lunedì 13 maggio 2024

Materia e coscienza

 

Va precisato che, se la fisica quantistica ha dimostrato che l’atto dell’osservazione modifica lo stato della materia, ciò non significa che il soggetto dell’osservazione debba essere una mente cosciente. Questo non è mai stato detto. Può essere qualsiasi interazione.

In generale, la meccanica quantistica descrive come le particelle subatomiche si comportano e interagiscono, e uno dei suoi aspetti più strani è che queste particelle non sembrano “scegliere” uno stato definito fino a quando non vengono misurate o osservate. Tuttavia, non c’è ancora un consenso sulla necessità che l’osservatore debba essere una mente cosciente. Alcuni interpretazioni suggeriscono che qualsiasi tipo di interazione che porta a una misurazione può causare il collasso della funzione d’onda di una particella in uno stato definito, indipendentemente dalla coscienza dell’osservatore. Non è necessario che l’osservazione sia fatta da un essere cosciente. Nella fisica quantistica, il termine “osservazione” si riferisce a qualsiasi tipo di interazione che causa il collasso della funzione d’onda di una particella, portandola a uno stato definito. Questo può includere interazioni con strumenti di misurazione o altri sistemi fisici, non necessariamente un osservatore umano o cosciente.

L’idea che la coscienza sia necessaria per l’osservazione è un concetto popolare che deriva da interpretazioni filosofiche e non scientifiche del principio di indeterminazione di Heisenberg e dell’esperimento della doppia fenditura. La ricerca scientifica attuale supporta l’idea che qualsiasi tipo di misurazione o interazione che altera lo stato quantistico di un sistema è sufficiente per considerarsi un’osservazione.

In conclusione, l’atto dell’osservazione in fisica quantistica non richiede la presenza di un osservatore cosciente, ma può essere effettuato da un qualsiasi dispositivo di misurazione o interazione che influenzi lo stato del sistema osservato.

Però, noi siamo esseri fisici che acquisiscono informazioni sul mondo tramite l’interazione del nostro corpo con altri sistemi. E possiamo analizzare questa interazione nei termini della catena di von Neumann, formata dal sistema microscopico osservato, dai vari sistemi microscopici di misura, dal sistema macroscopico di misura che li comprende e alla fine anche dall’osservatore.

Il punto importante è che, al fine di poter conoscere qualcosa, deve rimanere una traccia lungo la linea di questa catena. Noi conosciamo solo in quanto una tale traccia esiste. Circa i processi che non lasciano nessuna traccia non possiamo dire niente, perché non li sperimentiamo mai! La nostra conoscenza è ancorata alle tracce che appaiono lungo le catene di von Neumann dei sistemi interagenti. Il modo in cui il mondo ci appare è condizionato dal requisito generale della conoscenza.

In meccanica quantistica un sistema quantico segue una dinamica lineare, secondo cui alcuni stati sovrapposti della funzione d’onda lasciano una traccia, mentre altri non ne lasciano nessuna. Tutti quelli che lasciano una traccia sono effettivamente quelli misurabili . Quindi, il risultato di ogni processo di osservazione che lascia una traccia può essere descritto in termini classici. Ma la nostra conoscenza avviene soltanto attraverso quei processi che lasciano una traccia, se non altro in noi stessi! Questo è il motivo per cui il mondo ci appare classico. Non perché esso sia classico, in un senso ultimo. Ma perché le condizioni della nostra conoscenza lo fanno apparire in quel modo.

Fin dall’inizio della teoria quantistica i fisici hanno sentito che l’apparenza classica del mondo avesse qualcosa a che fare con il ruolo dell’osservatore. Di fatto è proprio così, ma non perché la coscienza dell’osservatore collassi la funzione d’onda, come fu inizialmente ipotizzato. L’apparenza classica del mondo è connessa con le condizioni della nostra conoscenza in generale. Il mondo ci appare classico perché, per poterlo conoscere, dobbiamo far parte di ciò che conosciamo.

In sostanza, noi vediamo i vari risultati delle misure come o-o, cioè come elementi di realtà, a dispetto del fatto che la meccanica quantistica ci dica che essi sono e-e. La natura quantica del mondo elude la nostra percezione diretta, non perché non ci sia a questo livello macroscopico, ma perché noi siamo parte della catena di von Neumann che osserva il mondo.

La nostra immagine del mondo, ovviamente, è costruita con le informazioni che veniamo a conoscere, che vengono registrate nel cervello di qualche osservatore. Noi non stiamo fuori dal mondo che osserviamo: osservare significa determinare l’apparizione di una traccia nel mondo, e la nostra conoscenza è inevitabilmente condizionata da ciò. È questo il motivo per cui il mondo ci appare classico.

Ma non tutti gli stati quantici di sovrapposizione lasciano una traccia. Quindi noi possiamo percepire con i nostri organi di senso, oppure conoscere con gli strumenti di misura, solo una parte limitata del mondo quantico. Ciò si può esprimere anche in un altro modo. Il mondo è quantico ma solo una parte di esso è osservabile: quella che lascia una traccia; e all’osservazione appare classica!

Questa formulazione non adotta nessun modello di mente, ipotizza semplicemente una correlazione tra gli stati di coscienza dell’osservatore e gli stati quantici del suo cervello. Per cervello si intende “un sistema fisico i cui stati sono correlati con gli stati di coscienza dell’osservatore. Semplicemente i differenti stati di coscienza dell’osservatore corrispondono a differenti stati quantici del sistema.

Secondo il saggio indiano Patanjali, lo yoga è la soppressione degli stati mentali (Yoga Citta Vritti Nirodhah,Yoga Sutra 1.2) – tra i quali vi sono le percezioni, il ragionamento e quindi la conoscenza.

Questo aforisma può venire ora compreso alla luce della meccanica quantistica. Gli stati mentali sono le tracce lasciate dal mondo quantico nel cervello dell’osservatore, quando si trova nello stato di coscienza vigile. In questo caso, l’osservatore discrimina una miscela di stati quantici e percepisce il mondo classico. Invece quando la coscienza è nello stato meditativo, il cervello si trova nello stato di sovrapposizione quantica. In quest’ultimo caso, scompare ogni capacità discriminativa e rimane lo stato olistico Tutto è Uno! [da uno studio del fisico Augusto Sabbadini].

Ciò che voglio dire è che il rapporto diadico fra materia e coscienza, uscito dalla finestra, rientra dalla porta. La nostra coscienza ci fa conoscere le leggi della natura perché è essa stessa un prodotto dell’originaria unità materia/coscienza.

Dunque, la fisica quantistica ci dimostra che, se la materia modella la coscienza, la coscienza fa essere la materia in un certo modo. Gli altri modi non ci riguardano perché non possiamo conoscerli e quindi farli essere.

Ma questo comporta una fondamentale conseguenza: che deve essere possibile far corrispondere a un’operazione mentale a una operazione fisica!

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