Il fatto è che noi, in
quanto soggetti di conoscenza, abbiamo già modellato il mondo in un certo modo,
lo abbiamo fatto passare da un luogo di possibilità ad un’unica realtà. E, se
adesso ci chiediamo se possiamo cambiarlo, dobbiamo ricordarci che lo abbiamo
già fatto precipitare da un mondo indeterminato ad uno definito: lo abbiamo
fatto collassare, decidere di essere in un modo piuttosto che in un altro. Ma
certo lo abbiamo fatto inconsapevolmente, co-evolvendoci con esso.
Cosa si può fare ora, per
cambiarlo, se non introducendo non più un’influenza casuale, ma una piena
consapevolezza?
“Come è noto, esistono due
forme di meditazione, concentrativa e
analitica. Nella prima si può raggiungere uno stato cognitivo di consapevolezza
priva di contenuto e pensiero discorsivo; nella seconda invece la mente viene
diretta su un oggetto di riflessione (per esempio un concetto filosofico, che
viene analizzato in tutte le sue sfaccettature.
Si sono esaminati i tracciati elettroencefalografici
risultanti dai due tipi di mediazione e si sono analizzati tramite modelli
matematici, per cercare di mettere in evidenza le differenze a livello
neurofisiologico durante la meditazione concentrativa e quella analitica. .
Le prime misurazioni, eseguite su monaci orientali
con una lunga esperienza di meditazione, ci
indicano che, analizzando il segnale elettroencefalografico, è possibile
distinguere nettamente tra i due tipi di meditazione. In particolare, si è
visto che la meditazione concentrativa provoca un drastico cambiamento della
potenza di tale segnale nella maggior parte delle bande spettrali classiche e
che tale cambiamento è più evidente al crescere dell'esperienza del soggetto.
Di fatto si è osservato con certezza questo fenomeno in quei monaci con più di
20.000 ore di meditazione al loro attivo.
Tenuto conto della
letteratura scientifica sull'argomento, sembrerebbe che, con l'esperienza nella
pratica di meditazione, cresca la capacità di attivare meccanismi
dell'attenzione che permettono di sopprimere stimoli non rilevanti e
distrattori, a favore della focalizzazione sull'auto consapevolezza, cosa che
di fatto è proprio lo scopo della meditazione concentrativa. Si è anche
osservato che lo stesso soggetto (esperto) impegnato sia nella meditazione
analitica che in quella concentrativa, è in grado soltanto in questo secondo
caso di generare le variazioni descritte sopra, e questo ci suggerisce che tali
variazioni possano essere rilevanti per uno studio più approfondito sugli stati
non ordinari di coscienza indotti dalla meditazione.” [da un articolo di Davide
Re su Avvenire]
Il nostro problema è
scoprire il meccanismo che sta alla base della dualità (diade) soggetto/oggetto
e che ha dato origine, da una parte, a quell’oggetto e, dall’altra parte, a quel
soggetto. Questo perché abbiamo assodato che i processi creativi sono diadici,
ossia formati da coppie di elementi uguali ma contrapposti in modo
complementare.
Le leggi della fisica e
delle varie scienze che abbiamo “scoperto” non sono propriamente oggettive, ma
resi tali dalla conoscenza del soggetto umano. In altri termini, nessun altro
animale li avrebbe scoperti (perché incapace di formularle) e, in ipotetico pianeta
popolato da altri esseri coscienti, si sarebbero “scoperte” altre leggi,
ritenute magari oggettive. E anche questo non è del tutto vero perché non è che
prima esista un soggetto e poi un oggetto che lo determina, ma un processo
duale di separazione soggetto/oggetto che è un unitario. Insomma il soggetto e
l’oggetto sono nati insieme, determinandosi a vicenda, come una medaglia che
non può esistere se non ha due facce.
Le due facce sono il
soggetto e l’oggetto, e la medaglia è il processo che partendo da un’unità
virtuale ha dato origine alle due facce.
Ora, se io voglio “conoscere”
questa unità virtuale non posso applicarmi come soggetto (che è già il frutto
della divisione), ma devo il più possibile fare il vuoto di questo soggetto. E
qui veniamo alla meditazione concentrativa che prima deve mettere a tacere le
divisioni interne al soggetto stesso, e poi deve mettere a tacere la
contrapposizione-divisione tra soggetto e oggetto. Insomma, si tratta di
ritornare alle origini, al momento prima delle divisioni, quando il soggetto e
l’oggetto costituivano un’unità non ancora differenziata.
Voi capite che l’operazione
non può essere eseguita dal normale soggetto dualizzato e dualizzante, ma deve
essere eseguita da una “non mente”, così come si dice in meditazione. In
sostanza, il soggetto deve retrocedere per lasciare il posto a un “non soggetto”
Se no, sarà sempre il cane che cercherà di mordersi la coda o l’inseguimento
tra l’uovo e la gallina.
Ecco perché la meditazione capace
di fare il vuoto è così importante, non solo per cercare la quiete, ma anche
per risalire alle origini dell’evoluzione.
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