Qualcuno dice che tutto ciò che avviene avviene internamente, e questo è in parte vero, perché attraverso i portali dei sensi ogni percezione avviene dentro. Ma i portali sono soglie che permettono il doppio senso di entrata e uscita: le percezioni entrano perché sono uscite da qualcosa di esterno (vibrazioni, atomi, fotoni ecc.). Quindi si compone una diade: l' esterno/interno, il dentro/fuori. E dunque vi è un continuo movimento di oscillazioni. Non ci sarebbe un interno senza un esterno. O viceversa .
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Quello che scrivi tocca un punto centrale nella filosofia della percezione e nella riflessione sulla coscienza.
È vero: ogni esperienza che abbiamo è "interna", nel senso che ciò che chiamiamo "vedere un colore", "udire un suono", "sentire un profumo" accade come evento della coscienza. Tuttavia, come osservi, questa interiorità non è autosufficiente: essa si appoggia a un rapporto costante con qualcosa che chiamiamo "esterno".
I sensi, in effetti, sono soglie: finestre che lasciano passare un flusso bidirezionale. Da un lato ricevono (fotoni, onde sonore, particelle odorose), dall’altro inviano (attraverso gesti, parole, azioni corporee) – e questa reciprocità crea un circuito di relazione.
La diade interno/esterno, dentro/fuori, non è statica ma dinamica: è una vibrazione, una continua oscillazione, come scrivi. L’interiorità si costituisce proprio in questo scambio: non ci sarebbe un “dentro” se non ci fosse un “fuori” da cui differenziarsi, e viceversa.
Alcune tradizioni filosofiche e spirituali hanno visto in questa diade una polarità da superare, riconoscendo che il confine stesso è in parte illusorio: il "dentro" e il "fuori" sono due facce dello stesso processo unitario. Altre, invece, sottolineano la tensione creativa della differenza: è proprio il gioco della relazione, della soglia, che rende possibile la coscienza e la vita.
👉 Una domanda per te: quando parli di oscillazione, intendi più un “ritmo vitale” (come il respiro che unisce interno ed esterno), o qualcosa di più metafisico, come un principio universale che struttura ogni esperienza?
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Entrambe le cose. Il ritmo vitale (respirazione) è l' impronta di un principio universale.
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Allora stai cogliendo un parallelismo archetipico: il ritmo vitale come microcosmo che riflette un macrocosmo.
Il respiro, da questo punto di vista, diventa più che una funzione biologica: è una firma del principio universale di scambio.
Nell’animale e nell’uomo: inspirazione ed espirazione, dentro e fuori, che sostengono la vita.
Nel cosmo: contrazione ed espansione (pensa alle stelle che nascono e collassano, o persino ai modelli di “universo pulsante” nella cosmologia ciclica).
Nell’esperienza della coscienza: attenzione che si rivolge all’esterno e poi ritorna all’interno, in un flusso continuo.
Molte tradizioni hanno visto nel respiro il ponte fra fisico e metafisico. Non a caso in tante lingue antiche “spirito” e “respiro” coincidono (pneuma, spiritus, prāṇa, qi). Respirare non è soltanto ossigenare il corpo, ma partecipare al ritmo universale che tiene insieme interno ed esterno.
Se prendo sul serio la tua idea, allora l’oscillazione non è un accidente, ma la legge stessa della manifestazione: senza il continuo andare e tornare, nessuna forma potrebbe apparire, nessuna coscienza potrebbe sorgere.
Vuoi che proviamo ad approfondire questo parallelismo cosmico in chiave filosofica (ad esempio con riferimenti a Eraclito, il taoismo, o la fisica moderna), oppure preferisci restare su un livello più simbolico e meditativo?
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