martedì 12 settembre 2017

Fragili rifugi

“Prendi rifugio in te stesso”, consiglia il Buddha, anche perché non c’è nient’altro in cui potersi riparare. Non ci si può certo rifugiare in un Dio o in un’anima che non sai nemmeno se esistono, che possono essere solo fantasie della tua mente, e nemmeno in qualche realtà terrena che sai essere impermanente e insostanziale.
Tutto vero. Ma anche il sé è impermanente e insostanziale; è soggetto al divenire, al cambiamento, e un giorno sparirà. È come cadere nel vuoto senza trovare qualcosa cui aggrapparsi.
È proprio questo il punto: non c’è niente di sicuro cui aggrapparsi. E non sai neppure dove stai precipitando.
Sei come un’onda del mare che si forma, s’ingrossa e poi inesorabilmente scompare.
Però, anche se scompare quella configurazione, l’acqua dell’onda non si annulla e, un giorno, potrà dare forma ad un’altra onda.
Non è questo il meccanismo del tutto? Le cose compaiono per poi scomparire e scompaiono per poi riapparire, chissà sotto quale forma. Cadi in un crogiolo da cui uscirà di nuovo qualcosa. Rispetto alle forme, questo crogiolo è il nulla; ma non è un nulla assoluto: è un nulla da cui nascono le cose.
A noi però interessa la sopravvivenza individuale, e tutti questi ragionamenti non ci consolano.
Si dice che l’uomo moderno sia nato quando ha scoperto, dove aver creduto negli Iddii e nei paradisi, che nasce per il nulla.
Però questo nulla va rivalutato. Non è qualcosa di disperante e di annientante. È piuttosto la liberazione da forme, cause e condizioni. Che volete di più?
Continuare ad essere, con tutti i limiti del caso?

Il nulla è bello: è questo di cui dobbiamo convincerci.

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