domenica 30 giugno 2019

Effetti luminosi


Forse noi non raggiungeremo l'illuminazione. Ma, praticando la meditazione, il silenzio, il distacco e la consapevolezza, tenendoci lontano dalla confusione e dalla guerra tra uomini, restando immobili e fermando il pensiero, siamo comunque in grado di vedere le cose con più chiarezza. E non è poco: è una forma di illuminazione, la quale, come indica il suo nome, è un vedere con maggior luce.
              Quando ci si trova in una zona buia o in penombra, ciò che dobbiamo cercare è uno strumento o un metodo che produca più luce.

Fede e delirio mistico


Leggo un articolo (di Giada Costantini) in cui si dice che è difficile distinguere fra delirio mistico e una profonda fede religiosa in chi sostiene di avere un rapporto personale e intimo con la divinità.
In effetti, in certi casi, è impossibile, nel senso che i due coincidono. Quanti mistici erano certamente degli psicotici che cercavano di supplire a mancanze psicologiche e si immaginavano un modello astratto di divinità come oggetto di attaccamento! Perdendo il rapporto con la realtà, cercavano nel delirio di costruire qualcosa che lo sostituisse. Ma la figura di Dio è proprio questo: il padre che non si è avuto, l’amore che non si è avuto, il potere che non si è avuto, il punto di riferimento ci è mancato…
Il delirio mistico viene descritto come un disturbo dell’attenzione e della consapevolezza, associato ad almeno un altro sintomo di deficit cognitivo (memoria, linguaggio, ecc.).
Un criterio empirico di distinzione sarebbe il grado di sofferenza e di integrazione del soggetto. In altri termini, dobbiamo domandarci quanto quei sintomi siano utili al benessere dell’individuo. Il delirio nasce da una distorsione del rapporto con la realtà, da una fallimento, da una fuga oppure è qualcosa che dà un senso alla sua vita e alla sua capacità di relazionarsi?
In alcuni casi è difficile rispondere. Si capisce benissimo che la fede in certe persone è qualcosa di distorto, fondato sull’ignoranza, sull’odio, sulla paura, sul disperato bisogno di avere un’identità, un protettore o un vendicatore e non serve minimamente a relazionarsi meglio con gli altri. La fede può portare non alla pace, alla comprensione dei diversi da sé e all’amore, ma alla guerra e alla divisione.
Ma io aggiungerei un altro criterio: l’interiorità o meno di questa fede. Il vero credente non va in giro esibendo crocefissi e rosari, e non vuol convertire nessuno, ma “cova” dentro di sé il sentimento che ha evocato.


sabato 29 giugno 2019

Meditare sul non sé


Se siamo ammalati, abbiamo l'occasione di contemplare concretamente la sofferenza - l'ineliminabilità della sofferenza nell'esistenza umana. Abbiamo creduto che la vita dovesse elargirci tutti i suoi benefici, ma abbiamo scoperto che accanto ad essi ci sono tanti mali. Ora, mentre espiriamo ed inspiriamo, non pensiamo: "Io soffro" o "io sto male". Pensiamo piuttosto: "Il dolore non sono io".
              Continuiamo fino a capire che, come l'io è una costruzione artefatta, così lo è il dolore.
              Vorremmo eliminare la sofferenza lasciando soltanto il piacere. Ma le cose non funzionano così.
              Svuotiamoci di ogni nozione di io (sé, ego). Non è "mio" né il dolore né il piacere. Lasciamo andare.
              Nella mente vuota, non c'è né dolore né piacere. Si estingue ogni attaccamento all'io e la mio. E che cosa rimane? Rimane l'incondizionato.
              Quando percepiamo un oggetto qualsiasi, in realtà lo ricostruiamo e interpretiamo nella nostra mente. E non sappiamo che cosa ci sarebbe là fuori senza una mente che lo ricostruisce.
              Figuriamoci se questo non succede anche per delle costruzioni che sono già delle astrazioni. Per esempio il nostro stesso sé.
              Nessuno vede un io là fuori. Tutt’al più vediamo un corpo.
              Abituiamoci dunque a considerare la possibilità del vuoto del nostre stesso sé. Questo ci prepara anche a considerare il processo del morire senza attaccamenti a idee né preconcetti.







Sforzi inutili


Siamo abituati a pensare che per ottenere qualcosa ci si debba sforzare, ci si debba tendere, ci si debba concentrare. E così anche nella meditazione. Ma se la meditazione è una liberazione, un lasciar andare, un sollievo, una distensione, ci troviamo di fronte  a un paradosso. Più ci sforziamo, più ci tendiamo, più ci concentriamo - più ci sfugge l'obiettivo della pratica.
              Se però non facciamo nulla, non otterremo nulla. Dobbiamo quindi alternare     i due momenti: la concentrazione con impegno e il rilassamento. Anzi, la tensione della concentrazione aiuta poi la distensione. E viceversa.
              Siamo costretti ad agire così perché la natura della realtà è dialettica. Un polo fonda il suo opposto.
              Dopo esserci tesi e concentrati, possiamo distenderci meglio. E più ci distendiamo, più usciamo dallo stress-sofferenza-dukkha. È così che ci si libera.
              Se invece ci sforziamo soltanto o ci rilassiamo soltanto, ci allontaniamo dalla meta, proprio come inseguire la propria ombra.

venerdì 28 giugno 2019

Oltre l'uomo condizionato


Scopo della meditazione non è tanto essere felici, quanto superare la sofferenza; e superare la sofferenza significa oltrepassare la condizione umana abituale, quella contraddistinta da alti e da bassi, da piacere e dolore, da felicità e infelicità. Infatti, negli ultimi jhana (livelli di meditazione) ci si lascia alle spalle ogni esuberanza emozionale, per approdare ad uno stato di equanimità, ossia di lucida e limpida visione. Sto parlando non di esperienze mistiche, ma di esperienze alla portata di tutti. Questo vuol dire fare del quotidiano la via per lo straordinario.
              Infatti, come l'infelicità è il risultato di un lungo condizionamento, così l'equanimità può essere anch'essa il risultato di un altro addestramento - stavolta positivo.
              Ci si può allenare da subito, da adesso. Tutti possiamo superare gli estremi del dolore e della gioia, così come ci succede in certe occasioni. Si deve notare, infatti, che le grandi gioie e i grandi dolori sono esperienze estreme . Mentre la vita procede per lo più su una via mediana.
              Possiamo fare della medianità una via di chiarezza. Perché in fondo la medianità è neutralità, imparzialità, è non sbandare né da una parte né dall'altra, è vivere centrati.
              Un buon risultato della meditazione è una riduzione della reattività allo stress, ciò che i Padri del deserto definivano “una mente non turbata”, ossia una riduzione dell’ansia e degli squilibri emotivi.
              Se riusciamo a far rimanere la mente in uno stato di neutralità, distacco, immobilità e silenzio, senza fluttuazioni, la ripuliremo del tutto e potremo veder chiaro. Bisogna però allenarsi quotidianamente. E le occasioni non mancano.
              Guardate quei poveretti che alla minima occasione si arrabbiano, gridano e insultano – hanno perso il ben dell’intelletto. Basta una mosca al naso per farli esplodere. Non hanno né la minima consapevolezza né il minimo autocontrollo. Sono pupazzi diretti da istinti e condizionamenti psicologici. Sono esseri malati, immaturi, non evoluti. Non meditano.
              Invece meditare significa prima trovare questi stati di calma e di equilibrio durante la meditazione e poi travasarli nella vita di tutti i giorni.


La ricerca della felicità: il non coinvolgimento


Tutti cerchiamo di essere felici. Ma c'è modo e modo. Chi non è consapevole delle cause della sofferenza naviga nel buio - non si accorge di essere continuamente in balia di passioni, illusioni, istinti, desideri, avversioni, ambizioni, attaccamenti e condizionamenti vari che gli impediscono di essere felice. Chi non pratica è inconsapevole di questo meccanismo, e crede di essere infelice perché non ha questo o quello, o perché è sfortunato.
       La verità è che non si può essere felici se non si contempla prima la realtà della sofferenza. E questo non è possibile se non ci si guarda dentro e non si acuisce la nostra sensibilità. Chi non medita resta all'oscuro di essere attaccato da mille nemici e quindi non mette in essere nessuna strategia di difesa.
       Ora, la prima difesa è la conoscenza, è l'attenzione. Solo individuando il modo in cui opera la sofferenza, possiamo liberarcene. E, per farlo, dobbiamo uscire dall'ignoranza sviluppando presenza mentale e discernimento.
       Questo tipo di investigazione ci fa scoprire quanto siamo ingenui e quanto siamo responsabili. Inseguiamo ciò che non ci darà mai niente, ci facciamo ingannare da miraggi e veniamo trascinati in cose che non meritano il nostro impegno. La via della liberazione non può che passare da una fase di distacco e di disincanto, da una riprogrammazione delle priorità, da una volontà di non coinvolgimento.
       Dobbiamo domandarci ogni volta: vale la pena?

giovedì 27 giugno 2019

La febbre del mondo


La mente si addestra come qualsiasi altra cosa. Non dimentichiamoci che la confusione, la tensione, l'ansia e la distrazione sono il frutto di un lungo condizionamento naturale e culturale. Non a caso viviamo nel mondo della competizione, della passione, dall'aggressività e della febbre.
Ma anche la serenità, la calma e l'equilibrio possono essere il frutto di un addestramento. Semmai, il problema è che per contrastare un lungo condizionamento ci vuole un lungo addestramento. Dobbiamo spingere la mente a stazionare in un ambiente diverso. Se ci alleniamo - con la meditazione - a cercare uno stato di centratura, di distacco e di calma, prima o poi riusciremo a portarlo anche nella vita quotidiana.
Tuttavia, per far questo, dobbiamo prima renderci conto che viviamo nel marasma , spinti qua e là continuamente da attrazione e da repulsione, da arrivismo e attivismo febbrile; e poi dobbiamo avere la costanza di rilassare e calmare il corpo e la mente.
C’è sempre un rapporto fra eventi ambientali e stati mentali dell’umanità. Noi siamo i prodotti della Terra. È significativo il fatto che si sia innestata una tendenza del pianeta a surriscaldarsi. Guardate un po’ lo stato mentale dei leader e delle masse. Vi sembra che nelle nostre società prevalgano quiete e pace, che non si competa, che non si voglia prevalere sugli altri, che non si alimenti l'odio sia a livello individuale sia a livello internazionale?
Il pianeta brucia perché le menti bruciano.
Non parlo mai delle meditazioni di quiete, di gentilezza amorevole e di compassione, perché in questo momento storico sarebbero impossibili.


mercoledì 26 giugno 2019

Forme fondamentali di meditazione


Esistono varie forme di meditazione, che possono anche essere utilizzate a fasi alterne o contemporaneamente secondo le circostanze, i momenti e le preferenze personali.
La prima consiste nell’osservazione concentrata di ciò che è attualmente presente (presenza mentale) sia a livello di interiorità sia a livello di ambiente esterno. Sono presente? Sono attento? Sono sveglio? È in sostanza uno stare attenti a tutto ciò che succede in maniera consapevole, senza interferenze mentali e senza distrazioni. Può essere fatta in qualunque momento ed è utile sul piano spirituale e sul piano della vita quotidiana. Qui l’osservazione è continua e intensificata. Bisogna concentrarsi su ciò che accade nel momento presente, senza dare giudizi.  Registrare e basta. E termina quando il pensiero incomincia a vagare altrove, soprattutto seguendo pensieri, fantasie, ricordi, previsioni, ecc.
Quando ci si distrae, ci si può aiutare contando i respiri o ripetendo un mantra.
La seconda consiste nel tagliare di colpo le elucubrazioni mentali, cercando di svuotare la mente dalle sue attività distraenti. È in sostanza una forma di svuotamento mentale. Come se si trattasse di eliminare i filtri mentali per vedere la realtà senza interferenze né distorsioni. È chiaro che ci dev’essere una decisione improvvisa e un atto della volontà. E ci può aiutare con uno svuotamento contemporaneo del respiro.
La terza consiste in una forma di rilassamento fisico e mentale, fino a lasciare anche qui la mente vuota e pura. Il rilassamento è in realtà una forma di svuotamento dalle tensioni fisiche e psicologiche. Qui si possono utilizzare tecniche di respirazione e le fasi di addormentamento e di risveglio, quando la mente è poco attiva, ma la visione è chiara e non condizionata.
La quarta è il contrario dello svuotamento. È un riempimento di un senso di meraviglia e di gioia. Se guardo un panorama molto bello e ispirante, se provo un afflusso di gioia, se ascolto una musica travolgente, se vedo una persona che mi affascina, se provo un entusiasmo particolare, se ho un’intuizione illuminante, ecc., posso utilizzare questo sentimento per riempirmi l’animo, espellendo automaticamente le distrazioni e le cattive influenze.
Tutte queste forme di meditazione possono aiutarsi a vicenda e sono in realtà fasi diverse di un processo che può essere complesso. Possono inoltre essere praticate in modo formale (seduti in un certo modo e in una certa atmosfera) o in modo informale in qualsiasi momento della giornata, sfruttando i suggerimenti naturali.
La meditazione può anche essere creativa, utilizzando tecniche che sentiamo particolarmente efficaci, anche se non previste dai testi canonici.
Una cosa importante è la continuità e la ripetizione. Perché si tratta di mettere in azione o di attivare meccanismi poco comuni, che hanno influenza anche sul cervello e sulla salute psicologica.

martedì 25 giugno 2019

Pubblicità religiosa


Certo, nessuno sa farsi tanta pubblicità come la Chiesa. Quando un suo prete viene ammazzato dalla mafia o da un altro fanatico religioso ecco che viene proclamato martire o santo. Eppure non ha fatto niente di più degli innumerevoli giudici, avvocati, poliziotti e carabinieri o testimoni che si sono fatti uccidere per semplice senso del dovere.
E nessuno sa meglio nascondere o insabbiare le inchieste relative ai tanti preti pedofili o collusi con la mafia.
Insomma, c'è chi sa vendersi e chi no.
Del resto, che cos'è una religione se non un abile marketing, un saper vendere illusioni, speranze... e truffe?

Un mondo senza pace


Questo pazzo mondo
Ogni giorno un nuovo orrore. Ogni giorno un attentato. Ogni giorno qualcuno ammazza qualcun altro perché la pensa diversamente, perché è di un'altra religione o semplicemente perché è uno dei tanti che lui odia, uno responsabile - come tutti gli altri, come tutta la società - della sua infelicità. Ogni giorno un mafioso o un dittatore uccidono qualcuno perché si oppongono al loro potere. Ogni giorno c'è una rapina. Ogni giorno c'è un omicidio o un femminicidio. Ogni giorno una madre ammazza un figlio o un figlio ammazza i genitori. Ogni giorno un gruppo combatte contro un altro per la supremazia. Ogni giorno si compete tra individui di una stessa società...
Ogni giorno l'aggressività, la volontà di potere, il desiderio di supremazia o di conquista, segnano il mondo con una scia di sangue e di dolore - e non da oggi, ma da sempre.
E poi ci sono le calamità naturali: i cicloni, i terremoti, le frane, le valanghe, i nubifragi, la siccità, le malattie, le epidemie, le inondazioni, la primavera più piovosa o più siccitosa, l'inverno più freddo o più caldo, l'estate più rovente, lo tsunami, il meteorite, l'incendio...
E poi ci sono i disastri umani: gli inquinamenti, gli avvelenamenti, le perdite di radioattività, le esplosioni, i crolli, gli sprofondamenti, gli incidenti stradali, i medicinali che uccidono, i politici che rubano, le navi che affondano, gli aerei che cadono, i treni che deragliano, le droghe che distruggono il cervello, i mass-media che instupidiscono, le ideologie che corrompono la mente...
Insomma, questo mondo, creato da un Dio che, secondo giulivi teologi, dovrebbe essere perfetto, è il luogo della violenza, della rivalità, dell'odio e della sofferenza. E ce n'è per tutti, non vi illudete. È come se la mente umana fosse in preda a una malattia, a una febbre che la fa delirare, che la agire freneticamente e sconsideratamente, in preda a impulsi primordiali, irrazionali. Perfino gli uomini che predicano la pace finiscono per farne una crociata e dunque per aumentare il livello dello scontro generale.
Ora noi predichiamo la pace mentale, la quiete. Ma siamo una minoranza. Le maggioranze sono troppo ignoranti e inconsapevoli per vedere se stesse, per vedere che sono in balia di istinti belluini, e non si fermano mai a riflettere. Pensate alle religioni che in teoria predicano la pace ma che in pratica fomentano la guerra. Pensate che ebrei, cristiani, musulmani, induisti, buddhisti, ecc., non solo si odiano tutti fra di loro, ma offrono la base ideologica per dividere ancora di più gli uomini. Pensate che verso la fine del XVII secolo la Chiesa condannò François Fénélon e i "quietisti", colpevoli di sostenere che, per trovare la pace, occorre uscire dal proprio ego e staccarsi da tutto e che l'anima deve imparare a tacere, anche di fronte a se stessa, sospendendo "ogni pensiero inquieto ed affannoso". Questo movimento spirituale, che si ispirava alle idee di Molinos e di Madame Guyon, affermava che bisogna cercare Dio attraverso "un'attenzione semplice e tranquilla" e che solo in questo "stato passivo" si può agire con una volontà "disinteressata".
Con la condanna del quietismo morì l'ultimo movimento contemplativo cristiano e si affermò l'avvento di una religiosità più intellettualistica, più attivistica o soltanto pastorale.
Ma qual è il contrario di quiete? E qual è il contrario di pace? Lo sappiamo: lo stato febbrile di guerra in cui viviamo, un attivismo fine a se stesso che distrugge sempre di più questo pazzo, pazzo mondo, che non ha ancora capito quali sono i veri valori.

Svuotare la mente


Grazie all'introspezione possiamo conoscere ciò che ci sorge interiormente (percezioni, sensazioni, emozioni, sentimenti, ragionamenti, atti di coscienza, ecc.), e possiamo identificare ogni stato d'animo ed etichettarlo. Possiamo inoltre vedere come ogni stato mentale sorga, permanga per un po' e poi svanisca. Possiamo quindi accorgerci che tutto è in continuo mutamento e impermanente. Nello stesso tempo scopriamo che tutte le cose sono interdipendenti e che non hanno un sé permanente. Siamo all'abc della meditazione, alla conoscenza di noi stessi e del mondo.
Ma a questo punto, rimanendo sempre fermi, ci stanchiamo di pensare e di riflettere. E facciamo un passo avanti. Mettiamo a tacere il pensiero discorsivo, le etichette, i concetti e guardiamo semplicemente le cose con maggior chiarezza. In questa visione chiara c'è la nostra stessa consapevolezza che, non avendo più un oggetto, diventa nuda attenzione. Tutto si ferma e si acquieta. Non abbiamo per il momento né desideri né attaccamenti; non abbiamo neppure un ego. Restiamo nel puro presente, in una quiete interiore profonda. Niente disturba la mente, che è vuota e distaccata. La consapevolezza si fa immobile e compatta.
Questa è la condizione soggiacente della mente - vuota, consapevole, silenziosa e chiara. E capiamo tante cose che fino a quel momento erano solo parole.
Fermarsi e guardare, fermarsi e guardare, fermarsi e guardare... Il resto viene da sé, in un processo spontaneo. Quando la febbre mentale si placa, l'essere individuato in un io si acquieta spontaneamente e si espande a cogliere l'essere stesso del tutto. Allora possono avvenire cose meravigliose.
Basta restare fermi, osservare, calmarsi, essere consapevoli. 

lunedì 24 giugno 2019

Stress


Stress
Stress è una parola inglese che può essere tradotta come "tensione". Vivere è tendersi. Talvolta si dice che si può stressare un materiale fino a farlo spezzare - proprio come la nostra vita. Ma stress può anche essere la traduzione del sanscrito "dukkha", il termine usato dal Buddha quando dice che "la vita è dukkha". Dukkha viene di solito tradotto come "sofferenza", "insoddisfazione", "illusione", "disagio"... o anche "stress".
Chi lo può negare? Noi conosciamo benissimo lo stress. Quando siamo preoccupati o ansiosi, quando soffriamo, quando siamo sottoposti a pressioni o responsabilità eccessive, quando dobbiamo fare troppe cose, quando ci sembra di non farcela, di non essere all'altezza della situazione, di fallire... siamo sotto stress. Cioè, siamo tesi. Allora soffriamo, soffochiamo, siamo colti da mille paure o veniamo presi dall'angoscia, dalla disperazione o dal panico. .
Quando riusciamo a distenderci, a rilassarci, a dimenticare per un po' le preoccupazioni, ci rendiamo conto di che cosa significhi vivere stressati. In realtà, una certa quantità di stress è inevitabile, in quanto legata alla condizione esistenziale di incertezza e di confusione, di tensione e di distensione. Tutti dobbiamo passare attraverso , la crescita, l'apprendimento, le malattie, le disgrazie, le morti e l'invecchiamento. Il che significa che dalla vita non possiamo eliminare una certa dose di sofferenza. 
Ma noi ci aggiungiamo del nostro: le sofferenze mentali. Se per esempio soffro perché non vengo riconosciuto, vengo tradito, vengo abbandonato, non vengo promosso, ho problemi di lavoro o non ho abbastanza soldi, la sofferenza che provo nasce dalla mia mente, non da un dolore provocato da un fattore esterno. Se ho un'ambizione o un desiderio che mi divora, non riuscire a raggiungere la mia meta mi provoca una sofferenza mentale che ben presto mi precipita in uno stato angoscioso che investe anche il corpo.
I sintomi dello stress mentale diventano sintomi fisici e ci rovinano l'esistenza e spesso anche la salute. Quanti infarti o altre malattie sono provocati non da incidenti fisiologici, ma da stress mentale? D'altronde, mente e corpo sono un tutt'uno. Purtroppo, nella società moderna, lo stress viene moltiplicato per mille, perché le nostre vite sono molto complicate e competitive.
Ecco perché la meditazione si propone di combattere lo stress. Non si tratta tanto di cercare la felicità, quanto di ridurre il più possibile i fattori di sofferenza, che sono sempre attivi. Ma, per poterlo fare, è necessario rendersi conto della loro presenza continua e non illudersi che si possa sempre vivere in uno stato di benessere o che si possa eliminare la sofferenza una volta per tutte. No, la sofferenza è costitutiva dello stato umano e dell'universo intero. Ogni cosa, ogni condizione, ogni stato d'animo, sorge, permane per un po' e svanisce. Siamo noi che gli attribuiamo gli attributi di buono o di cattivo, di piacevole o di spiacevole; ma si tratta di semplici onde che vanno e che vengono.
Bisogna insomma farsi uno sguardo "filosofico", capace di capire come la felicità o l'infelicità, la tensione o la distensione rispondano alle leggi cui rispondono tutte le onde: vanno e vengono, vanno e vengono… Noi possiamo ridurre il moto ondoso stando fermi e osservando le condizioni fisiche e mentali che sorgono e svaniscono. Possiamo addirittura diventare semplici osservatori del dolore e della felicità che investono tutti e noi stessi. Possiamo osservare la nostra stessa consapevolezza. E, in quei momenti, capiamo che cosa sia lo stato di quiete e di pace. E possiamo far diminuire lo stress personale e generale. Possiamo soprattutto ridurre gli inquinanti mentali. Questo è già un bel risultato.
Capire questo è capire tanto.

IL senso della meditazione


Il senso della meditazione
Ammiri un cielo pieno di nuvole, un po' bianche e un po' nere, con sprazzi di azzurro e di sole, sospinte dal vento; oppure, dopo un lungo cammino in salita, arrivi in un punto da cui puoi contemplare montagne, fiumi e valli a perdita d'occhio; oppure puoi ammirare uno di quei tramonti che infiammano il cielo di mille colori... in quei momenti ti dimentichi di chi sei e dei problemi che hai e vieni rapito da una sensazione di immensità che ti lascia senza parole e senza pensieri. Questo è il senso della meditazione: la gioia del puro essere. Alla portata di tutti - in particolare di chi ha più sensibilità.

Pedofili di Dio


Pedofili di Dio
Cambiano i Papi, ma la Chiesa resta sempre la stessa: una vecchia struttura marcia che avrebbe la pretesa di salvare gli altri ma non è in grado nemmeno di salvare se stessa. Avete visto che terribile punizione è stata comminata al cardinale scozzese O'Brien, colpevole di aver violentato ripetutamente almeno quattro ragazzini affidati alle sue cure? Qualche mese di sospensione. E il bello è che la nostra stampa, l'italica stampa sempre clericale, ha presentato questo mite provvedimento come la nuova tolleranza zero della Chiesa. Qualche Ave Maria, qualche Padre nostro e un po' di ritiro "spirituale" in un convento. Eppure per la giustizia civile un reato del genere prevede fino a 12 anni di carcere. Ah, com'è materna questa Chiesa, com'è comprensiva! Non condanna mai nessuno... Sarà per questo che è piena di delinquenti.
Quando firmerete per l'8 per mille, ricordatevi che i vostri soldi potrebbero andare agli avvocati incaricati di difendere i preti accusati di pedofilia e di altri abusi sessuali.

Ritratto di Gesù


Se dovessimo basarci solo sulla lettura dei Vangeli, così come si presentano, senza tener conto delle manipolazioni e delle interpretazioni, dovremmo giungere al seguente ritratto: un impasto di grandezza, nobiltà d'animo, ambizione, mania di grandezza, esaltazione, narcisismo, masochismo e previsioni sbagliate.

L'onnipotenza divina


Questa idea dell'onnipotenza di Dio è una delle più bislacche che abbia concepito la mente umana. Non c’ traccia di onnipotenza nella nostra esperienza. Semmai di tanta impotenza. Perché mai un essere superiore dovrebbe essere onnipotente? Magari sarà più potente di noi, ma perché onnipotente? Chi può fare un'affermazione del genere? Uno scimmione un poco più evoluto sa tutto sull'onnipotenza?
Voi conoscete qualcuno di onnipotente?
Forse capisco da dove venga una simile idea. Dal momento che ci si vuole sottomettere, dal momento che si cerca protezione presso un potente, si vorrebbe che fosse il più potente possibile. Non basta un mezzo potente
Purtroppo, da come è fatto il mondo, non si evince l'idea di un essere onnipotente e perfetto. Semmai quella di un creatore un po' pasticcione che non ha preso bene le misure, che si è fatto sfuggire il processo, che adesso non sa più che pesci pigliare per correggere il pasticcio che ha fatto. Insomma, un apprendista stregone.
Forse, nell'esplosione, è morto anche lui. Condoglianze.
Fatto sta che ormai dobbiamo sbrogliarcela da soli o comunque dare il nostro contributo. Il che fa tremare le vene dei polsi: affidare il mondo a un tizio così poco raccomandabile come l'uomo... "Con timore e tremore…" dice la Bibbia.


domenica 23 giugno 2019

Un televisione invedibile


In televisione, la Lega impone ormai dirigenti, conduttori e format. Il risultato sono i conti in rosso e gli ascolti in calo.
La cosa peggiore sono i programmi, dilettanteschi, noiosi, senza idee. Repliche su repliche. Il sovranismo si riduce al calcio, alle canzonette e a qualche programma abborracciato che vorrebbe far propaganda politica, e invece fa solo pena. Su Rai 2 si trasmettono filmetti gialli puerili, mal fatti e pieni di psicopatici. Certo, saranno costati poco… ma non valgono niente. E ci si dovrebbe vergognare a trasmetterli. Peggio che in certe televisioni commerciali di serie B o C.
Insomma la televisione, che dovrebbe anche fare un po' di cultura e un intrattenimento almeno non del tutto stupido e improvvisato, sta scomparendo - più o meno come la sanità pubblica.
Se l’Italia, in mano agli “intellettuali” della Lega finirà come la televisione, ci attende l'estinzione… per lo meno dell’intelligenza.

L'ascolto profondo


Non so se avete notato che, nei dibattiti televisivi o nelle conversazioni private, tutti sentono talmente il bisogno di parlare e di esprimersi che non ascoltano veramente l'altro. Sono impazienti di dire la loro, e magari interrompono. Non ascoltano, non vogliono ascoltare.
Sì, perché ascoltare è difficile. Bisogna innanzitutto voler capire l'altro, e, per farlo, è necessario mettere da parte il proprio ego. Invece, per quasi tutti, è più importante aver ragione che ascoltare.
Raramente ascoltiamo, perché non riusciamo a mettere da parte il nostro io. Mentre l'altro parla, dovremmo lasciar perdere i nostri ragionamenti e le nostre opinioni. E invece continuiamo a macinare dentro di noi le obiezioni e le risposte. È una specie di gara a chi ha la meglio, a chi è superiore. A questo giunge la nostra competitività. Siamo sempre in lotta contro il prossimo.
Certo, dovremmo essere così obiettivi e così generosi da avere un autentico interesse per l'altro.
La meditazione insegna anche questo: a renderci conto del nostro atteggiamento e a cercare di uscire dal nostro piccolo mondo egoico per dare spazio agli altri. Senza contare che, per noi, il primo “altro” siamo noi stessi.
Infatti una seconda metafora del processo di meditazione – dopo la visione - è proprio l’ascolto. Qual è l’oggetto di questo “ascolto”? Non il mondo esterno, non il mondo interiore, ma la zona intermedia tra i due, dove il soggetto si fonde con l’oggetto.

sabato 22 giugno 2019

La scuola del conformismo


I temi scelti quest’anno per l’esame di maturità sono, come sempre, un invito al buonismo perbenista. Si potrebbe parlar male o avanzare quache critica sul generale Dalla Chiesa, su Gino Bartali (che salvò molto ebrei), sulla lotta contro la mafia, sulla difesa del patrimonio artistico, sulla condanna del totalitarismo o su don Milani?
Evidentemente non è permesso. Se qualcuno lo facesse, verrebbe bocciato.
Così gli studenti sono obbligati a ripetere gli stessi luoghi comuni, le stesse ipocrisie. Una vera e propria preparazione all’accettazione conformista di valori e di comportamenti che fanno così piccoli gli italiani. Guardate i nostri politici come hanno imparato bene la lezione. Dicono mai qualcosa di originale, pensano mai con la loro testa?
Le conseguenze di questa cultura del conformismo sono ben visibili nella nostra attuale decadenza. Non c’è più nessuno che inventa niente.

Come decidere


Quando si devono prendere decisioni importanti, è naturale che si decida in base al proprio interesse. Ma qual è il proprio interesse? E come decidere? Se restiamo ancorati alla mente razionale e ad un calcolo utilitaristico dei pro e dei contro, è facile sbagliare. Quale strada prendere? Non è semplice decidere perché siamo turbati da dubbi e da ansie. Anzi, a volte decidiamo solo per uscire da questo stato tormentoso di incertezza. E invece no. Dobbiamo stare a lungo presenti nell'ansia e nel dubbio, magari respirando consapevolmente, in modo che la decisione non venga da un atto della volontà razionale, ma dal nostro essere più profondo. Non sempre, infatti, l'interesse utilitaristico del momento, soddisfa le nostre più autentiche esigenze.
Non pensiamo solo all’utile immediato che possiamo ricavarne , ma anche a quale soddisfazione possiamo trarne a lungo termine, a quale sia la nostra vocazione - e a che cosa possiamo offrire agli altri. Quella è la nostra vera strada: una via che fa coincidere l'interesse personale con l'interesse generale del mondo per cui esistiamo.

Il Dio del futuro


Qualcuno ha deciso che Dio sia un Gran Potente, anzi l’Onnipotente. Ma, se fosse stato così potente e così buono, come avrebbe costruito un mondo in cui per mangiare si deve uccidere e in cui ci sono evidenti ingiustizie (per esempio, uno che vive cent’anni e un altro che vive tre mesi). La mia osservazione è talmente lampante che i teologi cristiani si sono inventati il mito della Caduta dal Paradiso terrestre per giustificare il divario tra la loro idea di Dio e la pura e semplice realtà.
No, lasciamo stare i miti. Se Dio è così potente, non è così buono. E se è buono, non è potente.
O forse sono tutte nostre fantasie. E all’origine non c’è nessun Dio, ma – come dicono i fisici – una fluttuazione del vuoto.
Dio non sta dunque all’origine, ma forse in fondo. È appena nato e deve ancora crescere, come tutti noi.

Il capitano della nave che affonda


Per Salvini le cose si fanno difficili. Dopo essere andato in America a fare da zerbino a Trump, che non lo ha neppure ricevuto, si ritrova in Italia a tentare di fermare navi di immigranti e a lottare contro la Commissione europea. Doppio fallimento. Mentre ferma una nave, ne arrivano altre due o tre con decine o centinaia di migranti. E noi incameriamo tutti. Speriamo che se ne vadano clandestinamente negli altri paesi europei. Ma gli altri paesi europei li prendono e ce li rispediscono. In conclusione, ce li teniamo come prima senza sapere che farcene.
Anche con l’Unione europea è una battaglia persa in partenza. Siamo isolati e, carichi di debiti, non contiamo niente. Salvini aveva promesso grandi cambiamenti dopo le elezioni. Ma non è successo niente: i nazionalisti non hanno vinto. E i nuovi dirigenti europei ci saranno ostili come i precedenti, se non di più.
La sua idea di abbassare le tasse è buona. Ma la flat tax, cioè una tassa uguale per tutti, è pura demenza. Il buon senso dice che chi ha di più deve pagare in proporzione di più. Altrimenti diminuirà il gettito fiscale. Le grandi opere nessuno le vede, e lo stesso dicasi per l’autonomia di alcune regioni (eredità della vecchia secessione) e per il reddito minimo. E, per fare tutte queste riforme ci vogliono soldi  che non si sa da dove prendere.
L’Italia è sempre in stagnazione e presto sarà in recessione. Ma Salvini gira l’Italia in lungo e in largo per raccattare consensi.
Come titola l’Espresso, “il lavoro non c’è – e il ministro nemmeno”.

venerdì 21 giugno 2019

Lasciar perdere


La vita è breve: val la pena di perdere tanto tempo ed energie in beghe inutili?
Lasciate per un po' perdere il bailamme quotidiano, lasciate per un po' perdere la televisione, facebook e twitter: non vi portano da nessuna parte, aumentano la febbre generale, l’inconsapevolezza, la malattia egoica di cui soffre l'umanità. Concedetevi un po' di meditazione, mettetevi quieti, fermate o rallentate i pensieri e le chiacchiere interiori, astraetevi dalla tragicommedia quotidiana del vivere, lasciate perdere gli amori e gli odi, non pensate al lavoro, ai soldi, al sesso.
Chiudetevi nella vostra stanza o raggiungete un posto solitario, dove non ci sia gente. Sedetevi, sdraiatevi o rimanete in piedi. Ma restate fermi e silenziosi, lontano da tutti, anche dal vostro ego. Guardate in lontananza senza fissarvi su niente in particolare, oppure posate lo sguardo davanti a voi, a pochi centimetri, con gli occhi aperti o semichiusi. Fate qualche respiro profondo e poi seguite il respiro per qualche minuto. Quindi prendete nota della caratteristiche ambientali (caldo, freddo, rumori, ecc.), di quelle corporee (siete tesi, rilassati, ecc.) e di quelle mentali (siete preoccupati, tranquilli, ecc).
Infine rendetevi conto di essere una cellula vitale di un intero universo. Siete una scintilla di coscienza, avete la fortuna di essere consapevoli di essere. Per un po', solo per un po'. Lo so, questo non vi risolverà nessun problema concreto. Ma vi darete un po' di tregua, vi distaccherete dalle ansie e dalle preoccupazioni che vi torturano. Vi ripulirete la mente. La disinquinerete da tutto il ciarpame che la appesantisce. Vi distaccherete. Vedrete le cose con più chiarezza. Anche solo a questo livello preliminare, vi sembra poco? Alleggerirete voi - e il mondo intero. E dunque alla fine affronterete meglio le sfide d'ogni giorno. Siete scintille di una coscienza universale, non servi di qualche padrone, terreno o ultraterreno. Non siete qui per fare i produttori o i riproduttori, per lavorare o per guadagnare. Siete qui per dare una testimonianza costruttiva, per essere.
Il mondo esiste perché esistete voi, perché esiste una coscienza che ne sia consapevole - la vostra, tra le altre.

L'armonia infranta


Il mondo è inquinato dalle nostre stesse azioni. È come trovarsi in uno stagno le cui acque si sono intorbidate perché troppe persone vi sguazzano dentro. Più vi agitate, più lo sporcate. Più cercate di ripulirlo, più lo inquinate.
A questo bel risultato vi hanno portato i vostri leader con i loro valori fasulli: volevano portare la pace, ma hanno aumentato lo stato di guerra; volevano rendervi ricchi, ma vi hanno impoveriti; volevano farvi guarire, ma hanno aumentato la febbre.
Nel caso dell’acqua torbida, rimanete fermi, non fate niente. E l'acqua tornerà limpida da sola.
Si dirà: se ci piove in testa, dobbiamo semplicemente stare fermi a prendercela tutta? No, in questo caso è giusto sottrarsi alla pioggia cercando un riparo; sarebbe un'azione del tutto naturale. Ma, se cercate di sparare alla nuvole, non solo non vi riparerete, ma probabilmente danneggerete anche altre cose. Insomma, bisogna sempre trovare l'azione in armonia con la natura.
Prendiamo il caso opposto: avete siccità e vorreste l'acqua - che cosa fate? In realtà non potete fare niente; non vi resta che aspettare che cambi il tempo. Ma, se in precedenza, non aveste desertificato l'ambiente e ridotto le vostre città a formicai brulicanti, se per esempio viveste ai margini di una bella foresta, il problema dell'acqua non ci sarebbe. Dunque, è con il vostro fare che vi siete predisposti alla siccità. Adesso è troppo tardi per rimediare. Avete rovinato l'armonia naturale.
Abbiamo creato grandi disastri con il nostro “fare” ossessivo, con il nostro attivismo, con il nostro capitalismo. Siamo in preda a una caos cui non sappiamo rimediare. Abbiamo perso il rapporto con i ritmi e gli ambienti naturali.
Ormai nelle nostre società quasi tutto è artificiale. Alla natura abbiamo sostituito la produzione. Più produciamo, più guadagniamo, ma più guadagniamo, più roviniamo l’ambiente e la nostra salute. E, quando roviniamo la salute, perdiamo il bene più prezioso.
Che fare? Almeno impariamo a stare fermi con la mente. Perché è l’agitazione della mente, con le sue idee illusorie di ricchezza, di conquista, di competizione, di espansione e di supremazia che abbiamo rovinato tutto. È l’inquinamento della mente che provoca l’inquinamento del mondo.
Naturalmente non dobbiamo consegnarci all’inedia e al non fare assoluto. Per prevenire la siccità, possiamo canalizzare e risparmiare le acque. Per proteggerci dalle inondazioni, possiamo rafforzare i ponti, gli scarichi e le fondamenta. Ma attenzione a non fare troppo o troppo poco, attenzione a non prevedere o a prevedere male. È tutto un gioco di equilibri e di misure, tenendo bene a mente l’interesse della natura, che viene prima di tutto, che è la madre di tutto.
Periodicamente, rimanete fermi con la mente, e ciò che è torbido tornerà limpido. E, vedendo più chiaramente, agiremo con più naturalezza, sbaglieremo di meno.


giovedì 20 giugno 2019

Riflessione e meditazione


Riflessione e meditazione non sono la stessa cosa. Ma è bene praticarle entrambe. Riflettere è pensare - a noi, alla nostra storia, agli altri, alla vita, al mondo. Meditare è dedicarsi alla semplice consapevolezza di essere.
Per meditare dobbiamo superare la semplice riflessione concettuale; dobbiamo essere attenti al nostro stesso essere, qui e ora. E comprendere sempre di più.
     Con queste pratiche, miglioriamo anche il nostro ben-essere.

La fortuna di essere nati


Quando pensiamo alla vita che vorremmo avere, e che non abbiamo, raramente siamo felici. Quanti dei nostri desideri abbiamo realizzato? Ma, anche se abbiamo concluso ben poco, una fortuna l'abbiamo avuta. Siamo qui e siamo consapevoli. Quale sarebbe infatti l'alternativa? Sarebbe bello non essere mai giunti alla luce, non avere mai aperto la finestra su questo mondo, non aver mai visto nulla, non aver avuto accesso a questo tipo di coscienza, non aver mai detto "io", non aver pensato che avremmo potuto essere di più?
Secondo l'Oriente, essere nati nello stato umano non è il massimo, ma è comunque un punto di passaggio molto importante. La linea evolutiva che ci ha portato fin qui ha lavorato per milioni o per miliardi di anni per dar vita a una coscienza. E, anche secondo la scienza, siamo stati prima animali, piante, minerali, atomi... e ce n'è voluto per essere uomini.
     Tra milioni di spermatozoi, siamo nati noi. Gli altri non ce l'hanno fatta.
     La nascita della coscienza è qualcosa di grandioso, è l'opera stessa dell'universo, che per questo scopo opera. E noi siamo qui a contribuire a questa impresa gloriosa. Uno dei tanti mattoncini, certo. Ma un giorno potremo dire: abbiamo dato il nostro contributo.
     La coscienza però è ancora in uno stadio poco evoluto. E l’evoluzione va molto lentamente.
Non c’è che un mezzo per velocizzarla. Essere sempre più consapevoli, più intensamente consapevoli. Bisogna capire infatti che la coscienza, oltre a espandersi, deve aumentare di quantità.

La rivoluzione in cielo


Il “Signore…” qualcuno usa ancora questa parola. Il “Signore del mondo”, “il Re dei re”, il supremo “Monarca”… in cielo non è mai arrivata né la democrazia né qualche sana rivoluzione. Ma, se ci fosse un “Signore del cosmo”, potremmo chiedergli conto di questo sgangherato universo, fatto con tanta violenza e tanta approssimazione.
Non un mondo perfetto, ma un mondo fatto male.
O i “Signori”non si discutono? Si deve ubbidire e basta? Quanti credenti ne sono convinti e diventano massa di manovra per i potenti della Terra.
Peccato che si tratti di divinità immaginarie.
È vero però che i “Signori” immaginati in cielo servono a giustificare il potere, altrettanto violento e sanguinario, dei signori concreti in questo mondo.
Come si vede, credere in un Dio immaginato come “Signore” ha importanti riflessi qui sulla Terra.

mercoledì 19 giugno 2019

Squadrismo fascista


La differenza fra destra e fascismo è che quest’ultimo arriva all’omicidio per conquistare il potere. In Germania un gruppo neo-nazista ha ucciso Walter Luebcke, un politico pro-emigranti.
In Italia assistiamo quasi tutti i giorni ad atti di bullismo di neo-fascisti che vanno a picchiare gli avversari politici con vere e proprie azioni di squadrismo. I tempi cambiano, ma i metodi fascisti sono sempre gli stessi. Quando arriverà anche da noi il primo omicidio? E perché chi sta al governo non interviene subito?
Non ci dimentichiamo che il fascismo storico esordì con l’assassinio di Giacomo Matteotti e andò avanti a uccidere e a perseguitare gli oppositori politici. E non ci dimentichiamo che nei decenni scorsi i fascisti italiani, con l’appoggio dei servizi segreti deviati, furono capaci di mettere bombe in banche, treni, piazze e stazioni, provocando decine di morti.
Teniamo dunque gli occhi ben aperti. Il risveglio di cui si parla nella meditazione no è solo qualcosa di metafisico, ma comporta anche una consapevolezza dei fattori storici, sociali e politici.

I pericoli della meditazione


I movimenti spirituali e le religioni possono essere utilizzati in due modi: per risvegliare la gente o per addormentarla ancora di più (“l’oppio dei popoli”). Nel caso della meditazione, c’è il pericolo che si diffonda l’illusione che basti un po’ di concentrazione su di sé e di quiete per risolvere problemi che sono causati dalla società, dalla politica e dall’economia. Se non ho lavoro o sono oberato di tasse, non sarà la meditazione che mi darà la soluzione.
C’è il pericolo che io sia indotto a vedere il mio disagio non come realmente fondato anche dall’esterno, dalle condizioni psicologiche socio-economiche, ma come un mio problema individuale che può essere risolto da semplici operazioni psichiche. Il tutto può trasformarsi in un ritiro nella sfera privata, in una resa quietistica, in una coscienza che non giudica più, in un adeguamento allo status quo.
In tal caso la meditazione diventerebbe una spiritualità individualista, una religione dell’io. Tutto il contrario di quello che è.
Ma la meditazione svolge un altro lavoro: estendendo la presenza mentale e l’attenzione a sé e al mondo, è in grado di farmi capire l’origine dei problemi che mi affliggono. Mi rende inoltre consapevole che anche certi problemi psicologici di tensione, di disagio e di malessere sono in realtà il portato di problemi sociali. E mi fa vedere l’interdipendenza di tutti gli io, distruggendo l’illusione di autocontrollo.
Sviluppare la consapevolezza significa proprio questo: rivolgere l’attenzione non solo ai propri problemi psicologici, ma anche ai problemi sociali dell’ambiente in cui vivo. Per lo meno, mi fa vedere la connessione fra i due ordini di problemi.
Cercare il risveglio significa aprire gli occhi davanti alla realtà nel suo complesso, significa prendere le distanze dalle tecniche di manipolazione dell’economia, della pubblicità, della politicia e del potere. In questo momento, io sono il cittadino di questo paese che ha questi problemi ed è comandato da questi politici che hanno queste mire.
Anche la medicalizzazione dello stress, risolvibile magari con un corso di qualche settimana di concentrazione e di distacco dalla realtà, o di psicoterapia, può essere un errore. La meditazione non è una tecnica buona per tutti gli usi e apolitica. Con essa prendiamo coscienza proprio del fatto che siamo condizionati pesantemente dalla famiglia, dai tempi, dalle religioni, dalla scuola e dal potere, e cerchiamo una libertà che non sia semplicemente in noi stessi, ma nel mondo intero.
Chi libera se stesso, libera il mondo. Chi si rende più consapevole, aiuta il mondo a rendersi più consapevole. L'individuo e la realtà sono sempre in un rapporto dialettico che non può essere eluso.

martedì 18 giugno 2019

Da dove veniamo


A volte, l’esperienza e le conclusioni che ne traiamo sono completamente opposte alla realtà. Per esempio, noi vediamo il sole che sorge e tramonta, ma la verità è esattamente il contrario – non è il sole che gira intorno al nostro pianeta, è la Terra che gira intorno al sole. Analogamente siamo convinti che tutte le cose siano autonome, isolate e indipendenti, mentre è esattamente il contrario - le cose sono tutte interdipendenti: nascono in seguito a cause e condizioni e muoiono in seguito a cause e condizioni.
Non c’è niente che esista in sé e per sé. Non c’è niente che sia indipendente dal resto. Non c’è niente di isolato. E non c’è niente di durevole. Certo ci sono cose che durano di più ed altre che durano veramente poco. Ma tutto è fuggevole e temporaneo. E, fra un po’, saremo scomparsi anche noi che scriviamo o leggiamo queste parole.
Se niente esiste di per sé, se tutto fa parte di un flusso continuo, è impossibile trovare una specie di nucleo solido nelle cose e negli esseri del mondo. La loro essenza non esiste, è assente, è vacua.
Non è quindi strano che la fisica quantistica concluda che tutto nasce da un immenso vuoto. È la stessa verità che avevano colto i taoisti o i pensatori della Prajnaparamita:
“La forma è vuoto, il vuoto è forma. La forma non è differente dal vuoto, il vuoto non è differente dalla forma. E lo stesso è per le sensazioni, per le percezioni, per gli impulsi, per la coscienza.” [Sutra del Cuore]
Tutto è vuoto di esistenza intrinseca. Ed è inutile andare a cercare anime o essenze eterne. Anzi, un’anima, un’essenza o un Dio eterno sarebbero la negazione della fluidità, della trasformazione, del divenire e della stessa creatività. Se ci fossero piccole entità eterne, sarebbero prive di eventi. Non potrebbero né venire in essere né venire di nuovo amalgamati per dar vita a forme diverse.
È la vacuità – non l’eternità immobile – che dà origine alla pienezza multiforme e liquida degli esseri. Realizzare in noi la vacuità è tornare all’Origine da cui nasce ogni cosa.
Ma gli uomini non lo capiscono. E restano abbarbicati alle illusioni della durevolezza e dell’isolamento.
I saggi sanno invece da dove veniamo e dove andiamo.

lunedì 17 giugno 2019

Allungarsi la vita


Da una parte sappiamo che il tempo è composto da un certo numero di momenti, calcolabili matematicamente; ma dall’altra parte sappiamo che non tutti i momenti sono uguali. Se per esempio ripensiamo al passato, ci ricordiamo di determinati momenti importanti in cui è successo qualcosa di rilevante. Ma di tanti altri, evidentemente anonimi, non ci rimane nulla.
Più sono stati i momenti che ci ricordiamo, più vuol dire che la nostra vita è stata ricca e lunga. Quello che non sappiamo è che esiste la possibilità di moltiplicare gli eventi memorabili. Non si tratta di aspettare passivamente che succeda qualcosa. Si tratta di essere più consapevoli dei e nei momenti che ci sembrano più banali.
Se diventiamo più presenti, possiamo notare dei particolari che ci sarebbero sfuggiti. Soprattutto scopriamo una nuova profondità. Non perché compiamo o vediamo qualcosa di eccezionale, ma perché l’eccezionalità è dappertutto se la sappiamo scoprire.
Se ti fermi a osservare con una intensa presenza mentale, ti si rivelerà anche nel semplice fatto di respirare o di vedere una luce o una scena qualcosa di memorabile.
Ti ricordi il momento in cui hai guardato in solitudine quel maestoso albero o una spiaggia deserta o una cima montana? Non era successo niente, ma il tuo sguardo, per cause interiori, per un’acuita sensibilità, era cambiato.
Non sono gli avvenimenti in sé che sono importanti. È l’intensità del tuo sguardo, la freschezza della tua consapevolezza, che rende memorabili certe esperienze, anche comuni.
Moltiplicare questi momenti con una maggiore attenzione significa allungarsi la vita, trasformarla in una continua epifania.

domenica 16 giugno 2019

L'atteggiamento del Testimone


Esiste un rapporto tra felicità e meditazione, nel senso che molti si avvicinano alla meditazione per calmarsi, per abbassare la pressione e la tensione, per essere più equilibrati e comunque per sentirsi meglio, per aumentare il benessere personale. Questo utilizzo della meditazione è certamente lecito, soprattutto in tempi come i nostri in cui domina un senso di insoddisfazione e di incertezza generale. Così facendo, vorremmo almeno godere di lunghi periodi di tranquillità. Non c'è niente di male in questo, poiché tutti cerchiamo di essere il meno infelici possibili.
La vita, però, ci pone prima o poi di fronte a grandi difficoltà e dolori, che non possiamo in alcun modo evitare. Nessuno può evitare malattie, vecchiaia e morte - degli altri e di noi stessi. Il nostro benessere prima o poi se ne va e noi ci troviamo ad affrontare rabbia, paura, disperazione e tanta sofferenza. A cosa serve a quel punto la meditazione?
Bisogna farsi una "filosofia" di vita e capire che dobbiamo essere pronti a soffrire. Dovremmo essere così saggi da comprendere che la vera felicità non consiste nell'evitare i dolori, ma nell'essere sereni anche quando ci sono esperienze negative.
Dobbiamo imparare ad essere presenti in qualunque esperienza ci si presenti, bella o brutta che sia. Questo è il punto. Il vero scopo della meditazione non è tanto quello di essere felici, ma di essere consapevoli con saggezza. E noi possiamo e dobbiamo essere consapevoli in e di qualunque esperienza.
Anzi, le esperienze dolorose vanno affrontate come mezzi per imparare di più e per scacciare l'illusione che il dolore sia necessariamente qualcosa di negativo e che noi dobbiamo essere sempre felici, imperturbabili e perfetti.
La vita è stata fatta così, con alti e bassi continui, con esperienze positive che si alternano ad esperienze negative.
Ma se noi adottiamo l'atteggiamento meditativo di colui che vuole imparare ed essere consapevole di tutto ciò che gli capita, saremo sempre presenti.
Insomma conviene adottare l'atteggiamento dello spettatore che va a teatro: vuole assistere a tutto ciò che accade nella scena, sia agli episodi piacevoli sia a quelli spiacevoli. Non va a vedere una commedia, ma una rappresentazione della vita stessa, in cui il bene e il male, il piacere e il dolore sono sempre mescolati. E lui osserva tutto, con interesse, con "piacere".
Ecco, questa è la "felicità" di cui si parla nella meditazione, non quell'altra che è il semplice contrario dell'infelicità.

Se la morte...


Ho visto un film dove un padre muore, si ricongiunge con la figlia già morta e i due mano nella mano se ne vanno nell'aldilà. Certo, se la morte fosse solo questo, saremmo tutti felici di vivere e di morire. Ritroveremmo i nostri cari e saremmo felici e contenti. Magari potremmo fare anche nuove esperienze e conoscenze, e passare successivamente in un’altra dimensione. Nessuno ci dice infatti che tutto finisca lì. Secondo la teoria del karma, per esempio, gli stati e gli stadi in cui potremmo passare sono innumerevoli.
Peccato che non ci sia nessuna certezza, neppure che ci sia un aldilà o un’altra vita. Potremmo semplicemente finire nel nulla.
Se ci fosse la certezza che c’è un aldilà, basterebbe farlo sapere per rendere migliore la vita terrena e migliori gli uomini.
Perché non lo sappiamo, perché nessuno ci informa? Forse qualche Dio maligno vuole tenerci in sospensione, in modo da farci vivere male e da avere il terrore di morire. Puro sadismo? O pura fantasia? E quelli che si sono comportati male? E quelli che devono essere puniti? E quelli che hanno amato più persone... con chi si ricongiungeranno? Quanti problemi per questa nostra piccola mente!
Certo il fatto il fatto di non sapere ci dice già che la vita non ci tratta bene. Fino all’ultimo non sapremo - e poi, forse, non potremmo neanche avere una mente in grado di conoscere e di riconoscere. Oltre a tutte le sofferenze che ci toccano, c’è anche la sofferenza di non essere sicuri di niente.

sabato 15 giugno 2019

La guerra tra i sessi


Una volta si parlava di "guerra tra i sessi" come di una metafora. Ma oggi ci accorgiamo che si tratta di una vera e propria guerra, con morti e feriti. Si dice che la causa sia l'emancipazione della donna che non viene accettata da certi uomini. E sarà anche così; ma questa guerra è molto antica, non è un portato della modernità - è sempre esistita. Tutto parte da una lotta di potere in cui tutti cercano di prevalere sugli altri e di comandare, cioè di imporre la propria volontà. Ma perché qualcuno vuole farlo? Chi ha stabilito che debbano esistere gerarchie?
Il problema del maschilismo è vecchio quanto il mondo. Per esempio, perché si concepisce Dio - che guarda caso è la suprema autorità, il supremo potere - come maschile? In alcune culture antiche, Dio era concepito come femminile: la Grande Dea, la Grande Vagina, la Grande Vacuità che contiene tutto. Ora, perché il principio generatore dovrebbe essere maschile? Eppure è la donna che partorisce.
In realtà, Dio non è né maschile né femminile, così come non è né maschile né femminile l'energia. Che senso ha allora il maschilismo? Nessuno. Ma andate a dirlo alle persone che credono in Dio. Il 99% vi dirà che è maschile, il Maschio Alfa.
Incominciamo a riformulare i miti antichi. Prendiamo per esempio la Bibbia, e diciamo che la sua rappresentazione di Dio è una falsificazione deleteria. Quante vittime continua a mietere?


Il Dio biblico


"Io sono il Signore, tuo Dio... Non avrai altri dei all'infuori di me... Io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza o alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per coloro che mi amano e osservano i miei comandi" (Esodo 20).
E voi vi assoggettate ad un Dio del genere? Un Dio arrogante, presuntuoso, pieno di sé, possessivo, geloso, vendicativo, ingiusto, l'immagine perfetta del satrapo orientale che fa quel che gli pare senza render conto a nessuno? Questo sarebbe il Padrone del mondo che i credenti pregano?
Un Dio divisivo, pronto a punire chi non gli si sottomette.
Ma un personaggio del genere andrebbe mandato da uno psichiatra, altro che adorato! Poi ci lamentiamo se il nostro mondo è popolato da tanti dittatorelli del genere?
Su, un po' di dignità, un po' di sano orgoglio! Ribelliamoci ad idee così balorde, chiaramente di origine umana – e di un’umanità deteriore!

Uscire dal finito


Retrocedendo dall'asfittica esperienza egoica, collegandoci ad un senso più ampio del presente, uscendo dai limiti imposti dalla natura e auto-imposti, ci saranno momenti in cui sentiremo di essere quella vastità, quella spaziosità. Uscire dal tempo finito per entrare nell'esperienza del qui e ora, che è sempre presente e potenzialmente infinito.
Come fare? Cogliere la realtà fisica del momento, magari seguendo il respiro e le altre percezioni.
Vivere l'istante presente, anziché pensarlo.
Domandarsi: "Che cos'è questo?" Ma non rispondere con le normali categorie mentali. Se si guarda bene, a fondo, si trova una realtà molto più vasta.
L'uomo è esigenza di infinito: questa è la sua grandezza. Non può fermarsi alle consuete esperienze del suo attuale piccolo io.