Poiché il nirvana viene assimilato al nulla, spesso il buddhismo viene definito “nichilista”. D’altronde il termine “nir-vana” è composto da due parole: “nir” che è la particella negativa e “vana” che significa vento o soffio. Si tratta dunque di una mancanza di “soffio” vitale: che cosa rimane dunque?
Bisogna intendersi, però, su questo
nulla, su questa operazione di estinzione.
Se infatti vogliamo svegliarci da un
sogno (magari brutto), dobbiamo necessariamente annullare, spegnere o
estinguere quello stato irreale. Le due cose non possono stare insieme.
Dunque il nulla o il vuoto di cui parla
il buddhismo è la nientificazione del samsara senza speranza, ossia del girare
intorno e agitarsi come topi in gabbia – uno stato di nevrosi cosmica.
Se per esempio volete scoprire la
vastità dell’intero panorama dovete abbattere la casa in cui vi siete chiusi.
Se gettate giù le mura, che cosa si vede al di là?
Del resto, quando una persona muore,
che cosa si dice se non che “si spegne”? Non è il buddhismo che è nichilista. È
il mondo che prevede l’annientamento finale come passaggio all’aldilà
nirvanico. Non potrete portarvi dietro niente di questo mondo, dovrete necessariamente
liberarvi di tutto.
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