giovedì 27 maggio 2010

I nuovi dei

Siamo alle solite. I ricchi chiedono sacrifici ai poveri, ma loro, i ricchi, non faranno nessun sacrificio. Pochi ricchi creano le crisi, ma molti poveri dovranno pagare. Va avanti così da secoli e millenni.


I poveri hanno un vero grande torto: sono poveri di spirito e quindi si fanno governare dai ricchi.

Ma forse si tratta di una specie della “sindrome di Stoccolma”: amore per il carnefice.

Nella parola “sacrificio” è compreso il concetto di sacro. Il rapporto con Dio è sempre stato basato su qualche forma di sacrificio. Se voglio chiedere qualcosa a Dio, devo fare un sacrificio: è qualcosa di cui mi privo per avere qualcos’altro in cambio. Ma, nel caso della politica sociale, i poveri che cosa otterranno in cambio? Già, dimenticavo: lo spettacolo del sacro, lo sfarzo in cui vive il potente. Oggi, è questo il vero sacro. Lo spettacolo. I poveri pagano per poter avere in cambio lo spettacolo dei loro nuovi dei...e sognare di poter un giorno diventare come loro.

giovedì 13 maggio 2010

L'imposizione della religione

Ciò che dà più fastidio in Italia è il tentativo di imporre la religione cattolica ad ogni costo, con le buone o con le cattive, con l’astuzia o con la coartazione. Prendiamo l’ultimo verdetto del Consiglio di Stato, in cui si dice che la frequentazione dell’ora di religione nelle scuole diventa determinante “ai fini dell’attribuzione del credito scolastico”. In sostanza chi frequenta quell’ora ha un vantaggio rispetto a chi non la frequenta. E questo è di un’ingiustizia colossale e lede il principio di uguaglianza.


Ciò che colpisce è l’astuzia “gesuitica” della sentenza. Perché si dice gli stessi criteri si applicano ai “corsi alternativi”, facendo finta di ignorare che questi corsi non esistono nella maggioranza delle scuole. Quindi, o si rendono obbligatori questi corsi in tutte le scuole, o il verdetto nuoce gravemente al principio del pluralismo religioso.

Ma il fatto è che, come ho detto all’inizio, si vuole imporre la religione e non si vuole che si possa fare una scelta personale. Questa è l’Italia del pensiero unico – quello della Chiesa cattolica.

Infatti non si tratta di un caso isolato. Lo stesso metodo è applicato all’8 per mille nella dichiarazione dei redditi. Anche qui si fa di tutto perché i soldi – o di chi non sceglie o di chi sceglie lo Stato – siano comunque convogliati alla Chiesa cattolica. Che naturalmente fa man bassa di tutto.

Sarà per questo che sulla Rete girano vari video che invitano i contribuenti a pensare bene prima di destinare l’8 per mille alla Chiesa.

Gli italiani credono che questi soldi vadano a opere di bene. Ma solo una minima parte è utilizzata in tal senso. Il resto va ad alimentare i proventi di una Chiesa che è già straricca. Tanto per dirne una, un quarto degli edifici in Italia sono di proprietà della Chiesa. A quale ovviamente non paga l’ICI, anche se il suo edificio è un albergo a quattro stelle.

Si pensi inoltre che questi soldi potrebbero andare a rendere ancora più sfarzose le cerimonie vaticane, in cui il papa si traveste da satrapo orientale, ad alimentare le campagne di disinformazione su bioetica, omosessualità e contraccezione, a risarcire le vittime dei preti pedofili o ad aumentare le ingerenze del Vaticano nella politica italiana.

venerdì 7 maggio 2010

Gli ultimi pagani

Il paganesimo, in estrema sintesi, è una commistione tra l’umano e il divino. Gli dei antichi erano esattamente questo: un’interpretazione umana (troppo umana) della trascendenza, che umana non può essere per definizione (altrimenti che trascendenza sarebbe?). Ecco perché gli dei avevano passioni simili a quelle umane e avevano lo stesso tipo di pensieri e lo stesso tipo di ragionamenti. Erano creduti immortali, ma per il resto erano uguali agli uomini.


Il problema è che non appena l’uomo pensa il divino, immediatamente lo raffigura in termini umani. Se prendiamo il cristianesimo, ritroviamo ancora questa commistione: il dio che si fa uomo, ovvero l’uomo-dio. Tutto sommato, questa religione è soltanto l’ultima espressione del paganesimo, è la prova dell’incapacità di tanti uomini di concepire davvero la divinità.

Pensiamo al mito di Gesù. Un pasticcio teologico, dove dio nasce ancora da una vergine umana, come ai tempi delle avventure erotiche di Zeus sulla Terra. E pensiamo ai riti attuali. Dove i credenti vanno ad ammirare estasiati un telo, convinti di vedere un’immagine di Gesù – cioè di Dio – rimasta in questo mondo.

Il lavoro interiore: le affermazioni positive

Se ci aspettiamo di essere calmi, equilibrati e felici solo quando le cose ci vanno bene, non appena avremo dei problemi ecco che ci sentiremo agitati, squilibrati e infelici. Saremo insomma completamente in balia degli eventi esterni.


La meditazione intende opporsi a questo stato di cose e permetterci di operare preventivamente, allo scopo di tornare ad essere padroni dei nostri stati d'animo.

Questo lavoro interiore consiste nell'elaborare stati mentali (sm) positivi in modo da poterli utilizzare sia come una barriera difensiva sia come antidoti agli sm negativi. Bisogna cioè addestarsi a suscitare sm positivi nei momenti di tregua e non appena sia possibile.

Non bastano però semplici pensieri positivi: per esempio, «io sono calmo, io sono rilassato, io sto bene, ecc». Ciò che cerchiamo non sono tanto i pensieri, le emozioni o le sensazioni positive, quanto sm positivi. Dobbiamo cioè evocare lo stato d'animo della calma, del rilassamento e del benessere, non un semplice pensiero.

Il lavoro interiore consiste proprio in questo tipo di rievocazione nei momenti in cui dovremo affrontare disagi e difficoltà. Si tratta tutto sommato di un addestramento della memoria. Nei momenti in cui saremo agitati, squilibrati e infelici, dobbiamo ricordarci degli sm opposti della calma, dell'equilibrio e della felicità. E rievocarli, ossia riviverli, riprovarli.

Ma il lavoro va fatto preventivamente, nei momenti in cui non siamo assaliti dagli sm negativi. Allora saremo come una roccia che, quando la tempesta si abbatte di sé, resta pur sempre un'isola di pace.

Se per esempio, in un momento di tregua, mi dico: «Devi essere felice, equilibrato, sano, ecc.», non basta che lo pensi, ma devo evocare lo stato d'animo corrispondente, in modo da poterlo rievocare successivamente, durante la tempesta.