Anima
Anche
se siamo appesi a fili e controfili che ci tengono in un equilibrio
precario, anche se siamo fatti di una sostanza inafferrabile, anche se non
possiamo stare fermi e fermare il divenire, anche se ci troviamo in uno stato
di continua metamorfosi, anche se siamo pacchetti di nulla, anche se siamo solo
sogni - per un po' esistiamo! Non solo: i vari "pacchetti" assumono
forme diverse.
Non è
tutto uguale. Ed , evidentemente, ci sono leggi che regolano l'
"impacchettamento". Nasce così la scienza. Che non ci dice nulla di
che cosa è la "sostanza" di cui siamo composti, ma riesce a trovare o
a costruire delle leggi di funzionamento.
Insomma,
anche il nulla si organizza, si dà delle regole. Non è caos. Si dà una parvenza
di ordine. Altrimenti, non esisterebbe.
Il
problema è che la scienza si illude di trovare leggi oggettive, non tenendo
conto che chi cerca è un soggetto - e quindi queste leggi "scoperte"
da un soggetto non possono essere del tutto oggettive. Se ne è accorta la
fisica quantistica che ha scoperto che l' operazione di misurazione fa
collassare qualcosa che "prima" era indefinito e indeterminato. La
realtà (in questo caso di particelle) si oggettiva solo con l' intervento di
una controparte. E se fosse così anche per tutta la realtà?
Se
fosse la contrapposizione tra il cosiddetto oggetto e il cosiddetto soggetto a
dare realtà a una potenzialità che altrimenti resterebbe indeterminata?
Ripeto. Anche se siamo
“pacchetti di nulla”, di una sostanza non-sostanza, di aria fritta, di energia
(che non si sa cos’è), di spirito (che non si sa cos’è), ci troviamo esistenti,
pur provvisoriamente, pur in continua trasformazione, e questo vuol dire che
qualcosa si è formato in qualche modo, seguendo certe regole. Qualcosa esiste.
Il verbo
"esistere" deriva dal latino "existere", che a sua volta si
compone di due parti: il prefisso "ex-", che significa
"fuori" o "da", e "sistere", che significa
"stare" o "fermarsi". Pertanto, "existere" può
essere interpretato come "stare fuori", "apparire", “emergere”,
connotando l'idea di essere o avere una presenza nel mondo.
In sintesi,
l'etimologia di "esistere" ci parla dell'azione di essere presente o
di avere un'esistenza riconoscibile.
Per un po’ esistiamo,
siamo fuori dal nulla. E teniamo duro.
La scienza studia
appunto le modalità in cui si sono formati questi pacchetti di energia che,
nonostante la loro fragilità, riescono a reggere. È un’architettura fatta di
vuoto, tenuta in equilibrio da spinte e controspinte, come un ponte sospeso che
minaccia di crollare ogni momento, ma intanto resiste. Un prodigio di
equilibrio.
Il punto è questo: l’equilibrio.
L’universo non è una struttura compatta, ma una struttura leggera, come quella
di una ragnatela che resiste al vento proprio perché è costituita di tanti
vuoti. Perché è certo che, in caso di tempesta, regge di più un pino contorto
che un pino diritto, un fragile giunco che un possente tronco. Il giunto è
flessibile, capace di piegarsi. Il tronco si spezza.
Tutto questo lo
abbiamo capito osservando come funziona la natura. Se ci sentiamo esistenti,
riconoscibili e presenti, vuol dire che esistiamo davvero, almeno per un po’,
un’ora o cento anni. È come vivere in un sogno sapendo che stiamo sognando.
Anche la coscienza rientra nel sogno.
Ma vuol dire anche un’altra
cosa: che quando ci svegliamo, ci rendiamo conto che quella era stata una
coscienza di sogno. Esistono per lo meno due coscienze o due livelli di
coscienza. Ma chi ci dice che non esista un terzo o un quarto livello?
Nelle Upanishad, il
quarto stato di coscienza è noto come "Turiya". Le Upanishad sono
testi filosofici e spirituali dell’Induismo che trattano delle questioni ultime
riguardanti la realtà, l’anima (Atman) e il Brahman (l'assoluto, l'unità
suprema).
I quattro stati di
coscienza descritti nelle Upanishad sono:
1. **Jagrat**: lo stato di veglia, in cui l'individuo è consapevole del mondo esterno e vive la
vita quotidiana.
2. **Svapna**: lo stato di sogno, in cui si sperimentano sogni e visioni, ma non c'è una realtà
tangibile come nello stato di veglia.
3. **Sushupti**: lo stato di sonno profondo, in cui non ci sono sogni e il soggetto è inconsapevole
di tutto, ma comunque esiste una forma di coscienza latente.
4. **Turiya**: Il
quarto stato, che è considerato uno stato di coscienza al di là dei tre
precedenti. Turiya è descritto come un stato di pura coscienza, pura esistenza
e unità con il Brahman. Non è identificabile con l'esperienza ordinaria e
rappresenta la realizzazione dell'unità suprema.
In definitiva, Turiya
è visto come lo stato di coscienza più alto, che trascende tutte le dualità e
rappresenta la vera natura dell'essere. Questo stato è di particolare
importanza nella pratica spirituale e nella meditazione, poiché è la via per
comprendere la relazione tra l'individuo (Atman) e l'assoluto (Brahman).
Avete capito? Gli stati
di coscienza possono essere quattro e magari di più, secondo una scala
evolutiva chissà quanto lunga.
Ma noi siamo
inchiodati per ora qui, in questo stato. Vedete come cambia la prospettiva? Ci
possiamo sentire felici di essere vivi, o ci possiamo sentire infelici di
essere inchiodati qui.
Comunque, quali sono le leggi che ci inchiodano? Sono quelle della fisica. Che vanno per lo più a due a due, perché – lo ripeto – il mondo si legge sull’equilibrio e quindi oscilla fra due posizioni. Se cercate di mettere in equilibrio un sasso, vi accorgerete che il sasso “oscillerà” fino a quando non troverete l’equilibrio, instabile naturalmente. Basta un soffio...
Così, per esempio, esistono
varie leggi di conservazione che spesso possono essere considerate in coppia.
Ad esempio, la legge della conservazione dell'energia e la legge della
conservazione della quantità di moto. Queste leggi sono fondamentali per
comprendere il comportamento delle particelle e degli oggetti in movimento.
Inoltre, alcuni
fenomeni fisici possono essere visti in coppia come forze opposte. Per esempio,
la legge di azione e reazione di Newton (Terza legge di Newton) afferma che a
ogni azione corrisponde un'azione uguale e contraria. Si potrebbe dire che
queste leggi "vanno a due a due" in quanto ogni forza ha una forza
opposta.
In fisica teorica, le
simmetrie spesso sono collegate a leggi di conservazione, un concetto noto come
teorema di Noether. Ciò implica che per ogni simmetria c'è una legge di
conservazione associata, creando una sorta di associazione "duale".
Infine, in alcune
teorie fisiche, come la meccanica quantistica e la relatività, ci possono
essere leggi apparentemente incompatibili che insieme forniscono una
descrizione più completa della realtà, come la dualità onda-particella.
Ma è nel mondo e nella vita che tutto è duale. Dentro-fuori, alto-basso, interno-esterno, pieno-vuoto, bene-male, bello-brutto, maschio-femmina, luce-buio, freddo-caldo, avanti-indietro, amore-odio, attivo-passivo, positivo-negativo, ecc. E sono duali le nostre strutture fisiche (braccia, gambe, polmoni, reni, occhi, emisferi cerebrali, ecc.), la nostra coscienza (che è essere due in uno) e la doppia elica del Dna. Le basi del mondo e della vita sono duali in un modo particolare, contrapponendosi ma rimanendo uniti e complementari. Spinte e controspinte. Io definisco "diadi" queste particolari dualità che sono complementari e che sono costituite da due polarità, al cui scontro-incontro si deve l' energia. Una specie di rotore dalla cui frizione si formano tutti i processi.
Ed è logico che sia così, visto che ciò che ci mantiene in vita non è il peso o la massa, ma l'equilibrio tra forze contrastanti.
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