Guardare in senso meditativo non è
semplice, perché differisce dal comune guardare condizionato. È un guardare
senza adesione, con distacco, lontano dagli estremi dell’attrazione e della
repulsione, attento a non cadere nelle illusioni, nei miti, nei luoghi comuni –
qualcosa che ricorda anche l’atteggiamento stoico, l’atteggiamento che ha fatto
grande Roma e che, una volta abbandonato per dar seguito all’atteggiamento cristiano,
basato sulla passionalità, l’emotività, la sottomissione e la credulità, ha
decretato la fine dell’impero.
Facciamo la prova. Guardiamo le cose senza
fedi, senza schemi, senza distorsioni, senza pregiudizi, obiettivamente. Guardiamole
freddamente, ma con compassione per comunanza di destino. Non è facile. C’è
sempre qualche deformazione, qualche emozione, qualche parzialità, qualche
distrazione.
Il meditante deve invece deve
continuamente tenere d’occhio il mondo e se stesso, il particolare e l’insieme,
il lato oscuro e il lato luminoso, l’apparenza e la profondità, il dritto e il
rovescio, la semplicità e la complessità, senza cedere agli alti e ai bassi
della vita.
Non perde mai la concentrazione
consapevole, ritorna sempre alla presenza mentale. È in tal modo che alla fine vede le
cose così come sono. Il che non vuol dire che le cose siano in sé,
indipendentemente dallo sguardo di chi le guarda, ma esattamente il contrario.
Siamo noi che ci siamo messi nella posizione giusta per vedere, sia quel che
sia.
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