È risaputo che, per la fisica quantistica, il ruolo dell’osservatore nell’atto di misurare
un fenomeno quantistico influisce sul risultato dell’esperimento, suggerendo
una connessione intima tra l’osservatore e l’osservato. Questo fenomeno, noto
come collasso della funzione d’onda, solleva interrogativi sulla natura della
coscienza e sulla sua relazione con il mondo esterno. Alcune interpretazioni
suggeriscono l’esistenza di una coscienza universale, una sorta di campo
informazionale che permea tutto l’universo e influisce sul comportamento delle
particelle.
In tal modo la fisica
quantistica rivela un universo in cui ogni particella, campo e
fenomeno sono intrinsecamente interconnessi, formando una trama intricata di
relazioni che si estendono attraverso lo spazio e il tempo. Uno degli aspetti
fondamentali di questa interconnessione è evidenziato dalla sovrapposizione
quantistica. Secondo il principio di sovrapposizione, una
particella può esistere contemporaneamente in più stati, finché non viene
osservata o misurata. Questo concetto, formulato attraverso l’equazione di Schrödinger, suggerisce che,
prima dell’osservazione, la particella possiede una distribuzione di
probabilità su tutti i possibili stati in cui potrebbe trovarsi.
Per spiegare meglio il fenomeno, Schrodinger ideò un famoso esperimento
mentale:
Immaginiamo una scatola chiusa contenente un gatto, una fiala di
veleno, una sorgente radioattiva e un dispositivo che reagisce al decadimento
atomico. Secondo la meccanica quantistica, esiste una probabilità
non trascurabile che la sorgente radioattiva si attivi, rilasciando
il veleno e uccidendo il gatto. Tuttavia, fino a quando
non apriamo la scatola per osservare direttamente il suo contenuto, il gatto
esiste in uno stato sovrapposto, simultaneamente vivo e morto.
Questa disciplina ci mostra un universo in cui le particelle
subatomiche sfidano le nostre intuizioni classiche sulla realtà, esistendo in
uno stato di sovrapposizione fino a quando non vengono osservate o misurate.
Secondo la teoria quantistica, le particelle possono essere sia
onde che particelle, e possono occupare simultaneamente molteplici stati o
posizioni. Solo quando vengono osservate o misurate, queste
sovrapposizioni “collassano” su uno stato definito.
È come se l’osservatore
diventasse parte del fenomeno osservato, modellando attivamente il risultato finale.
In altre parole, quando osserviamo il contenuto
della scatola, l’universo si divide in due rami separati, ognuno dei
quali rappresenta una dei possibili esiti dell’esperimento. In uno
di questi universi il gatto sopravvive, mentre nell’altro muore.
Questa visione suggerisce l’esistenza di una molteplicità di realtà parallele,
in cui ogni possibilità si materializza effettivamente.
Ma ciò che a noi interessa è l’interconnessione soggetto/oggetto.
Non è vero che il nostro è uno sguardo neutro e separato da ciò che osserva. È
vero il contrario. In certi casi, è il soggetto conoscente che influenza
l’oggetto conosciuto.
Questo perché l’antinomia soggetto/oggetto è un fenomeno
oscillatorio in cui, mentre l’oggetto entra nel campo del soggetto conoscente,
il soggetto conoscente influenza l’oggetto. Tra i due poli esiste un legame che
li tiene uniti in un rapporto d’interdipendenza reciproca e di complementarità.
Ma se questo è vero per le particelle, è vero anche per altri
oggetti? In apparenza viviamo in un mondo già diviso in enti ben definiti e già
formati, su cui non possiamo intervenire. Se io guardo un oggetto, per esempio
una sedia, la sedia non sembra influenzata. Perché è già tutta definita.
Se però guardo una qualsiasi persona o un animale, questo
determina qualcosa, cambia qualcosa nell’altro. I due campi si intersecano
influenzandosi a vicenda e cambiando qualcosa (un atteggiamento, un sentimento,
un modo di porsi, un’emozione…). Si verifica cioè una reazione, una
interrelazione, che modifica entrambi.
Quella che noi chiamiamo comunicazione è in realtà un fenomeno
oscillatorio fra due soggetti che si influenzano a vicenda. È
un dialogo, dove l’uno influenza l’altro. Anche se guardo un animale succede lo
stesso: lui valuta me e io valuto lui; i due campi interagiscono. Provate a
incontrare una tigre o un lupo in una foresta!
Distinguiamo allora fra oggetti animati e oggetti inanimati. L’oggetto
inanimato resta invece così com’è, non reagisce all’apparenza, o reagisce così
poco che non lo si nota.
Questi oggetti sono già in uno stato definito, non mutevole, non
“collassabile. Ma gli oggetti animati, in quanto osservatori e osservati, sì. È
come se fossero in uno stato quantistico, ancora in una sovrapposizione di
stati. Con la differenza che essendo duali sono sempre in un rapporto
soggetto/oggetto anche per se stessi per via della coscienza. La coscienza
sembra proprio uno stato quantistico.
Non per nulla nel famoso esperimento mentale di Schrodinger è
stato scelto un gatto, un essere animato e vivente, non un oggetto. Perché l’oggetto
non può essere vivo o morto.
Ma è poi vero? Anche gli oggetti cambiano, seppur lentamente. La
montagna è sorta dal mare e si modifica a poco a poco. E anche la sedia. Diciamo
allora che è diversa la velocità del cambiamento o il rapporto con l’osservatore.
Se io dico alla sedia di spostarsi, la sedia si sposterà, ma chissà quando e
chissà in risposta a quante altre sollecitazioni. Io comunque avrò contribuito
a spostarla.
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