La forza di gravità si chiama così perché grava su tutto e su
tutti: come un peso che avessimo addosso. E, quindi, ancora una volta, le
concezioni scientifiche risultano un derivato dei concetti e delle percezioni
umane, e non viceversa.
Se sto attento, posso “sentire” il peso della gravità, perché
devo fare uno sforzo per compiere qualsiasi movimento. Infatti, quando i miei
muscoli si indeboliscono per qualche malattia o per la vecchiaia, sento
benissimo lo sforzo e la fatica di muovermi.
La forza di gravità dovrebbe chiamarsi, allora, lo sforzo
di gravità.
E qui si mette male, perché questo peso opprime tutti. Non siamo
liberi di svolazzare come astronauti in una cabina spaziale senza gravità. Tutt’al
più ci sentiamo più leggeri quando ci immergiamo nell’acqua.
Il neonato se ne accorge subito dopo essere uscito dall’acqua
dell’utero materno. E si mette a piangere, perché deve affrontare il suo primo
sforzo per muovere i polmoni e respirare. Ed è una fatica, tanto che qualcuno
non ci riesce e muore.
Chi ha problemi di cuore o di polmoni, chi sta morendo, lo sa
benissimo: respirare è una fatica.
Dunque, nasciamo già “oppressi”, E, dopo, all’oppressione fisica
si aggiunge l’oppressione della vita familiare e sociale e, quindi, la
sofferenza interiorizzata dalla psiche.
Insomma, fin dall’inizio sentiamo tutto il “peso” della vita,
che può diventare insopportabile.
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