lunedì 27 giugno 2011

L'ascolto meditativo

Fu chiesto a Madre Teresa di Calcutta quali parole usasse quando pregava Dio. Lei rispose: "Nessuna parola... Ascolto". "E che cosa le dice Dio". "Dio non parla... Ascolta".
Insomma, parlare è da tutti. Ascoltare è da pochi.
Ma come si fa a mettersi in ascolto? Bisogna smettere di parlare, bisogna smettere di pensare in termini di io e di mio, e bisogna interrompere ogni chiacchiericcio interiore. Insomma, fare il più possibile il vuoto.

giovedì 23 giugno 2011

Capire l'amore

Qualcuno mette in contrapposizione l'amore per sé all'amore per gli altri. Niente di più sbagliato. Per esempio, la Bhradaranyaka Upanishad dice: "Non è per amore delle creature che esse ci sono care, ma per amore di sé (o del Sé)". Come mai? Sembra che l'amore "egoistico" sia in contrasto con l'amore "altruista". Ma non è così. L'amore per sé è il fondamento della possibilità di amare anche gli altri... quando per sé non ci riferiamo al piccolo ego, ma al Sé che è parte della Totalità, che è il Tutto. In realtà, il vero egoista ama un'immagine falsa di sé, un'immagine distorta. Non ama il Sé come Totalità, ma un ego ristretto e separato da tutto il resto. Quando Gesù dice: "Ama il prossimo tuo come te stesso" mette sullo stesso piano l'amare se stessi e l'amare gli altri, e identifica il Sé con Dio, ossia con il Tutto.
Il problema è che noi consideriamo il sé come un ego diviso e contrapposto. E innalziamo confini per delimitarlo. Ma l'essenza dell'amore non è un sentimento romantico, bensì la scoperta di un legame di unione, la scoperta che ognuno di noi non è un'isola separata. E' una questione di visuale. Provate a togliere l'acqua dal mare e scoprirete che anche le isole non sono affatto separate dai continenti. Tutto è unito.
Se manca questa scoperta, manca la possibilità d'amore. E allora si entra o si resta nel vero ego-centrismo. Tuttavia questa scoperta non è istintiva, e ha bisogno di un minimo di meditazione. L'isola non potrà mai capire che non è veramente isolata finché non alzerà lo sguardo al di là di sé, verso il verso Sé.

mercoledì 15 giugno 2011

Tensione e meditazione

Noi non ce ne accorgiamo ma perfino contrarre un muscolo è una fatica. Chiudere o aprire una mano, fare un passo, camminare, stare in piedi con addosso la forza di gravità, battere le palpebre, pensare o respirare... tutto ciò comporta uno sforzo. Anche le cose più piacevoli, come mangiare o fare l'amore, sono sforzi. In breve, venire al mondo è uno sforzo, vivere è uno sforzo. E sforzo è sempre sinonimo di sofferenza.
La meditazione non deve invece essere uno sforzo, un fare; ma un mettere fine ad ogni sforzo, uno smettere di fare. Tuttavia, abituati come siamo a fare qualcosa, a conquistare una meta o a raggiungere un obiettivo, crediamo che anche meditare comporti una qualche fatica, un tendersi o un protendersi verso qualcosa. Niente di più sbagliato.
L' "azione" coinvolta nella meditazione è più un lasciar andare, un mollare la presa, un allentare la tensione... di vivere. Ciò che cerchiamo non è una cosa da conquistare, una meta da raggiungere, ma ciò che abbiamo fin dall'origine e che soltanto i nostri sforzi ci hanno allontanato. Se la vita è un tendersi, la meditazione è un dis-tendersi.

giovedì 9 giugno 2011

Il silenzio meditativo

Il silenzio meditativo non è soltanto un non parlare, come fanno certi monaci. Ma un far tacere l'intero complesso della mente, un lasciar cadere il tentativo di comprendere (cum-prendere) con il linguaggio limitato ciò che è incondizionato o semplicemente ciò che non è razionale. Infatti, poiché la parte non può comprendere il tutto, la parola,il pensiero e la ragione non possono comprendere ciò di cui sono solo una minima parte.
All'origine del tutto ci si avvicina meglio nel silenzio meditativo, che è più un'apertura, un lasciar andare tutti gli strumenti condizionati della conoscenza.
D'altra parte, le cose fondamentali dell'esistenza non sono comprensibili intellettualmente. Nessuna sa "dire" che cosa sia la vita, l'amore, l'angoscia o la morte. Sono esperienze che tutti facciamo ma che non possono essere comprese intellettualmente. Ecco perché è meglio lasciarla cadere, piuttosto che dare definizioni da catechismo infantile.
Nel silenzio della mente, possiamo ottenere, per quanto possibile, squarci di una verità superiore.

martedì 7 giugno 2011

I paradossi della meditazione

La meditazione è sempre paradossale. Si usa la mente per liberarsi della mente. Si usa l'ego per liberarsi dell'ego. In apparenza è impossibile. L'ego non rinuncerà mai al proprio controllo e alla propria opera di falsificazione del reale. La mente non potrà mai uscire da se stessa. Anzi, ad ogni sforzo si fortificherà sempre di più.
Ma allora le tecniche non servono a nulla? Sono soltanto una specie di tranquillante naturale? Come seguire il proprio respiro?
Il problema è che più ci si sforza, più ci si concentra, più ci si impegna, più si tenta di raggiungere una meta... più si arroventa l'attività mentale e più si arrocca l'ego. E, quindi, ottenere uno stato di calma e di tranquillità è un esercizio propedeutico.
Lasciare andare la propria avidità egoica è uno strumento utile proprio ai fini di una visione non mentale, non egocentrica, non diretta dall'ego. In un certo senso non si può "fare" meditazione. La meditazione avviene da sola, si fa da sé... quando si lascia andare il controllo della mente.

venerdì 3 giugno 2011

Testimoni

E' difficile per chi ama, odia, è arrabbiato, è in ansia, ha paura, ecc., è difficile proprio in quel momento riconoscere che lui non è quei sentimenti. Io sono i miei sentimenti, io sono le mie emozioni, io sono i miei pensieri - dirà con convinzione. Eppure, se si calma un po', se mette la mente in riposo, e si guarda agire e reagire, incomincerà a vedersi con distacco, a mettere una certa distanza fra sé e quell'ego che strepita - e capire che il suo sé è altrove.
Quando si è in uno stato di pace (per quanto temporanea), si può vedere lo spazio che s'interpone tra il sé e l'ego frenetico, sempre attivo, sempre pensante, sempre emotivo, tra il centro calmo del proprio essere e la periferia agitata.
Lì la meditazione. E un po' di gioia. Lì il testimone.
Per questo in fondo siamo al mondo: per essere testimoni dell'essere.