Mi sembra che la coscienza sia strettamente legata all’autocoscienza, nel senso che, per avere una coscienza come la nostra (non solo umana), dobbiamo essere coscienti di avere di fronte le cose mentre siamo coscienti di noi stessi. Ho fatto il caso del leone e della gazzella che, nel momento in cui si incontrano nella savana, riconoscono l’altro essendo ben consapevoli di se stessi e del loro ruolo, chi di predatore e chi di preda. Se la gazzella non fosse cosciente di sé come preda non scapperebbe, e si lascerebbe mangiare. E se il leone non fosse cosciente di sé come predatore affamato, non attaccherebbe la gazzella e morirebbe di fame.
I due si sono coevoluti.
Chi ha creato queste
diverse consapevolezze nei due animali? Ovviamente, non è stato “qualcuno”, ma
il fatto che i due siano cresciuti nello stesso ambiente (o campo) che li ha
destinati a essere quel che sono e come sono. La gazzella conosce i pericoli
dell’ambiente, sa quali sono i predatori, i suoi simili e gli indifferenti, e sta
sempre in tensione e attenta. Questa tensione, questo stress, è ciò che la
rende viva, è ciò che produce energia, è l’energia. Se non stesse sempre in
tensione, finirebbe subito male. E anche il leone conosce gli amici, le
possibili prede e gli indifferenti, e sta sempre pronto ad agire… o a
interagire.
Senza volerlo, senza aver
deciso, naturalmente, i due sono
diventati i due poli di un’interazione. Lo sanno benissimo, così come sanno
come devono muoversi. Per sopravvivere.
Ma tutto questo è possibile
perché entrambi sono coscienti mentre sono autocoscienti. Sanno chi sono
e sanno chi è l’altro. Non hanno studiato sui libri, ma, crescendo, hanno
imparato dall’esperienza.
Così si formano le
interazioni, i campi di forze. Che si sono formati col tempo e con la
convivenza, che può essere di tre tipi: amici, nemici, innocui. Gli animali
sanno quel che serve loro per vivere. E anche le piante e anche noi. Nessuno ce
lo ha insegnato, o, meglio, tutti e tutto ce lo hanno insegnato. E, se non lo
hai imparato, finisci male.
La coscienza non è solo
essere consapevoli dell’altro, ma essere consapevoli dell’altro mentre si è
consapevoli di sé, e viceversa. Ha un doppio registro: l’uno rivolto all’esterno
e l’altro rivolto all’interno. Stabilisce la interazione con l’ambiente e con
noi stessi. Se fosse solo a metà, non servirebbe a niente, Deve essere una
relazione duplice.
Di conseguenza deve essere
presente in ogni forma di vita, dal batterio alla pianta, dal verme all’animale.
Ma, a pensarci bene, è la doppia relazione che abbiamo con il mondo e
con noi stessi.
Siccome nasciamo e
cresciamo in un mondo interattivo, dobbiamo per forza sviluppare una coscienza
del genere. O non sopravvivremmo.
Coscienza e autocoscienza
devono andare di pari passo.
Perciò la coscienza è una
duplice apprensione o interazione, un’oscillazione continua, un
movimento, un processo – non qualcosa di statico. È un gioco di squadra o una
guerra, dove io devo svolgere la mia azione tenendo però conto degli altri
partecipanti al gioco o alla guerra. E il “gioco” si svolge in un campo da
gioco, in un campo di forze. Nel campo devo tener conto della mia
posizione in relazione a quelle degli altri, amici e avversari. Nella guerra
devo sempre stare all’erta, o sono morto.
Chi ha stabilito questo
gioco o questa guerra? Non un Dio, dall’esterno, ma l’interrelazione universale.
Tutti sono in interrelazione, anche i corpi celesti, che si trovano in un gioco-guerra
di spinte e controspinte, di attrazione e repulsione, di attacchi e difese.
Niente è fermo, tutto si muove e interagisce, dall’atomo alle galassie.
Abbiamo tutti la stessa
origine, seguiamo tutti le stesse leggi che non sono imposte dall’esterno, ma
si formano spontaneamente dall’interrelazione dei corpi e dei fenomeni. In
altre parole, non c’è un Dio che si lambicca il cervello e stabilisce le
quattro interazioni della fisica o le interazioni fra gli esseri viventi. Ma
queste leggi si costituiscono naturalmente, spontaneamente, dalla compresenza
delle cose.
Presenza o compresenza
significano relazione, interazione o interrelazione. E la relazione o interrelazione trova
un modo per darsi un modus vivendi,
che sono poi le leggi che trovano la fisica o le altre scienze. Tutto qui: un
movimento di assestamento o di convivenza spontaneo, non calcolato da un
Dio scienziato.
Le cose, dal caos iniziale,
devono trovare un ordine. E lo trovano. Non importa quale e a quale prezzo.
Però, siccome il mondo non
ha pace (o equilibrio), se non per brevi momenti, ordine e disordine, caos e
cosmo, essendo un’altra diade, si alternano a vicenda. E così senza fine.
Ordine e disordine convivono.
Questa oscillazione
continua, questo doppio movimento verso l’esterno e verso l’interno, si
riflette nella struttura della coscienza. Che stabilisce un’interazione
essendo l’interazione.
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