lunedì 25 giugno 2012

Peccati contro natura


Nelle nostre legislazioni, e in particolare nelle società cristiane, ci si oppone al riconoscimento del matrimonio gay in nome di una presunta naturalità del matrimonio eterosessuale, che sarebbe votato alla riproduzione. Ma ogni rapporto umano è naturale. Basti pensare alla civiltà greca e romana, dove ci si dava a rapporti d'ogni tipo. Si pensi e che cosa scriveva Platone dell'amore per i giovinetti... non si poneva neppure un problema etico.
Fu il cristianesimo a introdurre discriminazioni, condanne e una repressione di cui ancora oggi fanno le spese gli omosessuali. Ma il concetto cristiano di "naturalezza" è una pura convenzione. Nasconde un'idea pregiudiziale. È arbitrario distinguere tra forme diverse di rapporti naturali.
L'ideologia cristiana è quanto di più innaturale ci sia: presume di poter giudicare la naturalezza di un rapprto in base al criterio riproduttivo, come se gli uomini fossero semplici animali da allevamento (e Dio il loro pastore). Ma l'amore, per la stessa ideologia cristiana, non dovrebbe avere la meglio su qualsiasi altra categoria di motivazione? Non diceva sant'Agostino: "Ama et fac quod vis", "ama e fa' ciò che vuoi"?
Che cosa c'è di più innaturale del dogmatismo? Del voler costringere in definizioni arbitrarie e fisse le forze irresistibili della natura?

L'eternità del sé


Osserva l'essere umano che ti sta di fronte o considera te stesso. E vai in profondità, oltre la superficie.
In quell'essere umano ci sono il rettile e il pesce che è uscito dal mare; c'è il maschio e c'è la femmina. L'energia che egli rappresenta viene da molto lontano ed ha cambiato forma mille volte, con veri e propri salti evolutivi. È stata un'ameba, un microbo, una cellula, un aminoacido, ecc., e prima ancora è stata polvere di stelle.
In un certo senso è sempre stata la stessa. Ma si è trasformata senza sosta, e continuerà a farlo - la corsa non si è per niente formata. Sotto la forma attuale, in profondità, ci sono tutti quegli altri esseri del passato e ce ne saranno ancora.
Ecco perché porsi il problema se persista o meno il sé individuale è riduttivo. L'essere mantiene una continuità, ma non una fissità. È fatto per trasformarsi ed evolversi.
Sopravviverà dunque alla morte? Certamente, ma in un modo che non ti aspetti; e non è nemmeno auspicabile che tu sia sempre e solo te stesso. Amplia i tuoi orizzonti. Non ne hai abbastanza di essere te stesso? Liberazione è anche questo. Non essere attaccato a questa identità.

Il Lama vagante


Mi fa pena vedere il povero Dalai Lama che viaggia da un capo all'altro del mondo per rappresentare e difendere l'identità nazionale del Tibet - spesso respinto dai politici che devono tener conto del potere ricattatorio della Cina. Anche lui alla fine si è dovuto trasformare in un politico. Evidentemente, tutta la sapienza tibetana non è stata in grado di cambiare nulla negli equilibri mondiali. Bisognerebbe curare di più la possibilità del potere spirituale di influire sull'altro potere, quello del più forte. E qui, noi umani, siamo molto indietro.
Non è questo il nostro limite? La forza bruta, il potere, il denaro e le armi hanno la meglio sulla dimensione spirituale. Questo è il prezzo da pagare allo stadio attuale dell'evoluzione.

venerdì 22 giugno 2012

Sat-chit-ananda


I mistici orientali sostengono che il divino è sat-chit-ananda. Sat è essere, chit è consapevolezza e ananda è gioia, beatitudine.
Ma i nostri santi che cosa fanno? Si macerano, si flagellano, digiunano, si reprimono, si mettono il cilicio per soffrire di più e si torturano in mille altri modi - magari si fanno venire le stigmate di Cristo per partecipare meglio alla sua passione, cioè al suo patimento.
Che religiosità negativa! Si venerano poveri esseri infelici, veri e proprio casi patologici, anziché prendere esempio dai santi autentici: quelli che vivono felici e irradiano gioia.
Con questi modelli sotto i nostri occhi, il mondo diventa davvero una "valle di lacrime".

martedì 19 giugno 2012

L'amore per la meditazione


L'amore per la meditazione si configura come amore per il silenzio, l'ascolto, la calma, la semplicità e la contemplazione. Il silenzio non è solo il contrario del chiasso in cui viviamo quotidianamente, ma anche il silenzio di una mente che non vuol più chiacchierare inutilmente con gli altri e con se stessa. L'ascolto è l'attenzione a ciò che nel rumore e nella confusione non viene di solito notato, sia esternamente sia internamente. La calma è la consapevolezza che sono ben poche le cose che meritano il nostro impegno e la nostra attenzione; è un atteggiamento di distacco dalle frenesie e dalle mode del mondo e di rifiuto delle attività artificiali. La semplicità è una scelta delle cose essenziali. E la contemplazione è l'osservazione delle realtà straordinarie che la vita ci offre abbondantemente: albe, tramonti, mari, montagne, piogge, laghi, alberi, fiumi... e le attività del corpo e della mente; dunque è sviluppo della consapevolezza.
L'amore per la meditazione porta alla pace. Non così le fedi religiose.

domenica 17 giugno 2012

Religioni e volontà di potenza


In Nigeria i musulmani mettono bombe nelle chiese cristiane e uccidono decine di fedeli; in risposta i cristiani escono dalla chiese e, invece di porgere l'altra guancia come insegna il loro maestro, si mettono a uccidere decine di musulmani. La stessa cosa avviene in tutto il mondo ed è avvenuta anche in Europa nei secoli scorsi.
E queste sono le due religioni che dominano la terra.
Volete un'altra prova che la fede in Dio non migliora l'uomo?
Il fatto è che le religioni sono legate alla volontà di potenza: in nome della verità, in nome di Dio, in nome del Supremo Potere... noi solo siamo infallibili e tutti gli altri sono nemici infedeli. Chi non è con me è contro di me.
Andate e convertite, con le buone o con le cattive - lo dice Maometto e lo dice Gesù ("compelle intrare"!).
Chi insegna ai credenti a riconoscere la volontà di potenza della propria religione?
Troppo narcisismo anche nei grandi profeti religiosi.

venerdì 15 giugno 2012

Carità


Ogni tanto i mass-media ci presentano qualche biografia, più o meno romanzata, più o meno mitizzata, di Madre Teresa di Calcutta, una campionessa della carità cristiana. Ma perché ce la presentano come un modello? Non è così che si risolvono i problemi della povertà, che infatti è in aumento e si riaffaccia anche nelle nostre società.
Non sarebbe molto meglio se qualche politico si impegnasse nel fare leggi che diminuissero la povertà, che ridistribuissero le ricchezze e che garantissero a tutti un minimo di sopravvivenza? Questo sì che sarebbe un vero santo.
E come mai gli uomini che si dicono religiosi non si impegnano, anziché a combattere le unioni di fatto o i preservativi, a promulgare leggi contro le disuguaglianze sociali?
Nutrire gli affamati, d'accordo. Ma non sarebbe più utile e più intelligente evitare che ci siano tanti affamati? I mezzi ci sarebbero. Però, se eliminassimo alla radice la miseria, come potrebbero i benpensanti fare la loro ipocrita carità?

Parole


Sogno un mondo in cui il silenzio, non il chiasso, abbia una parte preponderante. Sogno un mondo in cui i politici, i preti, gli insegnanti e le persone più importanti non siano soltanto coloro che sanno usare bene le parole (come succede oggi), ma coloro che fanno uscire le parole da un profondo silenzio interiore.
Chi sa usare bene le parole può anche non essere un saggio, può anche essere un truffatore.
Chi sono oggi i nostri leader? Coloro che sanno parlare bene nei dibattiti televisivi? Ma che cosa hanno veramente dentro? Con le parole si inganna il mondo, con le parole ci si fa belli, con le parole si fanno promesse che non si mantengono, con le parole si mente, con le parole si ingannano i popoli. Che non hanno ancora imparato a diffidare di chi ha facilità di parola.
La verità non sta nelle parole, ma in un'intima consapevolezza.

giovedì 14 giugno 2012

La notte oscura dell'anima


Tutti i mistici hanno sempre sottolineato che, per raggiungere la luce, bisogna passare attraverso una fase di oscurità, una specie di notte penosa - è il prezzo da pagare per il risveglio. Il fatto è che gli uomini sono pigri, abitudinari e vogliono continuare a dormire, anche quando sognano orribili incubi.
Per risvegliarsi, la prima cosa da fare è aprire gli occhi su questa realtà, sul mondo, sulla condizione umana. Ma il primo scenario che ci si presenta è spaventoso, soffocante. È come vedere una prigione o un campo di concentramento. Lì i prigionieri sono schiavi che non vogliono guardare, che non vogliono pensare ad altre possibilità, a ciò che può esistere al di là delle mura e del filo spinato; non vogliono assumersi responsabilità. Anche nella schiavitù c'è una certa soddisfazione: non si deve decidere nulla e si può dare la colpa delle nostre sofferenze agli altri, ai carcerieri. Assomigliano ai prigionieri della caverna platonica che si oppongono a chiunque li voglia spingere a vedere la luce e la libertà. Seguono come pecore le "autorità" (politiche, religiose, economiche ed intellettuali) illudendosi che loro sappiano ciò che stanno facendo e la via da percorrere.
Ma in una prigione tutti sono infelici: si odiano e competono fra loro; creano gerarchie; sono dominati dalla violenza; adorano falsi dei; e l'intero ambiente è dominato dall'ingiustizia e dall'aggressività.
Per risvegliarsi, dunque, bisogna prima vedere questo mondo imprigionato che continua a seguire comportamenti dettati dalle esperienze di chissà chi, ma non dalle proprie. Le tradizioni, le religioni, Dio, il Supremo Carceriere, lo Stato... Lo spettacolo è penoso, un vero incubo. E, purtroppo, in questo mondo, in questa barca, ci troviamo anche noi; e anche noi veniamo trascinati al naufragio.
Domandiamoci quante delle verità che diamo per scontate corripondono a qualcosa di verificato personalmente. E apriamo gli occhi. Ci vuole intelligenza e coraggio, ci vuole la volontà di ribellarsi o comunque di liberarsi. La vera spiritualità è rivoluzionaria. Da qui parte ogni ricerca. Dobbiamo mettere in dubbio tutto ciò che ci è stato insegnato e tramandato, i valori e i comportamenti che vanno per la maggiore. Alcuni sono deleteri.
Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà, per quanto spaventosa possa essere. Anche noi siamo chiusi in quella prigione; anche noi siamo dominati dagli stessi impulsi. L'unico modo per uscirne è prendere coscienza della situazione, sia generale sia personale. Dobbiamo conoscere e riconoscere, in noi e negli altri, la nostra natura di schiavi. Questo è il primo passo, la notte oscura dell'anima di cui parla anche san Giovanni della Croce. Si tratta di una sofferenza. Ma è solo quando soffriamo che ci impegniamo a liberarci.

martedì 12 giugno 2012

La luce del rilassamento


Ecco un esercizio di rilassamento semplice ma potente, da utilizzare per calmarsi e per trovare uno stato adatto alla meditazione. Ad occhi chiusi o semichiusi, concentrarsi sull'aria che passa attraverso il naso, percependola all'altezza delle narici e visualizzandola come luce o come un plasma luminoso. Se necessario, accentuare leggermente le ispirazioni e le espirazioni. Subito dopo, spostare l'attenzione sulla bocca e sulle mascelle: sentire e rilassare le parti in tensione (di solito la bocca e le mascelle sono contratte). Passare poi al collo, percepire le tensioni e rilassarle. Quindi spostarsi sulle spalle. Rilassare le contratture. A questo punto fare una veloce ricognizione del tronco e degli arti, cercando i punti in tensione: mani, muscoli delle braccia, muscoli delle gambe e organi dell'addome: spesso le tensioni si scaricano sullo stomaco, sull'intestino o su altri organi dell'addome. Rilassare, ovvero "lasciar andare" le parti contratte.
A questo punto ritornare alla percezione del respiro che entra lungo il naso - sentirlo come un plasma luminoso che raggiunge e invade il cervello. Il cervello è la nostra centrale operativa e ogni ansia, paura o tensione partono e talvolta agiscono su di esso. Riempirlo di luce e di distensione.
Lo scopo dell'esercizio è questo: portare la luce alla mente superiore.

sabato 9 giugno 2012

Maschere e autenticità


Per tutto il Medioevo l'imitatio Christi, l'imitazione di Gesù, lo sforzo di adeguarsi al suo modello, è stato un tema dominante. Ma nessuno sapeva come fosse stato realmente il profeta di Nazareth, che non era affatto un asceta, bensì uno che beveva, mangiava e partecipava alle feste. Comunque, l'imitazione era destinata al fallimento perché nessuno può essere un altro; se tenta di imitarlo, non sarà autentico, non sarà se stesso.
Invece, lo scopo della vera spiritualità è essere se stessi, è realizzare la propria vera natura, che è unica. Buttiamo via, perciò, ogni modello, ogni imitazione, ogni copia fasulla. Se non siamo noi stessi, semplicemente sprechiamo la nostra esistenza.
Questi sono dunque i due comandamenti principali: conoscere se stessi ed essere se stessi.
Tutti cercano di farci essere qualcun altro: genitori, insegnanti, amici, parenti, preti... tutti cercano di farci indossare una maschera e di farci svolgere un ruolo.
Può darsi che certe volte sia necessario adattarsi alle esigenze della società e all'inizio, quando siamo bambini, è inevitabile obbedire a qualcuno. Ma poi viene il tempo in cui è necessario crescere e liberarsi da ogni tutela, diventando noi stessi.
Come fare? Ogni volta che una voce interiore ci dice che cosa fare o non fare, chiediamoci a chi appartiene: al padre, alla madre, allo zio, a un professore, a un prete, a uno scrittore che abbiamo letto...? Domandiamoci in silenzio di chi sia quella voce. Quindi, se non è la nostra, scartiamola e agiamo di testa nostra. Forse qualche volta sbaglieremo. Tuttavia la vita procede per tentativi ed errori, ed è sempre meglio sbagliare per conto proprio che su suggerimento di altri.
Liberiamoci da tutte queste voci estranee e mettiamoci in ascolto della nostra, l'unica che possa condurci alla realizzazione di noi stessi.

Il condizionamento religioso

Perché mai per votare bisogna aspettare di avere la maggior età e per scegliere una religione non si aspetta nemmeno un giorno? Questa in realtà non è una scelta, ma un'imposizione. Le religioni vogliono inculcarci le loro idee prima che si sia raggiunta l'età della ragione. Insomma vogliono condizionarci fin dalla nascita. Diciamolo chiaramente: è un delitto.

giovedì 7 giugno 2012

L'umiltà


Fateci caso: le religioni fanno una gran parlare della virtù dell'umiltà. Ma chi è meno umile di chi si crede l'unico depositario della verità? I nostri papi si dichiaranno addirittura infallibili - alla faccia dell'umiltà.
D'altronde lo stesso Gesù, molto bravo a parole, nei fatti era tutt'altro che umile. Si considerava più importante di Abramo e a chi gli domandava in base a quale autorità predicasse rispondeva: "Sulla base della mia stessa autorità!" E, quando entrò a Gerusalemme, non fece cercare un asino per fare il suo ingresso su quella cavalcatura, dal momento che i profeti avevano annunciato che il Messia si sarebbe presentato in tal modo? Precostituiva il suo mito.
Umile è chi non si crede un dio, chi non crede di sapere tutto, chi non si proclama "figlio di Dio". Un individuo del genere, se non è proprio figlio di Dio, è come minimo un presuntuoso, un megalomane.
Oggi gli scienziati sono più umili degli uomini di chiesa, perché non si ritengono infallibili e si rendono conto di non poter spiegare tutto.
L'idea poi che il regno dei cieli apparterrà agli umili è sempre piaciuta ai ricchi, ai prepotenti e agli arroganti... Intanto loro si accontentano del regno della terra.

martedì 5 giugno 2012

Il tempio dello spirito


Meditare è stare innanzitutto in silenzio. Il che significa non solo non parlare, ma anche non conversare mentalmente. Una volta individuato questo silenzio, immergiti in esso. Nella meditazione non c'è bisogno di chiese - la chiesa sei tu stesso, il tempio è la tua interiorità.
In quel momento scoprirai che quel vuoto silenzioso è il tuo stesso essere. È lo stesso vuoto silenzioso che si trova nello spazio cosmico, tra le stelle e i pianeti. Lì l'universo e tu siete la stessa cosa.

Dubitare e credere


Se credi, non sei stimolato a cercare; anzi, ti darà fastidio che qualcun altro dubiti e che ti spinga a vincere la tua pigrizia mentale. Se non credi, invece, se dubiti, se ti poni delle domande, sei indotto a cercare, a ragionare e a sviluppare la tua conoscenza. Ecco perché un credente ha l'intelligenza di un bambino; il suo cervello si è atrofizzato.
Dunque, non solo dubitare non è peccato, ma è anche l'essenza della religiosità. A meno che il tuo Dio sia come quello della Bibbia e delle religioni preconfezionate, desideroso che l'uomo resti ignorante.
Guarda la scienza come si è sviluppata... con il dubbio. Guarda le religioni come sono rimaste infantili... con la fede.

lunedì 4 giugno 2012

Vecchia e nuova religione


La vecchia religione consiste nell'adorazione di Dio, e naturalmente nella sottomissione e nell'ubbidienza al "Signore", proprio come si fa di fronte ad un re di questo mondo. Il suo strumento fondamentale è la preghiera, che è appunto una richiesta di aiuto al potente per ottenere protezione e favori. Ancora oggi i meno evoluti seguono questo tipo di religiosità.
Ma, quando preghi, ti rivolgi ad un'immagine della tua mente, ad una Divinità che è un prodotto della tua fantasia. Ti limiti a immaginare una Forza, fatta a immagine e somiglianza dei potenti terreni, e le chiedi qualcosa. Insomma non ti rivolgi a Dio ma ad una costruzione della tua mente.
La nuova religiosità consiste nell'eliminare ogni immagine mentale e nel restare consapevole di qualcosa che sia realmente presente, per esempio il respiro. Devi cercare un rapporto diretto con la realtà, senza mediazioni.
Anziché elevare una raccomandazione ad un potere che è al di fuori di te, cerca di utilizzare il potere che è in te - hanno entrambi la stessa origine.

Respirare consapevolmente


In un discorso del Buddha (il Satipatthana sutta) si parla di un esercizio dedicato alla respirazione. E, in effetti, la consapevolezza della respirazione è uno dei metodi fondamentali della meditazione. Ma, se si legge attentamente il discorso, si scopre che tutto si riduce a respirare in piena consapevolezza. Sembra facile? Non lo è. Il problema è che noi non riusciamo a fare nessuna cosa in piena consapevolezza. Tutto ciò che facciamo, lo facciamo al 10%, al 30%, al 50% o allo zero per cento della nostra consapevolezza. Chi è mai consapevole di respirare? Normalmente nessuno, se non quando qualche malattia ce lo rende difficile. Se qualcuno vi strozzasse, forse in quel momento sareste davvero consapevoli di che cosa significhi respirare.
Eppure la tecnica è tutta qui: applicare l'intera attenzione all'atto di respirare - inspirazione, espirazione e due impercettibili pause alla fine dei due atti respiratori (come rileva anche lo yoga). Il meditante "si siede incrociando le gambe, mantenendo il corpo eretto e fissando la consapevolezza davanti a sé. Consapevole inspira, consapevole espira. Quando inspira lungamente egli sa che sta inspirando lungamente; quando espira lungamente egli sa che sta espirando lungamente; quando inspira brevemente, egli sa che sta inspirando brevemente, quando espira brevemente egli sa che sta espirando brevemente..."
Piena consapevolezza significa che non dovete pensare ad altro. Fate la prova: durante la giornata fermatevi qualche attimo solo per essere consapevoli alla respirazione. In particolare fissate l'attenzione su una parte del corpo in cui sentite la respirazione (per esempio l'addome). Questa pratica è anche una maniera per ritornare periodicamente al proprio essere, uscendo dalle attività mentali che ci portano lontano. Ed è un metodo per calmare l'intero organismo psico-fisico.