lunedì 28 novembre 2011

L'inquinamento dello spirito

Noi uomini abbiamo ridotto la natura ad un immondezzaio. Dopo averla sfruttata fino in fondo tagliando foreste, attingendo acqua, contaminando sorgenti e fiumi, inquinando l'aria, estraendo petrolio e minerali, ecco che la usiamo per buttarci i nostri rifiuti. Perfino sulle montagne o nel profondo degli oceani troviamo le nostre immondizie. Perfino l'aria delle nostre città è irrespirabile. Ma ci siamo dimenticati di una cosa fondamentale: che noi siamo parte della natura, che siamo natura; e quindi il modo in cui trattiamo la natura esterna è indicativo del modo in cui trattiamo la natura interna, la nostra mente, il nostro spirito. Stiamo segando il ramo su cui viviamo. Ecco perché siamo confusi e non possiamo fermarci un attimo a riflettere, a meditare, a contemplare. Non abbiamo rispetto né della natura esterna nè della nostra stessa natura, che attingono alla stessa fonte. L'inquinamento materiale non è che un riflesso di un inquinamento mentale. E il risultato è sotto i nostri occhi. Un mondo devastato, in cui tutti stanno male. Chi è che ha incominciato questa folle corsa dominata solo dagli imperativi economici? Forse non siamo la creatura più evoluta del mondo, forse siamo un errore, una variabile impazzita... della natura. Nei momenti di crisi bisogna fermarsi, fare il punto della situazione e poi riprendere con un ritmo diverso, con una nuova consapevolezza. Ma non può nascere un mondo nuovo se non ci si ferma a meditare.

domenica 27 novembre 2011

I totalitari

Di fronte ai totalitarismi la Chiesa è sempre stata pavida, in tutta la sua storia. Lo conferma ogni studio. Come scrive lo spagnolo Miguel Dalmau in La notte del Diavolo (Gremese ed.), "quel che accadde con Pio XII ai tempi del nazismo è accaduto in tutte le dittature dei paesi cattolici, per esempio in America Latina. La spada e la croce non sopravvivono separate". Ma non si tratta soltanto di pavidità, è qualcosa di ben più grave: di tratta di consonanza fra regimi totalitari. Nel DNA della Chiesa non c'è né libertà né democrazia, ma la dittatura. Non propugna la religione del Capo Supremo, del Padrone Assoluto? Dunque... La disgrazia italiana, la sua vocazione per il fascismo, sta tutta qui: nell'essere la sede della Chiesa.

lunedì 21 novembre 2011

Il problema di Dio

Da una parte c'è la teologia tradizionale che ci parla di un Dio onnipotente che sarebbe anche Bontà e Amore, e dall'altra parte c'è la constatazione che l'universo da lui creato è un'immane macelleria in cui tutti divorano tutti, in cui tutti combattono tutti e in cui gli esseri viventi sono specie di cavie da laboratorio, destinate comunque ad essere sacrificate per il progresso generale. Date un'occhiata all'Africa o a certi paesi del terzo mondo, dove milioni di bambini muoiono di fame e di malattie, dove si muore giovani e dove chi comanda è semplicemente l'individuo più feroce. Questa è la storia del mondo. I conti non tornano. Come può un Dio così buono creare un mondo così violento e concepire un meccanismo infernale come quello dell'evoluzione, dove i più deboli finiscono ammazzati? Chiunque di noi, se potesse concepire e creare un mondo per i propri figli, lo farebbe migliore - non questa specie di teatro di guerra. Ma forse siamo noi che abbiamo messo il carro davanti ai buoi, e all'origine non c'è affatto un Dio come quello immaginato dai teologi. C'è piuttosto un'oscura forza confusa che cerca faticosamente, dolorosamente, di venire alla luce. Dunque, Dio non sarebbe all'inizio, ma alla fine. Dio deve ancora nascere. E può nascere solo da uno sviluppo ulteriore della nostra consapevolezza. C'è ancora un salto evolutivo da compiere.

domenica 20 novembre 2011

Conversioni celebri

Certe conversioni di personaggi della politica o dello spettacolo, che poi ne fanno ostentazione nelle interviste televisive o giornalistiche, non mi convincono. Soprattutto se vengono presentate come un ritorno alla tradizione. Non ci vedo spiritualità, profondità, autenticità. Loro forse sono sinceri, ma non si rendono conto di continuare a recitare una parte, prima quella dei trasgressivi e ora quella delle pecorelle che tornano all'ovile. Come diceva Schopenhauer, "le religioni come le lucciole, per splendere, hanno bisogno dell'oscurità". I preti si fregano le mani perché per loro è tutta pubblicità, e anche quei personaggi si fanno pubblicità. Ma, da individui supeficiali, che lavorano per lo spettacolo, ossia per l'esteriorità, non sanno che cosa sia la vera religione. Come sosteneva Spinoza, "per il volgo religione significa tributare un grande onore al clero". Troppo poco, anzi niente. Gesù li conosceva bene... quelli che, quando fanno l'elemosina, "suonano la tromba davanti a sé", quelli che, quando pregano "stanno ritti nelle sinagoghe o agli angoli delle piazze per farsi vedere dagli uomini" (Mt 6). E consigliava: "Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo in segreto...". Tutto un altro stile.

venerdì 18 novembre 2011

Vecchiaia e saggezza

Invecchiare è perdere, diminuire, disfarsi, alleggerirsi, restringersi, ecc. Ogni giorno diminuiscono le forze, ogni giorno si perde qualcosa.
Ma anche la saggezza segue lo stesso percorso. Non è un accumulare, ma un disfarsi dei fardelli e dei condizionamenti culturali, sociali e psicologici. Lo conferma Lao-tzu quando dice: "Chi segue la via del mondo guadagna ogni giorno, chi segue la via del Tao perde ogni giorno". Lo conferma Gesù quando dice: "Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l'avrà perduta la salverà... il più grande tra voi diventi come il più piccolo... chi è il più piccolo tra voi questi è il grande... se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso".
Saggio non è dunque chi accumula beni, nozioni o forza egoica, ma colui che si alleggerisce, colui che lascia andare a poco a poco ogni avere, ogni idea di possesso. Perché questo è il senso dell'ultima parte della vita: disfarsi a poco a poco di ogni cosa, fino a perdere quell'ultima "proprietà" che è il proprio ego.
Se la saggezza è la via che porta all'illuminazione, allora la vecchiaia è il momento più favorevole per giungere ad una chiara visione di noi stessi, delle persone e del mondo.

venerdì 11 novembre 2011

Le vie dello spirito

"Ispirazione" è una parola molto vicina a respirazione e dunque a spirito. Questo significa che c'è ispirazione solo quando c'è spiritualità. E lo stato di spiritualità si identifica con uno stato di quiete anche fisico. In tedesco "respiro", Atmen, proviene dal sanscrito Atman, che è l'anima individuale. In greco spirito si dice pneuma, ma pneuma indica anche il vento.
Respirare, spirare, soffiare... nella Bibbia si dice che Dio, per creare l'uomo, "soffiò" nelle sue narici "l'alito della vita". E nel Nuovo Testamento si dice che lo spirito è come il vento, che soffia dove vuole. Nelle Upanishad, il soffio vitale, il prana, è identificato con il respiro, il soffio e il principio vitale dell'universo (l'Atman), ed è un riflesso del Brahman, ossia del divino.
"Entusiasmo" è un termine che in greco significa "essere ispirati in Dio". Questo significa che la vitalità, la creatività, la calma, la concentrazione, il benessere e la spinta vitale sono considerati qualcosa di divino, in tutte le culture.
Quando si è nello spirito e nel divino si è sulla strada giusta. Quando invece mancano ispirazione ed entusiasmo si è in crisi, si è depressi, non si progredisce.
Allora domandiamoci ogni giorno: c'è ispirazione e c'è entusiasmo nella mia esistenza? Non a caso in italiano si dice "essere su di spirito" o "essere giù di spirito" per indicare se siamo vitali, creativi e tonici o al contrario negativi e depressi.
Naturalmente, se le cose vanno male, se accadono fatti spiacevoli o drammatici, non si può essere su di spirito. Ma si può comunque essere spirituali, perché possiamo capire verità che non potremmo capire in nessun altro modo. Questo dà un senso agli alti e bassi della vita, e alla sofferenza stessa.
L'importante è non perdere di vista il nostro stato d'animo, fare continuamente un esame di coscienza. Il che è un altro aspetto della meditazione come spiritualità. Tutto torna. Tutte le strade portano da un'unica parte... se si è consapevoli.

domenica 6 novembre 2011

L'io e Dio

Le religioni che dominano il mondo - cristianesimo, islam e giudaismo - sono vecchie e tragicamente obsolete, perché incatenano le coscienze dei loro credenti a idee superate. Ed è anche per questo che l'umanità fa così fatica a progredire. La convinzione più superata è naturalmente quella di Dio, intesa come una persona cui ci si possa rivolgere per chiedere aiuto. Ma se questo aiuto esistesse il mondo non sarebbe così pieno di orrori, di guerre e di sofferenze. In sostanza, quando l'uomo non sa più a chi rivolgersi ecco che pensa a un Dio, perché così gli è stato insegnato. In tal modo, credenti e non credenti sono indotti a rivolgersi ad una specie di padrone o padre supremo che avrebbe il potere di sovvertire le leggi naturali, le sue stesse leggi. Idea quanto mai ingenua e soprattutto fallace. Tutti coloro che si rivolgono a Dio nei momenti di difficoltà grave non sviluppano alcun tipo di spiritualità. Pregano qualcuno, e basta. Con questo noi non voglio dire che Dio non esiste, ma che non è affatto una persona esterna a noi. Non è qualcosa di diverso dalla nostra più profonda interiorità. Ecco il punto. Dio non si trova in qualche posto fra le nuvole, come sembrano credere i fedeli delle religioni. Non si trova né qui né là. In tal senso Dio è solo una scorciatoia, una semplificazione. Nessuna religione, per quanto superficiale, spinge a credere che basti una preghiera qualsiasi per "comunicare" con Dio. Tutte precisano che ci vogliono concentrazione e attenzione. Salvo poi non svilupparle affatto nella vita di tutti i giorni. Solo la cultura della meditazione ci indica la strada della concentrazione e dell'attenzione per cercare di "comunicare", anzi di sintonizzarsi, con questo Dio - inteso come Essere. L'Essere non è una persona, non è nè un padre né una madre, non è un padrone. E si trova non in qualche iperuranio, ma dappertutto. E soprattutto "dentro" di noi. Quindi la maniera più diretta per entrare in contatto con esso è fare silenzio nella mente, raccogliersi, concentrarsi e cogliere il nostro stesso Essere. Infatti il nostro Essere è parte dell'Essere. E questo Essere non c'è bisogno di pregarlo, perché sa già ciò di cui abbiamo bisogno. Se per esempio mi concentro sul mio respiro, lo percepisco, lo sento, i miei pensieri "profani" si arrestano, io mi raccolgo, mi interiorizzo e sciolgo il mio Essere individuale nell'Essere universale. E' così che comunico con il Tutto senza bisogno di pregare un Padrone, senza commettere l'errore di dividere l'io da Dio. Ogni tanto qualcuno parla di guarigioni miracolose, ma, a parte il fatto che molti guariscono da strani mali anche senza pregare Dio, ci si dimentica sempre di dire lo stato d'animo in cui si è pregato Dio - lo stato d'animo di chi si sente in punto di morte. Non è insomma lo stato d'animo di chi dice la sua preghierina serale. E' lo stato d'animo di chi esclude tutto il resto e penetra nella propria anima. Lo stato d'animo... dell'anima.

mercoledì 2 novembre 2011

Illuminarsi

Quando si parla di meditazione, molti credono che si tratti di astrarsi dalle faccende del mondo. E questo è vero per il tempo in cui si medita. Ma lo scopo è in realtà un veder più chiaro (a questo si riferisce la parola "illuminazione"). Si fa tacere la mente non per rincretinirsi, ma per liberarsi dai condizionamenti... e per vedere con più chiarezza se stessi, gli altri e il mondo. Il meditante non è dunque affatto uno che si isola dal mondo. E' una persona che, vedendo più chiaro, è in grado di agire e di giudicare in tutti i campi dell'esistenza compiendo meno errori degli altri. Questo significa anche che parliamo di un processo, non di uno stato fisso.

Il regno dei cieli

Non c'è solo l'Oriente a dare indicazioni. Tutti i mistici hanno qualcosa in comune. Per esempio, Gesù ha detto: "Il regno di Dio non viene in modo che si possa osservare. Nessuno potrà dire 'eccolo qui' o 'eccolo là', perché il regno di Dio è già in mezzo a voi" (Lc 17, 20-21). La frase è stata variamente interpretata. I più materialisti hanno detto che Gesù si riferiva a se stesso, ossia al Redentore; ma in tal senso egli apparirebbe troppo presuntuoso. Altri hanno detto che Gesù si riferiva a quello stato di felicità che è sempre dentro di noi e che può essere recuperato (con la meditazione) astraendosi dalle preoccupazioni e occupazioni quotidiane. In effetti questo "regno dei cieli", questo stato di gioia dell'essere, è sempre dentro di noi ed è sempre in mezzo a noi nel senso che è uno stato mediano tra gli estremi. Un senso di benessere, come quando si contempla, senza pensieri, un bel tramonto o la distesa del mare, la pioggia o il vento, un fiume o una montagna, ecc. Momenti di liberazione dalle tensioni (e dalle sofferenze) del mondo. Non a caso, nella cultura della meditazione, si utilizza la metafora del cielo sgombro dalle nuvole. Lo spazio interiore è esattamente il regno dei cieli.
Peccato che i seguaci di Gesù non l'abbiano capito e abbiano interpretato tutto in senso materialistico. Il regno dei cieli sarebbe il paradiso ultraterreno e Gesù sarebbe il figlio di Dio. Ma anche un mistico musulmano come al-Hallag disse: "Io sono Dio" intendendo riferirsi al fatto che in ogni uomo alberga il divino, il regno dei cieli appunto. Mai ridurre la spiritualità a religione.

martedì 1 novembre 2011

Le anime morte

E' morto James Hillman, lo psicoanalista americano che sosteneva che gli uomini moderni hanno perso l'anima perché non pensano più con il cuore ma concepiscono ogni relazione in termini di interesse, di profitto, di convenienza e di utilità. Forse il colpo di grazia glielo ha dato il degrado dell'attuale capitalismo, per cui i valori si riducono a uno solo: il valore del denaro che ognuno riesce ad arraffare, costi quel che costi; un capitalismo selvaggio in cui pochi speculatori mettono sul lastrico milioni di individui per fare più soldi, incuranti delle conseguenze.