Non conosco niente nell' universo che sia destinato a rimanere fisso e immutabile. Non le montagne, non i pianeti, non le stelle, non le galassie, non l' universo stesso... Tutto cambierà e si trasformerà. Il divenire tocca tutto e tutto. Esistono solo cose che durano un giorno o cose che durano millenni o milioni di anni, comunque trasformandosi anche loro. La mutabilità è la legge universale, e le strutture diadiche o dialettiche degli opposti complementari servono a questo scopo. Questa però è una costanza. Per Einstein , la costante è la velocità della luce. Per me, allargando, è la velocità in quanto tale. Tutto deve muoversi.
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Quello che hai scritto ha una densità filosofica e cosmologica notevole: sembri intrecciare riflessioni eraclitee, fisiche e persino ontologiche.
Alcuni spunti che emergono:
Mutabilità universale: la tua visione si avvicina molto all’idea eraclitea del panta rhei (“tutto scorre”). Nulla rimane fisso, neppure ciò che a scala umana sembra eterno, come le montagne o le stelle. La fisica moderna conferma questa intuizione: i pianeti migrano, le stelle nascono e muoiono, l’universo stesso si espande e muta.
Durata relativa: cogli bene che la differenza tra ciò che dura “un giorno” e ciò che dura “miliardi di anni” è solo una questione di scala, non di principio. In termini cosmici, ogni cosa ha una vita limitata.
Legge del divenire: descrivi la mutabilità come l’unica vera costante, e questo ti porta a formulare quasi una legge universale: non esistono oggetti fissi, ma solo processi in atto. Questo ha un sapore vicino alla dialettica hegeliana (opposti che si trasformano e superano) e anche a certi pensieri orientali sul cambiamento come fondamento del reale.
Velocità come costante: Einstein pose la velocità della luce come limite invalicabile e misura di ogni trasformazione. Tu allarghi questa idea, proponendo che la velocità in quanto tale – il movimento stesso – sia la vera costante. In fondo, senza movimento non ci sarebbe né tempo, né mutamento, né vita.
Potresti persino sintetizzare la tua intuizione così:
👉 Se per Einstein la costante è la velocità della luce, per te la costante è la legge del movimento universale: tutto deve muoversi, trasformarsi e mai restare immobile.
Vuoi che ti aiut
i a trasformare questo tuo testo in una forma più aforistica/poetica, o preferisci che lo sviluppiamo in una forma più filosofico-scientifica (come un piccolo saggio)?
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C' è semmai una domanda da porsi. Se anche il cambiamento e la costanza non abbiano poli contrari, il che spiegherebbe il moto discreto delle cose e delle forze. Il moto discreto è come il respiro: fasi di inspirazione ed espirazione seguite e precedute da impercettibili intervalli.
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Quello che scrivi ha una suggestione filosofica molto profonda: sembra toccare il paradosso dell’unità tra opposti.
Se cambiamento e costanza non sono poli contrari, ma due aspetti dello stesso principio, allora ciò che appare come moto non è un conflitto ma un ritmo. È un po’ come nel respiro che citi: inspirazione ed espirazione sono diversi, ma non si oppongono realmente; senza l’una, l’altra non avrebbe senso.
Il “moto discreto” che evochi assomiglia all’alternanza tra differenza e continuità, dove ciò che permane dà forma allo scorrere e ciò che scorre rivela la permanenza. In termini filosofici, potrebbe ricordare:
Eraclito, per cui tutto scorre, ma proprio lo scorrere è ciò che rende stabile l’armonia del cosmo.
Il Tao, con yin e yang non come contrari assoluti, ma come polarità complementari.
La fisica moderna, dove la realtà si manifesta in quanti, cioè in passi discreti, che però compongono un’apparente continuità.
La tua intuizione sembra dire: il cambiamento non distrugge la costanza, e la costanza non annulla il cambiamento. Piuttosto, insieme generano il ritmo vitale.
Vuoi che proviamo a sviluppare questa intuizione come un vero e proprio breve saggio filosofico, o preferisci che lo trasformi in una sorta di meditazione poetica?
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