sabato 31 gennaio 2015

OM

Mentre in Occidente i greci dissero che l’origine di tutto era il logos, san Giovanni aggiunse che era il Verbo, la Parola. In Oriente si individuò addirittura il suono originale e lo si pronunciò: OM!
OM non è dunque né un mantra né una spiegazione né una preghiera, ma il suono stesso del logos, la vibrazione originale, che continua a risuonare in tutto l’universo e nel fondo dell’uomo. Pronunciandolo, l’individuo si armonizza con l’Origine, si sintonizza con l’Uno, al di là di ogni comprensione razionale. Anzi, ogni tentativo di interpretazione lo porta subito lontano.
Mistica? Esempio di comprensione senza mente?
OM è il suono, d’accordo. Ma, attenzione, è anche il silenzio che lo precede e lo segue. Silenzio carico di “significato” per chi lo

sappia intendere. Perché è certo che, senza quel silenzio, il suono, come la musica, non potrebbe nemmeno essere. “Questa è la porta del mondo, che fa passare quelli che conoscono e ferma coloro che non conoscono” (Chandogya Upanishad).

Religioni e ingiustizie sociali

Che le religioni si trovino meglio con i regimi autoritari che con i regimi democratici è sotto gli occhi di tutti. Lo riconosce anche Curzio Maltese nel “Contromano” del 30-1-2015. Non è un caso che gli Stati islamici diano origine a società dove regna l’ingiustizia sociale e dove gli individui hanno ben pochi diritti. Non è un caso che la Chiesa si sia trovata suo agio e abbia stretto accordi con i grandi dittatori di questo secolo: Mussolini, Hitler e Franco. Non è un caso che in Sudamerica le gerarchie cattoliche siano convissute con i peggiori regimi fascisti e ne abbiano coperto i crimini. Non è un caso che la Chiesa abbia aiutato, nel dopoguerra, numerosi criminali nazisti a fuggire proprio in Sudamerica.
Le religioni non amano né la democrazia né la giustizia sociale. E qui non c’è più distinzione tra cristianesimo, islam e giudaismo.
È vero che ci sono organizzazioni religiose che praticano la solidarietà. Ma le attuali religioni sono corresponsabili di un mondo in cui “l’un per cento degli uomini dispone ormai delle stesse ricchezze del rimanente 99 per cento.”
Se le nostre società fossero governate da preti, rabbini o imam, saremmo più liberi o meno liberi, più giusti o più ingiusti?

E, allora, facciamo in modo che le religioni restino confinate al privato e non riescano mai a impadronirsi delle leve del potere politico.

La guerra del crocefisso

Perché nelle scuole di uno Stato che dovrebbe essere laico si mettono i crocefissi?
Da  noi si sanzionano i professori che li tolgono. Ma sarebbero da sanzionare quelli che li mettono.
Se un giorno un professore o un preside musulmano mettessero qualche simbolo della loro religione, noi che cosa potremmo obiettare?

Se vogliamo salvarci dal diventare uno Stato confessionale, non dobbiamo accentuare la cattolicità del nostro Stato, ma la sua laicità.

venerdì 30 gennaio 2015

Il valore dello zero

Come saprete, il numero zero entrò relativamente tardi nella matematica europea, introdotto dagli arabi, i quali lo avevano appreso dagli indiani; i greci e i romani non lo conoscevano. Gli arabi lo chiamavano sifr, che significava “vuoto”, e da quella parola vennero sia il termine “cifra” sia il termine “zero”.

Questa storia non è strana: ci voleva il pensiero indiano per capire che il vuoto o il nulla sono ciò su cui si fonda il tutto.

La gioia della preghiera

Quando provi gioia nel pregare Dio, tieni presente che questa gioia non ti viene da qualche Potere esterno, ma dalla tua stessa operazione di raccoglimento interiore.

Ogni cosa è animata

Se tutti gli esseri viventi sviluppano un loro grado di coscienza, ciò non vuol dire che Qualcuno dall’alto infonda loro la coscienza, ma che la coscienza si sviluppa autonomamente dalla materia, da una certa organizzazione della materia, perché ne è già parte integrante.
Dall’atomo al minerale, dall’aminoacido alla cellula, dal microbo al virus, dalla pianta all’insetto, dal cane all’uomo, tutto ha una propria capacità di coscienza, fin dall’origine.
Contrariamente a quanto pensavano alcuni filosofi del passato, la materia e la coscienza non sono affatto divise. La materia che pensa, il cervello, è in realtà un’evoluzione della materia stessa, che in sé già contiene quella potenzialità.
La materia ha in sé la potenzialità di trasformarsi in coscienza perché all’origine è una specie di coscienza condensata, rappresa.

Questo ha importanti conseguenze, perché vuol dire che la coscienza ha la possibilità di agire sulla materia.

La banalità del male

Sì, per fare del male non c’è bisogno di esseri demoniaci o titanici – basta la burocrazia, bastano gli individui ligi al loro dovere… ma insensibili e indifferenti alle conseguenze delle loro azioni.
In realtà fa più male il conformismo che la malvagità vera e propria.
In Oriente si dice che all’origine di tutto il male c’è l’ignoranza (avidya), intesa come mancanza di consapevolezza. E qui nessuno è privo di colpe.
Anche un individuo pio e religioso, anche un santo, anche un Messia, possono far del male – se non sviluppano la consapevolezza.

Il male è banale, perché è elemento costitutivo dell’universo e delle sue creature.

giovedì 29 gennaio 2015

Il tutto e la parte

Nel sé cogliamo l’unità del tutto, nell’io la frammentarietà.
Costretti a vivere nella frammentarietà, nella transitorietà e nella provvisorietà, dobbiamo tener d’occhio l’unità, l’interdipendenza e la complementarità delle cose. Se viviamo solo nella frammentarietà, perderemo di vista l’insieme e vedremo solo antagonismo e individualismo.

Ma ogni frammento è parte del tutto, ed è stato costruito per il tutto.

Istanti senza tempo

Abbiamo organizzato le nostre società in modo che tutto sia regolato in una cornice temporale che inquadra ogni nostro atto, da quando ci svegliamo a quando andiamo a letto. Il tempo diventa così una gabbia dalla quale non possiamo sfuggire. “Ore otto, faccio questo… ore nove faccio quest’altro… ore dieci faccio quest’altro ancora… e così via, senza tregua. Naturalmente questo tempo sociale lo abbiamo creato noi, con la nostra mente organizzatrice e calcolatrice.
Ogni cosa è scandita dal tempo, che diventa un padrone inflessibile, un’ossessione, uno stress.
Ogni tanto non ce la facciamo più. E allora saltiamo questo o quell’impegno – sentendoci, però, in colpa.
Uscire dal tempo sociale diventa allora un’esigenza di riequilibrio, di terapia, di liberazione e di riappropriazione di sé. Dobbiamo rallentare, dobbiamo evadere dagli schemi che ci imprigionano, dobbiamo fermarci per fare il punto della situazione.
Se non è possibile prenderci una vacanza o se non possiamo rinunciare ai nostri compiti, possiamo ritagliarci  alcuni minuti di pausa tra un impegno e l’altro.
Ma se ci limitiamo a stare in ozio o a fare una passeggiata, la nostra mente continua a lavorare, a ricordare, a pensare, a fantasticare, ad andare indietro nel passato o avanti nel futuro. E quindi non ci liberiamo dallo stress. Ci portiamo dietro le nostre preoccupazioni.
Per liberarsi veramente ci si può concentrare sul presente, sul qui e ora. Possiamo spezzare la catena dei pensieri e diventare consapevoli: “Io sono qui e ora, io sto vivendo questo attimo che è unico e irripetibile”.

Possiamo favorire la concentrazione chiudendo gli occhi, oppure allungando l’ espirazione o trattenendo il respiro. In tal modo dilatiamo il più possibile l’istante presente, uscendo dal tempo e dal luogo contingenti – e perfino dal nostro ego sociale. In questi attimi non sono più Tizio o Caio, ma una coscienza vuota, che si assimila al sé universale.

Ignoti a se stessi

Ci sono persone che non solo non sanno chi sono, ma non sanno neppure che cosa sentono.
Non sanno se sono felici, infelici o indifferenti.

C’è molto da fare con la consapevolezza.

mercoledì 28 gennaio 2015

Cristianesimo e buddhismo

Se il cristianesimo è la religione del Dio che si fa uomo, il buddhismo è lo sforzo dell’uomo di farsi divino, di scoprire in sé la capacità di trascendere se stesso e i propri condizionamenti.

Scelte esistenziali

In ultima analisi, il nostro progresso o regresso, quali che siano le condizioni in cui viviamo, non dipendono dagli altri, ma da noi stessi. Sono una nostra responsabilità. Sono il senso della nostra vita.
Possiamo vivere incoscientemente come un qualsiasi animale. O possiamo vivere con consapevolezza. Dipende dalla nostra scelta e dal nostro impegno.

Ma resta il fatto che l’esito della nostra vita dipende da noi.

La meditazione dell'universo

Poiché tutto è una sola cosa con tutto, poiché ognuno di noi è una sola cosa con l’intero universo, quando qualcuno medita, con lui medita l’intero universo. È l’universo che medita su se stesso, è l’universo che prende coscienza di se stesso, è l’universo che modifica se stesso.
Dunque, anche il più piccolo di noi contribuisce al destino del mondo, ognuno di noi contribuisce alla nascita e all’orientamento di Dio - il Dio che verrà.

Perché Dio non è un essere assoluto (ab-solutus = sciolto da tutto il resto) che decide il mondo dall’esterno in modo immutabile. Ma il cosmo stesso che emerge e si auto-modella continuamente. 

Il leone e la gazzella

Bene e male – e tutti gli opposti polari – vengono da una stessa identica fonte.
Non pensate che il male sia un errore, un’eccezione o un peccato. No, il male è un elemento costitutivo dell’universo, ineliminabile.
Siamo noi che diamo giudizi di valore su avvenimenti che sono al di là del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, del positivo e del negativo. Ma il fatto che il leone divori la gazzella non è né bene né male – è bene per il leone che mangia e male per la gazzella che viene mangiata. Però, il fatto in sé non è catalogabile come buono o cattivo.

L’origine è al di là del bene e del male.

Guardie e ladri

Da dove viene il male? Dalla stessa identica fonte da cui viene il bene.
Se credete che Dio abbia creato solo il bene e che il male nasca da qualche peccato o disubbidienza, o da una specie di anti-dio, Satana, siete sulla strada sbagliata. Il male è uno dei due fondamenti su cui si basa l’universo. Perciò se credete a Dio, dovete accettare che sia lui l’autore del male.
Il problema è che voi non volete ammetterlo e dividete irrealisticamente e arbitrariamente la realtà in due parti. Come se una delle due parti potesse esistere senza l’altra.
L’universo è stato creato in modo che due forze antagoniste si equilibrino a vicenda. Male e bene sono in apparenza contrapposti, ma in realtà complementari: l’uno non potrebbe esistere senza l’altro. Questo è il motore del tutto, il Primo Motore. L’universo non potrebbe esistere senza questa contrapposizione dialettica.

Se poi credete che un giorno il bene vincerà sul male, siete ancora in errore. È come credere che un giorno le guardie vincano sui ladri o che la luce vinca sulle tenebre. Ma senza ladri e senza tenebre, non ci sarebbero né guardie né luce.

martedì 27 gennaio 2015

La pratica universale

La meditazione è una pratica universale non solo perché è adatta a tutti gli uomini, di qualsiasi paese ed epoca, di qualsiasi cultura e ceto sociale, ma anche perché non è una pratica fatta da soli e soltanto per se stessi. Nel momento in cui praticate, siete tutti gli uomini; nel momento in cui vi risvegliate, lo fate a nome di tutti gli esseri. Anche se parte dall’individuo, la meditazione coinvolge tutti; è un tentativo dell’universo di scoprire se stesso. Diceva il Buddha:
“Ho raggiunto la Via insieme a tutto il mondo e a tutti gli esseri senzienti. Tutto – montagne, fiumi, alberi, piante – tutto ha raggiunto l'illuminazione.”
E diceva Dogen, il grande maestro zen: “La pratica buddhista viene portata avanti insieme a tutto il mondo e a tutti gli esseri senzienti.”

Questo è il vero spirito della pratica: una realizzazione individuale che è utile a tutti, che è universale.

La degenerazione delle religioni

Tutte le religioni prima o poi degenerano. Infatti, al messaggio espresso dai fondatori si sostituisce la venerazione degli stessi.
È successo al cristianesimo, dove al messaggio di Gesù di amare il prossimo si è sostituita l’adorazione dello stesso Gesù. Ed è successo al buddhismo, dove al messaggio del Buddha di essere consapevoli si è sostituita la venerazione del Buddha stesso.
I fondatori sono stati messi sugli altari, in modo da non impegnarsi a realizzare ciò che invitavano a fare.
Poiché gli uomini non vogliono né amare il prossimo né essere consapevoli, si illudono che basti adorare Gesù per essere cristiani o adorare il Buddha per essere consapevoli. Niente di più sbagliato.
Nel cristianesimo, tale spostamento di mira è stato più facile, perché fin dai Vangeli si tenta di trasformare Gesù in un essere divino. Ma nel buddhismo è paradossale, perché il Buddha ribadisce di essere un uomo come gli altri e che ciò che è importante non è la sua persona, ma il suo messaggio.
Niente da fare. Gli uomini vogliono qualcuno da adorare, in modo da non essere costretti a fare nessuno sforzo personale.


Gesù e Buddha

Gesù disse si amare il prossimo e perfino i nemici. Ora, tu domandati quante persone ami: ami te stesso, tua moglie, i tuoi parenti i tuoi amici? Non basta. Devi amare anche quelli che non fanno parte delle tua cerchia. Se non lo fai, non sei cristiano, anche se sei stato battezzato, anche se vai a messa, anche se adori Gesù e il Papa. Non sei cristiano. Sei uno che vorrebbe essere cristiano, ma non ne è capace. Sei come tutti: ami chi ti interessa e odi o sei indifferente verso tutti gli altri. Anche i gerarchi nazisti o i mafiosi amano in questo modo.
Il Buddha dice di essere consapevoli. Ma tu di quante cose sei consapevole? Sei consapevole di quante persone ami? Sei consapevole del tuo carattere, dei tuoi limiti, delle tue capacità? Sei consapevole della rabbia, della competitività, della gelosia, dell’avversione, dell’invidia, dell’egoismo che provi nelle varie occasioni? Sei consapevole di essere una marionetta tirata dalle mani di qualcun altro e dei tuoi stessi impulsi ed istinti? Sei consapevole di vivere in un mondo di proiezioni mentali, di immagini, di pregiudizi, di fantasie – in una specie di film o sogno della tua stessa mente?
Se non sei consapevole di tutte queste cose e di altre ancora, non sei buddhista. E inutilmente hai messo una statua del Buddha da adorare nella tua stanza.

Devi realizzare i messaggi di queste figure religiose, non venerare le loro statue.

Trascendere

Che cos’è trascendere? È assumere un atteggiamento che superi gli interessi e le visioni dell’ego, il quale tutto discrimina e contrappone. È vedere tutto in termini di sé universale, non di sé individuale. È andare al di là dei propri desideri e dei dualismi della mente, come bene e male, amore e odio, io e altro, conoscenza e ignoranza, vincere e perdere, ecc.
In chi è capace di trascendere le cose avvengono su uno scenario complessivo, all’interno del sé universale. Per gli altri, tutto avviene per il proprio piccolo ego.
Quando un discepolo domandò al maestro zen Shitou: “Qual è il significato fondamentale della via del Buddha?”, lui rispose: “Nessun guadagno, nessuna conoscenza personali”.
Il discepolo domandò: “Puoi spiegarti meglio?”

Shitou rispose: “Il vasto cielo non ostacola le bianche nuvole fluttuanti.

Il fondamento di tutto

Potremmo dire che Dio è il fondamento di tutto, e forse anche l’ateo sarebbe d’accordo, visto che l’universo è qualcosa di unitario ed ha una base. Prendiamo per esempio la base o le fondamenta della Torre di Pisa; la Torre potrebbe stare in piedi senza le fondamenta? No.
Però, potremmo dire che anche le fondamenta senza il resto della Torre di Pisa sarebbero ben poca cosa. E dunque potremmo concludere che, se le fondamenta sono indispensabili alla Torre, la Torre è indispensabile alle fondamenta. La Torre senza le fondamenta sarebbe inutile; le fondamenta senza la Torre sarebbero inutili.
Ma allora le fondamenta e la Torre sono un tutt’uno.

Il fondamento e il tutto sono la stessa cosa. L’uno non può essere senza l’altro, l’uno è complementare all’altro. Dio è tutte le cose, tutte le cose sono Dio. Siamo noi che distinguiamo ciò che non può essere separato e ce ne facciamo un idolo.

Giornata della memoria

A che servono queste “giornate della memoria” se non si ricorda bene?
Soliti discorsi, soliti film. Le vicende ci vengono presentate come se una mattina Adolf Hitler si fosse svegliato e avesse deciso di sterminare gli ebrei. Ma non viene mai spiegato il perché, non si va mai a fondo.
Perché gli ebrei sono stati tanto odiati nella storia europea? Perché ci sono stati tanti tentativi (non solo quello nazista) di sterminarli? Perché alcuni Padri della Chiesa invitavano a distruggerli o a convertirli?
E perché ancora oggi c’è in Europa l’antisemitismo?
Non è che tutto ciò risalga a quei libretti, i Vangeli, che ci presentano gli ebrei come responsabili della morte di Gesù? E perché i Vangeli, in particolare il Vangelo di Matteo (“il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostro figli”), odiano gli ebrei?
Ma perché volevano far dimenticare che Gesù era un ebreo che non aveva mai disconosciuto la sua religione, che il cristianesimo era una religione nata da una setta giudaica e che gli ebrei non avevano mai accettato Gesù come il Messia.
Non tutti i messaggi evangelici hanno dato buoni frutti.

Dunque, se proprio vogliamo ricordare, ricordiamoci tutto. Se no, tutto ricomincerà.  

lunedì 26 gennaio 2015

Prigionieri del presente

Si dice che il tempo scorra. Ma noi non riusciamo ad uscire da questo attimo presente, in cui ci immaginiamo un passato e un futuro. Quando pensiamo al passato, siamo nel presente; quando pensiamo al futuro, siamo sempre nel presente.
Da dove viene allora questa convinzione di un tempo che scorra? Dal fatto che non riusciamo ad abbracciare con un unico sguardo i tre tempi.
Se però fossimo capaci di restare concentrati per un’ora nel presente, quell’ora per noi non passerebbe. In realtà è il movimento della mente che ci dà l‘impressione dello scorrere del tempo.

È solo con la morte che scocca questo lungo attimo presente – e che si passa al momento successivo.

L'uno dentro l'altro: il centro universale

La nostra essenza è in realtà un centro dentro e fuori di noi: è il centro di tutto, è il centro della danza cosmica. È sì un centro individuale, ma è contemporaneamente il centro di tutti. Come può essere?
Possiamo immaginare gli esseri coscienti come tanti centri concentrici. Ognuno occupa una diversa posizione, ha un diverso spessore e una diversa ampiezza, ma tutti hanno lo stesso punto centrale. Ecco perché questo centro è contemporaneamente nostro e altrui.
Se vuoi vederlo, chiudi gli occhi e concentrati fortemente sulla luminescenza centrale. Ora, puoi spostarti a destra o a sinistra, puoi andare a Roma o a Parigi. Ma il tuo centro non si sposterà di lì. È la tua mente che si sposta, non il tuo centro.

Questo centro è la luce che ti appare al momento della morte.

Clausola di salvaguardia

Poiché il “tuo” sé universale è il vero Dio, nel momento in cui ti trovi in esso puoi essere potente come Dio. Potresti dire alla luna di sparire e lei sparirebbe.
Ti puoi immaginare che cosa succederebbe sulla Terra se si scontrassero più persone con questi poteri: sarebbe una specie di guerra cosmica.

Per fortuna, c’è una clausola di salvaguardia: per essere Dio, devi smettere di essere un io.

domenica 25 gennaio 2015

L'ascolto: il senso della vita

Per la nostra logica razionale, il significato di una cosa si traduce in un rapporto di causa-effetto. Le cose hanno un senso in quanto sono stata prodotte da certe cause antecedenti. In tal senso, Dio è il supremo significato delle cose, in quanto Causa Prima.
Ma esiste un altro modo di intendere il significato delle cose.
Qual è il senso delle cose che avvengono qui e ora?
Anche questo è Dio. E, per trovarlo, devi semplicemente smettere di pensare razionalmente e metterti in posizione di ascolto.

Qui non devi cercare nulla, non devi risalire lungo la catena dei rapporti di causa-effetto. Anzi, devi proprio smettere di fare, con il corpo e con il cervello.

La distensione

L’ego è una contrazione o una tensione dell’orgoglio, della volontà di essere, della divisione.
Rilassa la contrazione dell’orgoglio egocentrico per ritrovare ciò che sei, per consentire alla tua natura di essere ciò che è.
Non puoi essere ciò che sei con uno sforzo ulteriore, perché lo sforzo ti fa essere altro-da-te. Ciò che sei lo sei quando rilassi quella tensione.

Ecco perché è tanto importante la distensione.

Ricostituire se stessi

Se passi un giorno o qualche ora solo con te stesso, lontano da ogni preoccupazione e attività, senza pensare né al passato né al futuro, guardando un fiore che si schiude o una mosca che batte contro il vetro, compi un atto spirituale più importante che andare a messa o dire una preghiera.

La meditazione è ricostituire o rigenerare se stessi.

Il mondo interno

In realtà, ciò che noi siamo è l’universo stesso. Non c’è una distinzione fra interno ed esterno. L’universo interno è semplicemente la parte dell’universo che entra i noi.
L’anima non è che lo specchio dell’universo.


Il viaggio della vita

Viaggiare bene è meglio che arrivare, si dice giustamente. La cosa più importante è l’atteggiamento mentale, è apprezzare il presente, anche perché la meta è sempre temporanea - ce n’è sempre un’altra.
Questo vale per i nostri viaggi ordinari, e per quel percorso che è la nostra stessa vita, fatto appunto di tante tappe.
Cerchiamo la nostra felicità, la nostra realizzazione come se fosse in qualche luogo del futuro, e non proprio qui e ora.

È proprio questa terra
che è il Paese del Loto della Purezza;
è proprio questo corpo
che è il corpo del Buddha.”
                               Hakuin


La cultura del raccoglimento

Nell’aeroporto di Monaco sono state installate speciali cabine insonorizzate, le Napcabs, di quattro metri quadrati, in cui il personale viaggiante e i passeggeri possono rifugiarsi per staccare dalla confusione circostante, per schiacciare un pisolino, per rilassarsi nell’attesa di un volo o per avere un po’ di intimità. Ottima iniziativa, da estendere nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle nostre città rumorose e affollate, nelle nostre stesse case, ecc., in modo da avere un luogo di riposo e di meditazione, per stare un po’ con noi stessi.
È la cultura della meditazione che va diffondendosi. Si riconosce la necessità di staccare periodicamente dall’ambiente sempre più frenetico, chiassoso e nevrotizzante delle nostre esistenze quotidiane.
Perfino Dio, nel mito biblico, sentì la necessità di “riposarsi” dopo sei giorni di lavoro.

Ma un rifugio del genere sta comunque in ognuno di noi, anche in mezzo al caos del mondo. Fermatevi ogni tanto, smettete di parlare e di pensare ossessivamente, fate silenzio, isolatevi, raccoglietevi. Poi, potrete ritornare alle vostre attività con la mente più chiara.

La meditazione è in verità superiore al pensiero. La terra sembra riposare nel silenzio della meditazione, e le acque, le montagne, il firmamento e il cielo sembrano tutti in meditazione”

                                               Chandogya Upanishad

sabato 24 gennaio 2015

Distanze da colmare: preghiera e meditazione

L’unica preghiera che Gesù consigli è quella del “Padre nostro,” che incomincia così: “Padre nostro che sei nei cieli…” Questa espressione “nei cieli” e l’idea stessa di “Padre” creano una distanza fra l’uomo e Dio e fanno credere che Dio stia in qualche posto speciale, lassù in alto. Dunque, chi prega si pone nella condizione di un uomo che prega un altro essere, distinto da lui.
Nella meditazione è il contrario. Per esempio, il Buddha dice: “Prendete rifugio nel sé, prendete rifugio nel dharma, non prendete rifugio in null’altro. Ora, il sé non è una divinità posta “nei cieli”, ma il nostro essere più profondo.
Nella preghiera, dunque, si prega un’altra “persona” perché esaudisca i nostri desideri; e si cerca di colmare una distanza, che in realtà non potrà mai essere colmata, perché Dio resta il Padre, mentre tu rimani, se va bene, un figlio.

Nella meditazione, il sé non è un’altra persona, ma quella parte universale di te che si trova dentro di te. Qui non c’è da colmare una distanza fra persone diverse, tra un “io” e un “altro”, ma tra un io e se stesso. Qui c’è da cancellare una separazione costruita all’interno dello stesso essere.

Corpo e anima

È il mio corpo che porta a spasso la mia coscienza o è la mia coscienza che porta a spasso il mio corpo? Vere entrambe le cose. Perché all’origine c’è una forza che le comprende entrambe. Solo dopo si differenziano. 

I protettori

I religiosi sfruttano il bisogno degli uomini di avere un protettore – per porsi essi stessi come protettori.

Ma è un po’ come la protezione mafiosa, in cui i protettori ci difendono dalle loro stesse minacce.

Essere laici

Essere laici significa essere convinti che nessun Dio ha affidato a nessuna religione nessuna missione.
La forza della vita non ha bisogno di nessuna religione per mandare avanti i suoi propositi. Ha ben altri mezzi che rituali e libri sacri.

Chi sono allora i clericali, i “religiosi”? Dei  presuntuosi che vorrebbero darsi importanza senza averne il diritto, dei mediatori cui nessun Dio ha mai affidato alcuna mediazione, insomma dei millantatori.

Sull'orlo del burrone

Scoprendo che tutte le cose sono impermanenti, transitorie ed effimere, tendiamo a svalutarle.
Ma, proprio perché si tratta di cose caduche, che oggi ci sono e domani non ci saranno più, sono ancora più preziose.

In fondo, viviamo sempre sull’orlo di un burrone, sapendo che prima o poi ci cadremo dentro. 

Il Dio di tutti

Se invece di parlare di Dio, parlassimo di “sorgente” o di “essenza misteriosa della vita”, e non pretendessimo di definirla, ma solo di capire che cosa sentiamo, non avrebbe senso dichiararsi credenti, agnostici o atei. Noi ci definiamo tali solo in relazione ad un certo concetto di Dio.

Ma chi non sente la forza misteriosa della vita, che preme in lui e in tutte le cose? Quello è Dio. Lasciamo perdere il Dio clericale.

De-clericalizzare Dio

Il teologo Bohhoeffer parlava di de-clericazzione di Dio, ossia di liberare Dio dal rivestimento e dall’interpretazione clericale.
In realtà, bisognerebbe liberare il Divino dalle religioni.
Ognuno ha il suo Dio o non-Dio. Non esiste un Dio uguale per tutti. Non esiste un Dio racchiudibile in formule, dogmi e dottrine religiose.
Come uno è, così è il suo Dio.

Se sentite qualcosa, quello è il vostro Dio. Se non sentite niente e vi affidate ad una religione per il senso della vita, in realtà non credete a nulla.

La formula della felicità

Tutti cerchiamo la felicità, e in alcuni momenti la troviamo.
Tuttavia, gli stati d’animo sono dialetticamente mutevoli, nel senso che prima o poi lasciano il posto ai loro contrari.
Questo è il punto da capire. Non c’è niente di immutabile e di conservabile a lungo. Gli opposti si generano e si stimolano a vicenda. Niente dura, né la felicità né, per fortuna, l’infelicità.
Il saggio lo sa; e quindi apprezza la felicità finché dura. Ma non si fa travolgere, né si stupisce, quando arriva lo stato d’animo contrario. Passerà anche quello – come passa tutto.


venerdì 23 gennaio 2015

La laicità dello Stato

Il primo ministro francese, Manuel Valls, ricorda che “la laicità deve imporsi dappertutto, perché permette la fraternità e permette a tutti di vivere insieme.” Così indice una “giornata della laicità” il 9 dicembre, in riferimento al giorno del 1905 in cui venne adottata una legge sulla separazione tra Stato e Chiesa. Inoltre seleziona mille tutor per dare le linee guida agli insegnanti scolastici.
E noi? Noi facciamo esattamente il contrario. Lo Stato e la Chiesa sono fusi e confusi insieme e abbiamo messo migliaia di insegnanti di religione, scelti dai vescovi ma pagati dallo Stato, per indottrinare meglio i nostri giovani e cancellare completamente l’idea della laicità dello Stato.

Vedremo chi ha avuto ragione.

La pace e le religioni

La pace non può venire dalle religioni. La pace può venire solo da un animo pacificato.
E un animo pacificato non è quello di chi cerca di convertire o di far proseliti, di chi teme e odia le altre religioni.
Non è una questione di credere. È una questione di stati d’animo – stati d’animo che non si possono trovare finché non ci si svuota di ogni pensiero, di ogni aspettativa, di ogni sogno di grandezza, di ogni idea egocentrica.

Se uno si crede di essere Dio o un inviato di Dio, come volete che non sia egocentrico?

Guidare la propria vita

Quand’è che guidiamo meglio la macchina? Quando abbiamo la testa piena di pensieri? No, di certo.
Quando siamo troppo tesi? Nemmeno.
Quando siamo assonnati o ubriachi? No.
Allora, quando?

Quando siamo distesi e rilassati e, nello stesso tempo, attenti e vigili.

Vedere la realtà

Se vuoi vedere la realtà, guardala direttamente. Ma, quando tenti di pensarla, la perdi.
In effetti, quando riduci la realtà ai tuoi concetti, alla tue parole, alle tue categorie – hai un’interpretazione, non la realtà.

Questo vale per tutte le cose che vediamo – figuriamoci per quelle che non vediamo, come per esempio Dio.

Quanti Iddii?

Certo, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo…
Ma non ha ragione allora l’islam ad accusare il cristianesimo di triteismo?

Io direi che, se ci aggiungiamo anche la Madonna e i santi, siamo ancora nel paganesimo.

La felicità dinamica

Non è meraviglioso, in pieno inverno, il caldo della tua stanza mentre fuori tutto è gelato e ricoperto di neve?
E non è meraviglioso, in un giorno d’estate, trovare un posto fresco, ombroso e ventilato?
Basta questa banale osservazione per capire che la felicità, la realizzazione, non ha a che fare con un assoluto, con una scelta definitiva, con un aut-aut, con qualcosa di fisso, ma con un saggio e dinamico contemperamento degli opposti.

Non è in virtù di un sapiente equilibrio tra forza centrifuga e forza centripeta che i pianeti e le stelle possono stare là dove sono?

La sorpresa

La sorpresa è alla base della meditazione di scoperta.
Ma non possiamo preparare la sorpresa. La sorpresa è al di là della nostra previsione, esce dalle aspettative della mente.

Esce dai confini del nostro piccolo io.

La realtà liquida

Se tutto fosse amore, tutto sarebbe fuso, con-fuso. Ecco allora nascere il processo opposto della separazione, della differenziazione e della distinzione: in una parola, l’odio, la rivalità, la contesa, la guerra, l’io.
Questo è il valore positivo dell’odio.
Attrazione e repulsione: l’una non può fare a meno dell’altra.

Dialettica senza fine. Non v’illudete di ridurre tutto a uno eliminando i contrasti e le cose che non vi piacciono. La realtà è dinamica, non fissa.

Il nome di Dio

“Non nominare il nome di Dio invano…” parole sante. Quando si nomina il nome di Dio invano?
Praticamente ogni volta che si parla di Lui, che lo si vuol definire, che lo si vuole inquadrare e umanizzare. E, soprattutto, quando si pretende che rientri in una religione.

Questi uomini che blaterano di Dio, preti e teologi, nominano il nome di Dio invano.

La meditazione cosmica

La meditazione è un atteggiamento psichico, un’impostazione, una configurazione. È l’atteggiamento di chi si pone consapevolmente nel mondo.  E' un atteggiamento cosmico.

Come si spiega, altrimenti, che gli elementi fondamentali della vita e della coscienza siano diffusi dappertutto nell’universo?

La verità

Non la verità come soluzione di un problema posto dalla mente. Ma la verità come assetto della mente. Come modo in cui ti poni rispetto al tuo stesso guardare.

Riflettere

Riflettere è appunto un guardare attraverso uno specchio. “Un giorno” dice san Paolo “non guarderemo più come in uno specchio, ma direttamente, faccia a faccia.”

Non puoi farlo adesso? Ora e qui?

Liberi dai pensieri

Osserva come vanno in giro tutti…
Chi è libero da pensieri?
È come se tutti girassero con un film davanti agli occhi.

Ebbene, tu rialza il capo, guarda lontano ed osserva la vita. Soprattutto renditi conto che non sei tu  a pensare, non sei tu il padrone della tua mente; è la tua mente che ti domina.

I due volti di Dio

Nei tempi antichi, la brevità della vita, l’alta mortalità infantile, insomma la precarietà dell’esistenza, portò inevitabilmente a pensare che Dio potesse in ogni momento chiedere un sacrificio.
Dio era dunque il grande sacrificatore. E il sacro coincideva essenzialmente con il sacrificio. Da qui nacque il cristianesimo come religione in cui Dio sacrifica addirittura se stesso.
Nell’antichità era ben presente la terribilità di Dio, la sua ferocia. Dio ti poteva chiedere in ogni momento di sacrificare te stesso, tuo figlio o semplicemente un animale. Che cos’era il tempio di Gerusalemme ai tempi di Gesù se non un grande mattatoio, dove si sacrificavano animali per chiedere grazie a Dio?
Dio era considerato una specie di dea Kalì, la divinità induista che si nutre di sangue.
Gesù cercò di ribellarsi a questa concezione. “Dio non vuole sacrifici, ma amore” diceva. Però, ironia della storia, fu considerato lui stesso un “agnello sacrificale”.
Nonostante questo, oggi Dio viene pensato come una specie di super-tranquillante. Siamo passati dal Dio sanguinario e spietato al Dio dell’amore e della bontà.

Ma entrambi questi aspetti, benefici e malefici, appartengono a Dio, cioè alla realtà – non dimentichiamocelo mai.