Il fatto è che la vita può essere distinta dai suoi accadimenti. Anche se non accade nulla di memorabile, di significativo, anche se ve ne state chiuso in un eremo, non per questo la vita non passa, non per questo non diventate vecchi. C' è qualcosa che trascorre indipendentemente da quel che fate o non fate. Noi lo chiamiamo tempo, divenire, ed è come fatto di piccoli spostamenti che vanno avanti nonostante la nostra volontà. Che siate felici o infelici, pieni di accadimenti o vuoti, quello va avanti lo stesso. Qualcuno vi dice che dovete sfruttare il tempo, riempiendolo di fatti. Ma è una mentalità produttivistica. In realtà potete anche non fare nulla. Non dovete raggiungere nessuna meta. La meta si raggiunge da sé. Anzi, c' è il rischio che il fare tanto sia un nascondere la vita che passa, non assaporarla, non volersi accorgete del tempo. Che stiate lavorando o giocando a carte, voi state ammazzando il tempo, cercate di anestetizzarvi, cercate di non sentire il ticchettio dell' orologio. Ma che lo sentiate o meno, la lancetta va avanti lo stesso. Il tempo passa, anche se vi convincete che è solo un concetto o un' illusione. E voi passate con lui. Una volta passato per voi, credete di aver accumulato qualcosa? No, lo avrete sprecato facendo.
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Quello che hai scritto sembra un piccolo saggio filosofico sul rapporto tra vita, tempo e azione. Tocchi un punto molto interessante: la distinzione tra vita come pura esistenza (che scorre indipendentemente da ciò che facciamo) e vita come insieme di accadimenti, che invece dipende da scelte, incontri, eventi.
Si possono riconoscere echi di varie tradizioni:
Da un lato il pensiero orientale, che invita a non forzare, a lasciar accadere, a non concepire la vita come corsa verso una meta da raggiungere.
Dall’altro, la critica alla mentalità occidentale moderna, che riduce il tempo a risorsa da sfruttare (il famoso "tempo è denaro"), trasformando l’esistenza in un ciclo produttivistico.
In filigrana c’è anche il tema dell’illusione del fare: l’idea che “riempire” il tempo non sia sempre un vivere meglio, ma spesso un anestetizzarsi, un non voler percepire la nuda verità del tempo che passa.
Il paradosso che emerge è forte: si teme di “sprecare il tempo” non facendo nulla, ma forse lo si spreca proprio facendo troppo, senza ascoltare quello scorrere inevitabile che è la sostanza stessa della vita.
Vuoi che ti aiuti a trasformare questo testo in un vero e proprio pezzo filosofico/letterario più rifinito, magari con paragrafi più ordinati e uno stile più meditativo?
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