tanti fattori, fra cui un pianeta alla giusta distanza dalla sua stella e tutte le vicende che si sono susseguite sulla Terra.
È inutile quindi adorare il Dio Sole, come pure avveniva in tante culture antiche; oppure eseguire dei riti per farlo sorgere la mattina. Eppure è questo che facciamo con i nostri Iddii, illudendoci che ci proteggano e ci amino come padri.
Lo Stato Originario è al di là tanto dell’essere quanto dal non essere, e non ha né un cervello né sentimenti come un qualsiasi essere vivente.
Dunque non serve a niente implorarlo perché risplenda di più o di meno o perché non ci bruci tutti quando sarà il momento.
Nessuno ci ama nell’alto dei cieli. Siamo noi che amiamo l’essere, l’esistere e il riprodurci. Ma tutto questo non ha niente a che fare con l’Origine.
Inutilmente il cristianesimo e le altre religioni cercano di avvicinare Dio all’uomo. Arriva sempre il momento in cui ci accorgiamo che nessun aiuto ci viene dall’alto. E ci domandiamo: “Perché avviene questo se esiste un Dio del bene e dell’amore?”
La risposta è semplice: perché quel Dio è il frutto della nostra immaginazione. Ma non è reale.
Apriamo gli occhi e guardiamo come è stato fatto il mondo: non in base a criteri umani, ma in base a leggi implacabili e spietate.
E rendiamoci che tutto il nostro amore per l’essere, la vita e la riproduzione porta nel mondo una sofferenza irredimibile e ineliminabile. Dunque...


venerdì 10 luglio 2020

La rivelazione


La nostra idea è che chi si comporta bene sarà premiato nell’aldilà e chi si comporta male sarà punito. Il che presuppone un meccanismo di retribuzione e/o un Dio della giustizia.
Ma, se così fosse, come mai l’universo sarebbe basato su quel principio orribile per cui ogni specie deve vivere a spese di altre più deboli?
Un Dio avrebbe creato un mondo ingiusto per poi applicare la sua giustizia? Assurdo.
La verità è che tutti gli io e gli Iddii della mente si dissolveranno alla morte. Delusi?
Ma che cos’è il sogno della sopravvivenza separata di un ego rispetto alla rivelazione che la personalità individuale si espanderà e abbraccerà e permeerà il cosmo intero, il tutto?

giovedì 9 luglio 2020

L'identità ultima


In fondo la nostra conoscenza nasce dall’ignoranza. E ne conserva tutte le caratteristiche. È sempre incerta e non è mai definitiva.
La vera conoscenza non ha nemmeno bisogno di conoscere, ossia di avere un soggetto che apprenda qualcosa di un oggetto. È la fine della domanda. È identità.
Così è anche per la conoscenza di noi stessi. Non a caso la parliamo di “identità ultima”. Ma l’identità ultima è la fine della conoscenza duale, non è certo quella della carta d’identità.

mercoledì 8 luglio 2020

L'Origine non-razionale


Anch’io cado nella tentazione di voler spiegare razionalmente lo Stato Originario che invece è al di là della razionalità comune. In realtà, ciò che capisco e penso non può essere la realtà ultima (o prima).
Ciò che capisco non è ciò che sono. Io “sono” proprio ciò che non capisco, e dunque sfuggo a me stesso, ai miei tentativi di comprensione. Da qui l’alienazione. “Sono” ciò che non posso né pensare né dire. E non posso nemmeno dire di esserlo, perché non è uno stato dell’essere.
Per assurdo, sono ciò che non sono.
La mia vera natura non è la materia, ma neppure l’essere e la coscienza. Tutto questo sparirà in un attimo con la morte – il grandioso universo e l’essere stesso. Ciò che rimarrà sarà ciò che ero prima di essere e che sarò sempre.
Penso dunque sono, dicono i filosofi. No, sono ciò che non posso pensare.

martedì 7 luglio 2020

Sogni ad occhi aperti


Il sogno di tutti è ritrovare dopo la morte, in un aldilà, le persone che ci sono state care. Tutto ciò è commuovente e umano. Ma la verità è che vorremmo che i nostri legami e i nostri affetti continuassero indisturbati, insomma che non ci fosse una vera morte.
Però, a parte le difficoltà di far convivere persone amate in epoche diverse, è evidente la nostra incapacità di immaginare qualcosa di diverso da un prolungamento della vita, di questa vita. E quelli che non hanno avuto niente? E quelli che sono morti troppo giovani? E i bambini? E i cattivi?...
No, l’aldilà, è proprio ciò che sta al di là del pensabile e del concepibile, non una copia dell’esistente.

domenica 5 luglio 2020

La dottrina arcana


Certamente, l’essere (la sensazione di essere) e la coscienza sono funzioni meravigliose, in apparenza disincarnate, ma che cosa sarebbero senza il cibo? Non potrebbero esistere. È per questo che un’antica Upanisad (Taittiriya) si conclude con un inno al cibo (anna). Senza questo elemento, che sembra così materiale, niente potrebbe esistere. “Dall’alimento nascono le creature:/ quelle che si trovano sulla terra/ vivono solo di nutrimento/ e alla fine della loro esistenza ad esso ritornano”.
Il cibo viene dunque considerato il principio divino che fluisce nel cosmo e che permette ogni altra cosa: il respiro, il pensiero, la conoscenza e la felicità.

“Io sono il cibo, io sono il cibo, io sono il cibo,
io sono mangiatore di cibo, io sono mangiatore di cibo, io sono mangiatore di cibo,
io sono poeta, io sono poeta, io sono poeta,
io sono il primogenito di questo ordine cosmico [rta].
Prima che esistessero gli dei io ero nell’ombelico dell’immortalità,
colui che a me dona, costui mi aiuta,
io, che sono cibo, mangio il mangiatore di cibo,
io ho superato tutto l’universo.” [trad. Pio Filippani Ronconi]

È facile constatare che senza il cibo, non ci sarebbe niente. Il cibo non è semplice materia – è vita. E non è qualcosa di semplice. È già essere, coscienza e spirito… e violenza.
Basta guardare un pezzetto di terreno e lo vediamo brulicare di vita. Ma qui ci accorgiamo di una particolarità per così dire sgradevole. Ogni essere vivente, per procurarsi il cibo, deve mangiare (e quindi sopprimere) altri esseri viventi, vegetali e/o animali.
Non è una bella caratteristica, perché porta nel mondo un conflitto mortale. La vita si basa sulla morte.
Questa constatazione ci dà la dimensione tragica dell’esistenza, la sua violenza. Se osserviamo come si svolge la vita in un territorio selvaggio scopriamo che è tutto una guerra: chi preda e chi è predato. E l’uomo non fa eccezione: ha semplicemente organizzato per sé uno sterminio programmato delle altre forme di vita, anche quando si siede tranquillamente a tavola con forchetta e coltello.
Se c’è un Dio, è una specie di macellaio. Anche l’uomo finirà divorato dai vermi.
Ma forse la morte va vista con più distacco: l’uccisione a scopo nutrizionale è in realtà un tentativo di assimilazione. Ognuno di noi, per vivere, deve cercare di assimilare in sé tante altre forme di vita… Finché l’uomo stesso sarà assimilato.
 La morale della favola è questa: tutti uccidono e vengono uccisi per assimilarsi a tutti.

venerdì 3 luglio 2020

Il mondo del rumore


Ci si può domandare perché dalla pace e dal silenzio originali sia nato un mondo di agitazione e di rumore; perché da una dimensione in cui niente nasce e niente muore sia sorta una realtà del divenire incessante in cui ogni ente deve nascere e morire.
In effetti, come aveva già notato Pascal, se un uomo non riesce a stare calmo per un’ora in una stanza, figuriamoci se ne mettiamo molti: nasceranno conflitti e amori, rivalità, competizioni, desiderio di potere e così via.
Questa è la natura del nostro universo. Se provate a stare fermi e calmi, subito qualcuno vi dirà: “Dai, muoviti, fa’ qualcosa, deciditi, ecc.!”
Anche il presunto creatore di questo mondo si presenta nella Bibbia agitato e rumoroso: fa e disfa, passeggia, si innervosisce, punisce, litiga con gli umani, stringe alleanze, si riconcilia, ecc. D’altronde, perfino per gli scienziati, il mondo sarebbe nato da un’immane esplosione.
Di conseguenza siamo su una barca sballottata in un mare in tempesta.
L’unico vero atto rivoluzionario sarebbe perciò cercare pace, tranquillità, calma e silenzio. Ma niente del genere può durare a lungo.
Presumibilmente, questa è la ragione per cui non c’è stato che duri a lungo: né l’agitazione né la pace. E quindi sono i taoisti coloro che hanno capito meglio la natura dell’Origine: più che uno stato o una forza stabile, un processo di movimenti contrari ma complementari.

mercoledì 1 luglio 2020

Farsi da sé


Influenzati dalla cultura cristiana, ci sembra che il massimo del senso religioso consista nel domandarci se esista o non esista un Dio; e, se concludiamo che esiste, ci pare tutto risolto. Ma non basta affatto. Dobbiamo piuttosto chiederci come è stato fatto questo mondo.
Appurato che è stato fatto con un alto grado di violenza, di approssimazione e di indifferenza per le sorti dei singoli, e che tante cose sono state fatte male e non sono affatto perfette (digestione, riproduzione, le infinite malattie, ecc.), dobbiamo chiederci se tutto ciò sia compatibile con un Dio buono e superintelligente. E, poiché non lo è, dobbiamo concludere che un Dio del genere è un’invenzione umana – quello che vorremmo, non quello che è.
A questo punto dobbiamo rimboccarci le maniche e darci da fare per migliorare i tanti difetti della “creazione”, che evidentemente si è fatta da sé, con tutte le mancanze del caso.
Nessuno viene creato da esseri perfetti, tutti vengono creati e si fanno con tanta fatica e tanti errori.