Quando ci svegliamo la mattina uscendo da un
sonno profondo in cui non c’erano né preoccupazioni né pensieri, si sveglia in
un attimo la coscienza con tutto il suo carico di impegni, inquietudini,
assilli e insomma il solito mondo. Allora ci rendiamo conto della differenza
tra uno stato beato senza coscienza e uno stato agitato con coscienza e che la
differenza dipende proprio dal nascere di quella prima percezione: “Io sono”.
L’apparizione della coscienza è l’apparizione
del mondo. Se non c’è coscienza, con la sua differenziazione soggetto-oggetto e
con il dualismo dei contrari (concetti e cose), non c’è il mondo. Nessuno nasce
e nessuno muore.
Quando poi esaminiamo questo dualismo (per
esempio amore-odio o piacere-dolore o alto-basso…) ci rendiamo anche conto che
i due elementi della contrapposizione si sostengono a vicenda e che l’uno non
potrebbe esistere senza l’altro. Dunque la contrapposizione è più apparente che
sostanziale.
La verità è che il dualismo è una specie di
gioco delle parti e che gli opposti sono un tutt’uno. E, se ci pensiamo bene,
tutto è un tutt’uno – l’Uno che diventa consapevole di se stesso,
oggettivandosi, manifestandosi e contrapponendosi in tutto ciò che vediamo e
sperimentiamo.
Ma è un fuoco d’artificio che, proiettandosi
anche nello spazio-tempo, dura poco.
Dopo la morte ci sarà uno stato uno stato di
grande consapevolezza, cioè di identificazione e coincidenza con se stessi –
cosa che oggi non c’è, dominati come siamo da una coscienza duale, differenziata.
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