Povero Kant, credeva ancora alla coscienza “come norma
suprema dell’agire morale”, senza tener conto che anche Putin o Netanyau si
appellano alla loro coscienza. Non credo che siano grandi ipocriti; anche loro
credono a quel che pensano e fanno.
Chi può veramente dire di essere “libero di scegliere”
o, come sostiene l’enciclica Gaudium et Spes, di trovare dentro di sé “il
nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo”, addirittura “la voce di Dio”?
Tutti sono convinti di giudicare in coscienza. Ma quale coscienza?
Anche Trump è convinto di essere stato prescelto da
Dio.
Fin nei più intimi recessi, la nostra coscienza è
condizionata. Siamo tutti figli del nostro tempo, del nostro carattere, delle
nostre pulsioni e della nostra storia.
È vero: c’è il piacere del male. Ma chi prova questo
piacere almeno è cosciente di una norma morale che sta infrangendo – e da lì
nasce il suo godimento.
Ma c’è il più banale di tutti: quello che è convinto
di fare il bene, senza dubbi. La banalità del male.
Del resto, la natura che insegnamenti ci dà? Che il pesce grande mangia il pesce piccolo, che per nutrirsi si deve uccidere, che il mondo è del più insensibile. Questa è la morale di Dio.
La verità è che ci vorrebbe una ricerca continua, uno
sforzo costate di scavo, una consapevolezza
instancabile – troppo faticoso, un compito quasi disumano e alla fine
paralizzante. Gli uomini devono vivere, non hanno tempo di coltivare se stessi,
di essere troppo auto-critici.
E allora sono marionette, in mano di chissà chi…
Nessun commento:
Posta un commento