lunedì 17 aprile 2023

Conoscere noi stessi

 

In realtà noi conosciamo noi stessi così come conosciamo (male) gli altri: siamo oggetti anche per noi stessi e quindi non ci conosciamo mai per quel che siamo, come soggetti. Il risultato è che ciò che conosciamo di noi stessi è un’interpretazione mediata dalla mente condizionata, non la verità.

Per sapere chi siamo mettiamo in azione una mente dualistica basata su concetti e contrapposizioni. Ci osserviamo così come osserviamo gli altri. Perciò siamo “altri” anche per noi stessi: e questo è l’inizio della nostra alienazione.

Quello che ci sfugge è la percezione diretta. In altre parole, dovremmo essere noi stessi, non pensarci.

Ne consegue che ciò che conosciamo è già condizionato, falso, illusorio. E mutevole, nel corso della vita.

Quella che conosciamo di noi stessi è un’immagine, un concetto, esattamente come per gli altri.

Siamo dei riflessi di qualcosa che non cogliamo, delle ombre di una sostanza che ignoriamo.

Il problema allora non è di osservarci con distacco (perché facendo così ci dividiamo in due, soggetto e oggetto), ma di riconoscere la nostra trascendenza.

Ciò che siamo non è quel che conosciamo, ma colui che conosce.

Colui che conosce non può essere conosciuto mentalmente, perché trascende la mente, è sempre prima. Qui c’è il nostro “io” trascendente.

Si tratta dunque non tanto di conoscere, quanto di capire. Una volta capito (da cum-capio), lo percepiremo o intuiremo.

Altrimenti, rimarremo sempre immagini mentali che cercano un potente cui affidarsi, restandone schiavi.

Nessun commento:

Posta un commento