giovedì 6 giugno 2024

L'importanza scientifica della meditazione

 

Il fatto è che noi, in quanto soggetti di conoscenza, abbiamo già modellato il mondo in un certo modo, lo abbiamo fatto passare da un luogo di possibilità ad un’unica realtà. E, se adesso ci chiediamo se possiamo cambiarlo, dobbiamo ricordarci che lo abbiamo già fatto precipitare da un mondo indeterminato ad uno definito: lo abbiamo fatto collassare, decidere di essere in un modo piuttosto che in un altro. Ma certo lo abbiamo fatto inconsapevolmente, co-evolvendoci con esso.

Cosa si può fare ora, per cambiarlo, se non introducendo non più un’influenza casuale, ma una piena consapevolezza?

“Come è noto, esistono due forme di  meditazione, concentrativa e analitica. Nella prima si può raggiungere uno stato cognitivo di consapevolezza priva di contenuto e pensiero discorsivo; nella seconda invece la mente viene diretta su un oggetto di riflessione (per esempio un concetto filosofico, che viene analizzato in tutte le sue sfaccettature.

Si sono esaminati i tracciati elettroencefalografici risultanti dai due tipi di mediazione e si sono analizzati tramite modelli matematici, per cercare di mettere in evidenza le differenze a livello neurofisiologico durante la meditazione concentrativa e quella analitica. .

Le prime misurazioni, eseguite su monaci orientali con una lunga esperienza di meditazione, ci  indicano che, analizzando il segnale elettroencefalografico, è possibile distinguere nettamente tra i due tipi di meditazione. In particolare, si è visto che la meditazione concentrativa provoca un drastico cambiamento della potenza di tale segnale nella maggior parte delle bande spettrali classiche e che tale cambiamento è più evidente al crescere dell'esperienza del soggetto. Di fatto si è osservato con certezza questo fenomeno in quei monaci con più di 20.000 ore di meditazione al loro attivo.

Tenuto conto della letteratura scientifica sull'argomento, sembrerebbe che, con l'esperienza nella pratica di meditazione, cresca la capacità di attivare meccanismi dell'attenzione che permettono di sopprimere stimoli non rilevanti e distrattori, a favore della focalizzazione sull'auto consapevolezza, cosa che di fatto è proprio lo scopo della meditazione concentrativa. Si è anche osservato che lo stesso soggetto (esperto) impegnato sia nella meditazione analitica che in quella concentrativa, è in grado soltanto in questo secondo caso di generare le variazioni descritte sopra, e questo ci suggerisce che tali variazioni possano essere rilevanti per uno studio più approfondito sugli stati non ordinari di coscienza indotti dalla meditazione.” [da un articolo di Davide Re su Avvenire]

Il nostro problema è scoprire il meccanismo che sta alla base della dualità (diade) soggetto/oggetto e che ha dato origine, da una parte, a quell’oggetto e, dall’altra parte, a quel soggetto. Questo perché abbiamo assodato che i processi creativi sono diadici, ossia formati da coppie di elementi uguali ma contrapposti in modo complementare.

Le leggi della fisica e delle varie scienze che abbiamo “scoperto” non sono propriamente oggettive, ma resi tali dalla conoscenza del soggetto umano. In altri termini, nessun altro animale li avrebbe scoperti (perché incapace di formularle) e, in ipotetico pianeta popolato da altri esseri coscienti, si sarebbero “scoperte” altre leggi, ritenute magari oggettive. E anche questo non è del tutto vero perché non è che prima esista un soggetto e poi un oggetto che lo determina, ma un processo duale di separazione soggetto/oggetto che è un unitario. Insomma il soggetto e l’oggetto sono nati insieme, determinandosi a vicenda, come una medaglia che non può esistere se non ha due facce.

Le due facce sono il soggetto e l’oggetto, e la medaglia è il processo che partendo da un’unità virtuale ha dato origine alle due facce.

Ora, se io voglio “conoscere” questa unità virtuale non posso applicarmi come soggetto (che è già il frutto della divisione), ma devo il più possibile fare il vuoto di questo soggetto. E qui veniamo alla meditazione concentrativa che prima deve mettere a tacere le divisioni interne al soggetto stesso, e poi deve mettere a tacere la contrapposizione-divisione tra soggetto e oggetto. Insomma, si tratta di ritornare alle origini, al momento prima delle divisioni, quando il soggetto e l’oggetto costituivano un’unità non ancora differenziata.

Voi capite che l’operazione non può essere eseguita dal normale soggetto dualizzato e dualizzante, ma deve essere eseguita da una “non mente”, così come si dice in meditazione. In sostanza, il soggetto deve retrocedere per lasciare il posto a un “non soggetto” Se no, sarà sempre il cane che cercherà di mordersi la coda o l’inseguimento tra l’uovo e la gallina.

Ecco perché la meditazione capace di fare il vuoto è così importante, non solo per cercare la quiete, ma anche per risalire alle origini dell’evoluzione.

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