Forse ha ragione il Buddha a dire che la nostra vera catena è il desiderio e che, per essere liberi, bisogna liberarsi del desiderio. In effetti il desiderio ci tiene incatenati. Quando vogliamo per esempio, una persona, non capiamo più nulla. E, se ci viene negata, soffriamo come bestie.
Mettiamo che la vecchiaia o una mancanza di ormoni ci privino di quel desiderio. A quel punto, non solo non dovremmo soffrire più, ma dovremmo vedere come eravamo schiavi, come eravamo dei burattini guidati da una forza incontrastabile. Anche se talvolta la chiamiamo amore.
Ma basta l' amore a riscattare l' orrore?
Quella forza, comunque , è la forza della vita stessa. Bella o brutta, bella e brutta che sia. Quindi, liberarsi del desiderio significa vedere la vita come qualcosa di negativo.
Infatti, il Buddha è convinto che la vita sia sofferenza.
Noi, però, siamo talmente condizionati che, se ci manca il desiderio, arriviamo a prendere sostanze che ci riportino il desiderio. Senza desiderio, non ci sentiamo liberati. Ma ci sentiamo perduti, mancanti, malati, impotenti.
E qui si capisce come il vero problema non sia tanto il desiderio quanto la percezione e concezione della vita.
Se io sento la vita come un peso, il desiderio mi apparirà come una catena. Ma, se io sento la vita come un'occasione da non perdere, farò di tutto per sollecitare il mio desiderio.
Resta comunque il fatto che la vita, anche se ci porta alla fine di tanti desideri, ci farà sempre desiderare (magari inconsciamente) qualcosa... fosse pure l'ultimo respiro.
Credo in ogni caso che alla fine la sofferenza sia tale che la psiche o l' organismo giungano a decidere: "Basta!"
È lo stesso meccanismo che porta molti, per una sofferenza insopportabile, a suicidarsi.
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