giovedì 29 gennaio 2015

Istanti senza tempo

Abbiamo organizzato le nostre società in modo che tutto sia regolato in una cornice temporale che inquadra ogni nostro atto, da quando ci svegliamo a quando andiamo a letto. Il tempo diventa così una gabbia dalla quale non possiamo sfuggire. “Ore otto, faccio questo… ore nove faccio quest’altro… ore dieci faccio quest’altro ancora… e così via, senza tregua. Naturalmente questo tempo sociale lo abbiamo creato noi, con la nostra mente organizzatrice e calcolatrice.
Ogni cosa è scandita dal tempo, che diventa un padrone inflessibile, un’ossessione, uno stress.
Ogni tanto non ce la facciamo più. E allora saltiamo questo o quell’impegno – sentendoci, però, in colpa.
Uscire dal tempo sociale diventa allora un’esigenza di riequilibrio, di terapia, di liberazione e di riappropriazione di sé. Dobbiamo rallentare, dobbiamo evadere dagli schemi che ci imprigionano, dobbiamo fermarci per fare il punto della situazione.
Se non è possibile prenderci una vacanza o se non possiamo rinunciare ai nostri compiti, possiamo ritagliarci  alcuni minuti di pausa tra un impegno e l’altro.
Ma se ci limitiamo a stare in ozio o a fare una passeggiata, la nostra mente continua a lavorare, a ricordare, a pensare, a fantasticare, ad andare indietro nel passato o avanti nel futuro. E quindi non ci liberiamo dallo stress. Ci portiamo dietro le nostre preoccupazioni.
Per liberarsi veramente ci si può concentrare sul presente, sul qui e ora. Possiamo spezzare la catena dei pensieri e diventare consapevoli: “Io sono qui e ora, io sto vivendo questo attimo che è unico e irripetibile”.

Possiamo favorire la concentrazione chiudendo gli occhi, oppure allungando l’ espirazione o trattenendo il respiro. In tal modo dilatiamo il più possibile l’istante presente, uscendo dal tempo e dal luogo contingenti – e perfino dal nostro ego sociale. In questi attimi non sono più Tizio o Caio, ma una coscienza vuota, che si assimila al sé universale.

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