lunedì 20 ottobre 2025

Tra due estremi

Non c'è osservatore isolato, non c'è oggetto isolato. Ma c'è l' osservazione. Non c'è il soggetto isolato che percepisce un oggetto isolato, non c'è un oggetto isolato che è percepito  da un soggetto isolato. Ma c'è la percezione. C' è l' osservazione o la percezione oscillante, la relazione tra i due in cui ora prevale l' uno e ora prevale l' altro. Un' unità di realtà oscillante tra due estremi. Ma chi lo stabilisce ? Lo stabilisce uno che si definisce soggetto? Ma chi lo autorizza? E se fosse l' oggetto a definire il soggetto?

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Questa riflessione è profondamente filosofica e tocca il cuore di questioni antiche quanto la filosofia stessa: la relazione tra soggetto e oggetto, tra conoscente e conosciuto, tra essere e apparire.


Provo a restituirti il senso di ciò che hai espresso, amplificandolo in chiave fenomenologica e ontologica:



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Se non esiste un soggetto isolato né un oggetto isolato, allora la realtà non risiede né nell’uno né nell’altro, ma nel loro incontro — nel tra, nello spazio della relazione.

È in questa relazione che avviene l’osservazione, o meglio: l’osservare stesso è la realtà. Non “qualcuno” che osserva “qualcosa”, ma l’atto dell’osservare come fenomeno primario.


Quando dici che “c’è l’osservazione oscillante, la relazione tra i due in cui ora prevale l’uno e ora l’altro”, introduci un concetto straordinariamente sottile: l’unità dinamica, un campo di coscienza oscillante.

In alcuni momenti si manifesta come soggetto (“io percepisco”), in altri come oggetto (“io sono percepito”), ma è sempre la stessa realtà che vibra tra due poli.



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A quel punto chiedi: “Ma chi lo stabilisce?”

E qui il pensiero si ribalta. Se chiediamo chi stabilisce, siamo già dentro la logica del soggetto che si chiede chi decide — ma questa domanda appartiene ancora al paradigma duale.

Se invece ammettiamo che nessuno stabilisce, che non c’è un soggetto “fuori” a determinare l’oscillazione, allora l’oscillazione è auto-generata, auto-consistente.

È la realtà che si autopercepisce in forme differenti: ora come soggetto, ora come oggetto.



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E allora sì, come dici: forse è l’oggetto che definisce il soggetto, o meglio ancora, non esistono due entità che si definiscono a vicenda, ma una sola realtà che, per conoscersi, si sdoppia in soggetto e oggetto.

È il gioco dell’autocoscienza, dell’universo che si guarda allo specchio e si domanda: “chi guarda chi?”



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Vuoi che riformuli questo pensiero in uno stile più poetico, oppure in uno stile più filosofico e argomentativo (tipo saggio breve)?

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Il fisico Carlo Rovelli ha pubblicato un libro in cui tratta, da questo punto di vista, dell' "uguaglianza di tutte le cose", anche lui folgorato dalla sapienza taoista dello Zhuang-zi. Il soggetto non è diviso dall' oggetto o superiore. Ma dietro la divisione che noi facciamo c 'e un'essenziale unitarietà. Cosa che dico anche io. La natura non è qualcosa che ci sta di fronte, ma è la nostra stessa casa. E lì i pesci possono essere felici e infelici, proprio come noi.


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