Se siamo l'Uno, l'Unità , che conosce se stessa attraverso
ciascuno di noi, vuol dire che le molteplici cose hanno un’origine comune, che
conservano tutt’ora. E che può essere riscoperta tornando indietro. Man mano
che ci liberiamo dell’individualità, ci avviciniamo all’Uno, l’Origine.
Ma non possiamo avvicinarci all’Uno se non morendo. Tuttavia,
possiamo ancora in vita liberarci di molti fardelli che ci limitano, e che
riguardano tutti l’egoità. Dobbiamo capire e percepire che cosa ci definisce inutilmente
e sbarazzarcene.
È come spogliarci, liberarci dei vestiti che indossiamo, uno ad
uno. Però, questa spoliazione non è tanto un lasciar cadere tanti orpelli
esteriori, come facevano gli asceti di una volta, quanto trovare la nostra
essenza, il nostro centro, il nostro sé.
Solo quando troviamo il nostro sé, possiamo liberarcene, non
prima. Non dev’essere come il ricco che si spoglia dei suoi beni e diventa un
san Francesco, ma come uno che dissolve le fiamme e il fumo dell'incendio per trovare la via di casa o
come uno che centra un bersaglio.
Il proprio centro è il centro dell’Uno, dicevano i mistici.
È come il centro dell’universo, che è dappertutto. E quindi
proprio qui, anche dentro di noi.
Ma come trovare questo centro, questa essenza? Sedendo in meditazione,
che non è un semplice stare seduti, ma un atteggiamento spirituale di
isolamento e centramento.
Se il centro è (anche in me), se l’Uno guarda e si conosce
attraverso di me, io, stando immobile e rimanendo in silenzio (anche e soprattutto
mentalmente), mi posso avvicinare.
Ma ricordiamoci che non sono tanto “io” a fare questo, quanto l’Uno
stesso che, attraverso di me, ritrova se stesso… dopo essersi disperso nella
sua stessa frammentazione.
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