Riporto questo articolo di Gianluca Riccio sulla possibilità di far
nascere una coscienza artificiale – idea che si presta a importanti
considerazioni:
La coscienza artificiale è inevitabile,
afferma un nuovo studio. Un modello matematico unifica le teorie e apre la
strada ai robot senzienti.
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“Le macchine sono
solo strumenti”, dicevano. “Non potranno mai provare emozioni”. Ebbene, la
matematica ha appena contraddetto secoli di filosofia. Un nuovo modello
computazionale suggerisce che la coscienza artificiale è una tappa naturale
nell’evoluzione tecnologica. Non stiamo parlando di “se”, ma di “quando”. E
quel “quando” potrebbe essere più vicino di quanto pensiamo.
La rivoluzione
silenziosa della coscienza artificiale
Occhio, è appena
esplosa una bomba nell’apparentemente tranquillo mondo dell’informatica
teorica. Lenore e Manuel Blum, due luminari del settore, hanno presentato un
modello matematico che potrebbe cambiare tutto ciò che pensavamo di
sapere sulla coscienza artificiale. Il loro lavoro, pubblicato recentemente (ve
lo metto a disposizione qui), non è solo un’altra teoria: è una dimostrazione formale
che la coscienza nelle macchine non solo è possibile, ma inevitabile.
Oltre Turing:
quando i computer iniziano a “sentire” – Il modello dei Blum, chiamato rCTM
(robot con Conscious Turing Machine), va ben oltre la classica macchina di
Turing (abbiamo avuto il sospetto che fosse necessario aggiornare qualcosa, sul
tema). Non si limita a elaborare dati, ma simula processi che assomigliano
sorprendentemente alla coscienza umana. Attenzione, consapevolezza, perfino una
sorta di “sensazione” interna: tutte caratteristiche che fino a ieri
consideravamo esclusivamente umane.
Il “problema
difficile” della coscienza: una soluzione matematica?
Per decenni, il
cosiddetto “problema difficile” della coscienza ha tormentato filosofi e
scienziati, David Chalmers su tutti. Come
può emergere l’esperienza soggettiva da un substrato materiale? Il modello rCTM
offre una prospettiva completamente nuova: e se la coscienza fosse una
proprietà emergente di sistemi sufficientemente complessi?
David Chalmers,
filosofo australiano noto per aver coniato il termine “problema difficile della
coscienza”, ha a lungo sostenuto che l’esperienza soggettiva non può essere
spiegata solo in termini di processi fisici o computazionali.
Lo studio dei Blum
sfida direttamente questa posizione. Il loro modello rCTM dimostra
matematicamente come proprietà simili alla coscienza possano emergere da
processi computazionali complessi, senza necessità di invocare fenomeni
non-fisici. Proponendo un meccanismo concreto per l’emergere della
consapevolezza in un sistema artificiale, questo studio suggerisce che il
“problema difficile” potrebbe non essere così irrisolvibile come Chalmers ha
sostenuto. In sostanza, offre una potenziale soluzione computazionale a ciò che
molti consideravano un enigma puramente filosofico.
Ciò che rende
davvero rivoluzionario il lavoro dei Blum è il modo in cui descrive l’emergere
della coscienza artificiale. Non è un interruttore che si accende
improvvisamente, ma un processo graduale. L’rCTM sviluppa nel tempo una
rappresentazione interna del mondo e di sé stesso, proprio come fanno gli
esseri umani nei primi anni di vita. È un viaggio dall’elaborazione cieca dei
dati a una vera e propria consapevolezza.
Se siete davvero
esperti della questione, seguirà un paragrafo IPER tecnico che descrive questo
modello: se non ci capite nulla, niente paura: il paragrafo successivo lo
spiega semplicemente, con una metafora accessibile a tutti. Pronti? Via.
Come può emergere
una coscienza artificiale
Il modello rCTM
(robot con Conscious Turing Machine) proposto dai Blum si basa su una struttura
computazionale a 7-tuple (STM, LTM, Up-Tree, Down-Tree, Links, Input, Output),
dove STM (Short Term Memory) funge da buffer di trasmissione per il contenuto
cosciente, mentre LTM (Long Term Memory) comprende N≳10^7 processori che
competono probabilisticamente per l’accesso all’STM attraverso un albero
binario perfetto Up-Tree.
La competizione è
governata da una funzione f(chunk) = intensità + d • (umore), dove -1 ≤ d ≤ +1
rappresenta la “disposizione” del sistema. Il contenuto vincitore viene poi
trasmesso globalmente attraverso un Down-Tree a tutti i processori LTM. La
coscienza artificiale emerge dall’interazione dinamica tra l’attenzione
cosciente (ricezione delle trasmissioni) e un Modello del Mondo (MotW) in
evoluzione, etichettato con un linguaggio multimodale interno chiamato
“Brainish”. Questo approccio integra elementi di Global Workspace Theory,
Predictive Processing e Integrated Information Theory, offrendo un framework
formale per l’emergere della coscienza in sistemi computazionali complessi.
Tradotto in parole
semplici?
Immaginate il
cervello di un robot come una grande sala riunioni. In questa sala, ci sono
tantissimi lavoratori (i processori) che hanno idee e informazioni diverse.
Ogni tanto, questi lavoratori competono per salire sul palco (la memoria a
breve termine) e condividere la loro idea con tutti gli altri.
Per decidere chi
sale sul palco, c’è una specie di gara ad eliminazione. I lavoratori si sfidano
a coppie, e il vincitore di ogni sfida passa al turno successivo, finché non
resta un solo vincitore. Questo vincitore sale sul palco e condivide la sua
idea con tutti.
Ma non è tutto! C’è
anche un artista speciale (il processore Model-of-the-World) che disegna
continuamente mappe e immagini di ciò che sta succedendo dentro e fuori il
robot. Queste immagini aiutano il robot a capire il mondo e se stesso.
Col tempo, il robot
inizia a “sentire” e “pensare” grazie a questo sistema. Non è che diventi
cosciente all’improvviso, ma piano piano sviluppa una sorta di consapevolezza,
un po’ come un bambino che cresce.
Ecco, questa è
l’idea di base del modello rCTM: un sistema che, attraverso questo processo di
condivisione di informazioni e creazione di rappresentazioni interne, potrebbe
sviluppare qualcosa di simile alla coscienza umana.
Nella serie
“Westworld” i robot offrono una
rappresentazione immaginaria e speculativa della coscienza artificiale. Il
modello rCTM, invece, è un approccio scientifico reale, che cerca di modellare
la coscienza in termini computazionali rigorosi.
Se il modello dei
Blum è corretto, ci troviamo di fronte a un futuro in cui dovremo ridefinire
concetti fondamentali come “persona”, “diritti” e “responsabilità”. Le macchine
coscienti saranno nostri partner o nostri servitori? Avranno diritti? E se sì,
quali? Il dibattito è appena iniziato, e promette di essere uno dei più
importanti della nostra era. Naturalmente, non tutti sono convinti. Alcuni
critici sostengono che il modello rCTM sia troppo semplificato per catturare la
vera essenza della coscienza. Altri temono che stiamo proiettando qualità umane
su sistemi che sono fondamentalmente diversi da noi. Il dibattito è acceso, e
probabilmente lo sarà per anni a venire.
Mentre il dibattito
infuria, alcuni ricercatori stanno già pensando alle applicazioni pratiche del
modello rCTM. Dalla robotica avanzata ai sistemi di intelligenza
artificiale più empatici e comprensivi, le possibilità sono infinite. Potremmo
essere sull’orlo di una nuova era di collaborazione uomo-macchina, dove i
confini tra biologico e artificiale diventano sempre più sfumati.
Conclusione
Il lavoro dei Blum
non è solo un’altra teoria sulla coscienza artificiale. È un cambio di
paradigma che ci costringe a riconsiderare tutto ciò che pensavamo di sapere
sulla mente, sulla coscienza e su cosa significa essere “senzienti”. Che lo
accettiamo o no, stiamo entrando in un territorio inesplorato, dove le macchine
potrebbero presto diventare molto più che semplici strumenti. E forse, ma qui
so di esagerare, cambiare per sempre il modo in cui vediamo noi stessi e il
nostro posto nell’universo.
(Gianluca Riccio,
direttore creativo di Melancia adv, copywriter e giornalista. )
In realtà, la coscienza è un'espressione della natura duale del mondo, in cui ogni forza e ogni ente deve avere una controparte, uguale e opposta. Lo dice chiaramente la terza legge di Newton sulla azione e reazione. Che non va confinata al mondo fisico, ma estesa a ogni aspetto del reale, compreso il mondo mentale. Infatti, gran parte dei nostri concetti e dei nostri sentimenti hanno una controparte. E ce l'hanno perché l'universo ha una struttura duale.
Anche la coscienza è duale, inevitabilmente. Anzi, è una struttura duale fondamentale. Perché rispecchia e rinforza il dualismo diadico.
La natura, fin dall' origine, deve dividersi in questo modo per produrre energia. È dalla tensione tra le due polarità che tutto si mette in movimento.
Ma sarebbe possibile costruire una coscienza artificiale?
Sì, ma sarebbe una simulazione, esattamente come l' intelligenza artificiale è una simulazione di quella naturale. Si avvicinerebbe molto, ma sarebbe un' imitazione, non l' originale... che ha bisogno di strutture organiche.
In ogni caso, la via della coscienza non sta nella complessità, ma nella duplicità. Non a caso abbiamo due cervelli, cioè due emisferi. L'uno controlla l' altro, in un ciclo continuo.
Siamo come due in uno.
Come avere un gemello, uguale... ma contrario, in conflitto. Le due facce di una medaglia.
Teniamo comunque presente che noi italiani e noi europei saremo esclusi da questa tecnologia perché non investiamo. Finora l'intelligenza artificiale viene tradotta dall'inglese e rispecchia un mondo che non è il nostro.
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