Alcuni maestri di meditazione sostengono
che l’essenza della meditazione è il non-pensare. Ma bisogna capire che cosa
s’intenda con questo non-pensare.
Il pensiero è in realtà una facoltà
prodigiosa della mente umana che ci ha permesso quel po’ di progresso che
abbiamo avuto e non va certo demonizzato. Quello che si vuole eliminare è il pensiero compulsivo, ossia l’attività
mentale abitudinale che va avanti ininterrottamente
a produrre fantasie, immagini, ricordi, previsioni, rabbia, desideri, brama,
disprezzo, odio, autocommiserazione, ecc. È un chiacchiericcio mentale che
surriscalda la mente e la porta a uno stato di continua sofferenza e spreco di
energie. Qui è il caso di dire che non siamo noi che pensiamo, ma che siamo
pensati. Il che significa che i pensieri e gli impulsi si susseguono senza
alcun controllo da parte nostra. Siamo vittime del pensiero incontrollato.
Il primo passo per fermare tale dannosa
proliferazione è rendersene conto, vedere quando si verifica questo stato.
In sostanza dobbiamo mettere un po’ di
distanza tra noi e il nostro pensiero, spostando l’attenzione sull’attività
mentale meccanica, non voluta.
Mettiamoci in osservazione di noi
stessi, Già questo atteggiamento fa emergere il Testimone, un centro di esplorazione
che ci mette al di fuori dell’io abituale.
In una parola, diventiamo consapevoli.
L’auto-consapevolezza è una funzione
superiore che ci permette “uscire” dall’immedesimazione con il solito io
condizionato, mettendoci in una posizione “esterna” che già fa fermare la
proliferazione incontrollata. Il problema è di applicare a questo punto una
vera e propria meditazione, capace di mettere tra parentesi l’attività mentale
distraente e di mantenerci il più possibile calmi e distaccati. Ne trarremo un
beneficio enorme per la qualità della nostra vita e del nostro stesso pensiero.
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