Il fatto che le forze fondamentali della natura (tutte,
dalle forze fisiche alle forze mentali) vadano a due a due in senso diadico,
pone dei problemi al soggetto che le ricerca, il quale è già in una diade con l’oggetto
e perfino con se stesso. E districare il nodo non è facile.
Se io prendo una pietra e la studio (composizione,
forma, provenienza…) come fosse un semplice oggetto staccato da me, non tengo
conto che ci troviamo già in un certo rapporto; altrimenti non ci saremmo né io
come soggetto né la pietra come oggetto. La distinzione è stata fatta già a
monte, e dunque quello che conosco è un risultato falsato: non può essere
completamente oggettivo, ma è già un soggetto-oggetto.
Il problema si è posto nella fisica quantistica dove
ci si è accorti che l’atto di misurazione (delle particelle) influiva sulla
misurazione stessa.
Questo, però, ci dà un vantaggio. Che esiste già un’interazione.
Se non ci fosse questa interazione, l’oggetto non
esisterebbe, non emergerebbe. Resterebbe nella nuvola delle potenzialità. D’altra
parte, è vero anche il contrario: che, se quell’oggetto e tutti gli oggetti non
esistessero, il soggetto non esisterebbe. I due poli sono collegati. L’uno
giustifica l’altro, in un cerchio continuo. O esistono tutt’e due o non esiste
nessuno.
Forse ha ragione la filosofia buddhista che sostiene che i due estremi della diade sono virtuali e che ciò esiste è sempre una relazione.
Ma se per le particelle si possono fare esperimenti
concreti, per gli oggetti macroscopici è diverso. Premesso che il processo non
è reversibile, in fisica quantistica, il concetto di "collasso della
funzione d ‘onda" descrive il processo attraverso il quale una particella,
che si trova in uno stato di sovrapposizione di possibilità (una "nuvola
di probabilità"), assume uno stato definito a seguito di una misura.
Questo collasso è intrinsecamente non reversibile in base alla comprensione
attuale della meccanica quantistica.
Tuttavia, in alcune interpretazioni della meccanica
quantistica, come l'interpretazione a molti mondi, il collasso non avviene nel
senso tradizionale. In tale interpretazione, quando una misura viene
effettuata, il mondo si "dirama" in diversi mondi paralleli, in
ciascuno dei quali si verifica un esito diverso. In questo framework, si
potrebbe dire che non c'è un vero e proprio "ritorno" indietro,
poiché ogni esito vive in un proprio mondo.
L'interpretazione a molti mondi (Many-Worlds
Interpretation, MWI) è una delle interpretazioni della meccanica quantistica
che propone una spiegazione alternativa al collasso della funzione d'onda. Questa
interpretazione fu introdotta da Hugh Everett III nel 1957 ed è in contrasto
con le interpretazioni più tradizionali, come quella di Copenhagen.
In luogo del collasso della funzione d'onda che
avviene durante una misura, l'MWI afferma che tutte le possibilità descritte
dalla funzione d'onda "coesistono". Quando una misurazione viene
effettuata, l'universo si "dirama" in diversi rami, ognuno dei quali
corrisponde a un possibile risultato della misurazione. Ogni ramo rappresenta
un "mondo" nel quale è realizzato uno degli esiti possibili.
A differenza dell'interpretazione di Copenhagen, che
introduce il concetto di collasso della funzione d'onda al momento della
misura, l'MWI afferma che non esiste un collasso. L' evoluzione dello stato
quantistico rimane un processo deterministico e continua nel tempo secondo
l'equazione di Schrödinger.
Secondo l'MWI, ogni volta che c'è una scelta
quantistica o una misura, si creano nuovi universi. In ogni universo, una
diversa possibilità si realizza. Questo porta all'idea che ci siano infiniti
universi paralleli, ognuno con una storia differente.
L'interpretazione a molti mondi solleva diverse
questioni filosofiche riguardanti la realtà, la percezione e il libero
arbitrio. La nozione che esistano infiniti universi che coesistono complica la
nostra comprensione dell'esperienza umana e del significato della vita.
In sintesi, l'interpretazione a molti mondi della
meccanica quantistica offre una visione radicalmente diversa della realtà
quantistica, eliminando la necessità di un collasso e suggerendo che ogni
possibile esito di una misura si realizzi in un universo o un ramo separato.
Forse, in ogni istante, quando prendiamo una decisione, imbocchiamo un ramo diverso, come in un sentiero che si biforchi continuamente. Chissà cosa sarebbe successo se, quella volta, avessimo imboccato una diversa diramazione... Ma il mondo in cui viviamo non è meno terribile.
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