sabato 30 settembre 2017

La rana nel pozzo

Il problema è che noi viviamo – come la fatidica rana nel pozzo – in un ambito limitato, ristretto, parziale, soffocante. E da laggiù non possiamo vedere che una piccola porzione di cielo.
Quello che ci manca è vedere la realtà nel suo insieme, avere una visione d’insieme.

La verità-realtà non è questa o quella, ma la visione d’insieme, il poter vedere non come la rana nel pozzo, ma come l’uccello che vola alto. Più saliamo in alto, più vediamo.
Questa sia la nostra meditazione. Affrancarci dal limitato, sollevarci più in alto, rialzare la testa, e osservare il più possibile e nello stesso tempo possibile, come in una sintesi universale, come se avessimo un occhio divino.

venerdì 29 settembre 2017

Il surriscaldamento terrestre

Il mondo si surriscalda, non c’è dubbio. Materialmente e mentalmente.
Troppi rifiuti, troppe attività, troppe ambizioni, troppi desideri, troppe disuguaglianze, troppe religioni, troppa aggressività… poca consapevolezza, poco autocontrollo…
Ecco perché il mondo è in fiamme.

Ma lo diceva già il Buddha 2500 anni fa. E non è cambiato niente. Solo che gli uomini, con la loro tecnica, sono diventati più nocivi e più numerosi.

I due tempi

Quando diventiamo anziani, la nostra immagine di noi stessi resta a lungo la stessa: ci pensiamo ancora giovani perché non riusciamo a vedere il nostro graduale invecchiamento. Ma, in realtà, per gli altri la nostra immagine è cambiata.
Il fatto è che il cambiamento avviene giorno per giorno, mentre le nostre immagini interiori rimangono a lungo le stesse. C’è una discrepanza fra ciò che siamo e ciò che pensiamo di essere. L’aggiornamento mentale avviene molto lentamente e a scatti, magari dopo anni.
La realtà, invece, cambia di continuo, momento per momento.

Si tratta di due tipi differenti di tempo.

Cambiare il mondo

La meditazione, per ora, non è un atto magico della mente che ci permetta di cambiare direttamente la realtà. La sua capacità è mediata.
Ci permette di vedere il mondo in modo diverso, per esempio contemplando e contemperando gli opposti. Una cosa non esclude l’altra.
Invece, la nostra visione è sempre unilaterale: o… o…
Meditare significa andare al di là, al di là del nostro abituale modo di vedere e di giudicare, al di là dei pregiudizi e di ogni immagine precostituita della realtà e di noi stessi.

Guardando in modo diverso il mondo, mettiamo in opera comportamenti diversi… che cambiano a loro volta la realtà.

Alla ricerca dell'origine

La coscienza come epifenomeno del cervello o il cervello come creazione di una coscienza? È nato prima l’uovo o la gallina? È chiaro che, se dalla materia nasce la coscienza, e se non vogliamo immaginare un Essere che ad un certo punto infonde la coscienza nella materia inerte, all’inizio ci deve essere qualcosa che è entrambe le cose, un quid che è sia coscienza sia materia.

All’inizio c’è dunque una materia cosciente, che a poco a poco si sviluppa. Forse anche l’elettrone è in qualche modo cosciente.

Meditare sull'attimo presente

Siamo talmente condizionati dai nostri pensieri che essere consapevoli di essere qui e ora è diventato difficile. Eppure, proprio questa è l’occasione per una pratica di meditazione.
In qualunque posizione ci troviamo, qualunque cosa facciamo, qualunque cosa pensiamo, fermiamoci per un attimo e concentriamo l’attenzione sull’attimo presente, un attimo che non si ripeterà mai più: è unico. Usciamo dai pensieri e dalle attività e proviamo a fare esperienza del qui e ora.
Ne sono consapevole? Sento me  stesso? Come mi sento? Quanto e dove sono stato via con la mente?
Ci accorgeremo con sorpresa che siamo quasi sempre assenti.
Non pensiamo al passato, non pensiamo al futuro. Ricordiamoci di essere qui in questo preciso momento. E basta.
Non desideriamo, lasciamo perdere le aspettative. Ritorniamo a casa, dopo esserci allontanati per tanto tempo.
Il momento presente è tutto ciò che abbiamo. Anche questo respiro è unico e non si ripeterà mai più.

Ecco un esercizio di risveglio dal pesante sonno in cui viviamo di solito.

mercoledì 27 settembre 2017

Il film della vita

Tutto ciò che vediamo è illusione, nel senso che ha la consistenza di un film, di uno spettacolo di luci e di ombre.
Ad un certo punto il film finisce e si accende la luce in sala.
Non c’è una realtà oggettiva. Tutto è soggettivo, tutto dipende da come guardiamo il film.

È da come usiamo la mente che dipende il film della nostra vita. Perciò, attenti… In fondo, vediamo ciò che noi stessi abbiamo proiettato, perché noi siamo anche i registi,  gli sceneggiatori e i proiezionisti.

Libertà religiosa

Dobbiamo difendere la libertà religiosa.

Ma, soprattutto, la libertà dalla religione.

Falsa fiducia

Potete credere nella religione che volete.
Ma resta il fatto che la vita sulla Terra è un esperimento. E non è detto che tutti gli esperimenti abbiano successo. Qualcuno fallisce.
Non c’è nessun Dio che ne garantisca il buon esito.

Solo il nostro impegno può assicurarne il successo. Ma tutti questi uomini che si fanno la guerra e che si minacciano di distruzione, ne sono consapevoli?

martedì 26 settembre 2017

Mantenere il distacco

Prima dobbiamo addestrarci in meditazione ad essere distaccati da pensieri, da emozioni, da desideri e dal nostro stesso ego. Poi dobbiamo imparare a praticare il distacco nella vita di tutti i giorni. Il che non significa non pensare e non provare desideri e sentimenti, ma osservarli con distacco, scegliendo quelli opportuni, quelli che ci danno felicità e chiarezza.
Nella vita quotidiana non è facile. Ma la sfida è proprio questa. Dobbiamo sempre essere consapevoli che viviamo in un mondo di apparenze.
La meditazione, lentamente, giorno dopo giorno, ci trasforma e ci cambia la vita, tra mille prove e fallimenti. Impariamo a non reagire solo in base agli istinti o ai meccanismi acquisiti.
Maturiamo differenti risposte, più responsabili, più libere.

Ciò che un tempo ci sembrava naturale, ora ci appare un semplice condizionamento, genetico, sociale o psicologico. Così prendiamo le distanze e cresciamo.

lunedì 25 settembre 2017

IL regno dei desideri

La prima “nobile verità” enunciata dal Buddha è che la sofferenza è onnipervadente. Difficile smentire, perché non si può negare che nascita, vecchiaia, malattia e morte siano fonti di dolore; e lo stesso succede quando ci tocca stare con chi non ci piace o essere separati da chi amiamo. Ma la verità è che il divenire stesso è fonte di sofferenza. Noi non siamo mai soddisfatti, abbiamo sempre un desiderio che ci tormenta e qualcosa che ci manca.
Affermare però che tutto è sofferenza e che c’è una via per uscirne è esagerato. Piuttosto sarebbe meglio dire che tutto è un misto di gioia e dolore, in quantità variabili. Si tratta infatti di due opposti che sono inseparabili e complementari. Se c’è l’uno c’è l’altro.
Secondo il Buddha, per vincere la sofferenza, dovremmo rinunciare ai desideri, ad ogni rapporto e magari ritirarci in una foresta. Ma anche qui saremmo colpiti da vecchiaia, malattia, morte e da desideri.
Non possiamo insomma liberarci né dalla sofferenza né dal desiderio. Anche il desiderio di non soffrire è un desiderio.
La via, dunque, sta più in una saggia visione della realtà (che capisce l’interrelazione fra gioie e dolori) e in una saggia discriminazione dei desideri, nella consapevolezza che non potremo mai eliminare del tutto la sofferenza.
In ogni caso, c’è un notevole spazio di manovra essere trascinati da qualsiasi desiderio e riuscire a discriminare tra desideri negativi e inutili e desideri benefici e necessari.

Questo è lo spazio di manovra della saggezza.

domenica 24 settembre 2017

Essere attenti

O si controlla la propria mente o si è controllati da essa.
Noi però siamo la nostra mente. La siamo mentre la utilizziamo - e ne siamo utilizzati.
Ma possiamo semplicemente essere coscienti, osservando e osservandola senza usare il pensiero discriminante.
Fra l’altro, questa operazione elimina la spaccatura dell’essere, dato che la nostra coscienza abituale si basa su una divisione mentale.
Essere attenti e presenti, e basta.

Meditando, riunifichiamo il diviso.

Realizziamo ciò in cui crediamo

Perché mai la verità metafisica dovrebbe essere una sola? Perché questa dittatura del significato in un universo pluridimensionale?
Ognuno avrà la sua verità, e finirà sul suo piano di realtà. Attenti quindi a ciò in cui credete. C’è chi avrà il Buddha, Gesù, Allah o Brahman… ognuno avrà il suo Dio.
Chi si trova in questo mondo, su questo piano di realtà, ci è arrivato perché ha creduto in qualche modo ad esso.  

Attenti a ciò in cui credete, perché lo avrete!

sabato 23 settembre 2017

I benefici della meditazione

Al di là della meditazione più avanzata, che cerca la liberazione spirituale, stare 10-15 minuti in silenzio, rilassati, osservando i pensieri, ma non facendosi coinvolgere, procura vari benefici, appurati dalle ricerche scientifiche: fa rilassare i muscoli, rallenta la respirazione, abbassa la pressione, diminuisce lo stress e rafforza il sistema immunitario, e insegna la calma e il distacco.
Inoltre crea una familiarità con il nostro mondo interiore che non è per niente scontata. Conoscere se stessi è la base di ogni saggezza.

Perciò, anche senza raggiungere i risultati maggiori, i benefici creati dalla meditazione non sono da buttar via. Ci si può dunque fermare a questi benefici o procedere oltre, alla ricerca di ciò che veramente vogliamo. Si tratta di insistere giorno dopo giorno.

venerdì 22 settembre 2017

Cogliere la realtà

Quando vediamo qualcosa nascere, la nostra mente si dimentica della morte. Quando vediamo qualcosa morire, la nostra mente si dimentica della vita. In tal modo separiamo le due realtà, che invece sono un tutt’uno.
Il saggio vede le cose come fantasmi o sogni, ma non le sottovaluta e non le separa. E sa che tutto ciò che incontra lo incontra una sola volta nella vita, perché, un attimo dopo, non è più lo stesso.
Siamo talmente pieni di preconcetti e di pregiudizi che non riusciamo a vedere la realtà. È come se avessimo sempre davanti agli occhi lenti deformanti e divisive.
L’unico modo per cogliere la realtà senza deformazioni e senza divisioni è smettere di nutrire opinioni preconcette, fare il vuoto mentale. Solo così possiamo incontrare le cose direttamente, senza intermediari.
Quando diciamo che la meta è l’estinzione, non diamo un messaggio nichilista. Non dobbiamo morire per risvegliarci. Basta estinguere le opinioni, i preconcetti, le fedi, le aspettative, le visioni dualistiche e i giudizi.

Prima di dire che un fiore è bello o brutto, cogliamolo nella sua realtà, così com’è.

giovedì 21 settembre 2017

I reverendi pedofili

Perfino il Papa confessa che “la coscienza della Chiesa è arrivata un po’ tardi” ad affrontare il problema della pedofilia tra i preti.
Sì, un ritardo di qualche secolo.

Ma il fatto è la Chiesa ha sempre favorito l’obbedienza e la sottomissione, mai lo sviluppo della coscienza individuale. 

Il bacio dell'ampolla

Anche Di Maio è stato sorpreso a baciare l’ampolla di san Gennaro. Niente da dire: abbiamo una lunga tradizione di baciapile superstiziosi o di politici ipocriti che vogliono conquistare il voto dei credenti.

Ma ci aspettavamo dai “rivoluzionari” dei Cinquestelle qualcosa di nuovo. E invece… tutto vecchio, tutto già visto.

Il maestro e l'allievo

C’è un detto zen: “Se incontri per la strada il Buddha, uccidilo!”
In nessun caso il rapporto maestro/allievo deve dar luogo ad un rapporto di dipendenza, perché lo scopo della meditazione è la liberazione delle potenzialità delle persone, non il loro asservimento.
Tutto il contrario di ciò che si fa comunemente nelle religioni, dove il maestro, il profeta, il santo o il messia vengono venerati come dèi scesi in terra e nessuna loro parola può essere messa in discussione. È così che non si cresce mai.
Il maestro (come il padre) va rispettato, ma trasceso.
Noi ci rifacciamo all’ascolto profondo - degli altri, di noi stessi e del mondo. Questa è la meditazione in breve.
In tal senso il metodo dell’ascolto profondo è vicino al metodo della psicoanalisi, che non giudica e non vuole guidare dall’alto.  Ma vuole che l’altro e noi stessi troviamo da soli, spontaneamente, il percorso smarrito, intralciato o ferito.
Tutto in questo mondo è rapporto. Anche il nostro io è in rapporto con se stesso, generando ciò che chiamiamo coscienza.

Quando dunque ci poniamo in rapporto con noi stessi, dobbiamo applicare sia l’ascolto profondo senza giudizi sia il rapporto maestro/allievo di cui dicevamo. Solo così ci si libera.

mercoledì 20 settembre 2017

Le nostre relazioni

La scienza attuale ha scoperto che non esistono tanto cose quanto relazioni. E questo è evidente, dato che gli enti non esistono da soli, ma soltanto in relazione agli altri.
Non ci sono quindi oggetti solidi e inamovibili. Tutto è interdipendente.
Questo lo aveva già scoperto l’Oriente più di duemilacinquecento anni fa. (Vedi buddhismo e taoismo.)
L’intera esistenza ha dunque un carattere temporaneo, impermanente e relativo. Da un punto di vista assoluto, le cose non esistono in sé proprio perché hanno una genesi relazionale.
L’ “in sé” non esiste, è vuoto.
Inutilmente cerchiamo l’essenza degli enti: non c’è.
Su uno sfondo di vacuità, si presentano enti, eventi, processi e relazioni che durano quel che durano e poi scompaiono. Le relazioni durano un po’, ma poi si modificano e svaniscono.
L’instabilità e il cambiamento sono le leggi di questo universo. Anche le più alte montagne, le più brillanti stelle o i più grandi pianeti si modificano continuamente e alla fine saranno ridotti in polvere. E, se svaniscono loro, figuriamoci noi, i nostri fragili corpi e i nostri fragilissimi io.
Noi ci attacchiamo alle cose, alle persone e a noi stessi perché sappiamo che presto spariranno.
Solo il saggio sa scegliere un equilibrato distacco - da tutto, anche dal proprio io. E impara a mollare la presa e l la visione egoiche e a non essere come quei personaggi – veri e propri buffoni – che vanno in giro a dire: “Io…io…io…”.

A questo ci porta il processo della meditazione, che nega tanto l’attaccamento quanto il nichilismo. Perché, se è certo che viviamo per poco, è anche certo che in questo momento siamo vivi e ci dobbiamo dare da fare in un mondo di apparenze e di illusioni.

martedì 19 settembre 2017

Risvegliarsi alla realtà

Vedere le cose così come sono, senza le distorsioni del giudizio, dell’interesse, del desiderio, delle ambizioni, delle aspettative e delle prospettive egoiche, questo è lo scopo della meditazione – non una cosa da poco.
Vediamo che tutte le cose – noi compresi – sono impermanenti, prive di una sostanza e in continuo mutamento. Non vediamo dunque una realtà metafisica di eterni immutabili, ma enti che si trasformano di continuo.
Per far questo, mi devo mettere immobile – corpo e mente – in modo da creare un punto di osservazione in mezzo al caos.
Poiché ognuno di noi si ricorda di varie età passate, ritiene di avere sia un nucleo immutabile, il sé. Ma, guardando meglio, si accorgerà che non è più lo stesso identico io di quando aveva dieci o vent’anni. Qualcosa è rimasto, ma molto è mutato.
Questo aggiornamento dell’anima, questo progresso o regresso, è appunto il valore aggiunto della vita.

Quando scopriamo che tutto è impermanente e insostanziale, scopriamo anche che nell’individuo non è solo il piccolo io che funziona, ma l’intero universo. La nostra identità non è più solo qualcosa di personale, ma l’energia universale che vive attraverso di noi.

lunedì 18 settembre 2017

La ragione del più forte

Il problema è che nessuno di noi riesce a guardare le cose oggettivamente. Giudichiamo tutto in base ai nostri interessi, sia individualmente sia collettivamente. Ci sembra che una cosa sia bella, giusta o etica solo secondo il nostro punto di vista, solo se ci piace o ci è utile. Ci manca il distacco per vedere le cose a prescindere dalla nostra prospettiva personale.
Quando perciò la mia visione si scontra con la visione di un altro, sorgono il conflitto o la competizione. Vogliamo aver ragione. Ma spesso la ragione prevalente è quella del più forte, non del più saggio. Anche nel campo dei semplici significati.
Ora, la meditazione è un tentativo di guardare le cose obiettivamente, di mollare la presa del giudizio individuale. Cerchiamo di uscire dal mondo del soggettivo. In tal senso, è una de-soggettivazione.
Rimango lì fermo con il corpo e, soprattutto, con la mente giudicante, con la mente che vuole attribuire valori soggettivi. Mollo la presa sui pensieri egocentrici.
Questo non significa che si possa o si debba non pensare o trovare un valore oggettivo, ma ci rendiamo conto che valutiamo tutto con metri di giudizio personali e che possiamo vedere le cose in una prospettiva più ampia. Sappiamo di essere soggettivi e ci ritiriamo per un po’ dalla stolta competizione tra esseri umani su chi ha ragione.

Chi medita ha questo senso della relatività dei giudizi e dei valori ed è certo meno aggressivo degli individui dominati da una cieca soggettività.

domenica 17 settembre 2017

La via della guarigione

L’umanità soffre di una grave malattia mentale, che potremmo chiamare “ego-concentrazione”.
Ego-concentrazione non nel senso di egoismo (sarebbe il meno), ma di non riuscire a vedere al di là del proprio ego, come se fossimo chiusi un piccolo spazio – la rana nel pozzo dell’aneddoto zen.
Gli esseri umani sono pazzi non solo perché credono che Dio sia sceso sulla Terra o che Maometto sia volato sulla Luna, o perché costruiscono armi atomiche che possono distruggere il mondo intero, o perché stanno segando il ramo su cui vivono, ma perché non riescono a vedere la propria follia: non riescono ad uscire dal proprio sé e salire su un gradino più in alto.
Sono immersi, immedesimati, nel proprio delirio, nelle proprie convinzioni, nelle loro fedi, nelle proprie opinioni. Hanno sempre una visione ristretta al proprio ego.
La via della guarigione è una sola: l’autoconsapevolezza: riuscire ad uscire dal proprio sé per guardarsi dal di fuori.
Questo sarebbe in realtà il profondo messaggio dei grandi saggi, un messaggio che però è stato rimpicciolito e sminuito dall’idea dell’amore, dall’idea che il rimedio sia amare il prossimo. Come se bastasse amare per uscire dal proprio delirio, come se bastasse amare per veder chiaro, come se l’amore non fosse a sua volta un delirio proiettivo.
Dunque, è questa la pratica fondamentale della meditazione che si propone come terapia: conoscere, osservare, stare attenti, prendere le distanze dal proprio ego.

Meditazione è riuscire a guardarsi, come se si guardasse dall’esterno i degenti di un ospedale psichiatrico.

sabato 16 settembre 2017

I vari credenti

Ogni credente si ritiene superiore ai credenti delle altre religioni e agli atei. Ma la verità è che tutti credono e non credono: se credi a una religione, non credi alle altre; se credi ad una certa immagine di Dio, non credi alle altre immagini. Viceversa anche l’ateo crede: crede che i credenti siano dei creduloni.
Tutti crediamo in certe cose e non crediamo in tante altre.
Il mondo è vario e confuso; le opinioni sono molte e contrastanti. E, in campo religioso, non c’è modo di appurare la verità.
Renditi conto che le tue opinioni sono punti di vista incerti come quelli degli altri. Meglio ancora, prova per un po’ a non nutrire opinioni, proprio come consigliava il Buddha. All’improvviso, ti troverai di fronte non alla verità (che è pur sempre un’opinione), ma alla realtà.
A differenza delle opinioni, la realtà non ha bisogno di essere provata.
Non a caso l’illuminazione si chiama anche “realizzazione” e non corrisponde ad un’idea ma a ciò che ti si pone di fronte, con tutta la sua evidenza.

Pratica dunque la non-opinione, custodisci il silenzio della mente. Ti accorgerai dell’accozzaglia delle opinioni e della loro infondatezza.

venerdì 15 settembre 2017

Libertà dai desideri

La parola nirvana (“estinzione”) indica sempre qualcosa di doloroso che finisce. È una liberazione, un acquietarsi dopo una tensione.
Non a caso i buddhisti parlano della morte come del “grande nirvana”, ossia dell’uscita dalla tensione dell’esistenza.
Ma non basta morire per liberarsi definitivamente… se ci portiamo appresso desideri mentali insoddisfatti.
Liberarsi dai desideri non significa – come crede l’ascetismo tradizionale – non aver più un desiderio. Ma saper distinguere i desideri dell’io dai desideri naturali.
Per esempio, aver fame e quindi desiderare di mangiare non è un mio desiderio personale. Ma un desiderio perfettamente naturale. Se però divento un avido ghiottone e mi rimpinzo di ogni genere di cibo, sono dominato da qualche desiderio della mente.
Nel primo caso, mangiare con consapevolezza può diventare una fonte di gioia e una pratica di consapevolezza, perché in quel momento il mio io è un tutt’uno con l’universo. Nel secondo caso, si tratta di un desiderio malato… fonte di schiavitù e di dolore.


Il bene religioso

C’è ancora gente che crede che il bene possa essere sempre distinto dal male, che i buoni stiano da una parte e i cattivi dall’altra. Ma noi sappiamo che, trattandosi di contrari, i due estremi devono toccarsi in vari punti. Spesso chi fa il bene, fa in realtà il male, e viceversa.
Questo succede in particolare in campo religioso, dove chi condivide una fede, crede che, applicando i dettami di quella religione, non si possa sbagliare. Ma non è così. La strada dell’inferno è lastricata non solo di buone intenzioni ma anche di (presunte) buone azioni.
Ancora una volta, la nostra logica duale con tendenza a contrapporre si rivela fallace. Non solo il bene è pronto a trasformarsi in male, ma ne è per così dire l’elemento costituente. A questo proposito, diceva il fisico americano Steven Weinberg, premio nobel nel 1979: “La religione è un insulto alla dignità umana. Senza di essa ci sarebbe gente buona che fa del bene e gente cattiva che fa del male. Però, perché la gente buona faccia del male, ci vuole… la religione”.

Oggi lo constatiamo nei fanatici islamici. Ma noi lo scopriamo in tante decisioni e prese di posizione delle religioni che giudicano e si fanno guidare da dogmi. Nella loro mani, il bene si trasforma spesso in male.

giovedì 14 settembre 2017

L'uno e i molti

Quando bevo un bicchiere d’acqua, bevo il tutto. Infatti, quell’acqua è sgorgata da una fonte dopo essere scesa dal cielo. E nel cielo era arrivata dal mare, e al mare era giunta da… e così, andando indietro, arriviamo alle acque e alle nubi primitive, che si erano formate in seguito alla formazione della Terra, che si era formata quando l’universo…
Dunque, bevendo quell’acqua, bevo l’universo. E lo stesso quando mangio e quando respiro.
Ogni cosa è collegata alle altre, non solo il mio corpo, ma anche la mia coscienza.
Non si tratta di un’idea. È la realtà.
Quando medito, sono “io” che sono consapevole, sono io che rifletto l’universo.
So benissimo di essere distinto e unico. Ma so contemporaneamente di essere il tutto.
È un paradosso: il singolo è anche il tutto; eppure io arrivo a capirlo e a sentirlo
Così sono tutti i paradossi logici. Posso essere qui ma anche là. E possono essere tranquillamente superati, così come avviene in questo caso, in una visione di sintesi.

Meditare è assumere una nuova logica, dove si scopre che i contrari sono compenetrati gli uni con gli altri. Siamo noi che ci siamo abituati a ragionare in modo così limitato, un modo che esclude anziché includere.

mercoledì 13 settembre 2017

L'introspezione consapevole

Un lettore mi scrive: «Nella meditazione mi scopro ormai abituato a “recitare” la parte del presunto osservatore distaccato di fronte al flusso compulsivo dei pensieri che si affacciano nella mente. Un giorno mi sono detto: non sarà forse che, questo giochetto della consapevolezza, del testimone che guarda fluire i pensieri, cercando invano (!!) di non identificarsi con essi – non sarà questo stesso, un nuovo raffinato giochetto mentale? Un giochetto, un espediente egoico che la mente fa per accontentare se stessa e darsi una bella medaglia?» 

Non è una recita, è un metodo - il metodo fondamentale dell’introspezione consapevole. Non si possono fare passi avanti nella psicologia, nella spiritualità, nella vita individuale e nel mondo senza questo di tipo di osservazione. Gli uomini hanno smesso di essere scimmie quando sono diventati attenti al proprio mondo interiore.
In fondo il problema degli uomini è che molti non riescono ancora a farlo e agiscono in preda ai soli istinti. I pensieri, le emozioni e i sentimenti fluiscono senza posa. Appaiono, scorrono e scompaiono, come le onde del mare. E noi possiamo osservarli, con distacco.

I risultati sono una questione di tempo, anche se non sono mai quelli che ci aspettiamo. È difficile valutarli sul momento, ma, a distanza di mesi o di anni, potrà guardarsi indietro e capirà ciò che ha guadagnato. 

La necessità della saggezza

Il processo del cancro è paradossale, ma molto comune. Alcune cellule, affamate di vita, si mettono a riprodursi e lottano contro tutti gli ostacoli per riuscirci.
Se alla fine prendono il sopravvento, invadono l’intero organismo e lo uccidono. Ma, uccidendo il corpo, uccidono se stesse.
Lo stesso avviene per certi parassiti che invadono le piante. Finiscono per uccidere la pianta attaccata e quindi se stessi.
Praticamente ogni organismo terrestre segue lo stesso andamento e, se non trova ostacoli, si moltiplica a dismisura finendo per autodistruggersi. Anche gli uomini anelano a riprodursi e a vivere sempre di più e, se ci riuscissero, soffocherebbero il pianeta e se stessi.
È chiaro che ci vuole equilibrio e bisogna sapere quando fermarsi. Purtroppo è impossibile trovare un essere vivente dotato di questo meccanismo di autocontenimento del desiderio di vita. Evidentemente la vita stessa è un cancro. Forse lo è anche l’universo. Forse lo è anche Dio, con la sua smisurata volontà di creazione, di espansione e di appropriazione.
L’arma dell’equilibrio, così difficile da forgiare, sembra andare contronatura. Bisogna imparare a riconoscere il proprio impulso affermativo e a lasciarlo andare – la cosa più difficile.
Ci vuole autocontrollo. E, per sviluppare l’autocontrollo, ci vogliono l’introspezione (la capacità di vedere il proprio delirio paranoide di grandezza) e la saggezza.
“Saggezza” sembra una parola antica, desueta, non più di moda. Chi è che insegna più ad essere saggi?

Eppure è la chiave di volta di un’intelligente sopravvivenza.

martedì 12 settembre 2017

Comprarsi il paradiso

Bergoglio è tornato dal suo viaggio in Sudamerica dove, come al solito, non ha rimediato nulla, se non un bozzo in fronte.
Il poveretto s’illude ancora che la sua parola conti qualcosa. Ma, tranne che in Italia, nessuno lo ascolta più.
Si sarà mai domandato come mai i popoli cattolici siano tra i più corrotti al mondo?
Il fatto è che il Dio cattolico, più che un esempio di rigore e di giustizia, è un modello di mercanteggiamento. Infatti, secondo i cattolici, basta avere qualche santo in paradiso e conoscere i giusti intermediari per ottenere favori e trattamenti privilegiati. Per questo i ricchi fanno tante donazioni alla Chiesa. Vogliono comprarsi il paradiso…

Purtroppo, fanno lo stesso anche nella vita di tutti i giorni.

Fragili rifugi

“Prendi rifugio in te stesso”, consiglia il Buddha, anche perché non c’è nient’altro in cui potersi riparare. Non ci si può certo rifugiare in un Dio o in un’anima che non sai nemmeno se esistono, che possono essere solo fantasie della tua mente, e nemmeno in qualche realtà terrena che sai essere impermanente e insostanziale.
Tutto vero. Ma anche il sé è impermanente e insostanziale; è soggetto al divenire, al cambiamento, e un giorno sparirà. È come cadere nel vuoto senza trovare qualcosa cui aggrapparsi.
È proprio questo il punto: non c’è niente di sicuro cui aggrapparsi. E non sai neppure dove stai precipitando.
Sei come un’onda del mare che si forma, s’ingrossa e poi inesorabilmente scompare.
Però, anche se scompare quella configurazione, l’acqua dell’onda non si annulla e, un giorno, potrà dare forma ad un’altra onda.
Non è questo il meccanismo del tutto? Le cose compaiono per poi scomparire e scompaiono per poi riapparire, chissà sotto quale forma. Cadi in un crogiolo da cui uscirà di nuovo qualcosa. Rispetto alle forme, questo crogiolo è il nulla; ma non è un nulla assoluto: è un nulla da cui nascono le cose.
A noi però interessa la sopravvivenza individuale, e tutti questi ragionamenti non ci consolano.
Si dice che l’uomo moderno sia nato quando ha scoperto, dove aver creduto negli Iddii e nei paradisi, che nasce per il nulla.
Però questo nulla va rivalutato. Non è qualcosa di disperante e di annientante. È piuttosto la liberazione da forme, cause e condizioni. Che volete di più?
Continuare ad essere, con tutti i limiti del caso?

Il nulla è bello: è questo di cui dobbiamo convincerci.

lunedì 11 settembre 2017

Lavorare sui dubbi

Credo che dobbiamo essere sinceri fino in fondo ed avere anche il dubbio sulla efficacia della nostra pratica. Il Grande Dubbio è l’inizio della ricerca. Secondo lo zen è come avere nello stomaco una palla di ferro rovente.
E’ chiaro che la nostra pratica è sempre insufficiente e piena di dubbi. Ma è proprio su questi dubbi che dobbiamo insistere; sono essi che alimentano la ricerca.
Dal passato ci vengono tanti insegnamenti e tante idee. Il nostro compito è metterli alla prova, sintetizzarli e andare avanti. La ricerca sulla meditazione non è affatto finita. Penso anzi che sia solo all’inizio. Ed è chiaro che spetta a noi proseguirla, integrandola con tutte le nuove conoscenze scientifiche.
Non dobbiamo essere dei semplici devoti, ma dei ricercatori che possono e devono trovare nuove strade. Per esempio, dalla fisica quantistica o dalla cosmologia ci vengono tante idee che spesso sono in sintonia con le antiche intuizioni della visione orientale.
Non dobbiamo scartare i nostri interrogativi, ma portarli avanti fino ad esaurire il nostro stesso pensare, tenendo sempre presente che la nostra mente è terribilmente condizionata.
Come rispondere a tante domande? Lavorando sulla mente stessa per evidenziarne i limiti, e operare proprio su quei limiti.
Il nostro procedimento non è diverso da quello degli scienziati: provare, sbagliare, riprovare… E non smettere mai di lavorare sui dubbi.
In fondo, il presente blog svolge proprio questa funzione.


Il lavoro della meditazione

Quando in meditazione parliamo di “pratica” o di “praticare”, diciamo implicitamente che la meditazione non è solo una questione intellettuale, ma che è anche qualcosa di concreto. La filosofia si può fare solo con la mente, la meditazione no.
Ecco perché è necessaria una pratica, ossia qualcosa da eseguire tutti i giorni, come un lavoro artigianale, con l’intero corpo-mente.
Può darsi che all’inizio non si sentano grandi cambiamenti e ci si chieda che cosa stiamo facendo e a che cosa serva. Ma è proprio il lavoro quotidiano che, a lungo andare, apporta cambiamenti. E un giorno ce ne accorgeremo.

Trovare quotidianamente uno spazio di calma, di silenzio e di riflessione è ricostruire e riconvertire il nostro stesso sé. A poco a poco.

domenica 10 settembre 2017

Superare l'inevitabilità del male

Entrare in questo mondo significa vivere in una dimensione di dualismi, di antagonismi, di discriminazioni, di contrapposizioni e quindi di lotte e di errori. Ogni ente è contrapposto agli altri e noi dobbiamo continuamente compiere scelte, sbagli e danni di ogni genere. Non possiamo farne a meno, non possiamo evitarli. Impariamo solo compiendo errori.
Finché non assaggiamo un frutto, non possiamo sapere se è buono o cattivo, se ci fa bene o ci fa male.
Non possiamo evitare di fare del male e di ricevere del male, se non altro perché dobbiamo mangiare (uccidendo animali e vegetali), riprodurci e muoverci. Dobbiamo proteggere noi stessi, dobbiamo costruire qualcosa, dobbiamo immedesimarci in un ego. E dall’ego vengono la discriminazione, la separazione, l’avidità, la rabbia, l’odio-amore.
Anche quando cerchiamo di far qualcosa di buono, non possiamo non creare danni a qualcuno. Dobbiamo essere attaccati a noi stessi, dobbiamo fare i nostri interessi, non possiamo fare a meno di desiderare, di scegliere e di respingere, di avere motivazioni egocentriche.
Anche quando lavoriamo per il benessere, per la famiglia, per i figli, per la comunità e per il progresso, non possiamo non fare del male, se non altro perché consumiamo le risorse naturali e contribuiamo alla distruzione e alla sovrappopolazione del mondo.
Anche quando ci dedichiamo a una religione che predica amore, compassione e carità, facciamo del male, se non altro perché discriminiamo e contrapponiamo. La verità umana è una spada che taglia. Diceva bene Gesù: non sono venuto a portare la pace, ma una spada.
Anche quando combattiamo contro la corruzione e la criminalità, facciamo del male, se non altro perché creiamo organi repressivi, pene, carceri, condanne e lotte senza fine.
C’è un unico modo di uscire da questo meccanismo. Sederci e meditare, escludendo il più possibile pensieri, sentimenti e discriminazioni. Quando sediamo in meditazione non creiamo discriminazioni, non dividiamo, non abbiamo secondi fini, usciamo dal ristretto cerchio dell’ego.

Non abbiamo neppure una motivazione individuale, dato che ci uniamo a tutte le cose. Ci limitiamo ad essere attenti, ad essere presenti, nel silenzio dei pensieri e della volontà egocentrica. Ci poniamo nel punto prima di ogni separazione,prima dell’amore-odio, prima della scelta.

sabato 9 settembre 2017

Meditare con tutto

Molti uomini preferiscono pregare un Dio che uscire dall’illusione, ritrovare il proprio sé e chiarificare la propria visione.
Esteriorizzano tutto. Sono sempre al di fuori di sé.
Ma non c’è bisogno di padroni, di templi, di chiese o di sale da meditazione. Tutto ciò che è necessario l’abbiamo dentro di noi.
Quando sediamo in meditazione lasciando andare l’individualità, l’egocentrismo, siamo un tutt’uno con ogni cosa. Pur essendo piccoli e limitati, quando pratichiamo senza ego, velleità e pensieri, siamo parte della Realtà universale.

Non siamo noi che meditiamo. È il mondo che medita in noi e con noi, al di là del dualismo soggetto-oggetto e bene-male, al di là delle categorie della mente limitata.

Aver fede

Aver fede in un Dio buono non è una scelta, ma un bisogno e dunque un condizionamento psicologico. Significa aver bisogno di un punto di riferimento, di un capo, di un protettore, di un padrone, di un’Autorità, di un Signore appunto. E chiudere gli occhi di fronte alle sue violenze e ingiustizie.
Spesso anche nelle nostre società è così. Pur di avere un’autorità, qualcuno che comandi e imponga un ordine, si passa sopra sulla sua ferocia.

Ecco perché gli uomini di fede preferiscono spesso regimi autoritari. Leggete le lettere di san Paolo e vi accorgerete di quanto ami l’autorità e l’autoritarismo. 

La violenza della natura

Coloro che credono in un Dio tutto amore e bontà non riescono a spiegare la violenza della natura. Non passa giorno che non ci siano terremoti, uragani, alluvioni, siccità, ondate di calore e ondate di freddo. E tra le violenze della natura vanno annoverate le tante malattie che colpiscono gli esseri umani, spesso i bambini.
La natura è selvaggia. L’universo è spietato. E l’evoluzione non si preoccupa dei deboli. Dunque…
È vero che la natura non è Dio, ma è, per i credenti, è l’espressione prima della creazione. Da dove nasce allora questa immagine stucchevole e falsa di Dio?
Nasce dal bisogno di avere un Protettore in cielo. E quelli che non l’hanno avuto? E perché non l’hanno avuto?

L’universo non nasce gentile, amorevole e giusto. Si vede bene che si è fatto da solo, con tutte le manchevolezze del caso.

venerdì 8 settembre 2017

Oltre l'umano

È umano essere motivati a meditare da qualche interesse personale, da qualche mira ingenua: ottenere qualche potere, guarire malattie e disturbi, cercare benessere, cercare notorietà, cercare il divino, cercare di diventare degli illuminati, ecc.
Ma l’atteggiamento giusto è il distacco, è il disinteresse egoico. Oltre l’umano.
Se ci pensiamo, meditare senza interessi personali è già trascendenza – trascendenza del mondo egocentrico. Perfino la ricerca della felicità appare una motivazione insufficiente. Ma non ha importanza. Un giorno, lo capiremo.
Se tu mediti senza spirito di profitto, sei già nella mente universale.

La pratica e il risveglio coincidono.

L'equilibrio meditativo

Non ci facciamo influenzare continuamente dai nostri stati d’animo, talvolta personali talvolta generali. Se si crea una situazione di agitazione, in famiglia, nella società o nel mondo, non ce ne facciamo coinvolgere. Ma lo stesso se si crea una situazione d’euforia, individuale o collettiva. Non ce ne facciamo condizionare.
Conserviamo una visione unitaria delle cose. Osserviamo i moti sociali e quelli personali come onde del mare che arrivano, s’ingrossano, s’infrangono e poi scompaiono.
Non è facile. Ma è il fondamento della meditazione. Resistiamo alla tentazione di farci coinvolgere. Non siamo né api né formiche: siamo in grado di giudicare da soli. La realtà e i sentimenti sono due cose diverse. Non ci facciamo condizionare dalle emozioni, manteniamo il distacco.
L’atteggiamento di chi medita è l’equanimità, che serve a ritrovare l’equilibrio dopo ogni sbandata. Qualunque cosa succeda, raccogliamoci in silenzio per ritrovare il nostro centro.
Forse la nostra meditazione sarà breve, forse ci sembrerà che sia una piccola cosa, forse ci sembrerà fallita. Ma la continuità e la determinazione hanno un enorme potere.

Senza che ce ne rendiamo conto, la meditazione lavora dentro di noi e, un bel giorno, ci troveremo cambiati, migliorati.

giovedì 7 settembre 2017

La fortuna di essere uomini

Qualche volta ci sentiamo sfortunati perché siamo nati in un luogo e in una forma così limitati nello spazio e nel tempo. Ma, se fossimo nati come animali o insetti, saremmo ancora più limitati. E se fossimo nati come dei, non avremmo nessuno stimolo a progredire.

Siamo in realtà in una specie di terra di mezzo, il posto giusto per non essere né stupidi come degli animali né incoscienti come gli dei. Abbiamo quel tanto di sofferenza per essere spinti ad andare avanti e ad evolverci. Dunque, una condizione fortunata.

La fede di Zichichi

La Rete è infestata da conferenze del fisico novantenne Zichichi che, circondato da preti e vescovi, vuole convincerci non solo che Dio esiste, ma che è proprio quello della religione cattolica. Il poveretto è molto confuso. Prima afferma che la logica non può dimostrare l’esistenza di Dio, ma poi vuole convincerci con la logica che Dio esiste e che è il Dio di cui parla la Chiesa.
Se la logica non può dimostrare l’esistenza o l’inesistenza di Dio, sarebbe meglio starsene in silenzio. Perché, come diceva Wittgenstein, ciò di cui non si può parlare è meglio tacere (una posizione che piacerebbe tanto allo zen). Ma questo non entra in testa al caotico Zichichi che continua a sproloquiare del Dio cattolico.
Dopo aver affermato che trascendenza e immanenza sono del tutto separati (come se non fossero concetti della stessa mente), lui, un uomo molto immanente, vuole parlare del suo Dio.
Arriva perfino a dire che la scienza ha avuto origine in ambito cattolico, dimenticandosi, forse per la vecchiaia, che la Chiesa condannò Galilei e lo costrinse ad abiurare.
Zichichi ce l’ha con gli atei, perché non gli è chiaro il concetto che ateismo e fede sono due posizioni fideistiche equivalenti.
Fideisti e atei parlano senza avere nessuna esperienza, per una posizione preconcetta che non può essere né dimostrata né negata.
Ora l’unico modo per avere qualche esperienza della trascendenza è starsene in riverente silenzio, senza formulare dogmi o esprimere posizioni più o meno irrazionali.
Perché credere nel Dio cattolico non significa credere semplicemente nell’Assoluto, ma in un Dio molto strano. Che è uno ma trino, che manda suo Figlio a essere crocifisso sulla Terra, che lo fa concepire da madre vergine (antico mito pagano). E poi questo Figlio muore ma risorge, fonda una Chiesa e così via.

Tutto questo non è logica. È mitologia.

L'io e l'Uno

Non possiamo certo negare che ognuno di noi sia un individuo separato, ma non possiamo neppure negare che esistiamo perché esistono gli altri.
Siamo come le dita di una mano: la mano esiste perché esistono le dita, però un dito tagliato non serve a niente, non può fare nulla.
C’è un momento o un luogo, prima della separazione, in cui siamo tutti uniti. In meditazione dobbiamo risalire in quel momento o in quel luogo, la dove si incontrano il sé egoico e il sé universale.

Siamo e non siamo nello stesso tempo individui separati e un tutt’uno. Questo è al di là della nostra logica, che deve separare e contrapporre.

Meditare non è pregare

Nelle religioni teiste, la presunta comunicazione con Dio avviene per mezzo della preghiera. Da una parte c’è chi prega e dall’altra ci dovrebbe essere un Essere che viene pregato. Se rinunciamo alle parole e alle richieste, se si sta semplicemente in silenzio “davanti a Dio” (Salmi 37, 7), potremmo pensare che sia una forma di meditazione. Ma non è così.
La meditazione non è una forma di preghiera, perché non c’è nessuno che deve essere pregato e, a ben vedere, non c’è nessuno che prega – sia il soggetto sia l’oggetto sono illusioni, proiezioni o allucinazioni.
Ciò che si fa in meditazione è attivare le proprie energie senza l’uso di parole e possibilmente senza l’uso di pensieri.
Restiamo in silenzio, “in comunicazione” con la nostra più profonda energia.
Siamo noi stessi l’infinito in una forma finita e provvisoria. Il nostro non è un atteggiamento da supplici, ma di chi padrone di sé… anche se tutto ci crolla intorno e dentro.

Siamo in una posizione eroica, veramente divina.

mercoledì 6 settembre 2017

Il ciclo cosmico

Avrete ormai notato le bizzarrie del tempo atmosferico: si passa in poche ore dal caldo al freddo o dal freddo al caldo, dalla siccità all’alluvione, con escursioni anche di 10-15 gradi.
Se il clima è così squilibrato, come volete che non lo sia l’uomo? Il clima influisce sull’uomo e l’uomo influisce sul clima. Entrambi squilibrati.
Quindi la natura è pazza. E anche l’uomo. E, se c’è un creatore di tutto questo, pure lui.
Stando così le cose, l’uomo può e deve fare un’unica cosa: anziché seguire la follia generale, sviluppare equilibrio, calma, consapevolezza e saggezza. Solo così può interrompere il circolo vizioso della vita e della morte.

L’uomo-dio ha questo compito. Se fallisce lui, il mondo crollerà.

La civiltà umana

È stata inventata una cura per certi tipi di cancro che costa 500.000 mila dollari, di conseguenza, solo i ricchi potranno curarsi. Del resto, questa è la mentalità che viene dagli Usa: ai ricchi tutto, ai poveri niente, nemmeno la vita.
       Quanto sono potenti questi ricchi, i nuovi feudatari! Possono conquistarsi tutto, anche la sopravvivenza. Solo una cosa non hanno conquistato: se stessi.
Ecco perché vediamo certi potenti, come il Presidente della Corea del Nord o il Presidente degli Stati Uniti, che si comportano come bambini viziati e capricciosi che hanno inventato un nuovo gioco: la guerra nucleare. Sono capaci di distruggere il mondo, ma sono incapaci di autocontrollo e di un minimo di saggezza.
Questo succede perché nella testa degli esseri umani che scelgono i loro leader è entrato il valore della potenza e della ricchezza, ma non è ancora entrato il valore dell’equilibrio e della saggezza.

Eleggono i loro leader in base alla ricchezza e alla potenza che dimostrano, non in base alla loro capacità di autocontrollo. E i risultati sono questi.

martedì 5 settembre 2017

Tradizione e innovazione

Un uomo d’oggi, quando scopre o riscopre la religione, si mette a studiare la tradizione e tutto ciò che è stato detto in passato, e si adegua a determinate regole che trova già prescritte. In sostanza, crede che, ripetendo i comportamenti del passato e aderendo a certe credenze, potrà recuperare un po’ di spiritualità. Però, siccome lo spirito è come il vento e soffia dove vuole e come vuole, così facendo diventerà un fedele, un seguace, un imitatore, ma non troverà più niente di autentico e di nuovo.
Ora, noi non abbiamo bisogno di conformisti (ne abbiamo già troppi). Ma di persone che sappiamo trovare qualcosa di nuovo, che sappiano pensare con la propria testa. Rifugiarsi nella tradizione è spesso una fuga.

Se ognuno riscoprisse la propria spiritualità, già questa sarebbe una rivoluzione. Ma, per farlo, occorre sviluppare la consapevolezza contemplativa.

La mistica della scienza

“Un essere umano è una parte del tutto che noi chiamiamo ‘Universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Esso sperimenta se stesso, i suoi pensieri e i suoi sentimenti come qualcosa di separato dal resto, una specie di illusione ottica della sua coscienza. Questa illusione è come una prigione per noi, una prigione che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per poche persone, le più vicine a noi. Il nostro compito deve essere liberarci da questa prigione allargando la nostra cerchia di partecipazione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta quanta la natura nella sua bellezza. Nessuno è capace di farlo completamente, ma lo sforzo per una tale conquista è in se stesso una parte della liberazione e un fondamento per l’interiore sicurezza.”
Questo brano non è di un mistico, ma di un grande scienziato, Albert Einstein, il quale, pur essendo ebreo di nascita, espresse molta ammirazione per una sola religione, il buddhsimo, tanto da considerarla la religione del futuro.
In effetti, Osho diceva che sulla Terra è necessario un nuovo essere umano che sia nello stesso tempo scienziato e mistico. Ed Einstein espresse una visione del mondo che era molto vicina ad una mistica universale di tipo orientale.
Da dove gli venivano queste idee? Ovviamente dalla sua attenta osservazione delle leggi di natura, dalla riflessione scientifica e da quella sorta di meditazione che nasce quando si studia l’Universo nel suo complesso.
Così facendo, si nota subito l’interdipendenza di tutti gli esseri e, nello stesso tempo, la pervicace illusione degli uomini di essere qualcosa di separato – un’illusione che, sopravvalutando l’ego, è all’origine di tutti i guai dell’umanità.
Oggi non sono più i religiosi ad esprimere visioni così aperte e mistiche, ma gli scienziati che, oltre ai loro studi, si dedicano alla contemplazione delle leggi di natura.
Studiare le nuove scoperte e teorie scientifiche è più utile che leggersi la Bibbia o il Corano.

Se un uomo non è comunque accecate da dogmi religiosi, osservando e meditando la realtà, non potrà che giungere a conclusioni analoghe.

lunedì 4 settembre 2017

L'attaccamento alla vita

La più forte negazione dell’esistenza di un aldilà spirituale ed energetico, di un’altra dimensione, è certamente l’attaccamento alla vita. Se ci credessimo veramente, perché tutto questo accanimento a vivere un’ora o un giorno in più? Lasceremmo tutti felici questo mondo.
Ma non è così. Nessuna è mai felice quando si approssima la morte. Tutti sono tristi e piangono.
Il nostro credo più radicato, anche degli individui religiosi, anche dei preti o dei Papi, è che “si vive una sola volta”.
Dobbiamo andare in Oriente, presso certi yogin indiani o certi maestri tibetani o taoisti per trovare qualcuno che muore con distacco, quasi con gioia. Il fatto è che loro hanno avuto un’esperienza spirituale sul fatto che la vita continua.

Noi, per bene che vada, abbiamo solo nebulose e incerte “fedi”. Non abbiamo infatti mai sviluppato l’esperienza delle realtà spirituali.

La concezione tantrica

La visione tantrica dei processi meditativi è certamente la più adatta alla nostra epoca. Non ci si può più oggi basare sulla repressione del corpo e su tutti gli armamentari del vecchio ascetismo.
Noi oggi abbiamo una concezione energetica dell’uomo, dei processi fisici, della mente e della realtà, e sappiamo che dobbiamo trasformare l’energia sessuale e le emozioni in energia spirituale. Non spegnere, ma utilizzare.
Dobbiamo ampliare la nostra pallida visione materialistica in una nuova e luminosa visione spirituale.

Il nostro problema non è che abbiamo i sensi e la mente accesi, ma che li abbiamo troppo limitati, ottusi e chiusi. Come diceva William Blake, "se le porte della percezione fossero aperte, tutto apparirebbe così come'è: infinito."

domenica 3 settembre 2017

Oltre il due

Dalla radice sanscrita dev derivano parole come due, divisione, Dio e Demonio.
La nostra mente è dualistica nel senso che non concepisce un estremo senza il suo contrario. Per esempio il bene non può esistere senza il male, l’alto senza il basso, il bello senza il brutto, l’inizio senza la fine, il giusto senza l’ingiusto, Dio senza il Diavolo e così via.
Noi li crediamo contrapposti, ma poiché l’uno non può esistere senza l’altro, sono in realtà complementari.
Fra le tante coppie di opposti c’è quella di soggetto-oggetto. Il soggetto non può esistere senza l’oggetto e viceversa. Basterebbe questa semplice constatazione per capire l’unità del tutto, l’interdipendenza di tutte le cose.
Il soggetto non potrebbe esistere senza gli oggetti, ma anche gli oggetti senza i soggetti.
Non si tratta solo di concetti, in quanto il mondo è già una reificazione della mente. Il mondo ha dato origine alla mente-coscienza-cervello, e la mente ha dato origine al mondo.
Gli estremi contrapposti, però, sono anche i limiti della mente. Il che significa che se non usciamo dal dualismo, non possiamo comprendere la realtà.
Cambiare la mente è cambiare il mondo, concretamente. Il mondo è stato cambiato dalle scoperte umane. E oggi non è più lo stesso di (diciamo) quello di centomila anni fa.

Scoprire non è dunque un semplice rivelare qualcosa che preesisteva, ma crearlo.
Potenza della mente.

sabato 2 settembre 2017

Le colpe degli altri

Papa Bergoglio è molto abile a fare a scaricabarile e ad accusare il capitalismo, l’Europa e l’America per la spietata politica di sfruttamento dei paesi del Terzo Mondo, africani, asiatici e sudamericani. Tutto vero su tale sfruttamento (che ora ci si ritorce contro), ma Bergoglio si dimentica che il cristianesimo è stato la spina dorsale dell’etica capitalistica. Se non ci credete, provate a rileggere per esempio L’etica protestante e lo spirito del capitalismo di Max Weber.
Ma lo spirito del capitalismo non è legato solo al protestantesimo. L’invito ad accumulare beni e meriti non materiali è già presente nei Vangeli, dove Dio è paragonato ad un padrone, ad un amministratore che chiede il rendiconto e addirittura ad un banchiere. La mentalità è sempre quella ebraica, dove bisogna comunque accumulare qualcosa e poi investirlo bene per avere buoni profitti nell’aldilà, presso il Dio banchiere.
Quindi non ha senso che la Chiesa si metta al di fuori di questo sistema. Dobbiamo forse ricordare la sua lotta contro il comunismo e la sua connivenza con i fascismi? E dobbiamo dimenticare che il sistema bancario, con i suoi assegni, le sue cambiali e il calcolo dei profitti e delle perdite nacque proprio in Italia con i banchieri fiorentini?
Inoltre non ha senso invitare ogni giorno all’accoglienza di migranti quando il problema di fondo all’attuale crisi umanitaria è la sovrappopolazione del Terzo Mondo, dove la Chiesa ha fatto i roghi dei preservativi e ha condannato i metodi contraccettivi moderni?
Le colpe della Chiesa sono chiare, la connivenza con il capitalismo è evidente, ed è troppo comodo accusare tutti tranne se stessa. Almeno Woityla aveva ricordato le colpe della Chiesa nei genocidi (in Africa, in America, in Australia e in Asia) avvenuti sempre portando vessilli e valori cristiani.

Sembra che questo Papa, di provenienza sudamericana, voglia distruggere l’Europa di cui non condivide i valori.

La perfetta presenza

Resta nello stato al di là dei pensieri, di speranza e paura, di accettazione e rifiuto, insomma al di là del dualismo, con una potente attenzione senza sforzi. O, per lo meno, con pensieri in completa armonia con quello stato.

Cosa che non succede quasi mai, perché di solito, mentre i nostri pensieri vanno da una parte,  la presenza, le emozioni e il corpo vanno da un’altra.

venerdì 1 settembre 2017

La religione estatica

Pensiamo a quanta gioia abbiamo perso quando abbiamo sostituito alle religioni pagane, bacchiche o orfiche - con il loro senso del presente, dell’estasi, del piacere di vivere - la religione della “passione di Cristo”, con tutta la sua carica depressiva, costrittiva, repressiva, piagnona, odiatrice della vita.

Prima si sentiva il divino nei momenti di gioia, di festa, di danza, di sesso, di amore. Poi è subentrato il Dio del peccato, dell’espiazione, della vita rimandata all’aldilà.

Volere ciò che si desidera

In inglese esiste un’espressione “wishful thinking” che ci dimostra come noi crediamo a ciò che desideriamo, fino al punto di ritenerlo reale. Per esempio, se abbiamo bisogno di piogge, ecco che arrivano puntualmente previsioni meteorologiche che ci assicurano che presto pioverà. Anche se spesso sono una delusione.
Si tratta di un meccanismo psicologico che ha una grande applicazione in campo religioso. Se desideriamo un Dio che ci assicuri pace, giustizia e sopravvivenza, ecco che ci mettiamo a farne statue e a credere che esista davvero. Non a caso, in tempi di siccità, si fanno processioni invocando la pioggia alla Madonna o a qualche altro santo. In certe popolazioni si fanno le “danze della pioggia”. Qui il desiderio si sforza di influenzare la realtà attraverso l’intervento della divinità.
Le nostre fedi sono l’espressione di simili credenze indotte dai desideri. Vorremmo che fosse vero ciò che bramiamo di più.
Purtroppo la realtà è spietata: ha una sua resistenza che si oppone ad ogni nostro tentativo di rendere vero ciò che desideriamo.
Per noi uomini, esseri desideranti, è difficile pensare in modo obiettivo, al di là dei nostri interessi, delle nostre convenienze. Vorremmo che le cose andassero così come le preferiamo.

Con la meditazione diventiamo consapevoli di questi processi e cerchiamo di uscire dal gioco ristretto delle speranze e delle paure. In tal senso, ci distacchiamo e ci universalizziamo.