domenica 9 aprile 2017

La sintesi meditativa

Per comprendere i nostri processi mentali, noi siamo abituati a distinguere, a separare e a contrapporre l’osservatore all’osservato. E questo va bene per una comune analisi psicologica. Ma, quando poi vorremmo identificare l’osservatore, il sé, la consapevolezza, il testimone ultimo… non possiamo farlo perché in realtà ci siamo divisi in due.
Per la meditazione, questo tipo di analisi non va bene: ci vuole l’identificazione.
Non dobbiamo osservare l’osservatore – dobbiamo esserlo.
L’osservatore e l’esperienza non devono essere divisi. Ci deve essere un’esperienza di identificazione. È il contrario di un’analisi psicologica; è la reintegrazione di soggetto e ed oggetto, di osservatore e osservato.
Il conoscere comune è una forma di distinzione; il meditare è una forma di immedesimazione, senza più fratture. È un po’ come il fare l’amore. Ci si unisce. Si colma la distinzione.

Non a caso, nella parola samadhi c’è proprio l’idea di una sintesi.

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