martedì 28 ottobre 2025

Che cosa è la vita? Isole provvisorie

 Pubblico questo bell'articolo di Telmo Piovani, perché cita una definizione di Schrodinger illuminante: "Gli organismi viventi sono isole provvisorie di ordine in un oceano di entropia crescente." Provvisorie, perché prima o poi, morendo, devono restituire all’universo l’entropia che gli hanno sottratto. In pratica, la vita è un tentativo, disperato e a termine, di sfuggire alla seconda legge della termodinamica, che impone un aumento progressivo dell’entropia. Si tratta di una definizione molto profonda, perché anche la nostra mente è un’isola provvisoria di consapevolezza, che per un po’ si affaccia sul mondo, cerca di comprenderlo, si pone domande, e poi si spegne per sempre."

Il paradosso della biologia è che l’oggetto del suo studio – gli organismi viventi – non ha ancora una definizione universale e condivisa da tutti gli esperti. Per essere vivi, infatti, bisogna rispettare una serie di condizioni che non sempre si presentano tutte insieme e in modo coerente: solitamente un essere vivente è in grado di muoversi (anche gli organismi sessili, come le piante, benché ancorate a un sostrato manifestano molti movimenti, interni ed esterni; tuttavia, anche una fiamma si muove); ha un metabolismo, cioè si ciba di alcune sostanze, le trasforma in energia e ne scarta altre; ha un apparato sensoriale, più o meno sviluppato, che lo mette in relazione con l’ambiente esterno; si riproduce, trasmettendo ai discendenti parte della sua informazione genetica, ereditata a sua volta dai suoi antenati; nasce, cresce, si sviluppa e muore; evolve, cioè contribuisce al processo di variazione e selezione che trasforma le specie nel corso del tempo. Infine, gode di una sua autonomia (in tal senso i virus difettano di una delle caratteristiche del vivente, perché sono parassiti genetici obbligati che hanno bisogno di un ospite per vivere e diffondersi).


Per essere vivi, infatti, bisogna rispettare una serie di condizioni che non sempre si presentano tutte insieme e in modo coerente

Se può essere di consolazione, anche altre entità fondamentali delle scienze della vita non hanno ancora una definizione condivisa. Esistono per esempio molte nozioni differenti e divergenti di cosa sia una «specie» biologica. Anche stabilire cosa sia precisamente un «gene» non è facile. Non sappiamo come identificare esattamente il confine di un “individuo” con il suo corpo: gli organismi riuniti in colonie sono un insieme di individui o uno solo? E quelli in simbiosi? E gli olobionti come noi che ci portiamo dentro migliaia di specie microbiche? Ciascuno di noi contiene moltitudini, anzi siamo moltitudini.

Definire che cos’è la vita non è un esercizio accademico. Se per esempio vogliamo capire se un pianeta extrasolare, uno di quelli che orbitano attorno ad altre stelle della nostra galassia, ospita o meno la vita, dobbiamo prima identificare i marcatori tipici della presenza di organismi viventi. Se in atmosfera sono in circolazione gas e altre sostanze, non in equilibrio, che solo la vita può produrre, allora è probabile che su quel mondo alieno esistano esseri che possiamo definire «vivi». Oggi gli scienziati hanno catalogato e stanno monitorando migliaia di esopianeti che hanno caratteristiche compatibili con la vita (temperature non estreme, presenza di acqua in tutti e tre gli stati, etc.) e stiamo aspettando con trepidazione la notizia dell’esistenza di biologie non terrestri.


Erwin  Schrödinger e Thomas Mann

Due delle definizioni più belle di che cos’è la vita le hanno date un grande fisico e un grande scrittore. Secondo Erwin Schrödinger, uno dei padri della meccanica quantistica - che nel 1944 aveva intuito l’esistenza di una qualche molecola in grado di contenere e trasmettere l’informazione genetica (la struttura a doppia elica del Dna verrà scoperta nove anni dopo) – essere vivi significa cibarsi di entropia (sotto forma di sostanze libere in ambiente e di informazione) per trasformarla, provvisoriamente, in strutture ordinate e complesse. Gli organismi viventi sono cioè isole provvisorie di ordine in un oceano di entropia crescente. Provvisorie, perché prima o poi, morendo, devono restituire all’universo l’entropia che gli hanno sottratto. In pratica, la vita è un tentativo, disperato e a termine, di sfuggire alla seconda legge della termodinamica, che impone un aumento progressivo dell’entropia. Si tratta di una definizione molto profonda, perché anche la nostra mente è un’isola provvisoria di consapevolezza, che per un po’ si affaccia sul mondo, cerca di comprenderlo, si pone domande, e poi si spegne per sempre.

La definizione letteraria più bella fu invece coniata nel 1924 da Thomas Mann, che ne La Montagna Incantata scrive: «Che cos’era dunque la vita? Era calore, prodotto calorifico di una inconsistenza che riceveva forma, febbre della materia di cui era accompagnato il processo di continua decomposizione e ricomposizione delle molecole d’albumina, di costituzione complicata e meravigliosa. Era l’esistenza di ciò che non può esistere, di questo bilanciarsi a gran fatica, fatica dolce e dolorosa insieme, sul punto dell’essere... Non era materia e non era spirito. Era qualcosa fra i due, un fenomeno, un portato della materia, simile all’arcobaleno sulla cascata, simile alla fiamma. Ma quantunque non materiale era sensuale fino al piacere e alla nausea, era la spudoratezza della materia diventata sensibile, era la forma impudica dell’essere. Era un agitarsi segreto e sensibile del gelo pudico dell’universo, un’impurità voluttuosa e nascosta di assorbimento del nutrimento e di escrezione. Era il lussureggiare reso possibile da un pareggio della sua instabilità e costretto in leggi congenite di formazione, era lo svilupparsi e il costituirsi di un turgore fatto di acqua, albumina, sale e grassi, che si chiamava carne e diventava forma, nobile immagine, bellezza, ma che nello stesso tempo significava compendio d’ogni sensibilità e desiderio».


La «febbre della materia»

Oggi sappiamo che questa «febbre della materia» iniziò circa 3,8 miliardi di anni fa sulla Terra, non appena il pianeta si raffreddò abbastanza, probabilmente non in pozze d’acqua bassa inondate dal sole - il «brodo primordiale» di cui scriveva già Charles Darwin - bensì nelle profondità oceaniche, in assenza di luce, in prossimità delle caldissime sorgenti idrotermali abissali. L’energia di innesco non venne dunque dal sole e dai fulmini, ma dalla Terra stessa. Gli ingredienti di base c’erano: zuccheri, grassi per fare le membrane, enzimi, aminoacidi. Forse i primi replicanti furono a base di Rna  e solo successivamente emerse il Dna, molecola più stabile.

Il Premio Nobel per la Medicina del 2001 Paul Nurse di recente ha aggiornato la definizione di vita condensandola in tre principi molto efficaci: 

1) vivere significa essere capaci di evolvere, cioè essere portatori di molecole informative (Dna, Rna e proteine) che siano al contempo fedeli nella copiatura e tolleranti verso errori e mutazioni; 

2) essere entità fisiche delimitate e insieme comunicanti, in altri termini la vita è interazione (cioè scambio tra un interno e un esterno) e chiusura (avere una membrana); 

3) infine, essere macchine fisiche, chimiche e informazionali, ovvero cellule. C’è informazione nel Dna, negli Rna, ma tantissima anche nelle proteine (grazie a come si avvolgono) e nella rete intricatissima dei segnali cellulari. La cellula è un sistema che si auto-regola, elabora input e output, usa le informazioni per prendere «decisioni». La vita è una rete di informazioni. Gli organismi viventi agiscono come un tutto, come un sistema integrato.


La vita è una rete di informazioni. Gli organismi viventi agiscono come un tutto, come un sistema integrato. Tutti gli esseri viventi sulla Terra sono imparentati fra loro

Forse però la magia più stupefacente della vita è un’altra ancora: non solo apertura e chiusura, non solo stabilità e mutamento, ma anche unità nella diversità. Tutti gli esseri viventi sulla Terra sono imparentati fra loro. In una cellula di lievito ci sono 40 milioni di proteine (un tumulto di attività chimiche che si svolgono con enorme velocità e precisione) e il lievito è ciò che di più diverso da noi possiamo immaginare. Eppure, con i lieviti noi abbiamo avuto un antenato comune, vissuto almeno un miliardo di anni fa, tant’è che condividiamo una parte dei nostri geni, per esempio quelli che presiedono alla divisione cellulare. Noi e il lievito, chi l’avrebbe mai detto. La vita è una grande avventura di esplorazione del possibile, un filo condiviso che tiene insieme umani, altri animali, piante e microbi.

***

A me viene in mente un'altra definizione della fisica quantistica riferita alle particelle: eccitazioni del campo. Siamo un po' tutti "eccitati" e quindi fuori dalle righe. Emergiamo come qualcosa che sporge dal vuoto temporaneamente. Ma, dopo aver cantato o vibrato, rientriamo da dove siamo venuti. E questo continuamente. Oscilliamo tra l'emergere e l'affondare, tra l'uscire e il rientrare, in un ciclo che non ha termine. Sembra una cosa senza senso perché circolare. Ma, a forza di entrare in risonanza con altre diadi, potrebbe trasformarsi in un movimento a spirale con una vetta.










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