Sono io che uso il cervello e quindi la mente, o è la mente che mi crea l’impressione e l’idea di essere un io? Pensiero vertiginoso.
Allora, chi
sono io? Dovrei essere qualcosa al di là dei concetti del cervello-mente. Ma,
siccome posso usare solo il cervello-mente per saperlo, non lo so: posso solo vagamente
intuirlo.
Comunque, se è il cervello che mi crea l’idea di essere un io,
vuol dire che l’io non è veramente reale, ma solo un concetto. Il mio io
sarebbe solo qualcosa di pensato, non qualcosa di reale. L’immagine o l’impressione
di qualcosa che non conosco.
Ma che cosa è la realtà, se non qualcosa che può essere pensato
e conosciuto con il cervello-mente?
Ciò che non può essere pensato, non esiste o è come se non
esistesse. È come se la realtà fosse prima nel campo delle possibilità e poi,
con l’atto di conoscere, si definisse.
Dunque, il pensiero non si limita a scoprire le cose, ma
contribuisce a farle essere. Se non le penso o finché non le penso, le cose non
esistono.
Il che è ovvio, perché le cose per apparire devono essere
pensate. Il computer non esisteva prima che qualcuno lo concepisse e poi lo
costruisse.
Anche l’io non esisteva prima che lo si pensasse. E che cosa
esisteva? Qualcosa di indeterminato che non sapeva di essere un io e non gliene
fregava niente.
Un animale non pensa di essere un io, ma agisce come un
individuo separato. Non lo sa, non lo pensa, ma non ha bisogno di saperlo per
vivere. La coscienza non è necessaria per vivere.
Quando allora nasce la coscienza?
Quando ci si specchia (magari nell’acqua) e ci si accorge che
quella figura non è un altro animale, ma se stesso. Infatti non tutti gli
animali si riconoscono: un gatto, per esempio, si spaventa e crede che ci sia
un altro gatto nello specchio o dietro lo specchio. Ma certe scimmie superiori
(o degenerate) si riconoscono.
È difficile dire se la coscienza sia un progresso evolutivo o un
regresso. Probabilmente è tutt’e due le cose. Potrebbe anche essere una
degenerazione, perché il mondo potrebbe vivere tranquillamente (ed è vissuto) anche
senza un essere cosciente. E questo essere cosciente, se migliora qualcosa nel
mondo, lo peggiora anche. Per esempio, costruisce macchine meravigliose, ma
distrugge l’ambiente e non può esimersi dal fare guerre.
La coscienza porta a uno sdoppiamento che potrebbe anche essere
una specie di tumore psichico. Ci fa sì conoscere le cose, ma ce le deforma
irrimediabilmente, tanto che non sappiamo se l’io sia reale, così come è reale
una banana o un leone.
Il senso di alienazione che ne deriva nasce dalla coscienza, è
connaturato alla coscienza. Non c’è risposta alla domanda: “Chi sono io?”
perché l’io è solo un concetto, non una realtà. Quando moriremo e sparirà ogni
concetto, non sapremo più di essere. E non ne avremo bisogno.
Il bisogno di pensarsi e di essere è in fondo già una
degenerazione di quel che c’è prima – di quel nulla che c’è prima e che è la
vera condizione beata.
Tranquilli, dunque. Aveva ragione Epicuro a dire: “Se ci sono io
non c’è la morte, se c’è la morte non ci sono io”. E, senza io, non c’è
problema.
Nessun commento:
Posta un commento