venerdì 30 luglio 2010

Gli uomini della provvidenza

Che cosa spingerà un uomo come don Verzé, che ha creato un enorme ospedale, a definire e a ribadire che Berlusconi è "l'uomo della provvidenza"? Gli sembra davvero che l'Italia vada tanto bene? Perché rispolverare queste espressioni che furono già usate dalla Chiesa per Mussolini? Anche Mussolini fu definito "l'uomo della provvidenza"...e finì come finì.


Questo è un lascito della cultura cattolica, la quale crede ancora che basti un uomo a salvare un intero paese o il mondo intero.

La storia ci dice che non è così. Nessun dittatore ha mai salvato nessun popolo.

L’Italia si salverà non quando avrà trovato l’uomo della provvidenza, ma quando avrà trovato sessanta milioni di uomini della provvidenza.

Che cosa voglio dire? Che non bisogna aspettarsi che qualcuno ci salvi. Ma che ognuno di noi deve rimboccarsi le maniche e darsi da fare.

Bisogna insomma sostituire all’idea autoritaria della dipendenza quella dell’autonomia e dell’impegno individuale.

È inutile che ti chiedi quale sarà l’uomo che ti salverà. Quell’uomo sei tu. Anzi, più lo cercherai fuori, meno lo troverai.

Purtroppo, queste categorie mentali continuano a influenzare le persone più inconsapevoli, le quali credono ancora che basti affidare tutto il potere ad un uomo solo per risolvere ogni problema. Una cultura vecchia e superata.

Cultura della dipendenza, cultura delle pecore, che non sanno autodeterminarsi e aspettano solo un "buon pastore" che le guidi. E così restano sempre pecore, e non crescono mai. Un popolo non si salva per un uomo, ma per i milioni di individui che lo compongono.

Dobbiamo capire che solo sviluppando le energie e l'autonomia dei singoli, e non muovendosi come un gregge di pecore, che i popoli progrediscono e si salvano. Cultura dell'autodeterminazione contro cultura della sottomissione.

venerdì 23 luglio 2010

Sati: la presenza mentale

Si fanno campagne contro la distrazione in automobile per evitare gli incidenti stradali: mentre guidate, non telefonate, non parlate, non guardate schermi, non pensate ad altro, ecc. In sostanza, fate una sola cosa alla volta; se guidate, guidate e basta, concentratevi solo sulla guida.


E' il principio della sati, la presenza mentale.

La sati dovrebbe essere applicata ad ogni attività della vita. Altrimenti, si vive distratti. Si fa una cosa, ma si pensa ad un altra...con il risultato che si fa tutto a metà e male.

Come dice il Dhammapada, "i disattenti è come se fossero già morti..L'attenzione è la via che conduce all'immortalità".

Dunque, l'Occidente riscopre antichi principi orientali, convalidandone la giustezza. Provate a respirare con la sati: respirare e basta, respirare con presenza mentale, con totale consapevolezza.

venerdì 16 luglio 2010

Il Medioevo della mente

Fra le recenti note varate dal Papa per combattere la corruzione nella Chiesa, spiccano due elementi: il fatto che l'ordinazione di una donna rientri tra i "delitti gravi", come un reato di pedofilia o un sacrilegio eucaristico, e il fatto che cercare di celebrare l'Eucarestia con gli altri cristiani sia considerato un "delitto gravissimo".


Insomma, nella Chiesa il Medioevo non è mai finito. E se si pensa che è questa la cultura che influenza l'Italia, si capisce perché siamo caduti così in basso.

giovedì 15 luglio 2010

La gestione delle emozioni

In meditazione, prima o poi bisogna arrivare a una gestione delle emozioni; altrimenti non si può andare oltre un livello convenzionale dei comportamenti emotivi – e quindi non si può andare molto in là sulla strada della meditazione stessa. Di solito, a questo punto, si parla di emozioni negative. Ma la distinzione fra emozioni positive ed emozioni negative è sempre relativa. Per esempio, la rabbia è considerata un sentimento negativo. Tuttavia la sua spinta può essere quanto mai utile a superare situazioni difficili. Lo stesso vale per la paura, per l’odio e per il desiderio: non si può buttare via il loro impeto emotivo limitandosi ad una semplice repressione, come se fossimo dei semplici pretini.


Bisogna saper distinguere innanzitutto tra sensazioni e reazioni; bisogna cioè saper individuare, isolare e stare con la sensazione. Il suo impeto può essere particolarmente utile per dare energia alla nostra vita. Ma, a tale scopo, è necessario saper assaporare l’emozione e utilizzarla per altri sbocchi: si potrebbe anche parlare di sublimazione.

Nel momento in cui si riesce a stare con la sensazione, la sua forza può essere deviata verso altre mete, diverse da quelle originarie. In tal senso le emozioni sono tutte positive. L’importante è saperle trasformare e manipolare.

La cosa è particolarmente importante per il desiderio e per il piacere. Un desiderio genuino è un’enorme forza, che può essere convogliata verso sbocchi diversi. Un desiderio è sempre la voglia di ottenere e di godere qualcosa. Perfino il desiderio di illuminazione rientra in questa categoria, e non è diverso per esempio dal desiderio sessuale. Infatti, non abbiamo una cosa e tendiamo ad essa perché sentiamo che può darci gioia ed energia. Ma anche qui il punto è riuscire a stare con la sensazione, facendocene pervadere l’intero organismo.

Mentre però è giusto cercare di limitare gli impulsi della rabbia, dell’odio o della paura, pur utilizzando la loro spinta, nel caso del desiderio bisogna cercare di rilassarsi nella sensazione e riuscire ad espanderla, fino a farla diventare onnipervadente. La sensazione non dev’essere più limitata a una particolare persona o a un particolare oggetto. Ma va lasciata illuminare a poco a poco l’intero essere. Ecco come nasce in meditazione la beatitudine. Naturalmente molto dipende dalla qualità e dall’intensità della forza iniziale. Ma resta il fatto che, nel campo delle emozioni, non bisogna mai buttare via niente.

martedì 13 luglio 2010

La meditazione sui tre tempi

La meditazione su passato, futuro e presente serve a cambiare il nostro modo di considerare il tempo e si svolge così. Si diviene consapevoli dei momenti in cui ci ricordiamo di qualcosa. Dove siamo? Nel passato? In realtà, ci ricordiamo di un evento passato, ma siamo comunque nel presente. Infatti il passato è passato e non può più essere ricuperato.


Poi diventiamo consapevoli dei momenti in cui pensiamo al futuro, per esempio perché speriamo, temiamo o progettiamo qualcosa. Dove siamo in quei momenti? In realtà, anche se pensiamo al futuro, siamo ancora nel presente. Il futuro in sé non c’ mai.

Che cosa concludiamo? Che esiste solo il presente?

Ma che cos’è il presente? Possiamo afferrarlo? Non pare proprio: nel momento in cui lo afferriamo, è già passato.

Domandiamoci allora come definiamo il presente. È evidente che lo definiamo in relazione a un passato e a un futuro. Il presente in sé sembra non esistere. E non è afferrabile.

Questo esercizio ci aiuta a capire come ci troviamo sempre in balia di concetti, di prodotti della mente, di luoghi comuni. Ma la realtà, la verità, sta altrove. Non quando la mente pensa, ma altrove...sempre in un altrove, che è trascendenza.

lunedì 5 luglio 2010

Distacco e indifferenza

Non bisogna confondere il distacco con l’indifferenza. L’indifferenza non distingue tra cose importanti e cose senza valore. Il distacco mira a liberarsi delle cose superflue per concentrarsi sulle cose essenziali.


L’indifferenza porta alla confusione. Il distacco porta alla serenità.

Il distacco comporta compassione. L’indifferenza comporta insensibilità.

L’indifferenza è il terreno su cui crescono le tirannie. Il distacco è il terreno su cui non possono attecchire.

venerdì 2 luglio 2010

Il bisogno di credere

Enzo Bianchi, priore di Bose, sostiene che tutti abbiamo bisogno di credere che alla fine non prevarranno il male e la morte. Ed è vero.


Ma, su questa profonda esigenza, quante speculazioni e quanti mistificazioni da parte delle religioni organizzate! Un vero e proprio sfruttamento spirituale. Perché le religioni ti propongono interpretazioni e utilizzazioni di questa esigenza. E incominciano a chiamarla Dio e poi sostengono che ha determinate caratteristiche e che loro ne sono le uniche interpreti. Insomma, tutte affermazioni prive di fondamento.

Succede un po’ come quando dall’esigenza sessuale nasce la prostituzione.

Damnatio memoriae

La damnatio memoriae era il sistema con cui nell’antichità si cercava di far sparire ogni traccia di un nemico, perfino il ricordo del suo nome.


Ma la damnatio memoriae è una specie di peccato originale. Infatti, ogni giovane non ha il patrimonio di ricordi che gli permetta di giudicare. E deve farselo a poco a poco con la conoscenza e con l’esperienza.

Se fosse possibile trasmettere la memoria, l’umanità potrebbe fare un salto evolutivo gigantesco. E, invece, a ogni morte, si cancella una memoria, e si deve ricominciare daccapo. Insomma, una vera e propria maledizione.

Genetica e karma

Da un punto di vista genetico, noi siamo ciò che sono stati i nostri genitori, i nostri nonni e i nostri progenitori.


Ma anche da un punto di vista karmico. Che cos’è la genetica se non un karma solidificato?

Genetica favorevole o sfavorevole? Karma favorevole o sfavorevole...? Ognuno esamini se stesso...e la propria eredità.

giovedì 1 luglio 2010

Fare e meditare

Non si deve fare meditazione più di quanto non si debba pregare per patteggiare qualcosa. Quando si fa qualcosa, è già una forzatura.


Meditare è invece non imporre, non forzare. Lasciar essere.