martedì 31 luglio 2012

Imperatori e papi


Un uomo politico ha vari mezzi per arrivare a dominare il popolo. Ma il più sicuro è quello di allearsi con il prete. Il prete dà al politico una specie di investitura religiosa e il politici ricompensa il prete finanziando la sua religione. Da che mondo è mondo è sempre andata così - un'allenza fra ipocriti per appoggiarsi a vicenda.
Senza l'imperatore Costantino, il cristianesimo sarebbe rimasto una religione marginale.
Senza l'imperatore Ashoka, il buddhismo non si sarebbe diffuso tanto rapidamente.
Questo ci dice che le religioni sono opera dell'uomo che cerca il potere. La religiosità è un'altra cosa: mente limpida, stupore, contemplazione e presenza attenta.

domenica 29 luglio 2012

La scala verso il cielo

Forse non ci capiterà di diventare dei grandi illuminati - perché non è nel nostro destino o karma. Ma fra il tutto e il niente c'è tutta una serie di gradazioni. E così esistono tante gradazioni fra il buio e la luce, ed esistono vari livelli di sonno e di sogno. L'importante è essere convinti che stiamo dormendo o che la nostra visione è oscurata. Già questo è un buon punto di partenza: non siamo completamente ignari, inconsapevoli, come la gente comune. Intanto, con la pratica della meditazione, possiamo risalire di gradino in gradino, raggiungendo livelli di maggior luce o risveglio. Il cammino è incominciato.

giovedì 26 luglio 2012

La ricerca spirituale


In meditazione cerchiamo qualcosa che non riusciamo a definire. Se lo chiamiamo Sé, Divino, anima, Trascendenza, ecc., rischiamo di avere un'entità "cosificata" che non serve alla nostra evoluzione. Se per esempio parlo di anima, ma non riesco a farne esperienza concretamente, resta un concetto, lettera morta.
Ma è bene che non sia definibile. Se ci fosse la parola esatta, sarebbe un oggetto fra gli altri. E invece deve essere un centro di consapevolezza che fa da testimone a tutto ciò che avviene. Ciò che è definito, infatti, è de-finito, è morto, è un prodotto e un oggetto della mente - e la mente è sempre rappresentazione e interpretazione.
Ciò che cerchiamo è piuttosto una via o un'esperienza che al momento intuiamo, ma non abbiamo. È come parlare di amore a chi non è mai stato innamorato. L'unica cosa certa è che dobbiamo cercare "in noi", nel senso che deve essere una nostra esperienza personale.
Ecco perché non ha senso definirsi cristiani, musulmani, ebrei, buddhisti, ecc. Ciò presuppone che ci sia una via o una verità che sia preconfezionata e valida per tutti. Ma non è così. Ciò che cerchiamo è qualcosa che non può essere né precostituito né insegnato, ma solo esperito, vissuto. Anzi, l'unica condizione per trovarlo, è avere la mente sgombra da pregiudizi e quindi da fedi.
Quando il Buddha dice: "Parlate a agite con mente pura", intende dire: "Parlate e agite con mente libera da preconcetti". E lo stesso affermano Gesù o i taoisti quando ci spingono a recuperare la mente dei bambini, la mente dei principianti, priva di ideologie.
La premessa dunque per la nostra esperienza è lasciar cadere tutto ciò che ci è stato inculcato, tutte le idee e i principi che ci sono stati insegnati. Avere una mente libera e vuota, aperta e ricettiva.
Anche la vecchia idea che Dio abbia parlato soltanto a pochi privilegiati deve essere abbandonata. Dio parla a tutti. Il problema è che nessuno ascolta. Tutti sono occupati a parlare, a pensare e a desiderare. Quindi c'è un gran rumore nella loro testa. E, in quel rumore, non si può ascoltare. Se non si ascoltano gli altri, figuriamoci Dio!
Un po' di meditazione, di ascolto e di silenzio mentale dovrebbe essere la base di ogni religiosità.

martedì 24 luglio 2012

L'ultimo atto del paganesimo



Quando entriamo in una chiesa cristiana, ci rendiamo subito conto che abbiamo a che fare con un'espressione dell'antico (e mai morto) paganesimo: statue, quadri, affreschi, vetrate dipinte, ecc. Talvolta si tratta di opere d'arte, talvolta di paccottiglia di cattivo gusto. Ma quel che si nota è che tutto è predisposto non per meditare o per pensare a Dio, bensì per pensare ad altro. Almeno nei templi musulmani regna il vuoto e il divieto di riprodurre immagini, il che predispone il fedele a concentrarsi sulla trascendenza. Invece nel culto cristiano si fa di tutto perché la mente sia distratta. Il cristiano non sa neppure più dove si trovi o che cosa sia Dio; è abituato a vedersi mediare ogni slancio spirituale dalle immagini di qualche Cristo, di qualche Madonna o di qualche santo.
D'altronde, che molti miti cristiani siano stati presi dal paganesimo è evidente. Per esempio, il mito dell'accoppiamento di Dio con una vergine terrestre è semplicemente l'ultima avventura del buon vecchio Zeus. Ecco come ne parla scherzosamente Osho, che racconta la seguente storiella:
"Dio è depresso. San Pietro suggerisce di fare un viaggio sulla Terra e abbordare una simpatica ragazza greca, possibilmente vestita come all'epoca classica, con un semplice gonnellino molto al di sopra del ginocchio.
"Dio commenta: 'No, un tempo la cosa mi divertiva, e per secoli le ragazze greche mi hanno veramente appassionato. Ma da quella volta in cui feci l'errore imperdonabile di andar dietro a una giovane ebrea, duemila anni fa... maledetti loro, ancora ne parlano' " [Osho, La mente che mente, Feltrinelli, 2006].
Non c'è quindi da meravigliarsi che la civiltà cristiana sia diventata quello che è: la prevalenza dell'apparire sull'essere.

sabato 21 luglio 2012

La follia umana



Ogni tanto, sempre più spesso, qualcuno negli Stati Uniti si arma fino ai denti e si mette ad ammazzare il maggior numero possibile di persone, senza conoscerle, a casaccio. Ma ormai la stessa cosa capita anche in Europa, per esempio è successo da poco in Norvegia e in Germania. È uno dei tanti segni della follia di cui soffre l'umanità. L'uomo - come diceva Nietzsche - è un animale malato... ma è malato nella mente. Le nostre società sono organizzate in base a valori folli. Famiglia, scuola, religione, lavoro, carriera, pensione... tutto è programmato in anticipo. Non c'è quasi bisogno di vivere: è tutto previsto, ci si potrebbe già ammazzare alla nascita. E l'esistenza dov'è finita? L'uomo ha perso il contatto con la natura, esteriore e interiore, e quindi è un essere alienato. Tanto più pazzo quanto più non se ne rende conto. Ha costruito un sistema sociale in cui pochi sfruttano interi popoli, e i popoli sono così scemi da scegliere i più grandi imbroglioni come loro capi. Più uno è squilibrato più farà carriera, e diventerà un grande leader... come Hitler, Mussolini, Assad, Mao tse tung, Pol Pot, Napoleone o il capo di qualche Chiesa. Le religioni esprimono al meglio la follia umana. I cristiani credono che Dio sia sceso sulla terra camuffato da uomo per salvare il mondo (evidentemente è fallito), gli ebrei credono che Dio abbia prescelto per le sue esternazioni un solo popolo (che, guarda caso, è il loro) e i musulmani credono che Dio abbia autorizzato a parlare un solo profeta. E tutti lottano contro tutti per avere il predominio mondiale. Il sistema educativo (familiare e scolastico) esalta valori quali la competitività, l'arrivismo, l'aggressività, ecc. "Devi farcela, devi essere il migliore, devi arrivare primo, devi essere il più ricco..." E, non a caso, nella scuola sono entrati "debiti" e "crediti", tanto per prepararsi meglio a quel succederà dopo. Ecco perché gran parte di queste stragi di ragazzi avvengono nelle scuole. Sono attacchi al sistema scolastico tutto basato sul successo e sulla competizione, tutto orientato all'orientamento professionale. Si uccidono i compagni perché sono rei di accettare supinamente un simile appiattimento. Si uccidono i professori perché sono colpevoli di trasmettere i valori del conformismo sociale. Il sistema economico, basato sempre più sullo sfruttamento e sull'ingiustizia sociale, è un altro segno di questo impazzimento. C'è chi guadagna milioni di euro con un clic sul pc che però getterà sul lastrico milioni di individui, c'è chi guadagna montagne di denaro perché è bravo a calciare un pallone in una rete e c'è chi ha uno stipendio che è centinaia di volte quello di un operaio o di un impiegato. I ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri. La Borsa, la finanza e il mercato sono isterici, e vanno avanti tra un crollo e l'altro, tra un estremo e l'altro. Il terrorismo, fondato sulle religioni e appoggiato dagli Stati, semina morti e stragi, senza un obiettivo che non sia quello di destabilizzare e seminare paura. Il surriscaldamento delle menti umane ha prodotto un surriscaldamento del pianeta. Così anche il tempo è impazzito, e passa in un poche ore da un tifone tropicale a una gelata siberiana. La politica è devastata dalla televisione, al punto che un politico è soltanto un individuo che è bravo a fare l'attore o fare il bei discorsi. Ma poi è facile che non sia capace di governare, ed è già molto se non ruba a man bassa per sé e per i parenti. Nessuno sa più su quali equilibri si basi il mondo, nessuno sembra avere un grano di saggezza. E tutti vivono sfruttando l'ambiente e la natura, come sapessero dentro di sé che non c'è un futuro. La follia dell'uomo nasce tutta da una mancanza di consapevolezza di quanto la mente umana sia degenerata. La coscienza è in realtà frutto del condizionamento sociale, e perciò è molto difficile sfuggire alla follia generale. Nelle scuole non esistono insegnamenti sul decondizionamento mentale. I singoli sono come tanti topi impazziti che corrono da mane a sera per acquistare oggetti inutili o per fare più soldi. Non c'è che un'unica via d'uscita: fermarsi tutti a riflettere. Dobbiamo imparare ad osservarci e ad osservare la follia del mondo. E poi dobbiamo sforzarci di introdurre, non a nome di qualche religione ma per la salvezza del genere umano, valori di pace, di calma, di silenzio e di distacco.

giovedì 19 luglio 2012

Dal mito alla realtà


Al di là dell'idea più o meno mitologica di illuminazione, ciò che ci procura la pratica meditativa, con i suoi metodi di concentrazione e di decondizionamento mentale, è una maggior chiarezza di pensiero accompagnata da una maggior calma. Nello stesso tempo si ottiene o si deve acquisire una visione "filosofica" della vita che ci porti a una semplificazione dell'esistenza e ad una ricerca di essenzialità e di saggezza.
Un Buddha è un illuminato non perché abbia risposto a tutte le domande, ma perché non ha più domande - se ne sta in silenzio, con una mente che non brulica più di pensieri. Fermato quel brulichio di pensieri, idee, ricordi, anticipazioni, fantasie e speranze, vede le cose con più chiarezza, senza schermi, senza tante mediazioni.

L'io diviso



Individuo significa "non diviso". Ma tu non sei ancora un individuo - sei più che diviso, sei frammentato, sei un mosaico di altre persone: un pezzo da tuo padre, un pezzo da tua madre, un pezzo da qualche insegnante, un pezzo da qualche amico, un pezzo dalla religione, un pezzo da qualche libro, un pezzo dalla politica e così via. Sei composto da pezzi di società.
Se vuoi diventare un vero individuo, devi liberarti da tutti questi pezzi di società. Solo così potrai illuminarti o vedere con più chiarezza.
Una persona perfettamente adattata alla società è - come indica l'etimologia - una maschera, la maschera di un attore che recita qualche parte. È dunque un impostore, un mentitore, un ipocrita... un io diviso.

martedì 17 luglio 2012

Sedere in silenzio


Sedere in silenzio senza fare nulla, neppure pensare, può sembrare la cosa più facile del mondo - ma non è così.
Innanzitutto devi restare immobile, e questo il tuo corpo lo rifiuta: vuole muoversi, vuole spostarsi. Ma il problema è comunque risolvibile.
E poi non fare nulla, proprio nulla, nemmeno pensare, ricordare o fantasticare, questo la mente lo rifiuta ancora di più. Ecco perché in genere si dà da ripetere un mantra o si segue il respiro - sono metodi per concentrare l'attenzione almeno su qualcosa. Infatti, la mente ha bisogno di lavorare, di avere un oggetto cui pensare; perfino quando dormi, non smette di operare ed elabora sogni.
Ma, con l'esercizio e la buona volontà, si possono comunque limitare i pensieri e le divagazioni. In particolare, per brevi periodi (per esempio tra un pensiero e l'altro o quando si è stanchi), si possono scoprire intervalli silenziosi, pause, buchi neri.
Ci sono varie occasioni in cui la mente smette di produrre compulsivamente pensieri e si mette da parte a contemplare. Per esempio, quando ammirate qualcosa di bello o di inusitato (un paesaggio, una persona, un'opera d'arte, ecc.). In questi casi i pensieri si concentrano su un unico oggetto e l'animo si riempie di meraviglia. Ecco perché si viaggia: si va alla ricerca di qualcosa che arresti i nostri pensieri e ci riempia di luce. Anche queste sono forme di meditazione inconscia, un mezzo per liberarsi dal peso della mente.

Il Grande Banchiere


Magari il nostro Dio fosse amore, magari i nostri interessi fossero rivolti all'affettività e alle passioni! In realtà Dio oggi è il denaro, il profitto, il mercato, insomma l'economia. Oggi è l'economia che dà un valore a ogni cosa, che domina i nostri pensieri e le nostre emozioni. Guadagni tot? Vali tot. Quanti sforzi e quante energie dedichiamo all'economia e quanti all'amore? Quanto lavoriamo per guadagnare e quanto amiamo? Facciamo un breve calcolo e scopriremo chi è il nostro vero Dio, la nostra vera religione.
D'altronde quasi tutte le religioni nascono da idee di profitti e perdite, di dare e avere. Per esempio ci sono parabole evangeliche dove Dio è paragonato ad un mercante o ad un banchere che presta denaro per controllare chi riesce a farlo fruttare di più. È vero che queste parabole hanno un significa religioso, ma resta il fatto che il linguaggio e l'esempio sono proprio quelli economici. "Date e vi sarà dato... A chi ha sarà dato ancora di più e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha..."
Fare il bene viene visto come un investimento. E chi riesce a far fruttare meglio il proprio capitale di buone azioni avrà come premio il paradiso. Insomma, l'aldilà, il regno dei cieli, è concepito come un conto in banca che frutterà tanto più quanto più si sarà investito in buone azioni. Di conseguenza Dio viene visto come il Supremo Ragioniere che presenta i suoi rendiconti e stabilisce gli interessi dovuti.
Stando così le cose, il nostro mondo è dominato da una ragione strumentale, da un pensiero calcolante, che ci trasforma tutti in investitori, speculatori e accorti calcolatori. Questo è il nostro Dio: la parita doppia, il calcolo dei profitti e delle perdite. E poi ci domandiamo come mai nelle nostre società hanno finito per governare bancheri ed economisti. Non lo sono anche i nostri preti?

L'illuminazione fuori dai miti

Molti credono che illuminarsi significhi vedere aprirsi i cieli, essere abbagliati da una grande luce e capire ogni verità. Può darsi che questo sia avvenuto ai grandi profeti. Ma per noi, modesti ometti, l'illuminazione è qualcosa di più semplice. Come dice la parola, è un gettare un po' di luce nel buio che ci avvolge di solito, è vedere con più chiarezza nella confusione di tutti i giorni, è capire qualcosa di più non solo dei grandi problemi esistenziali ma anche degli uomini e dei fatti cui ci capita di assistere. E non è poco. Basta sedere in silenzio senza fare nulla, ma con il preciso intento di veder chiaro, di liberarsi di ogni mediazione mentale per puntare diritti verso il proprio centro.

domenica 15 luglio 2012

Bodhidharma


Quando il monaco indiano Bodhidharma si recò in Cina per diffondere il buddhismo, l'imperatore Wu lo fece convocare e gli domandò di definire la sua nuova religione, che si sarebbe chiamata ch'an e poi zen. Bodhidharma rispose:

"Un insegnamento speciale al di fuori delle Scritture,
indipendente da parole e da lettere,
in cui si mira direttamente allo spirito dell'uomo.
Contemplando la propria natura
si realizza la natura del Buddha."

L'imperatore non capì nulla. Ma Bodhidharma aveva enunciato i principi fondamentali della meditazione. Prima di tutto qui non ci sono scritture più o meno sacre che invece sono fondamentali nelle altre religioni. Qui non ci si deve perdere nelle interpretazioni teologiche o nelle speculazioni filosofiche. Qui non c'è nessuna autorità, che non sia il proprio spirito più profondo.
La verità, la realtà, abita all'interno dello spirito umano e, per scoprirla, non bisogna cercare né nei testi sacri né nelle parole autorevoli di qualche personalità, ma direttamente dentro di sé, nella propria natura. Bisogna insomma puntare verso il centro e il fondo di se stessi, senza intermediazioni culturali, anzi liberandosi delle interferenze della mente che tutto interpreta e falsifica.
Non ci sono vere e proprie tecniche. O, per meglio dire, le tecniche hanno un unico scopo: far convergere l'attenzione e la concentrazione verso la propria natura essenziale. Questa natura essenziale è anche la natura di tutti i Buddha, ossia di tutti gli esseri illuminati.
Se volete meditare, questo dovete fare. Dovete capire che cosa significhi "mirare direttamente allo spirito dell'uomo" e sparare il vostro colpo. Bastano anche pochi istanti. Ma dovete essere al meglio della vostra chiarezza mentale e dovete provareil bisogno di svegliarvi dallo stato di torpore in cui vi trovate abitualmente per diventare sempre più sensibili e consapevoli.

venerdì 13 luglio 2012

Religioni e potere

In Germania i giudici del tribunale di Colonia hanno stabilito che la circoncisione, anche se praticata per motivi religiosi, equivale a una mutilazione. Infatti, con questo intervento "il corpo di un bambino subisce una modificazione stabile e irreversibile, contraria all'interesse del bambino stesso che dovrà decidere più tardi e da solo la sua appartenenza religiosa". Finalmente una sentenza di altissima civiltà, da applicare anche al battesimo. Sarebbe ora di finirla di voler decidere per i bambini; si tratta di un'appropriazione indebita della loro volontà, di un tentativo di arruolarli in una religione. Sareste contenti se qualcuno decidesse per voi, fin dalla nascita, che appartenete ad un partito? Così è per queste cerimonie religiose. Rispettiamo una volta tanto la libertà del bambino. Nel cattolicesimo, per condizionare la mente degli ingenui, si è giunti perfino a dire che i bambini morti senza essere battezzati finiscono all'inferno o nel limbo! Come mai le religioni sono sempre in prima linea quando si tratta di coartare la volontà delle persone? Evidentemente sono più strumenti di condizionamento che strumenti di liberazione dell'individuo. Ecco perché finiscono per piacere tanto a chi esercita il potere.

Reale e irreale


Non stiamo fingendo di fare i santi o gli spirituali. Non stiamo cercando né paradisi né inferni. Cerchiamo di uscire dalla confusione, dall'ignoranza e dalla sofferenza che ci attanagliano. Decidiamo della nostra vita e del nostro essere. Scegliamo se prendere in mano la nostra evoluzione o lasciare che siano le condizioni a trasportarci qua e là. Per meditare, dunque, ci vuole serietà: questo è l'unico atteggiamento utile. Siamo con l'acqua alla gola, abbiamo poco tempo e non ne possiamo più di evasioni, di giochetti, di religioni e di miti. Ciò che cerchiamo è la verità, anzi la realtà; distinguere ciò che è reale da ciò che è irreale.
Il grande nemico dell'uomo non è né qualche Demonio, ma l'ignoranza. È l'ignoranza che domina il mondo.
Per ignoranza non intendiamo la mancanza di cultura; anche la cultura ti mantiene nell'ignoranza  spirituale - un professore di università può essere altrettanto ignorante di un analfabeta. L'ignoranza di cui parliamo, infatti, non è la mancanza di cultura, ma la mancanza di consapevolezza. E qui tanto l'analfabeta quanto il professore possono essere allo stesso livello.
Che cos'è allora la consapevolezza? È la capacità di distinguere ciò che è reale da ciò che è irreale.
Che cosa è reale? Ciò che riguarda l'essere. E che cosa è irreale? Ciò che riguarda l'apparenza. Il titolo di studio, il ruolo sociale, la moda, il denaro, l'età, il sesso, la nazionalità, le proprietà, la notorietà, l'appartenenza etnica o religiosa, perfino il corpo, perfino le emozioni, perfino l'ego... insomma tutto ciò cui noi oggi diamo tanta importanza non è che apparenza: riguarda il lato superficiale dell'essere. Al contrario, ciò che riguarda il fondo o l'essenza dell'individuo è la vera realtà.
La realtà è ciò che non scompare quando mutano le condizioni.
Scopo della meditazione è sviluppare questa consapevolezza, mirando all'essenziale. Quando sogni, credi che tutto sia reale. Ma poi ti svegli e scopri che non è così. Anche la nostra vita abituale non è che una specie di sogno, dove contano valori e cose che scompaiono non appena diventi più sensibile.
L'ignoranza ci fa vivere in uno stato di confusione e di annebbiamento che ci fa sprecare l'esistenza alla ricerca di cose che non contano. Il mondo è infelice e soffre proprio perché non riesce a capire questa semplice verità.
Bisogna dunque addestarsi a distinguere ciò che è importante da ciò che è inutile, ciò che è profondo da ciò che è superficiale, ciò che è convenzionale da ciò che è basilare, ciò che ci fa dormire da ciò che ci sveglia. Dobbiamo disidentificarci dai ruoli sociali se vogliamo trovare l'essere reale.

giovedì 12 luglio 2012

L'albero della conoscenza del bene e del male


Nellle nostre religioni infantili, Dio è identificato con il bene, l'amore, la vita, ecc. "Dio è vita" si sente dire spesso, sottintendendo che la morte, il male e la violenza siano prodotti da qualche essere maligno, magari il Diavolo. Infatti san Paolo arriva a dire che "l'ultimo nemico a essere sconfitto sarà la morte" - grande ingenuità, che non tiene conto del fatto che queste contrapposizioni sono un prodotto mentale, una divisione arbitraria. Non si dovrebbe mai parlare di vita, ma di vita-morte, e anche di amore-odio e di bene-male. I termini contrapposti sono tali solo per la mente dualistica, ma nella realtà sono complementari.
Bisogna guardare ad Oriente per trovare un'idea ben diversa, e è più intelligente, della realtà. Per esempio, il buddhista Hakuin scrive nel suo "Canto dello Zazen":

"Tutti gli esseri senzienti sono essenzialmente dei Buddha.
Come non può esserci ghiaccio senza acqua
Così non ci sono Buddha senza esseri senzienti.

"Non sapendo quanto sia vicina la verità
Noi la cerchiamo lontano, che pena!
Siamo come l'uomo che in mezzo all'acqua
Si lamenta disperatamente per la sete.
Siamo come il figlio di un ricco
Che si è perso tra i poveri.

Trasmigriamo attraverso i sei regni
Perché ci siamo persi nell'oscurità dell'ignoranza.
Vagando nell'oscurità
Come possiamo liberarci della nascita e della morte?"

Questo è il punto: non ci si può liberare della morte come se si trattasse di un prodotto di scarto. La morte è essenziale alla vita, proprio come la vita è tale solo perché c'è la morte. Su questi concetti bisogna meditare se si vuole uscire dalle trappole della mente e comprendere la realtà nella sua interezza.
Anche i rishi delle Upanishad ribadiscono che lo scopo della contemplazione è il superamento del dualismo: "Avendo superato il bene, avendo superato il male, egli è al di là di tutti i tormenti del cuore... Egli non può essere dominato dai due pensieri 'ho fatto il male, ho fatto il bene' perché all'uno e all'altro è superiore" [Bhradaranyaka Upanishad].
Certo si tratta di un atteggiamento che sembra estraneo alla nostra cultura, tutta incentrata sulla contrapposizione bene-male, vita-morte, amore-odio, ecc. Ma, senza oltrepassare questo modo di ragionare, senza mai riflettere su questa eterna e inutile lotta fra enti e valori contrapposti, non raggiungeremo quella pace, quella liberazione, che cerchiamo.

lunedì 9 luglio 2012

Oltre il dualismo


La paura della morte è collegata ovviamente alla convinzione dell' "io sono". Penso, dunque sono. Penso, dunque sono cosciente di essere. Ma questa convinzione resta un prodotto mentale. Noi pensiamo di essere vivi, di essere un io. Questa è l'impostazione di partenza. Un albero o un animale non pensano di essere vivi - lo sono e basta. Noi aggiungiamo una coscienza. Se crediamo nell'essere vivi, nell'essere un io, abbiamo paura di essere privati della vita e dell'io. Se però questo essere vivi e questo io non fossero che un prodotto della mente, chi potrebbe morire?
È la coscienza che commette l'errore, che compie la discriminazione. Perché, per essere coscienti, dobbiamo dividerci in due: il soggetto e l'oggetto. In questa divisione nasce l'idea di essere separati. La coscienza è separazione. La coscienza distingue non solo il soggetto che è cosciente dall'oggetto di cui è consapevole (l'io separato), ma anche tutte le coppie di opposti: inizio-fine, vita-morte, ecc.
In sostanza è la coscienza che crea le idee di separazione e di contrapposizione, distinguendo arbitrariamente realtà che sono inseparabili. Ma non c'è una netta contrapposizione fra vita e morte. Si tratta di trasformazioni. Siamo sempre vivi, anche se in forme differenti, e non siamo mai definitivamente morti.
È questo che dobbiamo imparare a percepire, passando da una comprensione intellettuale della complementarità degli opposti ad una vera e propria esperienza. Non c'è inizio, non c'è fine. C'è un processo di continua evoluzione.
Per esempio, per noi il sole tramonta e sorge: questa è la nostra esperienza. Ma, conoscendo a fondo le cose, apprendiamo che il sole non sorge e non tramonta. E, se un giorno si estinguerà, continuerà a esistere in qualche altra forma, in un buco nero o chissà che altro.
La consapevolezza che dobbiamo acquisire non è più lo stato dualistico della coscienza che divide e contrappone, ma la visione che trascende gli opposti e che li contempla entrambi, comprendendoli.

Le contrapposizioni


Le religioni del bene hanno sempre prodotto un gran male, le religioni dell'amore hanno sempre prodotto molto odio, le religioni della pace hanno sempre prodotto tanta guerra. Come mai? Perché vivono all'interno di una coscienza dualistica che distingue e contrappone principi che in realtà sono complementari.
Solo uscendo dalla visione duale si può evitare di creare l'opposto di ciò che si cerca. Dobbiamo insomma contemplare l'unità degli opposti, giungendo ad una consapevolezza superiore.
Solo le religioni dell'Oriente, al loro più alto livello, hanno capito questa semplice verità. Ma anche loro non hanno saputo applicarla alla vita di tutti i giorni.
Si predica l'amore solo perché si è già contrapposto: chi non è con me è contro di me.

venerdì 6 luglio 2012

Le particelle di Dio


Pare che sia stata scovata "la particella di Dio", il bosone di Higgs, che darebbe una massa a tutte le altre particelle. La sua importanza deriva dal fatto che costringerebbe le componenti della materia ad aggregarsi e a interagire fra loro; si tratterebbe perciò di una specie di colla universale. Sarebbe apparsa un nanosecondo dopo il Big Bang, circa 14 miliardi di anni fa. Le stelle, i pianeti e gli esseri viventi devono la loro esistenza a questa particella. Sembrerebbe dunque che Dio sia un grande fisico, che prima ha calcolato un piano perfetto e poi ha sparato il suo unico colpo. Da quel momento tutto si sarebbe svolto secondo un programma preordinato che ha portato la creazione ad essere ciò che vediamo. Ma, in questa concezione scientifica, non si scorge nessun altro intervento - Dio c'è stato all'inizio e poi si è ritirato. E, soprattutto, non si vede ombra di un qualche interessamento a ciò che è stato creato. Come un maschio irresponsabile, Dio ha sparato la propria energia e poi è fuggito da ogni responsabilità. Indifferente agli immani cataclismi della creazione e alla sorte delle creature.
Da questo Dio dei fisici non viene un'immagine rassicurante: più che altro un bombarolo, amante degli esplosivi. Una mente gelida, lontanissima da quel che ci aspettiamo da un Dio Padre o Madre. Un universo desolatamente vuoto dell'elemento divino.
Tra il gelido Dio dei fisici e l'infantile Dio delle religioni, con i suoi profeti, i suoi salvatori, i suoi libri sacri, i suoi preti, i suoi paradisi, i suoi inferni e la sua immancabile assenza, c'è una terza via.
L'osservazione e la riflessione ci dicono che Dio, in quanto energia creatrice, è volontà di vita - di vita e di morte. Morte per vivere e per rinnovarsi. Potente spinta all'affermazione e al rinnovamento della vita, in tutte le forme possibili. Non soltanto qualcosa che sta all'inizio e poi si ritira, ma una Forza che continua ad essere e a frammentarsi. Il divino in tal senso è dappertutto, dalle prime particelle  agli esseri pensanti.
La vita infatti non è fine a se stessa, non è qualcosa di concluso e di fisso. La vita è cambiamento, processo ed evoluzione. Non basta quello che siamo e quello che abbiamo raggiunto; dobbiamo andare avanti, dobbiamo essere sempre di più e meglio. Se la coscienza è un punto di svolta, la sua progressione non è finita.
La spinta prepotente della creazione non lascia immobile nessuna cosa. Tutto deve trasformarsi e crescere. Siamo sospinti dalla forza di questo immenso fiume.
Forse, ogni tanto, vorremmo resistere e fermarci. Ma ormai la spinta è dentro di noi, è... noi. Anche se ci rintaniamo in una caverna o in monastero, essa non molla la pressione e ci fa andare avanti, verso il prossimo stadio. Si chiama tempo, si chiama vita-e-morte, si chiama evoluzione. Non possiamo bloccarci, non possiamo tornare indietro, non possiamo opporci - siamo tutti particelle di Dio. Ecco perché, invece di invocare un salvatore esterno, è meglio far appello alla spinta divina che è già in noi. Guardiamo bene in fondo a noi.

mercoledì 4 luglio 2012

Il sé eterno?


Il fatto che esista dentro di noi qualcosa che sembra non cambiare nonostante il passare degli anni viene considerato una prova della presenza di uI n'anima. Ma noi non abbiamo bisogno di un centro immutabile: questo è un modo vecchio di ragionare. Noi abbiamo bisogno di qualcosa che si trasformi, che si evolva.
Un sé immutabile sarebbe una pietra tombale. Siamo già stati pesci e rettili (ne conserviamo tracce nel cervello), ma poi siamo cambiati.
Alla farfalla non interessa sapere che cosa provava quando era una pupa. Quello che noi chiamiamo sé è un cunicolo che ci serve per uscire all'aperto, in un nuovo mondo.
Non bisogna dunque aver paura di perdere quell'ultimo nostro possesso, cui teniamo di più. È una perdita necessaria.