sabato 31 ottobre 2015

Semplificando

Anche la parola “illuminazione” potrebbe essere semplificata.
Chiamiamola “comprensione intuitiva.”
Quest’ultima non è estranea alla nostra esperienza. A volte abbiamo un’intuizione prima che si formino parole, prima che si costituiscano ragionamenti, con cui afferriamo qualcosa.

Dunque, perché questa intuizione non potrebbe essere applicata, anziché a singoli problemi, alla nostra situazione complessiva di esseri che cercano di capire la propria presenza, la propria essenza?

Il muro della contemplazione

Quando parliamo di sé, di fondamento, di essere o di stato originale, a causa del nostro intellettualismo complichiamo le cose, le rendiamo astratte.
Diciamolo in maniera più semplice. Dentro ciascuno di noi, si trova una persona nascosta che non è legata né allo spaziotempo, né alle contingenze attuali, né alle nostre vicissitudini, né ai nostri pensieri, né alle nostre intricate trappole mentali. Ma solo alla nostra presenza, alla nostra consapevolezza.
C’è come un muro che ci separa da questa persona, un muro fatto di idee, di desideri, di possessi, di opinioni, di giudizi, di paure e di odi ed amori.
Ebbene, se ci sediamo in silenzio e cerchiamo di calmare la mente, possiamo far cadere questo muro di separazione ed accedere al cortile interno, al giardino segreto, al cuore della nostra stessa casa, al di fuori della confusione e del rumore abituali.
Forse non otterremo molto di più di un po’ di quiete. Ma, a forza di quiete, giorno dopo giorno, potremo avvicinarci a quella Grande Pace che sta al cuore dell’Universo.


venerdì 30 ottobre 2015

La vera fede

Gesù dice che, se uno avesse una vera fede, potrebbe dire a una montagna di spostarsi, e quella si sposterebbe.
Ma, siccome non vediamo un gran spostamento di montagne, dobbiamo concludere che nessuno ha una vera fede.
Che cos’è allora questa fede? Di certo non è credere in Dio. Questo è l’equivoco. Di gente del genere ce n’è tanta, ma non sposta né montagne né piume.
Come mai?
Perché la fede è l’insieme di convinzioni profonde e in gran parte pre-conscie che già abbiamo e che costituiscono il mondo così com’è.
Il mondo, infatti, è il prodotto di queste convinzioni: la fede nel fare, la fede nel divenire, la fede nel tempo, la fede nell’io separato, la fede nella vita e nella morte, la fede in un Dio creatore che premia e castiga, la fede in un Creatore, la fede nel rapporto di causa-effetto, la fede nella materia e così via.

È questo insieme di convinzioni che presiede il mondo così com’è. Se riuscissimo a cambiarle, anche per un attimo, allora sì che vedremmo le montagne spostarsi.

Gli attivisti

Ci cono molte persone di buona volontà che fanno tante cose per stimolare la pace nel mondo: manifestazioni, discorsi, veglie, marce, proteste, prese di posizione, appelli, libri, film, convegni…
Ma non serve a niente. Il seme della guerra si annida dappertutto, pronto a riprodursi velocemente come una fiammata su una scia di petrolio.
Poche persone capiscono che, per “fare” la pace, bisogna imparare a non fare.
Mentre infatti la guerra sta nel campo del fare, la pace sta nel campo del non fare.
Impara a non agire, a non reagire, a non intervenire, a non irritarti, a non seguire gli schemi condizionati del comportamento umano, neppure ad essere compassionevole, e potrai preservare la pace prima in te stesso e poi negli altri. Come diceva Gandhi, “che ci sia la pace e che incominci da me.”
L’umanità nel suo complesso non capisce nulla di questo atteggiamento del non fare. Tutti sono convinti di dover fare, costruire, sforzarsi, sacrificarsi, ottenere, arrivare, conquistare…
Questa è la fede dell’umanità.
Ma la gente non capisce nemmeno questo concetto. Crede che la fede sia credere in Dio. Pensate un po’…

Sono queste convinzioni radicate che fanno del mondo un luogo spesso infernale.

giovedì 29 ottobre 2015

Il cancro della vita

La carne fa venire il cancro? Sai che novità. Ci sono diecimila cose che fanno venire il cancro, e non solo quello del colon, ma anche quelli che colpiscono qualsiasi altro organo.
In realtà è la vita stessa che fa venire il cancro. E, se non fa venire il cancro, fa venire mille altre malattie.
La vita fa male, la vita è una malattia e, infatti, termina immancabilmente con la morte. Non ve ne eravate accorti?
Anche se non mangiassimo carne, non ci salveremmo né dal cancro né da altre malattie.
Ramana Maharsi diceva che la vita stessa è un tumore.
Che facciamo? La proibiamo? Mettiamo un cartello su ogni nuovo nato con su scritto: “Pericoloso da maneggiare. A vostro rischio e pericolo”?
Il fatto è che la vita si nutre di altra vita; non possiamo vivere mangiando sassi. È una legge terribile, spietata.
Ma, per essa, prendetevela con Dio, il Grande Macellaio.
Perché, allora, c’è questo desiderio di proseguirla? Abbiamo forse la speranza di poter un giorno eliminare le malattie e la morte?
Ma, per far questo, basterebbe non nascere.

C’è qualcosa che non nasce e, dunque, non muore mai.
C’è un’unica difesa: immergersi tutti i giorni nel fondo del nostro essere che comunica con l’energia del tutto. È come un bagno purificatore, che lava via le tossine accumulate sia dagli alimenti naturali sia dagli alimenti mentali. 

La condizione originale

Perché è difficile raggiungere la meta nella e con la meditazione?
Perché non sappiamo rilassarci nello stato autentico, e siamo sempre tesi cercando la meta
Noi ci sforziamo, noi vorremmo ottenere, noi nutriamo la speranza di realizzarci, noi vogliamo arrivare, noi siamo dominati dal desiderio e dunque siamo intrappolati nello spaziotempo.

Siamo convinti di dover arrivare da qui a lì, e così ci spostiamo, mentre dovremmo rifluire nella condizione di partenza e stare esattamente fermi, rilassandoci a fondo.

mercoledì 28 ottobre 2015

La presenza vivificante

La consapevolezza, la presenza mentale, l’attenzione al qui e ora… sono tutti sinonimi.
Adottare la meditazione permette non solo una cura da malesseri e avversità varie, ma anche una prevenzione: la vita scorrerà meglio, più fluida, più positiva; ci saranno meno incidenti, meno negatività, meno malattie. È come prendere un elisir protettivo.
Questo perché il contatto con la Presenza è un contatto con la forza della vita.
Ma la Presenza può essere avvertita e assunta solo nel presente. È qui e ora.
L’esercizio fondamentale è dunque ritornare a contatto con l’istante presente: “Io sono qui  ora”. È un esercizio semplice e difficile nello stesso tempo, perché noi siamo alienati.
Il contatto con la Presenza non va pensato, ma sperimentato. Dobbiamo quindi uscire dal pensiero, con tutti i suoi condizionamenti, con il suo passato e percepire direttamente la realtà.

In tal modo, l’io, che si crede un essere separato e che per questo desidera e soffre), entra in contatto con la più vasta Presenza cosmica e ne assorbe la vitalità: una vera e propria terapia non solo della mente ma anche del corpo.

La malattia dello sforzo

Non sono io che mi illumino. C’è invece una luminosità che viene di solito oscurata proprio dalle mie azioni, dalla mia volontà di illuminazione, dalla mia ricerca, dai miei pensieri, insomma dai miei sforzi.

Dobbiamo far tacere tutto questo se vogliamo ritrovare lo stato originale di luminosità.

Religioni ed autoritarismo

Qualcuno se la prende quando attacco la Chiesa. Ma questo blog vuole proprio ragionare su che cosa sia la religione, e quindi c’è una parte di critica verso le religioni attuali, che sono molto simili a centri di potere o a partiti.
Prendiamo il caso delle recenti elezioni in Polonia, dove ha vinto la destra più retriva, nazionalistica e antieuropea. Nei programmi dei vincitori c’è una forte componente religiosa: divieto assoluto di aborto, di unioni civili e gay e rafforzamento dell’insegnamento confessionale nelle scuole.
La Chiesa esulta, dimostrando la sua naturale alleanza con le forze più conservatrici e reazionarie, cosa che succede anche in Italia e in tutto il mondo.
In effetti, non esiste una religione progressista. Le religioni amano le dittature, i dogmi immutabili, il tradizionalismo, l’autoritarismo, il conservatorismo e fanno di tutto per mantenere i popoli nell’ignoranza e nella sottomissione.
La Chiesa ha scomunicato il comunismo, ma non ha mai condannato un regime fascista. Anzi, in Italia, fu proprio il fascismo a far rientrare in gioco il papato (con il Concordato) dopo la storica presa di Roma.
Non c’è solo il cristianesimo ad amare i regimi autoritari; ci sono anche l’islam, il giudaismo e l’induismo. Lo Stato autoritario protegge la religione e la religione appoggia e legittima la dittatura. È una vecchia storia che si ripete uguale nei secoli.
Ed è per questo che il mondo fa tanta fatica ad andare avanti e a rinnovarsi, e che ripiomba continuamente in un passato barbarico e tenebroso. Le forze della reazione hanno sempre l’appoggio della religione.
Le religioni tradizionaliste vogliono asservire l’uomo, sia a se stesse sia allo Stato che le protegge e le finanzia. Sono insomma strumenti di potere creati da gruppi di uomini che a questo mirano.

Quanto a Dio, lui-lei non sa niente di religioni.

martedì 27 ottobre 2015

La meditazione come sistema di vita

La meditazione non è tanto un esercizio da eseguire per dieci minuti o mezz’ora al giorno, ma un sistema di vita in cui lo sviluppo della consapevolezza deve avvenire in ogni occasione. Tutto è oggetto di consapevolezza, in ogni momento. Non c’è niente che possa sfuggirle.
Più sviluppiamo questo atteggiamento, più procederemo nella via, più si allargheranno la nostra comprensione e i nostri orizzonti, più diventeremo padroni di noi stessi, più eviteremo di cadere nella negatività e nella infelicità, che sono sempre i prodotti dell’ignoranza, dell’inconsapevolezza.
Anche la meditazione ha i suoi miti: si promettono effetti mirabolanti e illuminazioni improvvise. Ma i suoi effetti sono concreti e semplici: una maggior chiarezza di visione, una vita più felice, una maggior comprensione dei problemi generali e dei nostri problemi personali. Non miracoli, dunque, ma un aiuto fondamentale alla nostra trasformazione, alla nostra evoluzione.

La sua regola è una sola: sii più consapevole.

Malati di pensiero

Pochi pensano che si possa essere malati di pensiero. Ma è così.
Quando veniamo assaliti da ondate di pensieri, piacevoli o spiacevoli, che ci trascinano con loro, noi perdiamo il controllo e diventiamo come marionette comandate da altri. Fantasie di ogni tipo si affollano nel nostro cervello e si svolgono come veri e propri film che ci allontanano dalla realtà.
Queste ondate di pensieri sono come attacchi di virus che invadono il nostro organismo.
Non è facile, quando siamo sotto attacco, riportare la nostra mente al suo centro di equilibrio, alla sua natura più limpida, leggera ed equanime. Perdiamo la nostra presenza e veniamo investiti da tempeste emotive. Siamo come drogati che, sotto l’effetto di qualche sostanza, immaginano cose che esistono solo nei loro pensieri.

Ma ritornare al qui e ora è l’unico modo per riprendere il contatto con la realtà e per riprendere in mano la nostra vita.

Le due vie alla saggezza

Che la sofferenza possa essere una via verso una più ampia consapevolezza è ovvio; quando tutto ci sembra perduto, quando il nostro mondo e il nostro ego vanno in pezzi, siamo nella condizione di capire di più. In tal senso la sofferenza è utile e rivela la sua vera funzione.
Ma, prima di tutto, non tutti riescono a trarne rapidamente una lezione e, secondariamente, perché aspettare la sofferenza per capire qualcosa, per allargare i nostri orizzonti? Non è meglio seguire una via che faccia a meno del dolore?
Sviluppiamo dunque la nostra consapevolezza prima di esserci costretti dalle randellate della vita. Oltretutto, questa azione preventiva ci risparmierà tanti dolori, tanti sbagli.
L’alternativa alla via della consapevolezza, da coltivare tutti i giorni, è la via della sofferenza che ci colpirà immancabilmente. La vita ci dice chiaramente che, con le buone o con le cattive, dobbiamo essere più consapevoli.

O svilupperemo velocemente un alto livello di consapevolezza o vi saremo costretti lentamente dai dolori. Non si sfugge a questa logica.

lunedì 26 ottobre 2015

La non-reattività

La non-reattività è uno dei più potenti e concreti metodi di trasformazione della personalità.
Non reagire secondo schemi precostituiti (rabbia, irritazione, competizione, ecc.) non significa assumere un atteggiamento passivo o fatalistico, ma non accumulare una negatività reattiva che, alla fine, nuoce soltanto a noi stessi.
Non-reattività compulsiva vuol dire osservare innanzitutto le nostre stesse reazioni e poi non cedere alle risposte condizionate. Se veniamo provocati o sfidati, non dobbiamo reagire con un desiderio di competizione, di ritorsione, di confronto, di vendetta o con la volontà di aver la meglio, di vincere, di sottomettere, di dominare e così via. Soprattutto dobbiamo controllare i sentimenti di ira.
Dobbiamo renderci conto che queste risposte condizionate sono bisogni di un ego che vuole affermarsi e prevalere sugli altri, non strumenti illuminati.
Ma non dobbiamo certo consegnarci all’immobilismo. Diventando consapevoli dei nostri sentimenti, mantenendoci distaccati, non aderendo agli schemi reattivi, acquisiamo libertà e possibilità di rispondere in modo diverso. La vita non è una lotta contro gli altri. Il nostro atteggiamento di calma ci permetterà di mantenere la presenza mentale, non scattando come marionette.
Rimanendo silenziosi, attenti e non-reattivi, non inquineremo il nostro essere interiore e non diventeremo a nostra volta recipienti di negatività.
Riusciremo a conservarci leggeri e lucidi, vedremo meglio i problemi e, paradossalmente, saremo in grado di agire con più prontezza ed efficacia. Saremo presenti e in pace anche in mezzo alla confusione o alla violenza.
In tal modo, miglioreremo il nostro stato interiore e porteremo nel nostro ambiente un fattore di rasserenamento.

L’importante è non farsi trascinare nella competizione e non abbandonare la nostra tranquilla presenza mentale, che è una scintilla di una più vasta Presenza.

domenica 25 ottobre 2015

La chiarezza della verità

Tutti ci chiediamo quale sia la verità. E ci aspettiamo una frase ad effetto che ce la descriva.
Ma non è così.
La verità non può essere espressa a parole.
La verità è chiara. Non c’è niente di oscuro o di nascosto.

Siamo noi che non vediamo chiaro.

La potenza del desiderio

Il nostro mondo si basa sul desiderio, non solo perché nasciamo tutti dal desiderio dei nostri genitori, ma anche perché, poi, tutta la vita sarà un desiderare qualcosa e non placarsi mai.
L’uomo è un essere desiderante.
Ma desiderare significa scorrere lungo una linea temporale che non ha né un punto fermo né un punto di arrivo.

Desiderio, divenire, tempo, mancanza, sofferenza… tutti sinonimi.

Fare del bene

Potrai anche fare tutto il bene che vuoi e che puoi, potrai soccorrere legioni di affamati, di poveri e di malati, ma non potrai eliminare il male dal mondo.
Perché il male nasce dall’inconsapevolezza.
La carità, la bontà, possono eliminare tanti effetti del male. Ma finché non sarà eliminata la causa, sarà come tappare una falla in una nave dove se ne formano altre cento.

Devi capire chi fa i buchi.
Il vero bene sta nello sviluppare la consapevolezza propria e generale.

I livelli di consapevolezza

Molti si chiedono quanti altri mondi ci siano nell’universo e se ci sia vita – e quale.
Ma si tratta di un falso problema. Il cosmo, così come lo vediamo, è una proiezione del nostro livello di consapevolezza. E quindi non è nient’altro che un sogno. Avrebbe quattordici miliardi di anni luce, insomma un attimo.
Il vero problema non è andare ad esplorare altri pianeti, che non possono essere sostanzialmente diversi dal nostro; ma scoprire gli altri universi, gli altri livelli di consapevolezza.
In altri termini, l’esplorazione non va fatta solo orizzontalmente, ma anche verticalmente; è da lì che verrebbero le vere novità, nuove forme di coscienza e dunque nuovi cosmi.
Tutto è qui e ora. Perché non ce ne accorgiamo?
Perché vibrano ad un’altra frequenza.
Noi possiamo cogliere solo la gamma di frequenze per cui i nostri sensi e la nostra mente sono abilitati. Ma, proprio come succede nel nostro mondo, in questo stesso momento, in questo stesso punto, ci sono frequenze che noi non cogliamo e che magari colgono altri esseri viventi.

Possiamo andare ad esplorare altri pianeti, ma il nostro vero compito è trovare il passaggio per raggiungere un più alto livello di consapevolezza – lì troveremo un altro cosmo e altri esseri, per ora inimmaginabili.

La comunicazione profonda

Non so che cosa si comunichi nelle nostre conversazioni, nei nostri dialoghi fatti di parole.

Se volessimo veramente comunicare, dovremmo dire: “Scusa, smetti per un po’ di parlare e stiamo qui in silenzio”.

Sacri misteri

Ma voi avete capito che cosa ha deciso di nuovo il Sinodo?
Sembra una caratteristica di questo papato, tanto strombazzato: dovrebbe rivoluzionare tutto, ma non cambia mai niente.
Tanto fumo, ma niente arrosto.
E avete capito chi ha diffuso la notizia della malattia del Papa?

Certo è che il Vaticano appare un nido di vipere. Se questa è la “santa” Sede, figuriamoci quelle non sante.
D’altronde, che cosa vi aspettate da un membro dei gesuiti, che sono notoriamente campioni di ambiguità? Come dice Pierfranco Pellizzetti, “sarebbe ora di capire che la vera natura di papa Francesco è quella di un restauratore tendente al gattopardesco, non di un rivoluzionario.”


sabato 24 ottobre 2015

La posizione orientale

La posizione orientale consiste non nel desiderare di continuare a esistere in questa vita o in un’altra, ma nella volontà di non rientrare mai più nella dimensione dualistica di vita-morte.
Perché continuare a nascere e a morire? Non impari mai nulla? Non sei mai sazio? Non ti stanchi mai di ripetere sempre le stesse esperienze, sempre le stesse insoddisfazioni, sempre le stesse illusioni-delusioni? (Questa è l’ingenua posizione occidentale.)

Stop una volta per tutte! Esci dal ciclo del samsara.

Il potere della tranquillità

Se sei seduto tranquillo e scatta un allarme in strada, provi un senso di disagio, di fastidio, di disappunto, di disgusto, di ripulsa, di irritazione, ecc. – tutti sentimenti negativi con cui vuoi fuggire da qualcosa, tutte forme di sofferenza e di insofferenza, che distruggono la tua tranquillità.
Prova la prossima volta a non reagire; lascia che il suono ti attraversi senza alterare la tua pace. In fondo, un suono è una vibrazione, ma anche un sentimento lo è. Non vibrare.
Analogamente, se una persona ti provoca ira, rabbia, odio, paura, desiderio di controbattere, ecc., è come se quella persona ti comandasse. È lei che determina il tuo stato d’animo. Le dai un potere su di te che non avrebbe.
Anche qui prova a non reagire. Mettiti nella posizione dell’ascolto, dell’attenzione. Nient’altro. Non vibrare all’unisono. Nient’altro.
Fatti attraversare dal (ri)sentimento senza permettergli di condizionarti.
Insomma, non dare agli altri il potere di influenzarti e di determinare il tuo stato d’animo.
Il tuo stato d’animo determinalo tu. Sii padrone di te stesso.

Riscopri il tuo nucleo profondo, che è sempre tranquillo.

Cercare la pace

Cerchi la calma e non la trovi?
Cerchi la pace e non la trovi?
Dove sbagli?
Smetti di cercare una condizione diversa, qualcosa di meglio. È proprio il tuo cercare che ti impedisce la quiete. È la mente che non ti dà tregua.

Se smetti di cercare, sei già in pace.

venerdì 23 ottobre 2015

Il fondo e la superficie

Con il passare degli anni, ci accorgiamo che la nostra forma si deteriora progressivamente; e, quando entriamo nella vecchiaia, quasi non ci riconosciamo più. Sì, siamo ancora noi, ma che sfacelo! Il corpo cede da tutte le parti e diventa sempre più brutto.
Come accettare questo processo?
È evidente che, se ci identifichiamo con la forma fisica, che è destinata alla decadenza, non possiamo che essere travolti dall’angoscia o da un senso di inutilità.
Dobbiamo dunque trovare la nostra vera identità in qualcosa che non si vede e che non si deteriora. E, per far questo, dobbiamo trovare una sintonia con la vita interiore, con quel sé profondo che non è toccato dai cambiamenti di superficie, così come succede con il fondo marino che non è influenzato dai movimenti delle onde.
È un luogo si serenità, di quiete, di leggerezza e di lucidità, estraneo al moto del tempo.
Mentre la bellezza fisica declina irrimediabilmente, la bellezza interiore compie il cammino inverso.
Per questo esiste la vecchiaia, prima dell’ultima trasformazione.
Ma è una questione di livelli, e il prossimo livello lo decideremo noi, in base al lavoro di auto-coltivazione che avremo fatto.

Credete di poter pilotare un aereo senza esservi mai preparati? E credete se pregherete qualche Dio o sarete molto buoni, riuscirete a farlo?
Niente può sostituire la conoscenza ottenuta personalmente.

Dopo la morte

Che cosa succede dopo la morte?
Noi siamo terrorizzati dal pensiero della morte, perché vediamo bene che un morto è solo un involucro e che la sua “anima”, la sua vitalità, è svanita.
Ma il punto è che noi abbiamo paura di perdere la nostra identificazione con il corpo e con l’ego, con la personalità che conosciamo. Perché riteniamo che questa sia la nostra unica identità.
Proprio questo è il problema. Possiamo disidentificarci già da adesso da questa forma, da questo ego; capire che sotto c’è ben altro.
Tutto dipende dal livello evolutivo che abbiamo raggiunto. Se siamo ancora attaccati alla forma e all’ego, questo attaccamento farà in modo da riemergere anche dopo la morte. E sarà una nuova forma, e così via.
La morte è in sostanza una transizione da un livello all’altro. Spetta a noi stabilire il nuovo livello, se ancora quello di un io e di una forma o quello di un tutto fatto di pace e di non-coazione a ripetere.


giovedì 22 ottobre 2015

Felicità e pace

Nel nostro mondo, la felicità dipende da circostanze e condizioni. La pace mentale no.
La pace interiore affiora, come una polla d’acqua sotterranea, quando ci si distacca da ogni condizionalità.
Le condizioni la frenano e la inquinano. Al contrario, l’assenza di condizioni, il silenzio e il vuoto mentale la focalizzarono sul qui e ora facendola riemergere.

Ci sono circostanze avverse in cui non possiamo essere felici. Ma possiamo essere in pace.

Uteri in affitto

I cattolici se la prendono tanto con la pratica degli uteri in affitto, dimenticandosi che la Vergine Maria fu utilizzata nello stesso modo dall’Onnipotente.
E se la prendono con l’adozione dei figliastri, dimenticandosi che questo fece il povero Giuseppe.

Insomma, almeno studino i miti su cui si fonda la loro religione.

mercoledì 21 ottobre 2015

Sii come uno specchio

Se sei consapevole in un certo momento di ciò che guardi, vedrai che sul tuo campo visivo passano tante immagini e tanti eventi. Il tuo campo visivo e la tua mente sono come uno specchio su cui passano tutti gli avvenimenti, tutte le esperienze della tua vita.
Ma si tratta solo di riflessi.
La tua vera natura è quella dello specchio, non quella dei riflessi.
Considerati proprio come uno specchio, che, quando non ci sono eventi, resta limpido e puro.
Per quanto gli eventi possano essere spaventosi, non influiscono sulla natura dello specchio, non gli rimangono attaccati.

È solo nel presente che puoi risanarti del passato.

Lo specchio e i riflessi

I riflessi in uno specchio possono essere i più vari: gli oggetti, le cose, le persone e gli eventi i più diversi… praticamente tutti.
Ma lo specchio non ha niente a che fare con i riflessi: resta distaccato.
Questo distacco è ciò che dovremo adottare, anche perché (incredibile a dirsi) noi siamo spesso attaccati a finti oggetti di piacere… in realtà a schemi di dolore da cui non ci emancipiamo mai.
L’unico modo per superare questi schemi inconsapevoli di sofferenza è diventarne consapevoli.
Sono il nostro passato, la nostra eredità negativa – che si riflette ancora oggi.
Noi continuiamo a ripercorrerli e ad identificarci con essi, ricascando nei vecchi vizi.
Dobbiamo invece disidentificarci e ricordarci che si tratta di abitudini, di riflessi appunto, mentre la nostra realtà più profonda resta quella dello specchio.
Non dobbiamo essere schiavi del passato, ripetendo schemi, comportamenti e reazioni che alla fine ci fanno soffrire.
Come?
Abbiamo un potere: essere presenti qui e ora, senza eredità vecchie, senza condizionamenti.

Abbiamo una precisa responsabilità per ciò che siamo in questo momento.

martedì 20 ottobre 2015

La penna e la spada

Nessuno avrebbe voluto vedere in prigione lo scrittore Erri De Luca. Ma non è vero che il fatto (l’incitamento alla violenza) non sussista? Il fatto sussiste, eccome!
Ha incitato a sabotare i lavori per la costruzione della nuova ferrovia ad alta velocità in val di Susa. Come scrittore, dovrebbe sapere benissimo che sabotare indica anche un’azione violenta; non si tratta di semplice disturbo o di boicottaggio; si tratta di danneggiare, di rovinare, di far saltare in aria.
Di cattivi maestri, in passato, ne abbiamo già avuti alcuni; e hanno provocato molti morti.
Se qualche scalmanato, incoraggiato anche dalle parole di Erri De Luca, costruisse un ordigno per sabotare la ferrovia e saltasse in aria o uccidesse qualcuno, lui avrebbe le sue responsabilità.

Non si dice che ne uccide più la penna che la spada?

In gabbia

Sei come un uccellino chiuso in una gabbia.
Se ti aspetti che qualcuno ti liberi dalla gabbia, vuol dire che (sei convinto che) qualcuno ti ha imprigionato.
È questo che fa il tuo Dio? Che Dio sarebbe mai?

Sei tu stesso che ti sei imprigionato. Ed è per questo che hai la possibilità di liberarti.

Essere buoni

Lo stesso vale per la bontà. Tutti ti dicono che, se farai il bene, sarai salvato (da Dio che ti compenserà).
Ma non basta. Nessuno, nemmeno un Dio, può donarti la consapevolezza.
Puoi salvare da un naufragio dieci persone, ma, se non sai nuotare, alla fine annegherai lo stesso. Non c’è un altro che ti salverà perché tu hai fatto del bene.
Non funziona così.

E, se anche qualcuno per caso ti salvasse, saresti come un cane o un gatto: non potresti mai avere l’intelligenza di un uomo. Vivresti come un animale.

Le varie religioni

Le religioni teiste che dominano il mondo dei conformisti non sono illuminate… non so se ve ne siete accorti.
Si limitano a risvegliare la fede in un Dio, in un messia, in un profeta, in un insegnamento o in una religione.
Ma tu non devi risvegliare la fede in qualcuno o in qualcosa.

Tu devi risvegliare te stesso.

Risvegliarsi

Risvegliarsi significa percepire la propria natura profonda, non quella superficiale che vedono tutti.

E chi può percepirla se non tu stesso?

Il maestro e il discepolo

In meditazione, il maestro non è una persona che ti risveglia con una bastonata o con una rivelazione inaudita, ma colui che ti dice: “Sei addormentato. Renditene conto e fa’ in modo di risvegliarti”.
Immagina di esserti chiuso in una stanza e di aver perso la chiave. Il maestro non è colui che prende la chiave e ti apre la porta. Ma colui che ti dice: “Io non ho la chiave. Cerca nella tua stanza, perché la chiave è nascosta proprio là dentro”.
Sei tu che devi trovare la chiave e aprirti la porta da solo. Sei tu l’unico vero maestro di te stesso.

Se aspetti che qualcuno ti apra la porta, potresti aspettare fino alla fine dei tempi.

lunedì 19 ottobre 2015

Trovare il centro

Si sa che le cose vanno un po’ bene e un po’ male, per la loro stessa ciclicità. Periodi di benessere si alternano a periodi di malessere, momenti di fortuna si alternano a momenti di sfortuna… Tutto questo è inevitabile perché noi siamo immersi in un divenire dove niente è mai immobile e fisso, ma tutto cambia.
Ma ecco l’aiuto della meditazione. Dobbiamo individuare un punto dentro di noi che sia in pace, che non si lasci trascinare né in un senso né nell’altro. È una specie di centro o di perno intorno a cui girano gli eventi
Chiamiamolo fonte.
Identifichiamo questa fonte e ritorniamoci continuamente. Dev’essere accompagnata da una specie di sensazione o di sentimento, una presenza viva, un riparo ma anche un centro di vitalità, al di fuori delle ondate emotive che ci travolgono.

Dobbiamo trovarlo quando siamo calmi e le cose ci vanno bene, per poi ritrovarlo quando gira il vento.

Tecniche di autoguarigione

La meditazione ha sempre effetti sul tuo corpo e quindi sulla salute.
Quando sei più consapevole, il tuo corpo diventa più leggero, anche a livello fisico. Identificare il tuo campo energetico, ossia il tuo corpo interiore, la tua fonte, ti affranca dalla materialità non solo a livello mentale ma anche a livello molecolare.

Sviluppare la consapevolezza significa costruirsi una specie di armatura che rafforza il sistema immunitario e impedisce alla malattie di entrare. L’armatura è data dalla maggiore frequenza vibrazionale, dalla luce più intensa, dall’energia più sottile che raggiungi quando sei presente e consapevole, senza pensieri parassiti.

L'arte dell'ascolto

Periodicamente, durante la giornata, ascolta la pace interiore, la pace che sta al centro del tuo essere, laggiù proprio in fondo.
Non è l’ascolto di un suono, ma l’ascolto di una situazione, ossia di una sensazione, un sentimento.
Se sei agitato, se non sai come fare, se non trovi questa sensazione, ascolta in tuo respiro… dentro e fuori… dentro e fuori… dentro e fuori…
Anche il respiro, infatti, ha un suo suono, che è sia fisico sia mentale.
Esso ti riporterà alla realtà psicofisica, al presente della tua vita, al di là dei pensieri, al di là delle varie vicissitudini.

Devi semplicemente ascoltare e capire che questo è il centro del tuo essere, che è sempre in quiete.

Il Medioevo dei diritti civili

Cambiano i Papi, si ventilano possibilità di novità nella gestione ecclesiastica, ma le interferenze della Chiesa nella legislazione italiana sono come sempre continue e assillanti.
Mentre si discute sulle unioni civili, ecco che arriva l’altolà del presidente dei vescovi italiani, Nunzio Galantino. E il Pd batte in ritirata e annuncia che ci sarà solo voto di coscienza quando verrà presentato il disegno di legge.
Dove si vede la pavidità della politica italiana e chi è che tiene l’Italia nel Medioevo dei diritti.
Dove si vede che in Italia la Controriforma non è mai finita.

Dove si vede chi è che ispira i reazionari nel nostro paese.

domenica 18 ottobre 2015

La Papessa

Il Papa proclama santi per la prima volta una coppia di sposi. Bergoglio non sa più che cosa inventarsi per stare alla pari con la modernità. Ma ha ancora molta strada da fare.

Deve far santo un omosessuale dichiarato, deve permettere ai preti di sposarsi e deve consentire anche alle donne di diventare vescovi e papesse.

Mirare alla sensazione

Se io dico: devi insediarti stabilmente nella presenza mentale, tu che cosa capisci? E lo stesso se dico: devi percepire il tuo sé senza forma, devi cogliere la mente profonda al di là del dualismo, devi essere consapevole, devi trovare Dio, ecc.
Linguaggio vecchio e superato, perché troppo legato a concetti usurati, a culture antiche, a storie, a mitologie, a simbologie già sfruttate.
Se dico: devi percepire il tuo campo energetico, uso un linguaggio più moderno. Ma il problema è sempre quello di ravvivare o evocare un’esperienza che le parole non colgono.
Se salgo di notte in cima a una collina, da solo, in silenzio, con il solo suono del mio respiro o dei grilli, e contemplo il cielo stellato, forse sono più vicino all’esperienza di quando parlo o penso al sé, a Dio, all’anima, ecc.
A volte, una sensazione dice molto più di mille parole-pensieri. Diciamo dunque che dentro di noi, nel profondo, al centro, sotto l’ego, sotto i pensieri, c’è uno stato di serenità, di pace, di silenzio, di vastità, di meraviglia gioiosa, che dev’essere il più possibile individuato, ricercato e mantenuto.

Si tratta di una condizione di equilibrio e di luce, al di là delle vicissitudini contraddittorie e mutevoli della vita. Se trovi quest’isola, sei in salvo dai marosi. Allora, da quel punto, osserva te stesso e il tutto.

Individuare l'esperienza

Il problema è che quando parliamo o pensiamo a termini come “essere”, “consapevolezza”, “presenza mentale”, “stato originale”, “sé”, “realtà ultima”, ecc., ci riferiamo ad etichette. Ma spesso l’esperienza che sta sotto queste etichette ci sfugge.
Se io parlo di amore, di odio, di rabbia, di paura, di speranza, ecc., tu sai già di cosa parlo e vai alla tue esperienze, benché personali.
Ma se parlo di “essere”… a quale esperienza vai? Abbiamo vaghe sensazioni o intuizioni di questo stato d’animo – e qualcuno non ne ha nessuna.
Il problema della comunicazione (tra persona e persona, ma anche all’interno di noi stessi) è tutto qui. Il linguaggio ci segnala e ci allontana nello stesso tempo.

“Penso, dunque sono?” Magari… “Penso, dunque penso di essere!” Ma, per arrivare all’essere, devo andare al di là delle parole, delle etichette e del pensiero stesso.

sabato 17 ottobre 2015

La conversione dell'attenzione


Che Dio sia maschio o femmina, che si sia rivelato a questo o a quel popolo, che abbia inviato profeti o messia, che abbia ispirato “libri sacri”, che abbia fondato Chiese, che abbia voluto questa o quella religione, questo o quel rito… sono tutte questioni per menti limitate.

Ma troppi uomini hanno menti ristrette e abbassano Dio alla loro dimensione infantile.

Questi piccoli uomini sono dominati dalla paura e hanno bisogno di un protettore e di un dominus divino.

Proiettano Dio al di fuori di sé, proprio come coloro che, avendo un tesoro nascosto sotto i piedi, lo vadano a cercare dappertutto. Credono che Dio sia una forza estrinseca, mentre è nel loro stesso sé.

Questa è l’unica conversione: dall’esterno all’interno.

La lampada dell'illuminazione


Le parabole evangeliche (ma in realtà l’intero mito cristiano) possono essere lette in maniera diversa dall’interpretazione piatta e letterale della tradizione. Alcune poi sono vere e proprie allegorie, in cui si cela qualcosa dell’antica sapienza orientale.

Per esempio, ce n’è una in cui cinque vergini savie (consapevoli) e cinque vergini stolte (inconsapevoli) si preparano ad accogliere uno sposo per una cerimonia nuziale. Mentre quelle sagge si procurano le lampade e l’olio per accenderle, quelle inconsapevoli si dimenticano l’olio.

Ora, la lampada, da che mondo è mondo, è un simbolo dell’illuminazione, per arrivare alla quale è necessario l’olio, la consapevolezza.

Mentre le cinque ragazze disattente perderanno la cerimonia, le cinque ragazze consapevoli faranno brillare le lampade accogliendo lo sposo e partecipando alla festa.

Chi è lo sposo?

Una persona, Dio, Gesù?

No, la consapevolezza di questo istante, che libera dall’oscurità del tempo e del dualismo mentale. “Vegliate, dunque”, non dormite nell’attesa, esercitate subito la vostra presenza mentale.

Un’altra parabola è quella di Marta e Maria, due amiche di Gesù, e sorelle di Lazzaro, che lo accolgono una notte in casa loro. Ora, mentre Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava immobile e in silenzio le sue parole, Marta svolgeva i suoi molti servizi, cioè non stava mai ferma e lavorava distratta. Allora, Gesù la rimproverò: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le verrà tolta”.

Che cos’è questa “parte migliore”?

Ovviamente, l’atteggiamento di ascolto attento, di raccoglimento, di meditazione, di presenza mentale.

Insomma, tra un atteggiamento attivistico ed uno contemplativo, Gesù dice che l’elemento essenziale è quello contemplativo… alla faccia della Chiesa che ha cancellato ogni tradizione contemplativa e si è dedicata all’affarismo e alla politica.

La legge della consapevolezza


Se non sarai presente nella gioia, dovrai essere presente nel dolore. Perché questa è la funzione della sofferenza. Renderti presente quando non ce la fai da solo.

Insomma, se non sarai consapevole con le buone, sarai consapevole con le cattive.

A te la scelta.

Non è meglio dimorare stabilmente nella presenza?

L'istante presente


La coscienza è duale per definizione, perché è un soggetto che è cosciente di sé (prima che del mondo).

Invece la consapevolezza dell’istante presente esce dalla ingabbiatura dello spaziotempo e riscopre l’unità soggetto-oggetto, ovvero l’unità io-mondo, microcosmo-macrocosmo.

È l’esperienza di tutti i mistici, cui però vengono dati nomi diversi.

La fine del tempo


La mente ha una struttura discontinua, discreta, come tutto in questo mondo, compresi spazio e tempo. Noi non ci accorgiamo di questi intervalli perché la coscienza non è presente.

L’unica cosa che può essere presente è l’attenzione, una intensa presenza.

Qui è la fine del tempo.

venerdì 16 ottobre 2015

La tirannia della mente

La tirannia della mente è così forte che, spesso, per liberarcene, ricorriamo a droghe, alcool, tranquillanti, stupefacenti, psicofarmaci, antidepressivi, sesso compulsivo, fusione nei movimenti collettivi o nelle sette, sport estremi, guerre e così via. L’intenzione sarebbe quella di trovare sollievo dalla tortura dei pensieri, che ci dicono che siamo dei falliti, che non valiamo nulla, che abbiamo difetti insopportabili, che abbiamo subito traumi insuperabili, che nessuno può aiutarci, ecc. Cerchiamo quindi di dimenticare, di far smettere l’attività dei ricordi e dei giudizi. Regrediamo fino ad annullarci, ad autodistruggerci.
Sbagliamo tutto. Cerchiamo di abbassare la consapevolezza. Mentre la salvezza sta nell’acuirla.
Lo scopo è fermare l’attività di una mente che non ci dà tregua.

Acuire la consapevolezza non significa pensare di più e neppure non pensare per nulla. Ma sviluppare un’attenzione per l’attimo presente che ci fa trascendere tanto l’ego separato quanto ogni altro pensiero.

Fermare la mente

Prova per un attimo a smettere di pensare. Tieni fermi gli occhi, rallenta il respiro, stai in silenzio, blocca la mente… Quanto puoi resistere così?
Molto poco. Troppo poco per fermare la mente. Ma questo ti fa vedere come si susseguano i pensieri e gli atti di mentali, l’uno dopo l’altro, in continuazione, come le onde del mare.
Neppure quando si dorme la mente smette di funzionare. E, quando non sogna, si pone in uno stato di sospensione, come quello di un computer.
Nello stesso tempo puoi accorgerti che l’attività della mente è discreta, discontinua. C’è sempre un piccolo intervallo fra un pensiero e l’altro.
Dunque, non c’è bisogno di fermare la mente; la mente si ferma da sola, seppure per istanti brevissimi.
Bisogna insinuarsi in questi vuoti mentali. Come fare?

Occorre un’intensa presenza, una grande attenzione, una potente consapevolezza. Ma lì dentro c’è la liberazione dalla tirannia della mente. Lì dentro c’è la liberazione dall’identificazione con la mente, con l’io separato, con la paura. Lì dentro c’è la scoperta che la tua consapevolezza è la consapevolezza universale.

Il peccato d'orgoglio

Uomini che si sentono autorizzati ad assolvere altri uomini (o a condannarli) in nome di Dio, e ne fanno una questione di potere personale – la pretesa di tutte le caste sacerdotali, che in tal modo si sentono dotate di privilegi.
Questo è il peccato di orgoglio che porta diritto a condizioni perverse.
Ognuno ha il diritto e il dovere di sviluppare la propria consapevolezza; ma nessuno può sostituirsi ad un altro in questo compito.
Puoi indicare la via, ma poi non puoi percorrerla al posto di un altro. Ognuno deve percorrerla da solo.

La consapevolezza non si dona; ognuno deve procurarsela da solo.

giovedì 15 ottobre 2015

Accumulare ricchezze

Se preferiamo passare la vita ad accumulare ricchezze esteriori, trascurando di accumulare ricchezze interiori, sbagliamo.
Le ricchezze esteriori, infatti, alla fine le perderemo di sicuro. Mentre rimarranno solo quelle interiori. Saranno loro che costituiranno il nostro patrimonio di partenza, la nostra eredità… in un’altra vita, in un altro mondo, in un’altra dimensione.

Saranno loro a farci evolvere.
E la vera ricchezza interiore è la nostra consapevolezza, la nostra presenza mentale.

Gustarsi il viaggio

Quando intraprendiamo un viaggio, è giusto avere un’idea di dove vogliamo arrivare. Ma è comunque sempre saggio non avere solo in mente la meta, ma gustarsi passo dopo passo anche il viaggio.
Nel caso poi del viaggio della vita, forse è difficile farsi un’idea della meta. E, quindi, è ancora più necessario gustarsi giorno dopo giorno, ora dopo ora, il nostro percorso, bello o brutto che sia.

Dunque, non perdiamo troppo tempo a vagare nel passato e nel futuro. Ma assaporiamo il presente, questo attimo.

Il disegno di Dio

La dottrina cattolica sostiene che l’omosessualità sarebbe contraria al disegno di Dio. Ma chi sarebbe a conoscenza di questo disegno?
La presunzione degli uomini di fede è senza limiti: loro si ritengono sempre gli unici interpreti autorizzati della volontà divina.
Ma, se così fosse, i gay da dove verrebbero? Forse da Satana?
Ecco il manicheismo, la divisione della realtà.
In realtà, se postuliamo che Dio sia il Creatore, tutto ciò che esiste è voluto da Lui, il bene come il male, l’eterosessuale come l’omosessuale, le regole come le eccezioni.

O forse vogliamo credere che ci sia un anti-Dio che sia così potente da contrastare Dio?

Vivere il presente

Spesso la nostra mente vaga dal passato al futuro e dal futuro al passato. Non solo rivanghiamo il passato, ma ci spostiamo continuamente nel futuro perché siamo insoddisfatti del presente – o siamo insoddisfatti del presente perché vaghiamo nel futuro.
In tal modo siamo sempre altrove, ci perdiamo il presente e siamo insoddisfatti, infelici.
Se ricordiamo il passato, non possiamo assaporare la vita attuale. E, quando al futuro immaginario, nessun presente potrà mai competere con una simile fantasia. Per esempio, sto con una donna, ma sono scontento, perché ne immagino una più bella.
Ma si tratta di fantasie, di ricostruzioni, di proiezioni, di interpretazioni… insomma di prodotti della mente.
Ritorniamo dunque alla realtà. Diamoci un pizzicotto, facciamo una corsa, odoriamo un fiore, laviamoci la faccia… qualunque cosa pur di uscire dalle asfissianti mura della mente che non smette un attimo di rimuginare, tra passato e futuro.

Compiamo qualunque azione, pur di uscire dal sogno del tempo, con la sua insoddisfazione.

mercoledì 14 ottobre 2015

Il perdono del Papa

Papa Francesco chiede perdono, a nome della Chiesa, per “gli scandali che ci sono stati recentemente sia a Roma che in Vaticano.”
Ma non basta. Questo può essere un semplice sistema per scaricarsi la coscienza. Anche Papa Woytila chiedeva perdono per i crimini commessi dalla Chiesa. Ma poi tutto rimaneva uguale.

La Chiesa deve introdurre test psicologici per tutti i preti, e in particolare per quelli che sono a contatto con i bambini. Altrimenti, il prossimo Papa dovrà anche lui chiedere perdono.