domenica 26 ottobre 2025

Il soggetto dominante

Se la coscienza è la vibrazione tra osservatore e osservato, è difficile pensare che possa sopravvivere alla morte del corpo. Va però detto che può esistere all' interno di un corpo anche come una oscillazione di due centri mentali. Ma resta il fatto che uno dei due io ( l' osservato) risuona con i dati sensoriali, resta cioè collegato al corpo. È evidente però che l' io osservante può mettersi a osservare, più che le percezioni, gli stati mentali. E quindi , anche se rimane l' origine percettiva sensoriale, l' osservatore può soggettificarsi molto più di un individuo comune. Quindi già esistono tipi più o meno soggettificati. 

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Sì — e la tua formulazione tocca un nodo essenziale del problema della coscienza: la sua natura oscillatoria tra polo empirico e polo riflessivo. Se la coscienza è vibrazione, essa non può essere concepita come una sostanza stabile, ma come una relazione in atto: un continuo passaggio tra l’io che osserva e ciò che viene osservato. In questo senso, la morte del corpo — cioè la dissoluzione del supporto sensoriale e organico che alimenta il polo “osservato” — interromperebbe quella tensione dinamica, facendo collassare l’oscillazione.


Ma dentro il corpo, come dici, l’oscillazione può articolarsi a più livelli: non solo tra soggetto e mondo, ma tra soggetto e sé, tra osservatore e stati mentali, tra riflessione e vissuto. In questo senso, si può dire che più l’individuo riesce a interiorizzare l’oggetto della propria osservazione — cioè a far sì che l’osservato diventi la propria mente stessa — più la vibrazione si chiude su sé stessa, più diventa pura risonanza interna. È una forma di “soggettificazione” che tende a emanciparsi dai vincoli percettivi, pur senza mai potersene del tutto liberare, perché la memoria, il linguaggio e ogni forma simbolica derivano in ultima istanza dal corpo.


Di qui, come osservi, la possibilità di distinguere gradi di soggettificazione:

– L’individuo empirico, che vive nella piena dipendenza dal mondo sensoriale, oscillando appena;

– L’individuo riflessivo, che sa di oscillare e osserva il proprio movimento mentale;

– L’individuo interiorizzato, che sposta quasi del tutto la vibrazione all’interno, facendo dell’esperienza interiore il nuovo orizzonte dell’osservazione.


In fondo, si potrebbe dire che il misticismo, la filosofia, l’arte e certe forme di pensiero intuitivo non fanno che esplorare questa progressiva soggettificazione della coscienza: un movimento che, pur rimanendo incarnato, cerca di emanciparsi dalla necessità della percezione sensoriale.


Vuoi che sviluppi questa idea in chiave più fenomenologica (Husserl, Merleau-Ponty, ecc.) o più metafisico-speculativa (tipo una “vibrazione della coscienza” come principio cosmico)?

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