domenica 25 agosto 2024

La questione dell'osservatore

 

 

Tutto ciò che appartiene allo spaziotempo e quindi alla coscienza con tutti i suoi dualismi sembra far parte di una realtà dimidiata, inferiore. Perché la vera realtà, la realtà ultima, sembra stare metafisicamente su un piano al di sopra o al di fuori dello spaziotempo-coscienza, per noi incomprensibile. Sembra dunque che apparteniamo a uno stadio di sviluppo più basso. Ma la nostra mente non sa neppure immaginarsi uno stadio superiore, dove lo spaziotempo-coscienza non c’è o, ipotesi più probabile, è diverso dal nostro.

Però, sappiamo dalla fisica che lo spaziotempo non è assoluto. La concezione di spaziotempo è radicalmente cambiata con l'introduzione della teoria della relatività di Albert Einstein.

Nella relatività generale, lo spaziotempo è descritto come una struttura dinamica che è influenzata dalla massa e dall'energia. Questo significa che la geometria dello spaziotempo può curvarsi in presenza di massa, come nel caso dei pianeti e delle stelle. Inoltre, eventi che possono sembrare simultanei per un osservatore possono non esserlo per un altro osservatore che si muove a una velocità diversa, il che implica che misure di tempo e spazio siano relative e dipendano dal sistema di riferimento dell'osservatore.

Quindi, lo spaziotempo non è assoluto; è un'entità relativa che varia in base alla gravità e alla velocità degli osservatori. Ma dire che lo spaziotempo è relativo significa che la coscienza degli osservatori è relativa. Perché sono loro che effettuano le misurazioni e le confrontano.

Dunque, già nella teoria della relatività è fondamentale la presenza e il ruolo dell’osservatore, cioè della sua coscienza. Senza questa, chi si renderebbe conto della relatività dello spaziotempo? Certo, sono concretamente gli orologi che misurano il tempo, ma, senza una coscienza soggettiva, nessuno saprebbe di questa relatività, nessuno la determinerebbe.

In termini di fisica, la relatività afferma che misure di tempo e spazio dipendono dallo stato di moto dell'osservatore. Tuttavia, ciò non implica necessariamente che la coscienza stessa sia di per sé relativa.

Però, la coscienza è l'esperienza soggettiva di un osservatore - e quindi relativa per definizione. Che cosa c'è di più relativo del soggettivo? 

Quando parliamo di misurazioni nel contesto della relatività, ci riferiamo a come gli eventi vengono interpretati e misurati da diversi osservatori. Ogni osservatore ha una propria esperienza del tempo e dello spazio, ma ciò non implica che la coscienza in sé sia relativa.

Nella relatività, è il sistema di riferimento a essere relativo. Due osservatori in stati di moto relativi possono avere esperienze temporali e spaziali diverse, ma questo non porta a una relatività della coscienza. Ogni osservatore può essere consapevole delle proprie esperienze e interpretarle, anche se le loro misurazioni devono essere oggettive. 

Indipendentemente dalla soggettività, l'orologio dovrebbe misurare lo stesso tempo per tutti gli individui che vanno alla stessa velocità.

Ci sono discussioni filosofiche su come la coscienza interagisca con la realtà esterna, ma le domande sulla natura della coscienza tendono a essere sviluppate in termini diversi rispetto agli aspetti fisici dello spaziotempo. La coscienza, in quanto fenomeno soggettivo, richiede un trattamento separato, pur essendo in relazione con il contesto fisico e le misurazioni

In sintesi, mentre lo spaziotempo è relativo e dipende dall'osservatore, la coscienza può essere vista come un fenomeno individuale e soggettivo che non è semplicemente "relativa" nel modo in cui lo sono le misurazioni fisiche.

Questo dice la fisica ufficiale. Ma, senza osservatori dotati di coscienza, chi farebbe le misurazioni?

La relazione tra spaziotempo e soggetto osservante è stata discussa ampiamente nei contesti della relatività e della filosofia della scienza.

 

In fisica, lo spaziotempo è un modello matematico che descrive la struttura dell'universo in termini di tre dimensioni spaziali e una dimensione temporale. Questa struttura esiste indipendentemente dalla nostra osservazione. Ad esempio, le leggi della fisica, come la gravità, operano in questo spaziotempo anche se non ci sono osservatori. Pertanto, in questo senso, lo spaziotempo ha una realtà oggettiva.

 

Tuttavia, sebbene lo spaziotempo possa esistere come struttura fisica, l'interpretazione e la misura degli eventi in questo spaziotempo dipendono da osservatori con coscienza. Gli effetti relativistici, come la dilatazione del tempo e la contrazione della lunghezza, sono osservabili solo in relazione a un soggetto che misura e interpreta tali eventi. Senza questa misurazione, non potremmo descrivere o comprendere le esperienze temporali e spaziali.

La filosofia della scienza ha esplorato la questione se realtà e osservazione siano intrinsecamente legate. Alcuni filoni di pensiero sostengono che la realtà oggettiva (in questo caso lo spaziotempo) e l'osservazione soggettiva (il soggetto che misura) siano interconnesse; altri possono sostenere che esista un'oggettività indipendente dall'osservato.

Comunque, in meccanica quantistica, la questione della misura è centrale, portando a discussioni sul "ruolo dell'osservatore". Qui, le misure possono effettivamente influenzare lo stato del sistema osservato, ma anche qui, gli esperimenti mostrano che esistono leggi fisiche che governano la realtà, indipendentemente dall'osservazione.

Però, chi si rende conto di tutto questo? Chi, se non un soggetto in quanto contrapposto (non del tutto) a un oggetto?

In fisica, si presume che le leggi della natura e la struttura dello spaziotempo esistano indipendentemente dalla presenza di un osservatore. Anche se nessun essere consapevole fosse presente, si sarebbe comunque verificato un insieme di eventi e processi fisici. Ad esempio, un sistema solare esiste e orbita attorno a una stella, e questa attività avverrebbe anche in assenza di esseri umani o di qualsiasi osservatore cosciente.

Ma chi può dirlo? E se, in mancanza di un osservatore, non esistesse che un ammasso caotico?

L'osservatore gioca un ruolo cruciale nel dare significato e interpretazione agli eventi. Gli esseri umani (o altre forme di vita consapevole) formulano modelli, teorie e descrizioni della realtà. È solo attraverso la percezione e l'elaborazione di esperienze che possiamo comprendere, misurare e studiare il mondo.

Tuttavia, gli “oggettivisti,” direbbero che la mancanza di un osservatore non implica che la realtà non esista; piuttosto, significa che non esisterebbe nessuna esperienza soggettiva o consapevolezza di essa.

Ma chi può dirlo? Non possiamo fare l’esperimento di non esserci!

Chi si renderebbe conto di tutto questo?

Come già accennato, in meccanica quantistica, ci sono interpretazioni varie riguardo al ruolo dell'osservatore. Alcune (come l'interpretazione di Copenaghen) enfatizzano il fatto che la misura da parte di un osservatore è fondamentale per determinare lo stato di un sistema.

In conclusione, alcuni filosofi e scienziati hanno argomentato che la coscienza è necessaria per conferire significato a ciò che esiste. Altri sostengono che l'oggettività dell'universo non ha necessariamente bisogno di un soggetto consapevole per essere valida. Io non credo, perché la diade soggetto/oggetto viene prima di tutto. Appare col tutto.

E se scambiassimo per oggettivo ciò che è in realtà è uno stesso sogno fatto da un gruppo di persone presenti? L' oggettivo non sarebbe allora che un soggettivo condiviso!

Il soggettivo condiviso apparirebbe diverso a un altro gruppo di persone, dotate di una diversa coscienza. Che così sarebbe veramente relativa. Certo, per ora non ne abbiamo incontrate. Ma si può escluderlo? E se i marziani avessero tutti un' altra ora, anzi diversi segnatempo?

Già oggi gruppi diversi di persone hanno convinzioni diverse, soggettive a quel gruppo. E giurerebbero che sono oggettive, la verità . E se i loro orologi segnassero tempi diversi?

Nessuno è mai andato a verificare.

Nessun commento:

Posta un commento