Non c'è osservatore isolato, non c'è oggetto isolato. Ma c'è l' osservazione. Non c'è il soggetto isolato che percepisce un oggetto isolato, non c'è un oggetto isolato che è percepito da un soggetto isolato. Ma c'è la percezione. C' è l' osservazione o la percezione oscillante, la relazione tra i due in cui ora prevale l' uno e ora prevale l' altro. Un' unità di realtà oscillante tra due estremi. Ma chi lo stabilisce ? Lo stabilisce uno che si definisce soggetto? Ma chi lo autorizza? E se fosse l' oggetto a definire il soggetto?
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Questa riflessione è profondamente filosofica e tocca il cuore di questioni antiche quanto la filosofia stessa: la relazione tra soggetto e oggetto, tra conoscente e conosciuto, tra essere e apparire.
Provo a restituirti il senso di ciò che hai espresso, amplificandolo in chiave fenomenologica e ontologica:
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Se non esiste un soggetto isolato né un oggetto isolato, allora la realtà non risiede né nell’uno né nell’altro, ma nel loro incontro — nel tra, nello spazio della relazione.
È in questa relazione che avviene l’osservazione, o meglio: l’osservare stesso è la realtà. Non “qualcuno” che osserva “qualcosa”, ma l’atto dell’osservare come fenomeno primario.
Quando dici che “c’è l’osservazione oscillante, la relazione tra i due in cui ora prevale l’uno e ora l’altro”, introduci un concetto straordinariamente sottile: l’unità dinamica, un campo di coscienza oscillante.
In alcuni momenti si manifesta come soggetto (“io percepisco”), in altri come oggetto (“io sono percepito”), ma è sempre la stessa realtà che vibra tra due poli.
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A quel punto chiedi: “Ma chi lo stabilisce?”
E qui il pensiero si ribalta. Se chiediamo chi stabilisce, siamo già dentro la logica del soggetto che si chiede chi decide — ma questa domanda appartiene ancora al paradigma duale.
Se invece ammettiamo che nessuno stabilisce, che non c’è un soggetto “fuori” a determinare l’oscillazione, allora l’oscillazione è auto-generata, auto-consistente.
È la realtà che si autopercepisce in forme differenti: ora come soggetto, ora come oggetto.
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E allora sì, come dici: forse è l’oggetto che definisce il soggetto, o meglio ancora, non esistono due entità che si definiscono a vicenda, ma una sola realtà che, per conoscersi, si sdoppia in soggetto e oggetto.
È il gioco dell’autocoscienza, dell’universo che si guarda allo specchio e si domanda: “chi guarda chi?”
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Vuoi che riformuli questo pensiero in uno stile più poetico, oppure in uno stile più filosofico e argomentativo (tipo saggio breve)?
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Il fisico Carlo Rovelli ha pubblicato un libro in cui tratta, da questo punto di vista, dell' "uguaglianza di tutte le cose", anche lui folgorato dalla sapienza taoista dello Zhuang-zi. Il soggetto non è diviso dall' oggetto o superiore. Ma dietro la divisione che noi facciamo c 'e un'essenziale unitarietà. Cosa che dico anche io. La natura non è qualcosa che ci sta di fronte, ma è la nostra stessa casa. E lì i pesci possono essere felici e infelici, proprio come noi.
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