venerdì 5 luglio 2024

Coscienza e autocoscienza

 


Mi sembra che la coscienza sia strettamente legata all’autocoscienza, nel senso che, per avere una coscienza come la nostra (non solo umana), dobbiamo essere coscienti di avere di fronte le cose mentre siamo coscienti di noi stessi. Ho fatto il caso del leone e della gazzella che, nel momento in cui si incontrano nella savana, riconoscono l’altro essendo ben consapevoli di se stessi e del loro ruolo, chi di predatore e chi di preda. Se la gazzella non fosse cosciente di sé come preda non scapperebbe, e si lascerebbe mangiare. E se il leone non fosse cosciente di sé come predatore affamato, non attaccherebbe la gazzella e morirebbe di fame.

I due si sono coevoluti.

Chi ha creato queste diverse consapevolezze nei due animali? Ovviamente, non è stato “qualcuno”, ma il fatto che i due siano cresciuti nello stesso ambiente (o campo) che li ha destinati a essere quel che sono e come sono. La gazzella conosce i pericoli dell’ambiente, sa quali sono i predatori, i suoi simili e gli indifferenti, e sta sempre in tensione e attenta. Questa tensione, questo stress, è ciò che la rende viva, è ciò che produce energia, è l’energia. Se non stesse sempre in tensione, finirebbe subito male. E anche il leone conosce gli amici, le possibili prede e gli indifferenti, e sta sempre pronto ad agire… o a interagire.

Senza volerlo, senza aver deciso, naturalmente, i due sono diventati i due poli di un’interazione. Lo sanno benissimo, così come sanno come devono muoversi. Per sopravvivere.

Ma tutto questo è possibile perché entrambi sono coscienti mentre sono autocoscienti. Sanno chi sono e sanno chi è l’altro. Non hanno studiato sui libri, ma, crescendo, hanno imparato dall’esperienza.

Così si formano le interazioni, i campi di forze. Che si sono formati col tempo e con la convivenza, che può essere di tre tipi: amici, nemici, innocui. Gli animali sanno quel che serve loro per vivere. E anche le piante e anche noi. Nessuno ce lo ha insegnato, o, meglio, tutti e tutto ce lo hanno insegnato. E, se non lo hai imparato, finisci male.

La coscienza non è solo essere consapevoli dell’altro, ma essere consapevoli dell’altro mentre si è consapevoli di sé, e viceversa. Ha un doppio registro: l’uno rivolto all’esterno e l’altro rivolto all’interno. Stabilisce la interazione con l’ambiente e con noi stessi. Se fosse solo a metà, non servirebbe a niente, Deve essere una relazione duplice.

Di conseguenza deve essere presente in ogni forma di vita, dal batterio alla pianta, dal verme all’animale. Ma, a pensarci bene, è la doppia relazione che abbiamo con il mondo e con noi stessi.

Siccome nasciamo e cresciamo in un mondo interattivo, dobbiamo per forza sviluppare una coscienza del genere. O non sopravvivremmo.

Coscienza e autocoscienza devono andare di pari passo.

Perciò la coscienza è una duplice apprensione o interazione, un’oscillazione continua, un movimento, un processo – non qualcosa di statico. È un gioco di squadra o una guerra, dove io devo svolgere la mia azione tenendo però conto degli altri partecipanti al gioco o alla guerra. E il “gioco” si svolge in un campo da gioco, in un campo di forze. Nel campo devo tener conto della mia posizione in relazione a quelle degli altri, amici e avversari. Nella guerra devo sempre stare all’erta, o sono morto.

Chi ha stabilito questo gioco o questa guerra? Non un Dio, dall’esterno, ma l’interrelazione universale. Tutti sono in interrelazione, anche i corpi celesti, che si trovano in un gioco-guerra di spinte e controspinte, di attrazione e repulsione, di attacchi e difese. Niente è fermo, tutto si muove e interagisce, dall’atomo alle galassie.

Abbiamo tutti la stessa origine, seguiamo tutti le stesse leggi che non sono imposte dall’esterno, ma si formano spontaneamente dall’interrelazione dei corpi e dei fenomeni. In altre parole, non c’è un Dio che si lambicca il cervello e stabilisce le quattro interazioni della fisica o le interazioni fra gli esseri viventi. Ma queste leggi si costituiscono naturalmente, spontaneamente, dalla compresenza delle cose.

Presenza o compresenza significano relazione, interazione o interrelazione. E la relazione o interrelazione trova un modo per darsi un modus vivendi, che sono poi le leggi che trovano la fisica o le altre scienze. Tutto qui: un movimento di assestamento o di convivenza spontaneo, non calcolato da un Dio scienziato.

Le cose, dal caos iniziale, devono trovare un ordine. E lo trovano. Non importa quale e a quale prezzo.

Però, siccome il mondo non ha pace (o equilibrio), se non per brevi momenti, ordine e disordine, caos e cosmo, essendo un’altra diade, si alternano a vicenda. E così senza fine. Ordine e disordine convivono.

Questa oscillazione continua, questo doppio movimento verso l’esterno e verso l’interno, si riflette nella struttura della coscienza. Che stabilisce un’interazione essendo l’interazione.


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