sabato 4 maggio 2024

Danzare sull'abisso

 

Cantano, ballano, amano, scopano, mangiano, bevono, si danno alle feste… che altro c’è da fare in attesa che il mondo finisca? Come nell’aneddoto zen dell’uomo inseguito da una tigre che si arrampica su un albero proteso su un abisso. Che può fare? Tornare indietro non può, farsi cadere è morire… allora si mette a mangiare i fichi sull’albero e li trova gustosi! Li assapora in quei pochi istanti che gli rimangono, cercando di non pensare a cosa lo aspetta.

Siamo tutti così. Non serve a niente piangere e disperarsi: la situazione non cambia. Allora, tanto vale gustarsi quei momenti.

Cogli l’attimo! Non ci rimane che quell’attimo. Ma, indubbiamente, la situazione è disperata. Perché non possiamo solo provare piacere: il tempo della vita ci riserva anche dolori e sofferenze. E allora?

Fare buon viso a cattivo gioco? Imparare a gioire anche sotto i bombardamenti? Non è così facile. Perché nel fondo rimane quella coscienza fastidiosa che ci rimane poco tempo e che non ci sarà sempre il sole.

Woody Allen diceva: fare tanti sacrifici per allungarsi la vita di tre giorni? E magari in quei tre giorni non farà che piovere!

Seneca, l’ottimista, ragionava: per imparare a suonare uno strumento, devi esercitarti per anni. E non vuoi esercitarti per un po’ per apprezzare la musica interiore?

Aveva ragione, in un certo senso. Ma io che sono un pessimista mi domando: perché soffrire e stare male ci viene così naturale e gioire richiede anni di riflessioni, di meditazioni, di saggezza, di ricerche e di affinamento? Ci sono già due pesi e due misure.

La necessità di lavorare su di sé significa dimenticare ciò che ci attende, mettere tra parentesi gli infiniti guai, dolori e pensieri negativi e accontentarsi delle piccole gioie, come magiare i fichi. Ma è un’ingiustizia!

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