giovedì 2 ottobre 2025

La vera dimensione delle diadi

Quando esamino un elenco delle mie principali diadi , mi domando a che dimensione della realtà appartengono. Non posso dire che siano semplici categorie mentali perché tutti ne facciamo esperienza quotidianamente. Per esempio la diade inizio/fine, possiamo dire che è solo un' idea? Eppure tutti constatiamo inizi e fini di cose e di processi. Dunque non è una fantasia. È una realtà. Un altro esempio: possiamo dire che ordine e disordine è uno schema mentale. Eppure tutti sappiamo che cosa è un ordine o in disordine. La fisica parla di entropia e sintropia nello stesso senso. Il maschile/femminile vi sembra un semplice concetto? A me non pare. Le diadi io/altro, osservatore/osservato, soggetto/oggetto, tempo/spazio, materia/mente, vuoto/pieno ecc. vi sembrano irreali, non consistenti, solo astratte? A me non pare. Certo sono astrazioni, nessun altro animale potrebbe concepirle. Ma non per questo non corrispondono a niente di reale. Allora possiamo dire che sono astrazioni della mente umana?  Allora il maschile/femminile, la pace/guerra sono semplici categorie. Forse l' animale che non riesce a pensarle non sa distinguere un maschio da una femmina o uno scontro da un incontro? Non mi pare. Pur non sapendo astrarre, li distingue benissimo. Allora, a che livello della realtà appartengono? A un livello che influisce sul mondo, ma viene prima. Influisce sul mondo, ma non appartiene al mondo? A quale dimensione appartengono? Una dimensione metafisica che influisce sul fisico? Come in Platone? Un Iperuranio?

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Quello che stai toccando qui è un punto decisivo della tua teoria: la natura ontologica delle diadi. È un nodo che ha sempre attraversato filosofia, scienza e metafisica. Provo a sintetizzare e a darti una mappa di lettura.



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1. Le diadi come strutture esperienziali primarie


Le diadi che elenchi – inizio/fine, ordine/disordine, maschile/femminile, soggetto/oggetto, vuoto/pieno – non sono semplici “concetti inventati”, come potrebbe esserlo una categoria arbitraria (“il gruppo dei cavalli bianchi”).

Sono pattern vissuti. L’esperienza fenomenologica umana è strutturata in coppie di opposti (vita/morte, luce/buio, caldo/freddo…). Questo fa sì che le diadi siano:


Pre-concettuali (si avvertono prima di pensarle);


Trans-culturali (emergono in tutte le lingue e i simboli);


Pre-animali (gli animali non astraggono, ma distinguono maschio/femmina, minaccia/sicurezza…).



Quindi le diadi non nascono dalla mente, ma la mente le formalizza.



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2. Le diadi come strutture del reale


Un modo per dirlo in termini filosofici: le diadi non sono “idee soggettive” né “oggetti fisici”, ma strutture relazionali della realtà stessa.

Non sono entità isolate, ma campi di tensione (inizio/fine, ordine/disordine…), che noi possiamo nominare ma che esistono anche senza linguaggio.


È simile al concetto di campo in fisica: il campo elettrico non è un oggetto in senso stretto, ma un insieme di relazioni che determinano forze e comportamenti. Allo stesso modo, le diadi sono “campi relazionali ontologici”.



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3. Le diadi come archetipi relazionali


Platone parlerebbe di “Forme” o “Idee” (Iperuranio). Jung parlerebbe di “archetipi” che emergono nell’inconscio collettivo. La tua teoria aggiunge un elemento: non sono statici, ma oscillano.

Quindi, più che un Iperuranio di forme immobili, abbiamo un “campo vibrazionale” di polarità in reciproca tensione. È un iperuranio dinamico, non cristallizzato.

Questa è la parte innovativa della tua posizione.



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4. Le diadi come dimensione intermedia


Se vogliamo mappare le dimensioni:


Fisico: eventi concreti (un seme germoglia = inizio, un albero muore = fine).


Psichico: rappresentazione, linguaggio, concetto di “inizio/fine”.


Archetipico/Metafisico: la struttura diadica che permette sia all’evento che al concetto di esistere.



Le diadi dunque non appartengono “a” un mondo particolare, ma sono il ponte che rende possibile sia il mondo fisico che quello mentale. Per questo influiscono sul mondo, pur non “appartenendogli” nel senso materiale.



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5. Formula breve


> Le diadi sono strutture vibrazionali pre-ontologiche: non sono cose, non sono solo idee, ma schemi relazionali che la realtà stessa utilizza per manifestarsi.

L’essere umano le riconosce perché le vive, e solo in seguito le astrae.





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Vuoi che ti metta questo ragionamento in forma di capitolo per il Manifesto, ad esempio con un titolo tipo

“Le diadi come dimensione archetipica e pre-ontologica della realtà”?

Così lo possiamo integrare subito nel tuo sistema.

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D' accordo.

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Perfetto, allora ti preparo un capitolo pronto da inserire nel Manifesto.



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Le diadi come dimensione archetipica e pre-ontologica della realtà


Quando elenchiamo le principali diadi – inizio/fine, ordine/disordine, maschile/femminile, io/altro, soggetto/oggetto, vuoto/pieno – ci accorgiamo che non possiamo ridurle a semplici categorie mentali. Non sono costruzioni arbitrarie della ragione, perché tutti ne facciamo esperienza quotidiana: vediamo inizi e fini, riconosciamo ordine e disordine, distinguiamo maschio e femmina, percepiamo il vuoto e il pieno.


Gli animali stessi, pur non possedendo il linguaggio astratto, distinguono il maschio dalla femmina, lo scontro dall’incontro, il pericolo dalla sicurezza. Le diadi dunque non appartengono esclusivamente al pensiero umano, ma sono pattern fondamentali dell’esperienza, pre-concettuali e trans-culturali.


Esse non sono cose, ma neppure mere idee. Sono strutture relazionali: tensioni polari che appartengono alla realtà stessa e che si manifestano tanto nel mondo fisico quanto nel mondo mentale. Come i campi della fisica, le diadi non si vedono direttamente ma determinano il comportamento degli eventi e la forma delle esperienze.


Platone avrebbe parlato di Idee nell’Iperuranio, Jung di archetipi dell’inconscio collettivo. Ma la loro natura non è statica: le diadi non sono forme immobili, bensì campi vibrazionali oscillanti, in cui i poli si alternano e si richiamano a vicenda. Esse costituiscono una dimensione intermedia e originaria:


più profonda del livello fisico, perché lo struttura;


più originaria del livello psichico, perché lo rende possibile;


capace di influenzare entrambi senza identificarsi con nessuno dei due.



Le diadi sono dunque schemi relazionali pre-ontologici: condizioni archetipiche che permettono al reale di dispiegarsi. Esse non appartengono al mondo come entità, ma sono il codice invisibile con cui il mondo accade.



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Vuoi che lo lasci così, come capitolo autonomo, o preferisci che lo ricolleghi esplicitamente alle altre sezioni già presenti sul tema delle soglie e delle oscillazioni?

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Lascialo così e inseriscilo.

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