domenica 30 aprile 2023

Le necessità della natura

 

Se uno deve orinare, lo fa e basta. È una necessità della natura, non qualcosa di personale. Ma così è anche per l’amore e il sesso. Necessità della natura.

Se ti innamori, è per questa necessità naturale, che tu poi personalizzi innamorandoti di una certa persona. Ma il meccanismo e le necessità sono impersonali, uguali per tutti.

Lo stesso per la morte e per tantissimi pensieri, emozioni, percezioni, paure e gioie, che noi consideriamo intimamente personali, ma che sono uguali per tutti.

Sono le forze della natura che ci fanno nascere, ci fanno vivere, ci fanno morire e che ci determinano in ogni aspetto dell’esistenza.

Per avere veramente qualcosa di personale, bisogna sentire e pensare cose che non sentono e non pensano tutti.

Solo così ti autodetermini, ti scegli. Se no, sei come tutti gli altri – un vuoto a perdere.

Ammesso che proprio questa volontà di essere qualcuno non sia l’errore di fondo.

I tormenti umani

 

Le religioni attuali aumentano la distanza fra l’uomo e Dio per il semplice motivo che considerano Dio una specie di Persona, o di “Signore”, che ha creato l’universo, dà ordini, stabilisce dogmi e comandamenti, istituisce religioni e Chiese, protegge o perseguita, premia o castiga, ispira scritture sacre, delega dei mediatori, invia Profeti o Figli di Dio, accoglie la anime in un paradiso o in un inferno e decreterà la fine dei tempi. Così vediamo arroganti e ignoranti individui, palloni gonfiati abbigliati con vesti sontuose e riveriti da stuoli di fedeli, che credono e vogliono parlare in suo nome e dicono una montagna di sciocchezze che in realtà escono solo dalla loro fantasia. E il bello è che gli uomini, sempre in cerca di padroni, in terra e in cielo, sono pronti a credere loro e fanno cose incredibili (fra cui guerre sante, assassinii e costose opere più o meno pie) per diventare perfetti e stupidi schiavi, per avere un buon posto in paradiso e cantare tutto il giorno le lodi del loro Signore.

Ma, se esistesse un Dio del genere, sarebbe responsabile di tante malefatte e della violenza che regna sovrana nella creazione.

In realtà Dio non è una Persona, ma  uno stato che è presente prima delle distinzioni fra essere e non essere, soggetto e oggetto, tempo e spazio, coscienza e incoscienza, e non vuole proprio nulla.

Inutile venerarlo e chiedere il suo aiuto. Preghereste la forza di gravità? Le costruireste una statua da mettere in una chiesa?

Il mondo si è fatto da solo… e si vede. È qualcosa che è sfuggito di mano. In un certo senso, è uno sbaglio, una malattia, una degenerazione, ed è meglio che rientri nella Totalità.

Anche gli uomini sono il frutto di questo sbaglio… e si vede. Sono pieni di aggressività, non sanno stare un po’ in pace, si occupano solo di esteriorità e stupidaggini e sono tormentati dal primo giorno all’ultimo.

venerdì 28 aprile 2023

Prigionieri dei concetti

 

Se ti do un bicchiere d’acqua e ti rivelo che contiene un veleno che ti ucciderà in tre giorni, sarai assalito da paura, ansia e angoscia. Se poi ti dico che è stato tutto uno scherzo, ti sentirai sollevato e felice.

Di fatto, non è accaduto niente. Ma la tua mente ti ha portato in un mondo immaginario, facendoti prima soffrire e poi gioire.

L’immaginario, il mentale, conta dunque moltissimo. Spesso le nostre esperienze dipendono più da ciò che pensiamo che da cose “reali”.

Ma la realtà qual è? Il nostro mondo non è in gran parte determinato dai nostri stati mentali? La nostra esistenza non è in gran parte precostituita dalla coscienza?

Che cosa decidiamo veramente? Non ci hanno certo chiesto di nascere – e di nascere con un certo carattere e in una certa famiglia e in un certo tempo. In compenso sappiamo che dovremo morire, e anche questo ci è stato imposto.

Siamo vuoti a perdere con una scadenza prefissata. E vediamo solo immagini di immagini. Il mito della caverna di Platone ci dice chiaramente che siamo prigionieri che vedono solo ombre.

Ma, se riconosci l’illusione di cui siamo prigionieri, siamo già sul punto di uscirne. Se invece scambiamo le ombre per cose reali, non possiamo comprendere e liberarci.

giovedì 27 aprile 2023

La malattia dell'uomo

 

“L’uomo è un animale malato” diceva Nietzsche.

Sì, ma non perché ha smarrito i suoi istinti (ne è ancora dipendente), bensì perché è malato di mente.

Si crede un ente separato, autonomo, dotato di libero arbitrio, consapevole, creato e protetto da qualche dio che risiede… nei cieli.

Ma non è così. È in preda ha un’aggressività feroce, ha coscienza ma non consapevolezza, è un burattino delle forze cosmiche, non decide quasi niente nella sua esistenza e non è protetto da nessuno.

Come tutti i malati di mente, si crede di essere quel che non è e crede di vedere cose reali, mentre vede solo concetti e immagini della sua mente.

Questa sua illusione lo spinge a sopportare anche la più orribile delle esistenze, credendo che sia un dono o una fortuna. Mentre è una condanna.

In fondo, la vita è la malattia di un povero alienato che non è in sé e non comprende il suo reale stato.

mercoledì 26 aprile 2023

Prima della coscienza

 

Che cosa c’era prima della coscienza? Quasi tutti pensano a un Dio che abbia creato la coscienza oppure pensano al nulla. E invece no.

Prima della coscienza c’era e c’è uno stato che non è né coscienza ne non coscienza, né esistenza né inesistenza, né essere né non essere, che è estraneo alla nascita e alla morte.

Ma noi, ora, chi siamo?

Non siamo tanto un’entità psicosomatica che nasce e che muore, che soffre e gioisce, quanto colui che è il testimone sia del corpo sia della mente cosciente, e che se ne distacca, non identificandosi con loro.

Questa entità psicosomatica è limitata nello spazio-tempo. Ma non il suo testimone. Che, alla morte, diventa tutt’uno con la totalità.

Quando l’io cessa, la consapevolezza del testimone diventa da limitata a illimitata o meno limitata, secondo gradualità.

martedì 25 aprile 2023

La porta

 

Non diciamo “sto per essere”, ma “io sono”: il che significa che tutto avviene spontaneamente, senza che ne siamo consapevoli.

Nell’Assoluto appare un’increspatura, che è l’ “io sono”: quindi appare la coscienza, con lo spazio-tempo, il dualismo, il mondo, ecc.

Prima non c’era.

Questa sensazione di essere è in tutti gli esseri, seppur a livelli differenti. E con essa incomincia la frammentazione, la moltiplicazione, la differenziazione, il piacere e il disagio. Un traboccare, un’emanazione, come la luce del sole.

La luce appare perché c’è il sole, ma il sole senza luce non è il sole.

Dove si situa da quel momento l’Origine?

Rimane lì dov’era, senza nascita e senza morte, ma anche nella forza della vita, nell’ “io sono”, nel principio interiore di tutti.

Ecco perché è necessario, per ritornare alla Fonte, risalire al senso dell’ “io sono”. Quella è la porta.

L’ “io sono” è un’interfaccia fra due dimensioni: la coscienza normale e la consapevolezza assoluta, la differenziazione e la coincidenza.

Possiamo conoscere solo ciò che è diverso da noi, da qui il dualismo. Quindi non possiamo conoscere con la mente razionale noi stessi. Quello che conosciamo è un corpo-mente-coscienza che esiste nello spazio-tempo, ma  non lo stato precedente.

Il mondo nasce nella e dalla violenza (big bang, un’esplosione apocalittica), continua nella violenza (contese, guerre, contrapposizioni, competizioni, rivalità…) e finisce nella violenza (morte). Voi credete possibile che sia stato creato da un dio buono?

Molti credono che la morte sia andare in un altro posto: da qui a là. Ma così ci sarebbe ancora uno spazio-tempo, il dualismo, ecc.

Quando entri in un sogno, vai forse in qualche luogo concreto?

Stabilizzati nello stato precedente all’esistenza, che è sempre qui e ora.

 

 

domenica 23 aprile 2023

Contrastanti scopi

 

Lo scopo della vita è la riproduzione. È vero. Ma questo è lo scopo della vita, non il nostro scopo.

Noi cerchiamo un briciolo di felicità o di benessere, non allevare faticosamente e distrattamente stuoli di bambini. Per l’interesse di chi?

L’uomo moderno incomincia a capirlo – e a fare meno figli. C’è una divergenza fra lo scopo della vita e lo scopo degli uomini.

L’uomo diventa sempre meno rozzo e istintivo e sempre più consapevole e intelligente.

Noi, italiani, per esempio, siamo tra i popoli che meno si riproducono. Ma primitive ideologie del passato che già hanno portato l’Italia al disastro di leggi razziali, di un governo dittatoriale e di una guerra persa, vorrebbero indurci a fare più figli offrendoci quattro soldi… e a diventare sempre più schiavi del potere e della società.

La donna ridotta a fattrice è molto simile a una vacca da riproduzione e l’uomo a un toro da monta. Ma queste bestie vi sembrano particolarmente intelligenti e libere?

Perseguite il vostro interesse, non quello meccanico della natura.

Il mondo soffre di sovrappopolazione, non di denatalità,

sabato 22 aprile 2023

Felicità e infelicità

 

Se credete di poter essere solo felici senza essere anche infelici, vi sbagliate di grosso. Questa è l’illusione primaria degli uomini, anzi di tutti gli esseri viventi, che si limitano a farsi spingere dalla forza della vita.

La vita inganna.

Alla vita non importa nulla se siete felici o infelici, anche se sa che deve darvi qualche zuccherino (il sesso, l’amore…) per farvi accettare qualcosa di insopportabile. La vita è spinta da una volontà di auto-affermazione che non si fa scoraggiare da nulla. Anche in mezzo o per mezzo delle violenze, delle guerre e dei cataclismi, non si arrende, cerca sempre di sopravvivere.

Non si cura però degli individui i quali sono per lei solo mezzi di riproduzione che, una volta esaurito il loro compito, non servono più e possono essere spazzati via.

La vita si afferma attraverso il contrasto dinamico, e questo è il motivo per cui gli esseri viventi sono sempre in guerra fra loro. O si mangia o si è mangiati; non è possibile nessuna pace duratura.

La vita è potenza megalomane di essere, delirio di onnipotenza.

Se perciò c’è sempre guerra, la colpa non è di qualche fantomatico peccato originale, ma è un fattore strutturale.

Purtroppo gli uomini non riflettono e si illudono di poterla fare franca, di essere risparmiati dal dolore, di essere protetti da qualche dio.

Senza questa illusione, non ci sarebbe la vita. Questa è la forza della vita, che in Oriente si chiama Maya: la dea che inganna.

Però l’illusione primaria non è solo quella di poter essere sempre o durevolmente felici, ma quella di far credere agli individui di essere qualcosa di concreto, solido, durevole, isolato, separato, autonomo e indipendente. Mentre sono solo burattini, apparizioni effimere, esseri immaginari, immagini di sogno, senza nessuna consistenza.

La prova? Quelle entità scompaiono con la morte, corpo e mente.

In conclusione, felicità e infelicità sono due gemelli inseparabili: non puoi scegliere l’uno e scartare l’altro.

Questo deve essere ben chiaro, altrimenti la delusione sarà atroce.

Svegliarsi

 

Quando ci svegliamo la mattina uscendo da un sonno profondo in cui non c’erano né preoccupazioni né pensieri, si sveglia in un attimo la coscienza con tutto il suo carico di impegni, inquietudini, assilli e insomma il solito mondo. Allora ci rendiamo conto della differenza tra uno stato beato senza coscienza e uno stato agitato con coscienza e che la differenza dipende proprio dal nascere di quella prima percezione: “Io sono”.

L’apparizione della coscienza è l’apparizione del mondo. Se non c’è coscienza, con la sua differenziazione soggetto-oggetto e con il dualismo dei contrari (concetti e cose), non c’è il mondo. Nessuno nasce e nessuno muore.

Quando poi esaminiamo questo dualismo (per esempio amore-odio o piacere-dolore o alto-basso…) ci rendiamo anche conto che i due elementi della contrapposizione si sostengono a vicenda e che l’uno non potrebbe esistere senza l’altro. Dunque la contrapposizione è più apparente che sostanziale.

La verità è che il dualismo è una specie di gioco delle parti e che gli opposti sono un tutt’uno. E, se ci pensiamo bene, tutto è un tutt’uno – l’Uno che diventa consapevole di se stesso, oggettivandosi, manifestandosi e contrapponendosi in tutto ciò che vediamo e sperimentiamo.

Ma è un fuoco d’artificio che, proiettandosi anche nello spazio-tempo, dura poco.

Dopo la morte ci sarà uno stato uno stato di grande consapevolezza, cioè di identificazione e coincidenza con se stessi – cosa che oggi non c’è, dominati come siamo da una coscienza duale, differenziata.

giovedì 20 aprile 2023

Il film della vita

 

Conoscere significa oggettivare, nel senso che la cosa conosciuta deve diventare un oggetto di una conoscenza che ha determinate strutture: per esempio, il dualismo dei concetti, una dialettica dei contrari e l’inserimento in uno spazio-tempo. Questo significa che la nostra mente non conosce le cose in sé, ma cose interpretate. La realtà – al di là di queste categorie - ci sfugge sempre.

Il problema diventa ancora più evidente quando si tratta di conoscere noi stessi.

Noi applichiamo a noi stessi le stesse categorie – quindi gli stessi condizionamenti - che applichiamo a qualsiasi oggetto. Nemmeno il nostro basilare senso di essere è esente da simili condizionamenti, perché l’essere è già un concetto… cui si contrappone subito il suo contrario, il non essere.

Ma noi non siamo in effetti né lo stato di essere né nello stato di non essere, ma un qualcosa che è sia l’uno sia l’altro o nessuno dei due, al di là. È come vedere un film di una vita sapendo che la vita è un’altra cosa. La realtà è imprendibile – possiamo viverla ma non… conoscerla.

Questo vale anche per la nostra identità. La siamo, la viviamo, ma non la conosciamo. Ciò che conosciamo è un’interpretazione, un film… in sostanza una falsificazione.

Ciò che pensiamo non è ciò che siamo.

Convenzionalmente, diciamo che la vita è ciò che va da una nascita a una morte. Ma non sappiamo né ciò che c’era prima della nascita né che cosa ci sarà dopo la morte. Ci immaginiamo solo film.

E questa vita è piena di forme, colori, movimenti, suoni, odori, sapori, pensieri, atti di volizione, atti di coscienza, effetti speciali… un film ancora più completo di quelli che vediamo al cinema – ma pur sempre un film; nel senso che non appena si spegne il proiettore, scompare tutto in un istante.

Il fatto è che ciò  che viviamo e ciò che siamo attualmente è sempre immerso in uno spazio-tempo. Mentre ciò che siamo realmente ne è al di fuori.  

Ciò che cerchiamo, la nostra identità, non può essere un oggetto come gli altri, ma è proprio colui che cerca. Che non possiamo cogliere ora perché siamo immersi nello spazio-tempo creato dalla coscienza. L’unico indizio è il senso di presenza conscia, senza il quale non esisterebbe il mondo.

Dunque la nostra ricerca deve arrivare a domandarsi quale sia la sua origine. Quella noi siamo, cioè la coscienza che cerca se stessa, fino ad arrivare alla consapevolezza senza dualità, alla consapevolezza impersonale, non più legata a un corpo.

lunedì 17 aprile 2023

Conoscere noi stessi

 

In realtà noi conosciamo noi stessi così come conosciamo (male) gli altri: siamo oggetti anche per noi stessi e quindi non ci conosciamo mai per quel che siamo, come soggetti. Il risultato è che ciò che conosciamo di noi stessi è un’interpretazione mediata dalla mente condizionata, non la verità.

Per sapere chi siamo mettiamo in azione una mente dualistica basata su concetti e contrapposizioni. Ci osserviamo così come osserviamo gli altri. Perciò siamo “altri” anche per noi stessi: e questo è l’inizio della nostra alienazione.

Quello che ci sfugge è la percezione diretta. In altre parole, dovremmo essere noi stessi, non pensarci.

Ne consegue che ciò che conosciamo è già condizionato, falso, illusorio. E mutevole, nel corso della vita.

Quella che conosciamo di noi stessi è un’immagine, un concetto, esattamente come per gli altri.

Siamo dei riflessi di qualcosa che non cogliamo, delle ombre di una sostanza che ignoriamo.

Il problema allora non è di osservarci con distacco (perché facendo così ci dividiamo in due, soggetto e oggetto), ma di riconoscere la nostra trascendenza.

Ciò che siamo non è quel che conosciamo, ma colui che conosce.

Colui che conosce non può essere conosciuto mentalmente, perché trascende la mente, è sempre prima. Qui c’è il nostro “io” trascendente.

Si tratta dunque non tanto di conoscere, quanto di capire. Una volta capito (da cum-capio), lo percepiremo o intuiremo.

Altrimenti, rimarremo sempre immagini mentali che cercano un potente cui affidarsi, restandone schiavi.

domenica 16 aprile 2023

La verità-realtà

 

Più che di verità dovremmo parlare di verità-realtà, perché ciò che cerchiamo deve corrispondere a qualcosa di reale. Invece, quando noi esprimiamo una verità, ne facciamo un concetto, e nessun concetto può cogliere la realtà. Per esempio, se dico: “Sono seduto su una sedia” esprimo un concetto, ma ciò che ha colto questa semplice verità-realtà è già avvenuto prima – stando seduto su una sedia. È stata la percezione diretta, immediata e intuitiva. La mente poi elabora un concetto, ma il fatto è già avvenuto.

Quindi la mente, che vuole esprimere e comunicare qualcosa, non è più l’esperienza diretta, ma una specie di traduzione in un linguaggio altro. Se per esempio traduco un testo dal cinese, il risultato sarà un’interpretazione, non più l’originale.

Se poi intendo cogliere me stesso, la mia identità, l’espressione concettuale non può comunicare l’originale, ma è un semplice concetto. Provate a cogliere il vostro stesso essere – non ci riuscirete mai. È come tradotto in un’altra lingua, anzi trasformato in un’altra cosa: un oggetto. Il soggetto viene trasformato in un oggetto.

Potrete esprimere mille interpretazioni e spiegazioni, ma non vi daranno mai la prima esperienza. Che è già passata o perduta.

Il fatto è che la prima esperienza è un’identificazione diretta, unitaria, mentre l’espressione deve per forza essere duale.

Il dualismo della mente falsifica tutto e non ci dà degli originali, ma dei facsimili. Come esprimere una dimensione (per esempio) tridimensionale con uno strumento bidimensionale? Come esprimere una dimensione unitaria con una dimensione binaria?

Ora, il problema è che cerchiamo di cogliere la nostra ombra o la nostra coda (se fossimo cani): quando ci spostiamo, anche lei si allontana.

Nel nostro caso, cerchiamo di cogliere ciò che c’era prima del nostro senso di essere. Noi ci chiediamo che cosa esistesse o ci fosse prima. Applichiamo un concetto di esistenza a ciò che è al di là tanto dell’esistere quanto del non esistere. Ecco che cosa c’era prima.

Esistere o essere significa entrare nello spazio-tempo e quindi essere limitati dalla morte. Ma, dopo la scomparsa del corpo e della mente, si entra in una dimensione senza inizio e senza fine, mai nata e mai morta. Questa è la verità-realtà.

venerdì 14 aprile 2023

La progressione della coscienza

 

Coscienza significa dualismo, dialettica dei contrari e il mondo così come lo conosciamo, con la nascita, la molteplicità dei contrasti e la morte. Tutto questo forma la nostra identità attuale che prevede una differenziazione (diciamo a livello dieci) fra soggetto conoscente e soggetto conosciuto. Senza questo divario vi è una maggiore coincidenza fra il soggetto che si cerca e il soggetto trovato, secondo vari gradi, fino ad arrivare ad una coincidenza assoluta (livello zero).

La coincidenza assoluta prevede l’annullamento del divario e la scomparsa della coscienza attuale. Noi la chiamiamo consapevolezza.

La consapevolezza assoluta non ha bisogno né dell’autocoscienza né dell’attributo dell’esistenza.

Ma la progressione sembra essere molto lunga. Dopo la morte, non è detto che si arrivi a una coincidenza perfetta. Quindi l’io, con la sua presenza mentale, continua a esserci, seppur a livelli diversi e progressivi.

giovedì 13 aprile 2023

Chi siamo

 

Diciamo la verità: nessuno ci ha mai chiesto se volessimo nascere (qualcuno avrebbe potuto rispondere di no). Siamo stati catapultati in un ambiente violento e ci siamo subito messi a piangere. Eravamo in un ventre più o meno protetto e ci hanno espulso a forza (da cui tutti i miti del paradiso perduto). Poi ci sono voluti anni di pianti, disturbi, malattie, sofferenze e completa dipendenza per arrivare a possedere un minimo di coscienza e di autonomia. Infine è cominciata la vita coercitiva della scuola e dell’educazione. Quindi la guerra della vita adulta.

I nostri genitori ci hanno messi al mondo unendosi sessualmente non si sa se per amore o per libidine. Ma neppure loro hanno potuto sceglierci. Non sapevano chi mettevano al mondo: un bambino, ma quale? Insomma, a casaccio.

E così siamo nati noi… non per un atto di consapevolezza, ma per un atto di inconsapevolezza, dominato dagli istinti più primitivi.

È inevitabile che ci si senta spaesati. Da dove veniamo? Chi siamo? A un certo punto della nostra crescita, ci vengono molti dubbi e ci domandiamo chi siano i nostri veri genitori. E se fossimo stati adottati? E se ci fossimo reincarnati? E se fossimo angeli decaduti? E se fossimo stati creati da un dio? E se venissimo da un altro pianeta? Insomma, ci sentiamo estranei.

In più, a poco a poco si affaccia il pensiero della morte. Dopo tutto quello che dobbiamo dovuto subire, dobbiamo anche svanire nel nulla. Le religioni campano sulla speranza che ci sia un’altra vita e tutte, per affermare il loro potere, dicono che bisogna seguire certi rituali, certi sacramenti e certi comportamenti, secondo i loro dettami.

Ma, per raggiungere la verità-realtà, non c’è bisogno di alcun mediatore. O c’è o non c’è.

L’unico punto da cui partire non possono essere i miti religiosi, ma la nostra presenza conscia.

È questa presenza ci dà il senso di esistere.

Siamo condizionati a ritenerci un’unità psicosomatica, un’entità corpo-mente, finita, temporanea, che un giorno se ne andrà. Ma che cosa c’era prima e dopo?

Finita la coscienza conscia, ci troveremo in uno stato di assenza… di tutti i fenomeni psico-fisici. Per la nostra ragione, questo è il nulla. Ma, come ho già detto, il nulla assoluto non può esistere – proprio perché è privo di tutti gli attributi, fra cui l’esistenza.

Allora, qualcosa continua a esistere. Ed è il nostro stato originario – uno stato di completezza, di assenza di bisogni, da cui siamo stati strappati diventando consapevoli.

Ma lo stato senza presenza conscia significa… assoluta consapevolezza, assoluta coincidenza (non più dualismo), completa identità.

 Ecco chi siamo.

mercoledì 12 aprile 2023

Nobili o miserabili?

 

“Dio, abbia pietà di me!” si dice nelle preghiere cristiane.

Ma che Dio sarebbe quello che avrebbe creato degli esseri indigenti, che avrebbero bisogno di pietà? Sarebbe un Dio sadico.

Qualcun altro, però, ci dice che siamo “figli di Dio”, eredi delle cose divine.

Dunque non dovremmo elemosinare o chiedere pietà. Ma accampare i nostri diritti.

Mettetevi d’accordo. Siamo figli di Dio o esseri repellenti che hanno sempre bisogno di aiuto e perdono da un Padre?

O forse non siamo né gli uni né gli altri, ma esseri ignoranti – nel senso che ignorano la loro vera natura.

E la loro vera natura non è quella che conoscono e che va da un estremo all’altro. Ma proprio quella che non conoscono. Fuorviati da una mente che ragiona per concetti astratti e da una sbagliata identificazione.

Nel cosmo c’è stato un soprassalto che ci ha proiettati in un mondo illusorio, fatto di forme, di corpi, di tempo-spazio, di speranze-paure, di nascite-morti, di io-dio e di piaceri-dolori.

Ma è un brutto sogno da cui un giorno ci risveglieremo, scoprendo (si spera) la nostra identità.

martedì 11 aprile 2023

Un mondo di concetti

 

Qualcuno dice che, quando moriamo, finiamo nel nulla. Ma è concepibile il nulla?

A rigor di logica, il nulla non può essere, perché è proprio ciò che non è. Come fa ad esistere?

Allora è tutto essere?

Ma anche il tutto ha bisogno del nulla per esistere, altrimenti non potremmo concepirlo.

No, la verità è che il nulla e il tutto sono semplici concetti della mente, di cui non possiamo avere esperienza.

È la mente che ci inganna, creando un mondo di concetti cui non corrisponde niente di concreto.

Quando ci si domanda: “C’è o non c’è una vita dopo la morte?”, possiamo rispondere sì o no indifferentemente. Perché non ci sarà un vita come quella di adesso. Ma nello stesso tempo c’è qualcosa che, per essere, non ha bisogno di esistere. Una vita che non ha bisogno della nostra esistenza.

Riusciamo a concepirla? Evidentemente no. Perché è al di fuori dei nostri concetti e della nostra logica.

lunedì 10 aprile 2023

La completezza

 

Credo che come esseri umani ci stiamo sopravvalutando. Ci riteniamo superiori a tutti gli altri esseri viventi perché abbiamo una coscienza più sviluppata. Ma la coscienza, il senso di essere, il senso dell’io, non è un vantaggio. Innanzitutto spezza il mondo in due: io (soggetto) mi conosco (oggetto); e poi ci crea un mondo irreale fatto di spazio-tempo e di tutte le innumerevoli forme di opposti. Eccoci prigionieri di un mondo di sogno, violento e competitivo, che ha bisogno di un risveglio o di una liberazione… Per ritornare a essere ciò che eravamo prima di nascere e di avere una coscienza – un’immensa potenzialità soggettiva (il vero soggetto che non nasce e non muore, la vera identità, l’Assoluto, la Completezza, la Pienezza, l’Uno, che non aveva nessun bisogno di essere cosciente e di esistere.

Del resto, se fossimo così intelligenti e consapevoli, perché ci facciamo sempre la guerra (che potrebbe diventare addirittura nucleare) e perché distruggiamo il pianeta? No, c'è qualcosa che non va nell'uomo, un grave difetto di base.

La completezza non la troveremo mai in questa vita, ma prima o dopo, senza il fenomeno disgregativo della coscienza.

domenica 9 aprile 2023

L'estinzione

 

Lo ha detto anche Elon Musk: L’Italia che non fa più figli sta scomparendo! I dati sulla denatalità parlano chiaro.

Il fatto è che siamo governati così male, da tanti anni e da tutti i governi, che ci stiamo estinguendo. Un caso di eutanasia nazionale. Tanta ideologia (ora perfino nazionalista) e nessuno che pensa a risolvere i problemi pratici.

Ma perché preoccuparsene? Innanzitutto abbiamo migliaia di immigrati che potrebbero riempire i vuoti – razzismo permettendo.

E poi forse siamo degli illuminati: abbiamo capito, non razionalmente e prima degli altri, che è meglio estinguersi che continuare a sopravvivere in un mondo marcio e illusorio.

Tanto il mondo non cambierà mai. Sarà sempre una baracca sconquassata, piena di confusione e di violenza, incapace di unirsi, incapace di pace. Un sogno che assomiglia a un incubo. Meglio uscirci per sempre e non ritornarci mai più.

La vita è fine a se stessa, non ha nessuno scopo, né nel bene né nel male. Ed è sostanzialmente superfua.

sabato 8 aprile 2023

Chi siamo?

 

Chissà chi siamo veramente? Il neonato che piange e dipende in tutto e per tutto dai genitori, il bambino che si perde nei giochi, il ragazzo che va malvolentieri o volentieri a scuola, l’adolescente che incomincia a sentire gli impulsi sessuali, il giovane che cerca una compagna e deve trovare un lavoro, l’uomo che passa gran parte della sua vita a lavorare e a sostenere una famiglia, l’anziano che incomincia ad avvertire le ombre della sera, il vecchio che deve combattere contro le malattie o quello che giace impotente in un letto d’ospedale?

La nostra identità si modifica di continuo e di conseguenza i nostri pensieri, le nostre convinzioni e i nostri sentimenti. Il senso dell’io o dell’ “io sono”, la nostra sensazione di essere, si colora di emozioni diverse nel corso delle età, pur  rimanendo apparentemente sempre lo stesso, almeno finché scompare di fronte a qualche malattia del cervello o alla morte. Fine della coscienza, con il suo mondo duale, fatto di contrasti e di separazioni.

Che cosa rimane, allora, della nostra identità?

Dovremmo dire che non è più nella dimensione dell’esistere e neppure dell’essere. Non è più. Senza coscienza, non esistono né il mondo, né l’io, né dio. E a noi che cosa succede?

Qualcuno parla di un’anima immortale, di un corpo sottile o di un dio che ci salva dalla scomparsa definitiva, non si sa come. Ma nessuno ha mai visto una coscienza sopravvivere senza un corpo.

La nostra mente si chiede angosciata che cosa rimanga e se qualcosa rimanga. Ma l’enigma si risolve proprio con la scomparsa della mente e delle sue domande, perché ciò che cerchiamo è proprio ciò che cerca.

In sostanza, con la morte scompare ogni concetto, ogni fantasia, ogni senso di esistere in modo separato, ogni coscienza.

Evidentemente, quella coscienza non era reale. Ma una specie di sogno ad occhi aperti.

Allora ci risveglieremo e scopriremo che non abbiamo bisogno di esistere… per “essere”.

giovedì 6 aprile 2023

La prova della verità

 

L’errore è considerare Dio come una persona, distinta dal cosmo e da noi. Tutte le persone, umane o divine, sono semplici maschere, apparizioni soggette al tempo e allo spazio, nonché alla coscienza che le immagina e ne fa oggetti di conoscenza. E sono destinate a sparire. Anche gli dei.

La verità-realtà non può essere un oggetto di conoscenza, ma in fondo è la pura soggettività. È colui che cerca, non certo l’oggetto trovato.

Il divino è la pura soggettività, al di fuori dello spazio-tempo. Ed è il nostro Sé.

Se proprio vogliamo conservare il concetto di Dio, dobbiamo considerarlo non una persona, ma uno stato dell’essere.

E tuttavia la parola “essere” è sbagliata, perché Dio o il Sé sono al di là dell’essere e del non essere, dell’esistere o del non esistere.

La verità-realtà non può essere detta e non ha bisogno neppure di esistere o di essere.

Come possiamo allora concepirla?

Non lo possiamo. Tutt’al più possiamo indicarla con un gesto o con un grido. Qualcosa al di fuori dei nostri concetti.

Siamo in una situazione paradossale: è come se un’ombra cercasse di dimostrare la sostanza di cui è ombra.

Può solo dire: se io sono un’ombra, ci dev’essere qualcosa che mi proietta.

Dal falso desumiamo il vero. Ma dobbiamo per questo riconoscere il falso, riconoscere che siamo ombre e che viviamo in un mondo di ombre, di apparizioni inconsistenti, di illusioni, di sogni.

martedì 4 aprile 2023

La sorgente della coscienza

 

Quando le religioni insistono tanto sulla fede vuol dire che non possono dimostrare niente di quel che dicono. Infatti, se potessero dimostrarlo, non ci sarebbe bisogno di fede.

Noi non abbiamo bisogno di fede perché partiamo da ciò che è verificabile: il nostro senso di esistere. Questa è l’unica certezza che abbiamo. Dunque è questa sensazione che dobbiamo adorare, non un dio di cui non sappiamo niente.

Anzi, se non avessimo questa coscienza, non penseremmo neppure a dio.

La vera divinità, il miracolo, è la coscienza. Che appare spontaneamente a un certo punto della nostra vita come risultato della materia che si organizza e si affina.

È su questa che dobbiamo meditare, non su dio. Il vero dio di questo mondo è la coscienza. E' piccola come un atomo, ma contiene un universo.

Restiamo dunque assorti nella coscienza, che, pur nascendo dalla materia (nutrimento), è qualcosa che non si vede e non si tocca. È invisibile.

Quando appare la coscienza, appare anche il mondo. Quindi, se vogliamo conservare l’idea di dio, possiamo concludere che il dio di questo mondo è la coscienza. Ma, siccome dio e la coscienza sono la stessa cosa. Possiamo anche dire che anche noi siamo dio, il quale non è qualcosa d’altro da noi, separato da noi.

Non venerate qualche statua sugli altari o qualche idea della vostra mente. Venerate la coscienza che è in voi.

Grazie alla coscienza che è nel corpo, dio è in voi e potete fare esperienza del mondo e di voi stessi.

La coscienza però è pur sempre una forma di scissione: un soggetto che sa di esistere  si divide in due – quello che sa e ciò che è saputo, il conoscente e il conosciuto.

C’è sempre una differenza fra il soggetto che è cosciente e il soggetto che è conosciuto. Sono due io differenti e non coincidenti. Se diciamo, pensiamo o sentiamo: “Io sono me stesso”, poniamo già due soggetti. Il primo è imprendibile e il secondo è già un oggetto.

Ora, quando noi cerchiamo di cogliere il conoscente, scopriamo che non possiamo. Ci sfugge come un’ombra, perché ciò che conosciamo non è più il soggetto conoscente, ma un oggetto. Il dualismo non può essere annullato.

Ma mentre facciamo questo esercizio, ci rendiamo conto che ci sfugge qualcosa. Non sappiamo che cosa, ma è proprio il testimone della coscienza e degli stati di veglia, di sonno e di consapevolezza.

Questo testimone c’era già da prima della nascita della coscienza e del corpo. Poi, per una malaugurata coincidenza, si è spontaneamente incarnato in un corpo e in una coscienza individuale. Ed è quello che si libererà quando la coscienza e il corpo scompariranno.

Noi siamo abituati a identificarci con il corpo e la coscienza individuale. Proviamo invece a identificarci con la coscienza pura, non incarnata. È da lei che veniamo.

La nostra casa.

lunedì 3 aprile 2023

Una truffa ben organizzata

 

Un lettore mi scrive chiedendomi se non avesse ragione Nisargadatta a dire che ogni spiritualità è un crimine. Nel senso che è una presa in giro, una falsificazione, un far credere a cose inesistenti, venendo incontro ai desideri degli uomini ingenui.

E io ho risposto:

Più che altro, è una truffa organizzata, tant'è vero che le religioni sono ricche.

La truffa è ben congegnata, perché nessuno può tornare a dire: "Mi avete imbrogliato!"

La verità è che il divino è dentro di noi e quindi non c'è bisogno di nessun mediatore, di nessuna chiesa.

Chi ci salva è dentro di noi, non qualcuno che viene dall'esterno.

Purtroppo gli esseri umani sono così alienati, così infelici, così condizionati che si attaccano a qualunque presunto santone. Sono così abituati ad avere un padrone sulla Terra che vorrebbero averne uno in campo religioso e anche in cielo. Poveretti. E così perpetuano la loro schiavitù.

Incapaci di pensare con la propria testa, si affidano ingenuamente a ipocriti maestri che promettono resurrezioni e paradisi puramente immaginari… in cambio però di soldi e obbedienza.

Basta sottomettersi, adorare statue, simboli, pietre o personaggi del passato, pagare decime, fare offerte, eseguire rituali, fare donazioni e conformarsi a determinati principi o dogmi. Se non lo fanno, per loro è pronto la scomunica o l’inferno.

È così che le spiritualità e le religioni organizzate acquistano potere, si trasformano in organizzazioni per il consenso sociale e politico, e continuano a imporre il loro dominio sulle coscienze.

Tutte si basano sulla paura della morte, sul desiderio di avere un’altra esistenza e sul condizionamento della coscienza che, invece, è ciò che dovrebbe essere decondizionato per ottenere una vera liberazione.

 

sabato 1 aprile 2023

I privilegiati

 

 Sono contento che il Papa si sia ristabilito con l’assistenza di tanti medici, infermiere e suore, e con un appartamento dedicato in ospedale. Però è un privilegiato che non ha niente a che fare con il povero Gesù o con i nostri vecchi. Certo, non avrà dovuto fare telefonate, fare code e prendere appuntamenti dopo qualche mese, come succede ai nostri vecchi.

Se fosse veramente un santo, vorrebbe essere trattato esattamente come gli altri. Ma non è un santo. È un ricco privilegiato.