Va precisato che, se la fisica
quantistica ha dimostrato che l’atto dell’osservazione modifica lo stato della
materia, ciò non significa che il soggetto dell’osservazione debba essere una
mente cosciente. Questo non è mai stato detto. Può essere qualsiasi
interazione.
In
generale, la meccanica quantistica descrive come le particelle subatomiche si
comportano e interagiscono, e uno dei suoi aspetti più strani è che queste
particelle non sembrano “scegliere” uno stato definito fino a quando non
vengono misurate o osservate. Tuttavia, non c’è ancora un consenso
sulla necessità che l’osservatore debba essere una mente cosciente. Alcuni
interpretazioni suggeriscono che qualsiasi tipo di interazione che porta a una
misurazione può causare il collasso della funzione d’onda di una particella in
uno stato definito, indipendentemente dalla coscienza dell’osservatore. Non è necessario che l’osservazione sia
fatta da un essere cosciente. Nella fisica quantistica, il termine
“osservazione” si riferisce a qualsiasi tipo di interazione che causa il collasso
della funzione d’onda di una particella, portandola a uno stato definito.
Questo può includere interazioni con strumenti di misurazione o altri sistemi
fisici, non necessariamente un osservatore umano o cosciente.
L’idea che la coscienza sia necessaria per
l’osservazione è un concetto popolare che deriva da interpretazioni filosofiche
e non scientifiche del principio di indeterminazione di Heisenberg e
dell’esperimento della doppia fenditura. La ricerca scientifica attuale
supporta l’idea che qualsiasi tipo di misurazione o interazione che altera lo
stato quantistico di un sistema è sufficiente per considerarsi un’osservazione.
In conclusione, l’atto dell’osservazione in
fisica quantistica non richiede la presenza di un osservatore cosciente, ma può
essere effettuato da un qualsiasi dispositivo di misurazione o interazione che
influenzi lo stato del sistema osservato.
Però,
noi siamo esseri fisici che acquisiscono informazioni sul mondo tramite
l’interazione del nostro corpo con altri sistemi. E possiamo analizzare questa
interazione nei termini della catena di von Neumann, formata dal sistema
microscopico osservato, dai vari sistemi microscopici di misura, dal sistema
macroscopico di misura che li comprende e alla fine anche dall’osservatore.
Il punto importante è che, al fine di poter conoscere qualcosa,
deve rimanere una traccia lungo la linea di questa catena. Noi
conosciamo solo in quanto una tale traccia esiste. Circa i processi che non
lasciano nessuna traccia non possiamo dire niente, perché non li sperimentiamo
mai! La nostra conoscenza è ancorata alle tracce che appaiono lungo le catene
di von Neumann dei sistemi interagenti. Il modo in cui il mondo ci appare è
condizionato dal requisito generale della conoscenza.
In meccanica quantistica un sistema quantico segue una dinamica
lineare, secondo cui alcuni stati sovrapposti della funzione d’onda lasciano
una traccia, mentre altri non ne lasciano nessuna. Tutti quelli che lasciano
una traccia sono effettivamente quelli misurabili . Quindi, il
risultato di ogni processo di osservazione che lascia una traccia può essere
descritto in termini classici. Ma la nostra conoscenza avviene soltanto
attraverso quei processi che lasciano una traccia, se non altro in noi
stessi! Questo è il motivo per cui il mondo ci appare classico. Non
perché esso sia classico, in un senso ultimo. Ma perché le condizioni
della nostra conoscenza lo fanno apparire in quel modo.
Fin dall’inizio della teoria quantistica i fisici hanno sentito
che l’apparenza classica del mondo avesse qualcosa a che fare con il ruolo
dell’osservatore. Di fatto è proprio così, ma non perché la coscienza
dell’osservatore collassi la funzione d’onda, come fu inizialmente ipotizzato. L’apparenza
classica del mondo è connessa con le condizioni della nostra conoscenza in
generale. Il mondo ci appare classico perché, per poterlo conoscere, dobbiamo far
parte di ciò che conosciamo.
In
sostanza, noi vediamo i vari risultati delle misure come o-o,
cioè come elementi di realtà, a dispetto del fatto che la meccanica
quantistica ci dica che essi sono e-e. La natura
quantica del mondo elude la nostra percezione diretta, non perché non ci sia a
questo livello macroscopico, ma perché noi siamo parte della catena di von
Neumann che osserva il mondo.
La nostra immagine del mondo, ovviamente, è costruita con le
informazioni che veniamo a conoscere, che vengono registrate nel cervello di
qualche osservatore. Noi non stiamo fuori dal mondo che osserviamo: osservare
significa determinare l’apparizione di una traccia nel mondo, e la nostra
conoscenza è inevitabilmente condizionata da ciò. È questo il motivo per cui il
mondo ci appare classico.
Ma non tutti gli stati quantici di sovrapposizione
lasciano una traccia. Quindi noi possiamo percepire con i nostri organi di
senso, oppure conoscere con gli strumenti di misura, solo una parte limitata
del mondo quantico. Ciò si può esprimere anche in un altro modo. Il
mondo è quantico ma solo una parte di esso è osservabile: quella che lascia una
traccia; e all’osservazione appare classica!
Questa formulazione non adotta nessun modello di mente, ipotizza
semplicemente una correlazione tra gli stati di coscienza dell’osservatore e
gli stati quantici del suo cervello. Per cervello si intende “un sistema fisico
i cui stati sono correlati con gli stati di coscienza dell’osservatore. Semplicemente i
differenti stati di coscienza dell’osservatore corrispondono a differenti stati
quantici del sistema.
Secondo il saggio indiano Patanjali, lo yoga è la
soppressione degli stati mentali (Yoga
Citta Vritti Nirodhah,Yoga Sutra 1.2) – tra i quali vi
sono le percezioni, il ragionamento e quindi la conoscenza.
Questo aforisma può venire ora compreso alla luce della
meccanica quantistica. Gli stati mentali sono le tracce lasciate
dal mondo quantico nel cervello dell’osservatore, quando si trova nello stato
di coscienza vigile. In questo caso, l’osservatore discrimina una miscela di
stati quantici e percepisce il mondo classico. Invece quando la coscienza è
nello stato meditativo, il cervello si trova nello stato di
sovrapposizione quantica. In quest’ultimo caso, scompare ogni capacità
discriminativa e rimane lo stato olistico Tutto è Uno! [da uno
studio del fisico Augusto Sabbadini].
Ciò
che voglio dire è che il rapporto diadico fra materia e coscienza, uscito dalla
finestra, rientra dalla porta. La nostra coscienza ci fa conoscere le leggi
della natura perché è essa stessa un prodotto dell’originaria unità
materia/coscienza.
Dunque,
la fisica quantistica ci dimostra che, se la materia modella la coscienza, la
coscienza fa essere la materia in un certo modo. Gli altri modi non ci
riguardano perché non possiamo conoscerli e quindi farli essere.
Ma
questo comporta una fondamentale conseguenza: che deve essere possibile far
corrispondere a un’operazione mentale a una operazione fisica!
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