mercoledì 31 maggio 2017

Trovare l'anima oltre le apparenze

Se la caratteristica delle filosofie orientali è scoprire che tutto è apparenza, anche la nostra civiltà occidentale ha raggiunto la stessa conclusione – ma con conseguenze opposte.
Mentre in Oriente scoprire che tutto è apparenza porta a sminuire l’importanza e lo stress delle vicende umane, e a far emergere la centralità della consapevolezza spirituale, in Occidente è esattamente il contrario: l’apparire vuol conferire ancora più importanza alle piccole faccende umane e svuota l’individuo di ogni autenticità, quindi di ogni spiritualità.
Che non è la spiritualità di un’anima, di una sostanza eterna, ma lo svuotamento di tutto ciò che è falso e artificiale.

Ora, l’anima, per definizione, è ciò che sta nella più profonda interiorità, ed è quindi raggiungibile togliendo ad una ad una le sfoglie, gli strati esterni, le apparenze.

L'anima come attività

Anima significa animare - un’attività, non uno stato, non un nucleo immobile.
Spiritualità è essere consapevoli senza interferenze mentali. È il processo stesso dell’essere consapevoli che è importante, non il permanere di qualche struttura fissa, come quella dell’io.
Le strutture si trasformano tutte, ma ciò che le anima è la consapevolezza.
Può dunque scomparire la struttura dell’io, ma la consapevolezza che anima può permanere.
Quando la mente consapevole viene privata dai suoi oggetti, realizza la forza latente in sé e accresce i suoi poteri di visione.
Questa lucidità è già un successo, una realizzazione, fondamentale anche nella vita pratica.
Gli uomini che non sono consapevoli procedono meccanicamente, in modo del tutto condizionato e accrescono la loro luminosità e la loro spiritualità solo a prezzo di grandi sofferenze.

Essere consapevoli abbrevia il percorso evolutivo.

martedì 30 maggio 2017

La mente rispettosa

Le cose non hanno bisogno delle nostre parole per esistere. Anzi, quando smettiamo di nominarle, incominciamo a vederle nella loro oggettività.
Ciò che non troviamo, lo avevamo fin dall’inizio. Ma lo abbiamo perduto pensandolo, inquadrandolo, definendolo.
La mente costruisce, la mente condiziona, la mente distrugge.
Ma come possiamo conoscere senza pensare? Evidentemente, dobbiamo cercare di conoscere nella consapevolezza che stiamo influenzando ciò che vogliamo conoscere.

Questa particolare condizione si chiama non-mente – una mente molto rispettosa, al punto di tirarsi da parte proprio nel momento in cui cerca di conoscere.

Il modello tedesco

Adesso ci siamo messi a imitare i tedeschi, perché hanno un’economia e una politica che funzionano. Così scegliamo un sistema elettorale “alla tedesca”, il che significa che prendiamo alcune cose e ne tralasciamo altre,  e quindi costruiamo un modello confuso e abborracciato che non è detto che funzioni. A noi non piacciono né la chiarezza né l’ordine. E soprattutto noi vogliamo i privilegi dei potenti, per esempio quelli dei parlamentari che con solo cinque anni di contributi hanno un vitalizio - un vitalizio ingiustificato e immeritato, di fronte alle persone comuni che devono lavorare quarant’anni.
Ciò che non riusciamo a imitare è il comportamento civico dei tedeschi e il loro senso dell’organizzazione e dello Stato. Rimaniamo italioti che agiscono per bande, che sono divisi su tutto e che mirano sempre all’interesse personale e familiare.
Il senso dello Stato se l’è mangiato la Chiesa, maestra nell’ottenere privilegi e nessuna responsabilità
Il futuro vedrà dunque un impero tedesco, favorito anche dal fatto che la Gran Bretagna e gli Stati Uniti si stanno isolando e ritirando dall’Europa. Bravi fessi.

Così i tedeschi realizzeranno quel loro dominio sull’Europa che non erano riusciti a costruire con le guerre.

I potenti della Terra

A Taormina si sono riuniti i potenti della Terra, quasi tutti individui brutti, volgari e più o meno ignoranti, ma capaci di intercettare il voto degli elettori.
Uno squallore.
Quando poi, il più potente di loro, propugna una politica di isolazionismo e di protezionismo, e non è minimamente interessato agli altri paesi e alle sorti del mondo, lo squallore diventa sconforto.

Come succede spesso nella storia, basta che arrivi al potere un individuo tarato, mediocre ed egocentrico per bloccare l’evoluzione mondiale e riportarci indietro.
Purtroppo, per la scelta dei potenti della Terra, non sono previste né un’analisi psicologica né un’analisi delle competenze. L’unico criterio è la loro capacità di fare promesse, che non manterranno.

lunedì 29 maggio 2017

L'insegnamento zen

Quando un discepolo domandò ad un maestro zen in che cosa consistesse il suo insegnamento, lui spiegò: “Quando ho fame mangio e quando ho sonno dormo”.
“Ma questo lo fanno tutti!” replicò il discepolo.
“Non è vero: chi non segue questo insegnamento, quando mangia, pensa ad altre cose e non si sazia mai, e, quando dorme, continua a sognare e a pensare.”
Questo è il punto. Gli uomini ordinari sono raramente presenti in ciò che fanno e inseguono sempre desideri e pensieri. Fanno una cosa e ne pensano mille altre. Sono sempre divisi dalla realtà da un velo di pensieri che li portano altrove.

Chi segue invece la via dello zen, quando mangia, mangia; quando dorme, dorme…e quando è seduto sta seduto, senza l’interferenza di pensieri estranei. O, almeno, ci prova.

In sostanza, quando stiamo seduti e pensiamo (o ricordiamo), non stiamo meditando.

domenica 28 maggio 2017

Il "Signore"

Pensiamo a quanto sia superata l’idea di un “Signore” cosmico, come se il mondo avesse bisogno di un padrone o di un monarca. Un’idea nata in epoche barbariche, quando i Signori, i Padroni, i Padri avevano diritto di vita e di morte sui loro sudditi.
Se poi questo “Signore” fosse così potente e perfetto, avremmo un mondo perfetto, non questa baracca di eventi cataclismatici, sempre in pericolo di autodistruggersi.
È chiaro che il mondo è nato a poco a poco e che si è fatto da solo, in base al principio del “proviamo un po’ e vediamo se funziona.”

E spesso non funziona.

Camicie di forza

Quando si giudica la realtà in base a ideologie o idee preconcette, si sbaglia di sicuro.
Le ideologie (politiche, religiose, economiche, filosofiche, ecc.) sono camicie di forza che gli uomini mettono alla realtà.

Ma la realtà non porta camicie di forza. Non sa neppure che cosa siano.

La relatività del bene

Il nuovo presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, dichiara che tutti i valori sono irrinunciabili, e aggiunge: “Se dovessi dirne uno, è il bene”.
Già, fare il bene e non il male: chi non è d’accordo?
Ma anche i terroristi musulmani che uccidono e si fanno saltare in aria sono convinti di fare il bene e di meritarsi il paradiso.
Dunque, questioni di punti di vista. Se però dovessimo chiarire che cosa sia il bene, non saremmo più d’accordo.

Allora meglio non usare parole che sono ambigue fin dalla loro nascita. Anzi, meglio stare zitti.

sabato 27 maggio 2017

La sete di acquisizioni

In una vignetta di Altan, un tizio dice: “È un mondo senza futuro”. E un altro ribatte: “Finalmente possiamo rilassarci”.
Proprio così. Qualcuno ci ha messo in testa, fin dall’infanzia, che abbiamo delle mete, che dobbiamo ottenere dei risultati, che dobbiamo mettere a frutto la nostra esistenza, che dobbiamo guadagnarci il paradiso, che non possiamo sprecare l’occasione… e di conseguenza siamo tutti tesi e stressati, perché ci sembra di non conseguire, di non raggiungere, di non essere all’altezza, di non conquistare, di non accaparrare, di non acquisire.
Non ci gustiamo il presente, perché siamo protesi verso il futuro.
D’altronde, anche i ricchi e i potenti sono così: vogliono sempre qualcos’altro, qualcosa di più.

Non sappiamo rilassarci. Per ottenere qualcosa che non abbiamo, perdiamo ciò che abbiamo.

Il ritorno delle religioni

Chi si lamentava dell’eclissi dell’elemento religioso nel mondo attuale, oggi si godrà lo spettacolo delle religioni che si fanno la guerra l’una contro l’altra.
Il fatto è che le religioni del dio, del profeta, del salvatore, del libro sacro, dei dogmi, dei sacerdoti e delle chiese, sono fatte secondo uno stesso modello e non riconoscono la loro volontà di predominio, ossia la loro stessa violenza.
Sono religioni dello squilibrio e del condizionamento. Vogliono aver ragione con le armi, con la guerra, con l’indottrinamento e con il denaro.

Predicano la pace, ma dentro di loro sono piene di aggressività, di competitività, di odio per chi la pensa diversamente. 
Fanno una gran brutta pubblicità al loro dio.

venerdì 26 maggio 2017

Uscire dalle illusioni

Tutti dicono che, quando ci si trova in punto di morte, ci si accorge che le cose più importanti della vita sono amare ed essere amati. Nel frattempo, però, tutti cercano denaro, potere, sesso e rinomanza.
L’amore è importante. Ma, se non si ha una mente lucida, può anche essere un’illusione.
La cosa più importante, dunque, è uscire dalle illusioni che deformano la nostra visione e il nostro giudizio. E veder chiaro.
Però proprio questo è il problema. Sembra che la maggioranza preferisca la torbidezza e la confusione. Com’è scritto ne La preziosa ghirlanda di Nagarjuna,

Come potrebbe questa suprema dottrina,
che è sottile e profonda,
immateriale e non manifesta,

apparire con facilità alla mente?”

giovedì 25 maggio 2017

La cultura del plagio

Quant’è facile plagiare la mente dei giovani (e anche quella dei meno giovani). Lo vediamo chiaramente nel terrorismo o in giochi criminali come Blu Whale in cui si spingono i giovani ad atti di autolesionismo e infine al suicidio.
Ma già nella vita normale è così. Molti giovani, con la loro ipersensibilità adolescenziale, scoprono che la vita è una tale sofferenza che è preferibile morire.
Purtroppo, queste persone prendono la vita tremendamente sul serio, non riconoscendo che si tratta di un gioco, un gioco cosmico, un teatrino delle apparenze.
Il fatto è che esistono mille culture del condizionamento, ma non una del decondizionamento.

Eppure abbiamo tutti bisogno di decondizionarci dalla cultura e dall’educazione che abbiamo ricevuto, anche quando ci sembrano buone. Perché siamo stati tutti plagiati.

La fede indiscussa degli uomini

La fede indiscussa degli uomini è che ci sia una mente che indaga, esplora e conosce il mondo esterno. Come se le menti e il mondo provenissero da realtà diverse e ad un certo punto si incontrassero.
Ma la mente e il mondo si appartengono già da prima. Il mondo non è estraneo alla mente; e la mente nasce dal mondo, non viene infusa da qualche dio.
Come volete che non s’incontrino? Sono fatti gli uni per gli altri, gli uni con gli altri e gli uni dagli altri.
Però, come i membri di una famiglia nascono tutti dallo stesso ambiente, ma poi qualcuno può differenziarsi, spiccare il volo e avere più successo, così la mente di qualcuno è in grado di uscire dall’ambiente comune e spiccare un suo volo particolare.
Tutto è in realtà sia interno alla mente sia interno al mondo.
Propriamente sono come le due estremità di un bastone o le due facce di una medaglia – loro come tutti gli opposti.
Non esiste un bastone senza due estremità o una medaglia senza due facce.

Siamo noi, esseri coscienti, che abbiamo la sensazione della differenza proprio perché abbiamo quella dell’unità, e la sensazione dell’unità proprio perché abbiamo quella della differenza.

mercoledì 24 maggio 2017

Sulla fortuna

In Oriente esiste una storia che è molto istruttiva. C’è un contadino cinese a cui è scappato il cavallo. I vicini vanno da lui per confortarlo e gli dicono che la perdita di quel cavallo è una grave sfortuna. “Forse” risponde il contadino. Il giorno dopo il cavallo torna portandosi dietro altri sette cavalli selvaggi. I vicini tornano dall’uomo e gli dicono che gli è capitata una gran fortuna. “Forse” lui risponde. Il giorno dopo il figlio del contadino si mette a domare uno dei cavalli selvaggi, cade a terra e si rompe una gamba. “Che sfortuna!” gli dicono i vicini. “Forse” lui risponde.
Il giorno dopo arrivano i militari a reclutare nuovi soldati per partecipare alla guerra. E lasciano a casa il ragazzo con la gamba rotta. “Che fortuna!” dicono i vicini. “Forse” risponde il saggio contadino…e così via.
Questa storia ci dice che le nostre idee sulla fortuna e sulla sfortuna, sul guadagno e sulla perdita, sul vantaggio e sullo svantaggio, sono semplici opinioni, giudizi soggettivi che nulla hanno a che fare con la realtà. E, soprattutto, che nulla ha un valore assoluto e stabile. Ogni fortuna o sfortuna può rapidamente trasformarsi nel suo contrario.

Il racconto ci insegna a non giudicare, a non attaccare etichette ai fatti, a sospendere le nostre opinioni, a non guardare gli avvenimenti in maniera soggettiva, a non credere alla stabilità delle cose, a diffidare del nostro stesso pensiero e ad osservare tutto con distacco e imparzialità.

Terroristi religiosi

Li vediamo in azione questi fanatici religiosi che sono disposti a uccidere se stessi e gli altri per obbedire ad un loro Dio immaginario.

Già questo dimostra la superiorità degli atei.

L'età dell'innocenza

Quando eravamo bambini e i nostri genitori ci proteggevano e si assumevano ogni responsabilità, eravamo leggeri e (forse) felici. Ma poi, crescendo, ci siamo assunti noi la responsabilità di noi stessi e siamo caduti dal paradiso terrestre al pantano terrestre.
Lo stesso avvenne in tempi preistorici quando nell’ominide si sviluppò la prima coscienza, si distaccò dal regno degli animali e nacquero la riflessione,i giudizi e la repressione degli istinti. Allora nacquero le preoccupazioni e le ansie.
Oggi abbiamo perso quell’antica leggerezza. Oggi ci sentiamo gravati da pesi di ogni genere. Siamo individui sociali e civili, abbiamo responsabilità, sviluppiamo un pensiero degli obblighi e dei legami, il passato ci opprime, il futuro ci preoccupa, il domani è un’incognita e il presente è incerto e insoddisfacente.
E così abbiamo perduto l’età dell’innocenza. Al senso dell’armonia è subentrato il senso della colpa, dei doveri e delle preoccupazioni.
Adesso tornare indietro è difficile. Ma la strada che noi seguiamo è appunto quella della liberazione, quella dell’uscita dall’oppressione e dal condizionamento.



Se non siamo neppure noi stessi, se il senso dell’io è un concetto come tutti gli altri e se siamo comunque aggregati di tante persone, di che cosa ci preoccupiamo? Sta’ a vedere che qualcuno si angoscia ancora per procurarsi un buon posto in paradiso e per ottenere buoni voti nell’aldilà o una buona rinascita. L’arrivismo, l’ambizione e la mentalità dell’oppressione e dell’apprensione non ci abbandona mai.

martedì 23 maggio 2017

L'arte di nuotare

Se ci gettiamo in un fiume, possiamo anche nuotare controcorrente, ma lo sforzo durerà poco e, in ogni caso, sarà il fiume a farci andare dove vuole.
Molto più intelligente è imparare a sfruttare la corrente per arrivare là dove vogliamo.
La Terra, anzi il divenire, sono proprio un simile fiume, che è troppo forte per poter essere contrastato. Molto meglio adattarsi tenendo presente il nostro obiettivo, se ce ne abbiamo uno.

Il fiume ci porterebbe là dove vuole lui, ma noi possiamo sfruttare la sua stessa forza, le correnti, per andare là dove vogliamo noi.

Interno ed esterno

La soluzione non verrà da un ragionamento concettuale, ma sarà uno stato d’animo.
Non dobbiamo farci un’idea, ma entrare in contatto diretto.
Detto così, sembra che ci siano un soggetto e un oggetto, un interno ed un esterno. Ma il mondo esterno non è diverso da ciò che percepiamo, e ciò che percepiamo è già al nostro interno, fa parte del nostro sistema nervoso.

Tutta la conoscenza è conoscenza di noi stessi. Perché noi siamo il mondo e il mondo è noi.

L'autonomia della mente

In realtà, spesso, non siamo noi che pensiamo; è il pensiero che si presenta e si dispiega al di fuori della nostra volontà. Lo stesso avviene per sentimenti, emozioni, sensazioni, percezioni, ecc. Si tratta di processi per lo più autonomi che accadono anche senza il nostro controllo.
Inutile cercare il pensatore, ossia il soggetto che pensa. È come il piovere. Se dico che “piove”, chi è il soggetto?
Sono io che penso? No, si pensa: il pensiero accade da solo, almeno nella maggior parte dei casi. Sono cose che accadono senza che ci sia un soggetto che decide e controlla tutto.
Non sono cose che accadono a noi. Noi siamo ciò che accade.
Di questo dobbiamo essere consapevoli. Non dobbiamo illuderci di essere noi a controllare tutto, solo perché la grammatica di impone di usare il pronome “io”.
Non sono io che penso; il pensiero avviene spontaneamente. L’io è un pensiero come tutti gli altri.
Dobbiamo ridimensionare la nostra pretesa di essere soggetti di tutto ciò che accade. Noi siamo parte di quell’accadere.


lunedì 22 maggio 2017

L'intimità velleitaria

La nostra vita è molto meno nostra di quanto si pensi. A noi sembra di vivere esperienze uniche e assolutamente personali. Ma da migliaia di anni tutti ripetono le stesse cose: amori, gelosie, nascite, morti, speranze, paure, desideri… sempre le stesse esperienze declinate in tutti i modi possibili.
Non si può dire che la vita sia tanto creativa e originale. Piuttosto le piace la ripetizione: miliardi di margherite, migliaia di api, miliardi di uomini… E anche noi siamo dei ripetitori.
Difficilissimo inventarsi qualcosa di nuovo.
Ma è incredibile la nostra presunzione di vivere esperienze solo nostre – un’altra inferenza arbitraria.
Se potessimo vederci dall’alto, ci accorgeremmo che siamo tutti uguali e che facciamo le stesse cose e proviamo gli stessi sentimenti e le stesse emozioni. Per capire qualcosa del mondo e per ottenere una certa saggezza, dovremmo acquisire questo sguardo universale e ridimensionare le nostre velleità di unicità.

Siamo dei cloni.

Mondo, mente e grammatica

Siamo abituati a pensare che se c’è un’azione o un processo, c’è qualcuno che lo compie. Per esempio, se c’è un verbo, ci dev’essere un soggetto. Se c’è una vita, c’è qualcuno che la vive. Se c’è un io, c’è qualcuno che ne è il proprietario. Se c’è un universo, c’è qualcuno che lo ha creato…
Ma la verità è un’altra: ci sono solo azioni e processi. Quanto ai soggetti, si tratta di semplici inferenze concettuali di una mente abituata a dividere, a distinguere e a contrapporre – e ad attribuire sempre un soggetto.
In un primo momento c’è l’azione; subito dopo deduciamo che c’è il soggetto.

Ma si tratta di una questione di regole grammaticali che, erroneamente, scambiamo per realtà. Il mondo non segue le regole della nostra mente.

domenica 21 maggio 2017

Tensione e rilassamento

Il senso di essere un io nasce in corrispondenza di una tensione o di una contrazione dolorosa. E più siamo coscienti di essere un io, più ci restringiamo, ci delimitiamo, ci concentriamo e fatichiamo.
È come stringere la mano in un pugno: è solo quando stringiamo con forza che abbiamo una coscienza precisa della mano. Ma, se la apriamo, quella contrazione muscolare si distende e la mano può muoversi liberamente, svolgendo le sue varie funzioni.
Lo stesso avviene con il senso dell’io. Quando lo accentuiamo, si contrae e si concentra lo stato dell’essere e noi proviamo tensione e sofferenza.
La distensione corrisponde al rilassamento, all’allentamento dell’egocentrismo ossessivo e claustrofobico, e finalmente possiamo liberare le energie contratte e compresse.

Il rilassamento corrisponde all’apertura, alla liberazione, alla fluidità, al sollievo.

sabato 20 maggio 2017

Lo schermo mentale

Le parole sono nate per esprimere messaggi, idee, emozioni, concetti, ecc. Ma troppo spesso incontriamo persone che usano le parole per nascondere, per confondere, per ingannare e, sostanzialmente, per non comunicare.
In ogni caso, ciò che esprimono è pur sempre una gabbia da cui non possiamo uscire… se non con il silenzio.
Però, non basta un silenzio di parole; ci vuole anche un silenzio di pensieri.

Perché anche i pensieri seguono lo stesso percorso: nati per esprimere, finiscono per mascherare e confondere.

La legge fondamentale della vita

La legge fondamentale della vita fu enunciata da Antoine-Laurent de Lavoisier, in accordo con le intuizioni di Eraclito:

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.


Non si tratta di una filosofia o di una religione, ma di una legge scientifica. E voi non  volete neppure credere al fondatore della chimica moderna?

venerdì 19 maggio 2017

La liberazione dell'amore

In fondo l’amore è così piacevole e salutare perché ci permette di uscire, finalmente, dai confini dell’ego.

Un mezzo semplice (?) e naturale per liberarsi di un enorme peso.

La grande falciatrice

La liberazione ha un prezzo molto alto, perché alla fine bisogna liberarsi anche di se stessi.
E, questo, pochi sono disposti a farlo.

Ma, per fortuna, ci pensa la morte.

La lotta interiore

Se avanziamo sul cammino della meditazione, ci troviamo prima o poi di fronte ad un grande ostacolo: la nostra mente che non vuole fermarsi e che, forse, non può fermarsi. Ci sono infatti tanti pensieri, impulsi, meccanismi e moti dell’animo di cui non siamo neppure consapevoli.
Allora saremo investiti da una montagna di spazzatura… tutta quella che è dentro di noi.

Ecco perché la lotta consiste nel mantenere la mente il più possibile vuota.

giovedì 18 maggio 2017

Le visioni della Madonna

Io non vedo la Madonna, e forse neanche voi.
Ma, se ci pensiamo un po’, tutti possiamo immaginarcela: una donna vestita di bianco, magari con un mantello celeste, splendente. Non ci vuole molto ad immaginarla. Ci sono tanti quadri e tanti santini che la raffigurano così.
Che ci vuole a immaginarla? Possiamo immaginare tante cose e tante persone, reali o irreali. La mente umana può vedere tutto, dentro di sé.
Ma si tratta, appunto, di visioni – visioni interiori.
Visioni, non apparizioni.

Solo se la vedessero tutti, sarebbero apparizioni. Ma non è mai così.

Mosaici

Siamo noi e siamo anche gli altri.

Per questo, quando ci cerchiamo, troviamo solo frammenti sparsi, mai l’intero.

Proprietà temporanee

Noi crediamo che l’io sia nostro, una nostra proprietà. Eppure non l’abbiamo costruito noi, né lo abbiamo comprato.
Ci è stato dato da altri, senza i quali non potrebbe esistere. Prima dai genitori, poi dagli avi e infine dall’universo intero.
Dunque, almeno è una proprietà condivisa, è qualcosa di temporaneamente nostro. Come tutto, del resto: case, mogli, mariti, figli, denaro, gioielli…

Siamo temporaneamente noi. Foglie al vento.

Far riposare la mente

Al di là della ricerca dell’illuminazione, se vogliamo vedere più chiaramente noi stessi, gli altri o il mondo, rimaniamo per un po’ di tempo seduti, immobili, senza pensare a nulla. Deviamo ogni pensiero, non guardiamo nulla di preciso, non ci concentriamo su nulla di particolare. Non ricordiamo, non speriamo, non progettiamo. Rimaniamo lì nell’attimo presente.
Svuotare la mente è come far riposare un motore arroventato.

Quando poi usciremo da questo stato, il motore funzionerà meglio: la nostra mente sarà più lucida e più acuta.

Droghe religiose

È verissimo che le religioni possono essere l’ “oppio dei popoli”.
Sono droghe così potenti che, per esempio nei casi di fanatici islamici, possono cancellare il senso della vita e indurre a suicidarsi.

Quante droghe agiscono allo stesso modo!
Solo la meditazione cerca non di istupidire la mente, ma di renderla lucida.

mercoledì 17 maggio 2017

L'osservazione di sé

Perché in meditazione è così importante l’auto-osservazione? Perché ti permette di cambiare stato d’animo.
Se per esempio stai soffrendo per qualche motivo, nel momento in cui diventi l’osservatore della tua stessa sofferenza, non stai più soffrendo. La parte che osservi soffre, ma tu che osservi non soffri più.
Compi questo spostamento di mira in continuazione. E, a poco a poco, uscirai o ti disidentificherai dall’ego che sta male.

Ma devi approdare ad una visione diversa di te stesso e dei tuoi rapporti con il mondo. Più serena, più pacifica, più naturale, più saggia.

Lavorare sugli stati mentali

Se ci troviamo in una condizione continua di malessere psichico, e non riusciamo a uscirne, dobbiamo rivolgerci ad uno psicologo, il quale cercherà di capire quale sia la causa e cercherà di sostituire ad uno stato di sofferenza uno stato di accettazione o di piacevolezza.
Lo stesso intento ce l’ha la meditazione: sostituire ad uno stato di infelicità uno stato di soddisfazione. Ma con una differenza: i saggi della meditazione sanno che lo stato di normalità o di integrazione sociale è comunque una condizione di sofferenza.
Non si può uscire dalla tensione della vita se non cambiando il nostro modo di vedere. Infatti, il nostro modo di vedere abituale è comunque patologico, dal momento che è pieno di sogni, illusioni, attaccamenti, ambizioni, contrapposizioni arbitrarie e competitività.

Se non ci liberiamo da tutti questi chiodi, e non approdiamo ad una visione serena e pacificata della vita, ad un distacco dalle ambizioni mondane, saremo sempre crocifissi.

martedì 16 maggio 2017

L'affare dell'immigrazione

Il Papa predica la misericordia e subito risponde la Misericordia di Isola Capo Rizzuto, l’organizzazione cattolica che gestisce il grande campo profughi e che, d’accordo con la n’drangheta locale, ha rubato almeno trenta milioni di euro che il governo e l’Europa hanno stanziato per gli immigrati. Normale amministrazione per gli standard etici degli italioti e delle organizzazioni cattoliche. Infatti, già oggi non se ne parla più.

Naturalmente non poteva mancare il parroco che ha intascato a sua volta una barca di soldi per la sua preziosissima opera. Non si possono lasciare i profughi senza l' "assistenza spirituale” dei nostri ineffabili preti.

Compiere scelte

Etica fa rima con autentica, non con convenzionale. Per compiere un’azione etica, per essere individui etici, ci devono essere una presa di coscienza e una scelta personale. Se invece procediamo sui binari del convenzionale, del sociale o del legale, che autenticità e che etica possono esserci?
Se seguiamo il gregge, il “così fan tutti”, il “così me lo ordina la legge, il mio superiore o l’autorità”, potremmo clamorosamente sbagliare.
Le leggi dello Sato o della religione, teoricamente valide per tutti, sgravano forse la coscienza, ma non portano ad un’azione etica. Uniformandoci, cadiamo tutti nel precipizio.
Solo se siamo consapevoli e scegliamo, siamo etici. Le leggi, anche se accettate da tutti, possono essere sbagliate e indurci a comportamenti non etici. Pensiamo a cosa succede quando le leggi sono stabilite da un dittatore sanguinario o da una religione che induce a perseguitare e ad uccidere.

Non appena si codifica il vitale, nasce il conformismo. E muore l’etica, che non può che essere individuale. L’etica nasce dall’interiorità dell’uomo che interroga se stesso, non da regole o dogmi imposti da qualcuno.

lunedì 15 maggio 2017

Il processo educativo

In fondo il processo educativo in senso lato non è che un processo di inquadramento e di condizionamento, al termine del quale il bambino naturale e spontaneo deve lasciare il passo al giovane ormai formato, deformato e integrato.
A quel punto è molto difficile tornare indietro, ritrovare la nostra natura originale, non ancora “manipolata” o “educata”. Abbiamo perso la verginità. Eppure, come dicevano i mistici, è proprio alla natura infantile, o a quella di “legno grezzo”, che dobbiamo tornare per ritrovare Dio, il Tao o il Tutto.

Purtroppo non esistono nelle nostre società strutture per la “destrutturazione” e la liberazione dalle distorsioni subite. Come diceva Alan W.Watts, abbiamo identificato le nostre convenzioni sociali e morali – che sono sovrastrutture – con la volontà di dio, ossia con la realtà ultima. Un errore disastroso.

"Hypotheses non fingo"

Questa è la famosa espressione di Newton, il quale diceva che è impossibile andare al di là della descrizione dei fenomeni per cercarne la causa.
Applicando questo concetto alla Causa Prima, si scopre che non è che Dio non esista, ma che non è necessario ipotizzarlo. Si può spiegare l’origine del cosmo senza ricorrere all’idea di Dio, ossia di un Creatore esterno.
In che modo?
Escludendo l’idea di origine.
Né origine né fine. In effetti, noi non riusciamo mai a cogliere né un’origine né una fine delle cose: si tratta di idee della mente. Quello che noi vediamo è che le cose nascono da altre cause e che si trasformano fino a scomparire dalla vista, ma continuano ad esistere sotto altre forme.
Se tutto nasce da altre cause, non può esistere una causa prima. Le cause si rimandano l’una all’altra all’infinito, senza mai giungere ad un’origine di tutto. E questo rimando all’infinito è la natura del tutto.

Ipotizzando che Dio sia la causa prima di tutto, dovremmo concludere che il cosmo è l’insieme dei suoi giochi. Ma anche noi cerchiamo di giocarlo.
Se lui ci fa vivere per un tempo limitato su questa Terra, noi lavoriamo per restarci il più possibile.

La verità è che non ci fidiamo dell’aldilà. E facciamo bene. Perché tutto è sempre qua.

domenica 14 maggio 2017

La Madre divina

Se abbiamo una Madre in cielo, come dice Bergoglio, dev’essere ormai invecchiata e perdere la memoria. Perché tanti figli se li dimentica.

Il Dio interiore

Di Dio si possono avere tante idee. Ma, tra le tante, esiste una differenza di fondo: il Dio che è esterno alla natura e il Dio che è anche la natura.
Il primo è un Essere a sé stante che crea se stesso e che può o non può creare il cosmo, il secondo è l’Essere del cosmo e di tutto. Il primo resta il “totalmente Altro”; il secondo nasce con il tutto ed è il tutto. Il primo è autosufficiente e resta estraneo; il secondo emerge dall’interno.
Il primo è già auto-creato; il secondo crea se stesso e il mondo – si evolve con il tutto e non ha ancora finito. Il primo resta un estraneo inattingibile; il secondo è nell’essere profondo di ogni cosa e di ogni essere. Guarda sotto una foglia e lo troverai, guarda in te stesso e lo troverai.

Se vuoi farti aiutare dal primo, devi pregarlo. Se vuoi farti aiutare dal secondo, medita.

I limiti dell'intelligenza

Se la mia intelligenza è limitata, avrò un’idea limitata non solo delle cose e degli altri, ma anche di me stesso.
Perciò chi si sopravvaluta, chi si crede superiore agli altri, già dimostra i propri limiti: non può sapere che è uno stupido.
Tuttavia, come ha dimostrato la recente psicologia, avere un’alta opinione di sé (anche se infondata), è utile ad affrontare la vita senza complessi di inferiorità, con sicurezza.
Il che spiega come ci siano tanti stupidi che arrivano a posizioni di potere e di comando.

Spesso, non è il più meritevole che arriva in alto, ma il più inconsapevole dei propri limiti.

sabato 13 maggio 2017

Il Principe delle droghe

Esaminando tanti percorsi evolutivi degli esseri viventi, ci accorgiamo quanto la natura sia crudele – una potente forza che vuole affermarsi ad ogni costo servendosi degli individui come di animali da sperimentazione. Un vero film horror.
Chi mitizza il Principio creativo come un Dio soltanto dell’amore e della bontà nega la realtà. Se vogliamo essere obiettivi, dobbiamo riconoscere che questo Principio non è né solo né solo cattivo, ma entrambe le cose o al di là di entrambe le cose.
Per far accettare agli esseri senzienti la parte dolorosa della vita è necessario drogarli. E questo avviene attraverso le droghe naturali, per esempio gli ormoni.

Il più grande atto rivoluzionario ed evoluzionistico è mantenersi lucidi in un universo di drogati.

La speranza fallace

Sembra che il primo imperativo dell’individuo sia sopravvivere il più a lungo possibile, il che significa durare nel tempo. Naturalmente svolgere questo compito comporta fatica e ansia. In tal modo proiettiamo la nostra felicità sempre in futuro, e il presente è divorato dal duro lavoro.

Così molti, quando raggiungeremo gli ultimi istanti di vita, si accorgeranno che, per inseguire un miraggio, hanno perduto ciò che avevano a portata di mano.

I fideisti

Se noi sposiamo ardentemente un’ideologia, una parte, una fede, un tifo o una religione non facciamo che irrigidire l’io.

Dunque, non siamo più capaci di vedere qualcosa di nuovo e blocchiamo la nostra stessa crescita. Solo la disillusione a quel punto può essere un atto di apertura.

venerdì 12 maggio 2017

Il mondo presente

A noi sembra di andare da qualche parte, ci sembra di avere uno scopo e una meta, seppur oscure. Ma “parte”, “scopo” e “meta” sono concetti della mente.
In realtà, sarebbe più esatto dire che non andiamo da nessuna parte, che non abbiamo nessuno scopo e che siamo sempre qui. Né andati né venuti, né nati né morti: siamo sempre in questo posto e sempre ora.
Il linguaggio e il pensiero vivono ed esprimono il mondo relativo, il mondo del divenire e del cambiare.
Ancora una volta tutto dipende da quanto siamo concentrati. Se riuscissimo ad essere concentrati al massimo, ci troveremmo in un tempo che è sempre adesso e in uno spazio che è sempre qui.
Ma noi non lo siamo mai, non siamo mai concentrati e centrati.

La vita si regge sulla distrazione.

giovedì 11 maggio 2017

Il senso del tempo

Tutti facciamo continuamente le esperienze di un tempo che non passa mai e di un tempo che fugge. È il nostro stato d’animo che ci dà queste impressioni. Come diceva Shakespeare, “non c’è nulla che sia veloce o lento, solo il pensiero lo rende tale.”
Tuttavia, se l’esperienza del tempo è soggettiva, gli orologi ci danno una misura che sembra oggettiva.
Esistono comunque momenti di particolare concentrazione, piacere e bellezza che sembrano contrarre il nostro senso del tempo, fin quasi ad annullarlo.

Questi momenti di estasi (ex-stasis = star fuori di sé) non sono così rari e non sono solo appannaggio dei mistici. Basta anche un po’ di meditazione. Sembrano “buchi neri” in cui precipita la nostra mente e ci fanno esperire concretamente che cosa significhi uscire dal divenire per rimanere nel solo essere.

mercoledì 10 maggio 2017

Speculare

Un sinonimo di contemplazione è speculazione, una parola che viene dal latino speculum, “specchio”.
Lo specchio è uno strumento per riflettere le cose. Però contemplare dovrebbe essere qualcosa di più: non pensare, ma riempirsi l’animo di vastità, spaziosità e bellezza.
È molto importante ciò che ci mettiamo davanti agli occhi, ciò che riflettiamo. Perché da esso saremo colorati e influenzati.

Se ci mettiamo davanti agli occhi una cosa brutta, saremo invasi dalla bruttezza. Se ci mettiamo qualcosa di bello, ci riempiremo di bellezza.

La bellezza della contemplazione

Molte persone, se dovessero contemplare a lungo un giardino o un bel paesaggio, si sentirebbero annoiate e correrebbero subito a trovarsi un’attività o un divertimento.
Ma altre proverebbero in questi momenti una gran gioia e considererebbero quelle attività o quei divertimenti una noia, una perdita di tempo.

Evidentemente siamo diversi al mondo. O, forse, siamo tutti un po’ gli uni e un po’ gli altri.

La noia

Non so se cantare tutti i giorni le lodi del Signore in paradiso sarebbe un’attività così appassionante.

Forse, fare ogni tanto una capatina all’inferno ci ravviverebbe un po’ – se non altro ci permetterebbe di conoscere persone interessanti.

martedì 9 maggio 2017

La parola giusta

Qualche volta, parlando o scrivendo, non ci viene la parola giusta. La cerchiamo, ma non ci viene in mente. Allora ne prendiamo una simile, ma non è del tutto soddisfacente. Se invece la troviamo, sentiamo che ci siamo espressi bene.
Ma, se ci stiamo attenti, proprio quando troviamo la parola giusta, in realtà non abbiamo espresso quel che avevamo pensato o intuito. Ciò che abbiamo espresso è molto più semplice e banale. Ma noi avevamo pensato qualcosa di più.
Chi parla o chi scrive bene, è convenzionale. Non è lui che sceglie le parole, ma sono le parole che vengono fuori automaticamente. È il discorso con la sua logica e le sue associazioni obbligate che guida l’espressione.
In realtà, le parole sono come un vestito preconfezionato, che, dovendo andare bene per tutti, non può essere individuale.
Ci sono i poeti che riescono a dire qualcosa di più, perché associano le parole in un modo personale. Ma, per lo più, tutti parliamo e scriviamo convenzionalmente. Le parole e le parti del discorso si collegano tra di loro in modo predeterminato.
Per essere autentici, dunque, per esprimerci in modo autentico, per far venir fuori ciò che volevamo veramente dire, dobbiamo collegarci al nostro fondo, fare una pausa prima di far uscire le parole, e infine usarne poche.

Chi parla con scioltezza e facilità, resta alla superficie delle cose. La parola giusta è molto più vicina alla non-parola, al silenzio.

lunedì 8 maggio 2017

Il tifoso e il credente

Voi vedete il povero tifoso di calcio che, quando la sua squadra vince è al settimo cielo e che quando perde cade in depressione. E sapete bene che sono più le delusioni che i trionfi. Ma il problema è che si è identificato.
Lo stesso è per la fede in Dio. Ci si identifica con lui, si fa il tifo per lui, ci si esalta per la sua grandezza… ma alla fine sono più le delusioni che le vittorie.
Sono più le volte che risponde o non risponde alle vostre richieste?
Insomma, la verità (della squadra o di Dio) appare quando si è distaccati, non agli occhi speranzosi del tifoso.
Meglio non identificarsi con idee della nostra mente. La realtà è un’altra cosa.

La scommessa di Pascal è persa. Per questioni probabilistiche.

Uscire dai limiti mentali

Certo è difficile uscire dal potere condizionante, dalle interpretazioni e dalle proiezioni della mente, con i suoi schemi dualistici e il suo bisogno di “sostanze” materiali e di identità ben definite.
Ma più ci si chiariscono le idee, più ci si avvicina al significato profondo di non-mente. È questa alla fine che ci illumina.

In effetti, non c’è concetto, definito, diviso, che possa spiegare la realtà, indefinita, unitaria.

La misura delle illusioni

La scienza s’illude di raggiungere una visione obiettiva del mondo. In realtà rimane condizionata dalla modalità mitologica che credeva di essersi lasciata alle spalle.
Si pensi ai concetti di “singolarità”, di big bang, di big crunch, che sono solo versioni scientifiche del mito del creatore.  Pensiamo alle illusioni sulla consistenza e sulla natura ultima delle particelle atomiche.
Il cosmo è eterno, non ha né inizio né fine, si autogestisce e non ha bisogno di nessun padrone e di nessuna sostanza.
Anche la scienza resta dunque all’interno di maya, la dea dell’illusione. Tant’è vero che la radice sanscrita ma significa “misurare”.

Noi proiettiamo misure in un cosmo che non ne ha.

domenica 7 maggio 2017

Comprendere il mondo

Molti pensano che comprendere il mondo e arrivare ad una profonda conoscenza intuitiva comporti diventare super-attivi, super-impegnati e schierati per questo o per quello, quasi che si volesse prendere il controllo dell’universo, parteggiare per il bene e combattere contro il male. Niente di più sbagliato.
Comprendere il mondo è vedere la complementarità degli opposti, è vedere la vanità del tutto, il gioco universale.

Come insegna la Bhagavad Gita, ottenere la conoscenza e raggiungere il distacco equanime sono la stessa cosa.

Proiezioni cosmiche

Il mondo non è qualcosa che è in sé. Ma è ciò che noi pensiamo che sia.
Una credenza antica, che ha proiettato l’intero cosmo su un palcoscenico vuoto.
L’universo è un tutt’uno, un’unità organica, da cui noi ritagliamo immagini, fatti, eventi e individualità che non potrebbero esistere da soli – e dunque sono nostre interpretazioni.
È per questo che poi ci lamentiamo di sentirci, alienati, isolati e separati.
In effetti siamo simili a spiriti o a fantasmi, pallide immagini di qualcosa che non esiste in sé. Personaggi senza autore.
Sentiamo il contrasto fra spirito e materia nel momento in cui la materia si oppone al nostro desiderio di controllarla. Ma il fatto è che ci siamo dimenticati di esserci separati in un tempo molto lontano, all’inizio del cosmo.


Non è un caso che il Dio del mito biblico crei il mondo separando la luce dalle tenebre e poi separando le varie cose; e accorgendosi solo dopo che erano “cose buone”.

Evidentemente neppure lui sapeva che cosa sarebbe successo da questa separazione. Un altro alienato: un apprendista stregone, un personaggio da commedia che non sa chi è né il risultato di ciò che fa. 

Niente di speciale

Il vantaggio di scoprire che tutto è rappresentazione, illusione sensoriale e proiezione mentale è che anche la morte lo è.
Dunque, niente di serio, un gioco si prestigio come tutto. Il coniglio che appare e poi scompare dal cappello del prestigiatore.

Niente di drammatico.

sabato 6 maggio 2017

Cambiare il mondo cambiando la mente

Poiché la mente e il mondo nascono l’uno con l’altro e l’uno per l’altro, le variazioni dell’uno influiranno sull’altro. Se il mondo cambia, anche la mente cambia. Se la mente cambia, anche il mondo cambia. È da come osserviamo il mondo che il mondo ci apparirà.
Questo processo è per lo più spontaneo, ma possiamo renderlo volontario: è questa la grande ambizione dello yoga e della meditazione. M prima di cambiarlo a casaccio, è meglio ridurre al minimo l’intervento, l’interferenza.

Ritirare periodicamente la mente dal mondo e osservarlo con distacco e imparzialità è già un modo per cambiarlo, perché gli togliamo un’adesione che lo fa essere così com’è.

venerdì 5 maggio 2017

La paura e la mente

Non è ciò di cui hai paura che ha potere su di te. È la tua paura, cioè la tua mente, che ha potere su di te.

Non devi dunque vincere ciò che ti fa paura, ma la tua mente.

La causa delle malattie

Nell’antichità, quando si era molto ignoranti nel campo delle malattie, si credeva che tra le cause ci fosse l’influenza di qualche demone. Oggi nessuno pensa che il morbillo o l’influenza dipendano dalla malvagità di un diavolo. Ma in alcuni casi, la superstizione non è scomparsa. Tant’è vero che esistono ancora riti di esorcismo.
Quando poi le malattie sono complicate o oscure, ci si domanda ancora che cosa abbiamo fatto di male per provocarcele o per “meritarcele”. Se per esempio fumiamo o mangiamo troppo, abbiamo certamente una colpa. E se una persona si ammala di cancro, ed ha appena perso una persona cara o ha avuto un forte stress, tutti pensiamo che il dolore abbia causato o con-causato la malattia. E può anche darsi che ci sia un fondo di verità.
Noi non abbiamo ancora chiarito il rapporto tra mente e corpo, non sappiamo quale influenza abbia la mente sul sistema immunitario. Ma sentiamo che esiste.
Anche se di molte malattie conosciamo ormai le cause fisiche, resta sempre il problema del rapporto con la psiche. E questo vale sia per la causa sia per la guarigione. Se è possibile che un dolore provochi una malattia, un cambiamento dello stato d’animo dovrebbe aiutare nella guarigione.

Questo ci porta da una parte a tener lontano stati di disarmonia, di tensione, di squilibrio e di insoddisfazione, e dall’altra parte rivalutare il ruolo della serenità, del distacco e della pace interiore.

giovedì 4 maggio 2017

Gli ostacoli

Ci sono problemi che non possiamo risolvere, ci sono ostacoli che non possiamo superare.
Allora, la cosa più importante è il nostro atteggiamento: è affrontare ogni vicenda, buona e cattiva, con dignità e distacco, come se accadesse a qualcun altro.

Il resto non dipende da noi.

La corrente del fiume

Una cane non si domanda mai chi è: lo è e basta. L’uomo no; l’uomo si pone la domanda e non conosce neppure la risposta. E quindi entra in crisi.
Il fatto è che l’uomo ha una coscienza di sé che lo divide in due. E, dividendosi in soggetto ed oggetto, esce dalla natura.
Allora c’è da domandarsi se la coscienza sia un enorme passo avanti o un difetto. Ma il fatto è che non possiamo più tornare indietro ad un rapporto armonico e istintivo con la natura. Siamo trascinati da una corrente che ci porta dove vuole lei.

Stiamo costruendo una nuova natura, anche se le doglie del parto sono spesso dolorose.

mercoledì 3 maggio 2017

La non-resistenza

Ci sono vicende della vita che non possiamo controllare, perché sono più forti di noi. È come cadere nella corrente di un fiume impetuoso. Non serve a nulla agitarsi scompostamente e mettersi a nuotare per contrastare la forza della corrente. Così facendo, non usciamo dal fiume ed esauriamo le nostre energie.
Meglio farsi trasportare per un po’ dal fiume, mantenendo la calma. Non serve a niente resistere e cercare di lottare contro una forza che ci sovrasta. È inutile puntare i piedi o cercare di nuotare controcorrente.
Conviene anzi lasciarsi trasportare, limitandoci a rimanere a galla. Se siamo fortunati, provvederà il fiume stesso a trasportarci in un ansa più tranquilla dove con poche bracciate potremo uscire e salvarci.
Ad un maestro zen, un discepolo domandò una volta: “Oggi fa un caldo terribile. Come possiamo uscirne?”
“Scendi fino in fondo alla fornace” rispose il maestro.
“Ma, così facendo, mi brucerò?”
“Niente ti darà più fastidio.”
Questo metodo per uscire dalle difficoltà non è sempre fattibile. Ma, in alcuni casi, è la salvezza.

Quando non possiamo dominare gli eventi, anziché resistere, anziché cercare di evitare, è meglio farci trasportare per un po’ dalla forza che ci trascina, andando fino in fondo all’esperienza e cercando il momento buono per uscirne fuori.

Il prezzo della coscienza

Tutti noi uomini siamo in teoria per lo sviluppo della coscienza e della consapevolezza. Ma non si può non notare che l’uomo, con lo sviluppo dell’autocoscienza, ha perso l’armonia con il mondo. Il che è ben simboleggiato dal mito biblico dell’albero della conoscenza del bene e del male, dove Dio non vuole che l’uomo ne mangi i frutti.
Come può un Dio non volere che la sua creatura conosca il bene e il male?
Qui c’è la nostalgia di un modo o di uno stato pre-evolutivo, di un rapporto fusionale, dove l’unità del tutto non è ancora spezzata e il processo d’individuazione del singolo non è ancora avviato. Il genitore non vuole che il figlio si emancipi e cresca: vorrebbe che non crescesse mai, che rimanesse per sempre un bambino.
Ma questa è la contraddittorietà della vita. È come se i genitori, dopo aver generato il figlio, volessero impedirgli di essere consapevole, di decidere da solo e di fare esperienza in prima persona.
Naturalmente, questo non è possibile, perché neppure Dio può fermare il cambiamento, se non a prezzo di una regressione e di un non-sviluppo. È come il mito di Saturno, il Padre degli dei greci che divorava i propri figli.

Ma è anche la paura dell’uomo di perdere la dimensione incantata della sua infanzia, l’armonia originale con il tutto, la felicità. L’autocoscienza ha un prezzo.

Le maschere di Dio

Sappiamo che esistono differenti immagini di Gesù e quindi varie forme di cristianesimo. Una delle più insulse è quella del Dio amorevole. Molto bella, certo, e consolante. Ma lascia fuori dal quadro il Dio dell’autorità, dell’ordine, della violenza e della punizione.
Come succede sempre nelle religioni, ognuno può ritagliarsi l’interpretazione di cui ha più bisogno. E, se proprio non riesce a dimenticare i volti sgradevoli del Divino, c’è sempre una figura come la Madonna, la Madre universale. Può una madre non amare e proteggere i suoi figli?
Purtroppo, sì. Lo vediamo anche nell’attualità: madri che torturano o addirittura uccidono i figli che hanno partorito.
Il fatto che siano possibili varie immagini del Divino, ci conferma ancora una volta, che siamo noi a interpretare Dio, a dargli una maschera.
Non basta dunque credere in Dio. Bisogna vedere in quale.
Questo ci dice non che cosa è Dio, ma che cosa siamo noi.


martedì 2 maggio 2017

La vita eterna

Questo sogno della vita eterna accompagna l’uomo fin dalla sua comparsa sulla Terra. Sa che deve morire e spera che qualcosa di lui possa sopravvivere in eterno. Per esempio, san Paolo dice che l’ultimo nemico ad essere sconfitto sarà la morte.

Ma la vita, per come la conosciamo, è un continuo alternarsi di nascite e di morti; e, se eliminassimo la morte, elimineremmo ogni possibilità di vita. Dunque, la vita eterna sarebbe una morte eterna.

Combattere la sofferenza

Tutti combattiamo e vorremmo eliminare la sofferenza dalle nostre esistenze.
Ma, attenzione, per la legge degli opposti complementari, la sofferenza è essenziale al piacere. Dunque, una vita senza sofferenza sarebbe una vita senza piacere.

Per fortuna, mentre tutti lottiamo per opporci alla sofferenza, nessuno è in grado di eliminarla fino in fondo.

lunedì 1 maggio 2017

Sfuggire alla vita

Di solito noi diamo un valore negativo a questa espressione: “sfuggire alla vita”. Ci sembra di parlare di qualcuno che non vuol vivere. Ma, finché siamo qui sulla Terra, tutti viviamo in un modo o nell’altro; e l’unico modo per sfuggire alla vita è morire.
Comunque è una questione di punti di vista. Per chi vive più lentamente, senza troppe ambizioni, con calma, senza assumersi troppi impegni, consapevole dell’inutilità di tanti sforzi, chi sfugge veramente alla vita è la persona che si dà tanto da fare, che lavora tutto il giorno, che ha mille incarichi e che non è capace di star ferma dieci minuti.
Chi è che spreca di più la propria esistenza? Decidete voi.

Chi è che gusta di più la vita: il calmo contemplatore o il frenetico attivista?

L'infelicità auto-indotta

Oltre all’infelicità provocata dalla natura, dalle malattie, dalla vecchiaia e dal morire, c’è un’insoddisfazione e una sofferenza che noi stessi ci creiamo, e forse è la maggior parte. Prendiamo un uomo potente come Donald Trump: è ricco, ha una bella e giovane moglie, un paio o più famiglie, figli e figlie, ville, alberghi e proprietà di ogni genere. Dovrebbe essere contento.
Ma vi fa pensare che sia felice? Vi sembra che la sua faccia sia quella di un uomo soddisfatto? Lo vediamo tutti con quel suo grugno infelice, con quell’espressione corrucciata.
E da che cosa viene la sua infelicità? Ovviamente dalle sue stesse ambizioni e pretese, dalla sua sete di riconoscimento, dal suo desiderio di potere. Oggi ha un sacco di problemi e di nemici e deve combattere tutto il giorno contro chi non gli ubbidisce o non lo ama, e non è sicuro di essere rieletto. Rischia addirittura di scatenare una guerra mondiale.
È come un bambino che vuole un giocattolo e non può averlo.
Insomma, quest’uomo che avrebbe tutto per essere felice, è corroso dalla sua incapacità di accontentarsi, dalle sue velleità.
Non è in grado – come tanti uomini – di apprezzare ciò che ha e vorrebbe sempre di più.

Non è ovviamente capace di starsene tranquillo e in pace, è sempre nervoso, non può concentrarsi, non può fermarsi un attimo. Non può essere felice.